Ventidue pt. 2

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Io e Altea ci dividiamo una margherita in silenzio

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Io e Altea ci dividiamo una margherita in silenzio. O, meglio, io mangio la mozzarella che scarta, mentre lei... l'impasto in pratica. Ma non le dico nulla. Per quanto la cosa mi lasci perplesso, saranno pure cazzi suoi se le piace così.

E poi l'ho pagata con i soldi di quel buffone, quindi può farci quello che vuole con questa pizza. Non me ne frega niente. L'ho comprata più sfregio, in realtà, perché di certo non ho bisogno della carità di Nikolai per occuparmi di mio fratello. Me le vedo da solo le mie cose.

Non gli permetterò mai di sentirsi in diritto di mettere becco nella vita di Tommaso. Piuttosto lo spedisco io stesso in casa famiglia.

«Sei sicuro di non avere ancora fame?», la voce di Altea mi riporta con i piedi per terra. «Hai mangiato soltanto la mozzarella...»

Aggrottando le sopracciglia, guardo la scatola aperta sul tavolino. Sono rimasti due pezzi, che probabilmente riscalderò per pranzo a mio fratello domani. Prima della visita degli assistenti sociali.

Scuoto la testa. «Sto a posto così. Non c'ho fame».

È la verità. Ho lo stomaco talmente chiuso che se solo provassi a mandare giù altro, finirei per vomitarmi sui piedi. L'unica cosa che vorrei ingoiare adesso è un bel po' di MDMA. Peccato che ci sia questo piccolo demone biondo qui, e io non ho alcuna intenzione di scannarmi di nuovo con lei.

Non è stupida. Immagino l'abbia capito che faccio uso di droghe, del resto spaccio per vivere, ma per esperienza personale so che un conto è saperlo e un conto è vederlo. E ho come l'impressione che lei non è una di quelle che se ne resterebbe zitta a guardarmi.

Da una parte vorrei che se ne andasse. Dall'altra vorrei sbarrare la porta per impedirglielo.

Ma come cazzo si permette questa di incasinarmi così tanto la testa?

Le mani mi fremono dal desiderio di scuoterla, perciò mi sbrigo ad alzarmi e impegnarmi in qualsiasi cosa che non sia lei. Prendo la pizza restante, la metto in un piatto e la copro con un tovagliolo. Userei la carta argentata se solo l'avessi.

«Ti aiuto e me ne vado, okay?», la sento dire alle mie spalle, mentre si muove.

Il rumore della scatola accartocciata mi raggiunge in ritardo rispetto allo scoppio che mi esplode nelle orecchie. Che ha detto?

«Torni a casa?».

«No».

«E dove vai?».

«Penso da Levi».

Altea butta le cartacce in una busta che uso come sacco della spazzatura. Io lavo i bicchieri che vorrei frantumare sulla faccia di... Levi. Mia madre fa schifo, ma chiunque abbia chiamato il proprio figlio così è ancora peggio.

D'istinto, le mani ancora sotto l'acqua corrente, giro il volto per lanciarle un'occhiata da sopra la spalla. Lei sta rimettendo in ordine le sedie, e mi chiedo per quale motivo voglia andarsene se ci sta così bene in casa mia.

My BabyWhere stories live. Discover now