36. Offerta di pace

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Le sentinelle sulle mura di Kandajan avvistarono l'esercito quando era ancora lontano, e subito diedero l'allarme. La volta precedente avevano dovuto chiudere fuori diversi schiavi per sbarrare in tempo i cancelli, ma questa volta la cavalleria nemica non sembrava intenzionata a partire alla carica. Non che ce ne fosse bisogno: migliaia di soldati e almeno una dozzina di draghidi erano perfino troppi per espugnare un centro abitato di medie dimensioni come Kandajan.

Come se il numero di nemici non fosse già abbastanza per spaventare i difensori, dall'armata di Havard cominciò a levarsi un rullare di tamburi. Il fragore ritmico diventava più forte man mano che la colonna avanzava, facendo apparire l'esercito perfino più grande e spaventoso di quanto non fosse già.

Guidati da Havard in persona sul suo drago corazzato, i guerrieri avanzarono fino a trovarsi a ridosso della città, appena fuori dalla portata delle loro frecce. I suonatori batterono con forza sui loro tamburi ancora una manciata di volte, come a esigere qualcosa dal nemico, poi improvvisamente calò il silenzio.

L'esercito di Havard attese, mentre dall'interno delle mura si sentiva un confuso brusio. Il cancello davanti a loro si aprì e una piccola delegazione uscì all'esterno. C'erano dei guerrieri, ma la persona in testa – per quanto imponente – era sicuramente una donna. I suoi abiti pregiati lasciavano pochi dubbi sulla sua identità: era la governatrice della città.

Gli ordogue in prima linea abbaiarono furiosi alla vista del nemico, ma i loro responsabili tennero stretti i guinzagli.

Havard scese dal suo drago e chiese ad alcuni dei suoi di seguirlo, così da pareggiare il numero di uomini. Avanzò a piedi e a testa alta, il suo bastone d'ossa in mano, come se la donna che aveva davanti fosse un comune nemico, e non l'assassina di sua madre.

Il pallido la guardò dritto negli occhi senza dire nulla. La governatrice era più alta di lui, ma non era questo a turbarlo.

All'improvviso la donna si inginocchiò, lo sguardo verso terra, incurante di sporcare il suo ricercato vestito. «Sommo Havard, come governatrice di Kandajan, vi offro la mia città, a patto che non aggrediate i suoi abitanti e non facciate razzie. Come ex inquisitrice di Hel, vi offro la mia vita, così da fare ammenda per ciò che ho fatto alla mia dea.» Alzò il capo. «Non ho condizioni su questo, solo una supplica: non fate del male a mio figlio.» Di nuovo abbassò la testa. «Vi prego, lui non ha colpe.»

A parte i guerrieri delle due scorte, gli unici che avrebbero potuto ascoltare quel discorso erano Shamiram, Sigurd e Freyja, che si trovavano sull'astronave. Fra i tre, l'orchessa era sicuramente la più attenta.

«Mi hanno riferito che hai ucciso mia madre in cambio della resurrezione di tuo figlio» affermò il pallido. Nel farlo portò istintivamente la mano al suo teschio di corvo. «È vero?»

«È vero» ammise la donna con voce mesta. «Avevo chiesto alla divina Hel di riportarlo in vita, ma lei non ha voluto. Avevo già perso mio marito, così quando il divino Nergal mi ha proposto di uccidere Hel in cambio della vita di mio figlio, ho accettato.» Scosse il capo. «Sapevo che era sbagliato, ma non potevo accettare di aver perso anche lui.»

Havard rimase in silenzio. La sua espressione era ferma, ma dentro di lui si agitava un turbinio di emozioni: aveva atteso quel momento per tutta la vita, il momento in cui avrebbe mandato l'anima dell'assassina di Hel nel suo stesso regno infernale. Ma era davvero la cosa giusta?

Dopo un'interminabile attesa, finalmente emanò la sua sentenza: «Accetto la tua proposta. E le tue condizioni: ti prometto che non verrà fatto alcun male alla popolazione di Kandajan, e prenderemo solo le provviste necessarie per proseguire la nostra marcia. Per quanto riguarda tuo figlio...»

Age of Epic - 2 - La progenie infernaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora