4. Lo spirito inferiore

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Con il sole ormai prossimo a tramontare, Havard procedeva a testa alta per le strade di Bakhmiŝ. Il suo Bakhmiŝ. Al suo fianco c'era Nambera, seria e indifferente agli sguardi degli abitanti del villaggio. Dalla parte opposta si trovava l'ex schiavo che aveva partecipato alla riunione, che invece sembrava voler sfidare apertamente quegli occhi diffidenti.

«Siamo arrivati» affermò il verde. «È questa.»

Ora che si trovava così vicino al dormitorio del suo ex padrone, il suo umore sembrava peggiorato. Era arrabbiato per ciò che quel luogo rappresentava, ma allo stesso tempo sembrava un po' intimorito.

Havard osservò l'ampio dormitorio. Era stato costruito vicino alla palizzata, in prossimità di uno dei cancelli, così che gli schiavi potessero arrivare più velocemente ai campi coltivati e, di conseguenza, perdere meno tempo lungo la strada.

«Ehi, voi!» tuonò una voce. «Che ci fate qui?!»

Era il capovillaggio, che probabilmente era stato avvisato dell'arrivo del figlio di Hel.

Al solo sentire la sua voce, l'ex schiavo gli rivolse un'occhiata che sapeva di sfida. Ora che aveva riconquistato la libertà, non si sarebbe mai più piegato al suo aguzzino.

«Mi è stato detto che c'è un fantasma in questo dormitorio» affermò Havard. «Sono qui per esorcizzarlo.»

«Tu non farai proprio niente! Questa è il mio dormitorio, e tu non puoi entrare!»

Il pallido lo guardò dall'alto in basso, sovrastandolo con la sua autorità nonostante la differenza di stazza. «Questo è il mio regno, e posso andare dove mi pare. Soprattutto quando c'è un problema da risolvere.»

La sua risposta lapidaria fece esitare il capovillaggio, che aveva già imparato a temere il figlio di Hel.

«Grazie, Reton, da qui in avanti mi farò accompagnare da Morzû» affermò il pallido rivolgendosi all'ex schiavo. «A proposito, quando avremo finito, Nambera potrebbe dare un'occhiata al tuo braccio. Potremmo farti avere una mano nuova.»

Reton sbarrò gli occhi. «Dici davvero?!»

L'anziana orchessa rivelò la protesi metallica che rimpiazzava la sua mano sinistra. «Ci vorrà un po', ma posso farlo.»

L'ex schiavo si inchinò. «Grazie! Grazie infinite!»

Rivolse una rapida occhiataccia al suo ex padrone e poi si allontanò per tornare dagli altri ex schiavi.

Havard mosse la mano per esortare Morzû a fargli strada, e questi eseguì con un grugnito di disappunto. Aprì il portone del dormitorio e lo fece entrare.

La struttura interna era molto semplice: ricordava più una stalla che un'abitazione, con ambienti molto spogli dove ammassare gli schiavi per la notte.

«Hai ereditato questo dormitorio da tuo padre, dico bene?» affermò il figlio di Hel.

«Esatto. È il più grande del villaggio.»

«Tuo padre dev'essere stato un grande guerriero.» Nonostante le parole di apparente elogio, dal tono del pallido non traspariva molta ammirazione.

Age of Epic - 2 - La progenie infernaleWhere stories live. Discover now