5. I predoni

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Erano passati alcuni giorni dall'arrivo di Havard e Nambera a Bakhmiŝ, e la situazione stava lentamente migliorando.

Gli schiavi liberati ora lavoravano al pari degli altri abitanti, spesso in settori più affini alle loro capacità e alla loro esperienza, riuscendo in questo modo a dare un contributo più significativo al resto del villaggio. Alcuni di loro in ogni caso erano rimasti nei campi, e grazie al supporto degli animali e di altri orchi, la produzione non era calata significativamente.

Diversi abitanti si erano convinti a provare le ricette di Nambera, soprattutto grazie all'entusiasmo degli ex schiavi che per primi avevano accettato di assaggiare i suoi esotici piatti. Tuberi e piante urticanti che prima erano ritenuti scarti, ora erano ingredienti ricercati dalla maggior parte degli abitanti.

Perfino il capovillaggio Morzû sembrava aver accettato Havard come suo superiore, probabilmente grazie all'esorcismo dello spirito di suo padre. Il pallido era sempre più convinto che non ci sarebbero stati problemi a confermarlo come leader del centro abitato.

Sebbene l'umore generale verso il figlio di Hel fosse ora per lo più di rispetto e fiducia, c'era comunque qualcuno che ancora lo vedeva come un usurpatore o un eretico. La sacerdotessa di Mbaba Mwana Waresa continuava a invocare l'intervento della sua dea dalla cella, e alcuni membri del villaggio erano ancora scettici riguardo ad Havard e alle sue innovazioni. In ogni caso nessuno, a parte la chierica, si era azzardato a sfidare apertamente il figlio di Hel.

In quel momento il pallido si trovava nell'edificio centrale del villaggio e stava dando disposizioni per la costruzione di un molo, quando il suono di un corno mise in allerta tutti i presenti: nemici in arrivo.

Poco dopo un giovane orco entrò di corsa nella stanza. «Capovillaggio, Havard: predoni in arrivo!»

«Quanti sono?» chiese il pallido.

«Sono una trentina, tutti su monoceratopi.»

«Preparate i monoceratopi» ordinò Havard. «E di' ai guerrieri di portare gli scudi che vi ho fatto costruire.»

«Subito!»

Morzû non sembrava convinto. «Havard, portare degli scudi in battaglia è un disonore» gli disse mentre uscivano dall'edificio. «Lasciaci combattere come abbiamo sempre fatto.»

«Usare asce e mazze contro nemici armati di archi e frecce è da idioti, non è onorevole» ribatté il pallido. «Se fate come vi ho spiegato, li scacceremo senza difficoltà. Ora vai.»

Il verde si limito a un grugnito e si allontanò.

Havard raggiunse la palizzata che circondava il villaggio e salì su una delle postazioni di vedetta. Da quel punto privilegiato avrebbe potuto osservare l'evolversi dell'intera battaglia.


«Nambera, manca ancora molto?» si lamentò il piccolo Havard. «Sono stanco. E ho fame!»

Era tardo pomeriggio e avevano camminato per quasi tutto il giorno: era normale che il bambino fosse esausto.

L'orchessa si guardò intorno e riuscì a individuare un punto che sembrava adatto a passare la notte.

Age of Epic - 2 - La progenie infernaleWhere stories live. Discover now