10. La sentenza

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Havard, ora nel pieno dell'adolescenza, stava fissando il fuoco. In mano aveva un delizioso pezzo di carne arrosto, ma dopo appena due morsi la sua mente era scivolata altrove. Sembrava quasi che le fiamme lo avessero ipnotizzato.

«Havard, state bene?» gli chiese Nambera, un po' preoccupata.

Lui parve svegliarsi di colpo. «Sì, non è niente.»

Diede un altro morso alla coscia di roditore. La carne, normalmente fibrosa, era stata resa morbida dalla cottura perfetta, e il sapiente uso delle spezie riempiva il palato senza risultare invadente. Eppure nemmeno l'ottima cucina di Nambera sembrava in grado di scacciare le preoccupazioni del pallido.

«Ho letto la mente di quella guardia, nel villaggio» dichiarò il giovane.

La sua capacità telepatica non era ancora perfetta. Riusciva a comprendere le emozioni delle persone, poteva intuire cosa pensavano, ma aveva ancora qualche difficoltà a percepire i loro ricordi.

«Non provava piacere a frustare quello schiavo, ma sentiva che era la cosa giusta da fare. Era davvero convinto che fosse suo dovere punirlo in maniera esemplare per il suo tentativo di fuga, così che né lui né nessun altro provasse ancora a ribellarsi.» Guardò Nambera. «Come dovrei giudicare un'anima come la sua? Sono convinto che accanirsi così con un ragazzo che voleva la libertà è sbagliato, ma le intenzioni di quella guardia non erano malvage. Dovrei considerare anche questo e perdonarlo?»

«Questa è un'ottima domanda» riconobbe l'anziana orchessa. «Ma in tutta onestà temo di non avere una risposta. Siete voi che dovete stabilire la vostra idea di giustizia.»

«La mia idea di giustizia...» Havard continuò a osservare il moto imprevedibile delle fiamme. «Quella guardia stava seguendo le leggi e applicando la sua giustizia, ma questo non vuol dire che fosse nel giusto. D'altra parte, non posso nemmeno giudicare tutti in maniera arbitraria senza tenere conto della situazione in cui si trovano.» Scosse il capo. «Essere un dio della morte e giudicare le anime è più difficile di quanto pensassi. Ma sarà tutto più semplice quando il mondo sarà sotto il mio controllo. Il mio regno, le mie leggi, la mia giustizia. A quel punto nessuno avrà più scuse.»


Havard entrò nell'ufficio del priore con passo deciso, seguito a ruota dalle protese dei sacerdoti.

«Hai già risolto il problema nella miniera?» gli chiese l'anziano ecclesiastico, un po' sorpreso.

«Ovviamente.» Lo sguardo del pallido era freddo e autorevole. «Ora però ho un altro problema da risolvere.»

Il priore non riuscì a nascondere una punta di timore. «Che tipo di problema?»

«Quello di nominare un nuovo governatore per questa città.»

«Ehi, cosa staresti insinuando?!» lo aggredì il sacerdote di Nergal.

L'anziano orco, che al sentire le parole del pallido aveva avuto un sussulto appena percepibile, si sforzò di mantenere la calma. Sollevò una mano per placare il suo sottoposto. «Spiegati meglio.»

«Sei in arresto per aver ordinato il crollo della miniera, così da sedare sul nascere la rivolta degli schiavi che si erano riuniti all'interno. Ovviamente tutti i tuoi complici ti seguiranno a breve.»

Age of Epic - 2 - La progenie infernaleWhere stories live. Discover now