We, Ourselves and Us

By JoTheStrange

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[WRITOBER 2020] Una raccolta di One Shots, ognuna incentrata su un personaggio diverso. Un viaggio introspett... More

Mirror, Mirror... (Jordan Greenway)
Illusione di un secondo (Silvia Woods)
Frammenti di adolescenza (Darren Lachance)
Luce e Calore (Nelly Raimon)
Il Lungo Ritorno (Hurley Kane)
Solo uno scherzo (Scott Banyan)
Vita da Papà (Mark Evans)
Fine del Viaggio (Victoria Vanguard)
Sensi di colpa (Bobby Shearer)
Lo scarponcino d'argento (Axel Blaze)
Tra due fuochi (Paolo Bianchi)
Proiettare la Rabbia (Dvalin)
Nell'abisso più profondo (Nathan Swift)
Orgogliosi di me (Shawn Frost)
Per te, papà (Xavier Foster)
Baci scintillanti (Suzette Hartland)
Un'ombra dal passato (Jude Sharp)
Vietato perdere (Archer Hawkins)
Sconfitto, Umiliato, Distrutto (David Samford)
Anime Spezzate (Lina Shiller)
Ad Maiora (Caleb Stonewall)
Voglia di riscatto (Torch)
Il peso della disperazione (Todd Ironside)
Nostalgia di casa (Austin Hobbes)
Io così simile a te (Celia Hills)
Raggio di Sole (Ray Dark)
Sul tetto del mondo (Mark Krueger)
Fuori controllo (Byron Love)
Tra le braccia di Morfeo (Camelia Travis)
Nemici Amici (Kevin Dragonfly)

Forse, un giorno... (Erik Eagle)

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By JoTheStrange

Scusate se pubblico più tardi del solito ma Word mi ha eliminato circa 25 pagine di testi che avevo preparato per i prossimi giorni e mi sono un po' alterata. Ho dovuto riscrivere anche la OS di oggi, spero che sia comunque venuta decente. Vi lascio al racconto!    Jo

Ø Character: Erik Eagle

Ø Propmpt: Fotografia

Ø Song: Photograph (Ed Sheeran)

Erik si rigirò per l'ennesima volta nel lettino dell'ospedale, sbuffando. Sebbene i medici gli avessero detto di riposare il più possibile, la sua mente non voleva assolutamente dargli tregua e – di conseguenza – dormire stava diventando praticamente impossibile. Nella sua testa erano ancora impresse le immagini della settimana prima ed Erik era certo che non se ne sarebbero andate molto facilmente.

Da quando i medici lo avevano operato, dopo l'incidente, e gli avevano riferito che con molta probabilità non sarebbe più stato in grado di giocare a calcio, Erik era sprofondato in uno stato di pesante apatia. Si era rifiutato di mangiare e di vedere chiunque, sia i suoi genitori che i suoi migliori amici.

Già, i suoi amici.

Silvia e Bobby avevano trascorso ogni singolo momento libero delle loro giornate in ospedale, ansiosi di sapere come stava il loro caro amico. Ma Erik non riusciva proprio a guardarli. Da quando i medici gli avevano dato la fatidica notizia, un oscuro pensiero aveva iniziato ad infiltrarsi nella sua mente: sarebbe rimasto indietro. I suoi amici – soprattutto Bobby – probabilmente sarebbero diventati degli ottimi calciatori, avrebbero partecipato ai campionati giovanili, per poi entrare nella lega professionistica una volta raggiunta la maggiore età.

E lui?

Lui sarebbe stato costretto a seguirli in panchina, sugli spalti, limitandosi a fare il tifo. Non sarebbe più sceso in campo al loro fianco e – con molta probabilità – ogni volta che i suoi amici lo avrebbero guardato avrebbero avuto negli occhi una rivoltante mistura di amarezza, dispiacere, tristezza e compassione. E lui non voleva assolutamente che finisse così, perciò aveva preso la decisione più difficile della sua vita: aveva chiesto a suo padre e ai dottori di dire ai suoi amici che era morto.

La settimana prima, nascondendosi dietro ad un muro dei corridoi, aveva assistito non visto alla conversazione tra i medici, suo padre e i suoi amici. Aveva visto il viso di Silvia deformarsi in una maschera di puro terrore -un volto che avrebbe sognato per molti anni, ne era certo -per poi crollare a terra in un pianto incontrollato. Bobby aveva cercato di mostrarsi forte, per dare sostegno a Silvia, ma alla fine anche lui era finito a terra a suon di singhiozzi e singulti. Per Erik, vedere i suoi amici in quello stato era stato un vero colpo al cuore, ma infondo sapeva di aver preso la decisione giusta.

Il flusso dei pensieri del ragazzo fu interrotto dal ticchettio di una mano sulla porta della sua stanza.

-Erik, sei sveglio? – domandò retoricamente suo padre.

Erik annuì atono, tirandosi su con la schiena e sistemandosi meglio sul lettino.

-Come stai oggi, figliolo? – domandò il signor Eagle, prendendo posto su una seggiola sistemata vicino al letto.

Il ragazzo gli lanciò un'occhiata assassina: -Come vuoi che mi senta? –

Suo padre fece roteare gli occhi, riflettendo che forse avrebbe potuto scegliere altre parole. Non avrebbe augurato a nessuno di ritrovarsi nella stessa situazione di suo figlio, nemmeno al suo peggior nemico. Non poteva nemmeno lontanamente immaginare quale battaglia stesse combattendo internamente il suo bambino.

-Ti ho portato una cosa – disse l'uomo, tirando fuori da un sacchetto di plastica un pacchetto regalo, perfettamente incartato in una carta da pacchi bianca e con un fiocco blu in centro.

Erik lo ignorò completamente: -Non sono in vena, papà –

L'uomo insistette, allungandogli il regalo sul materasso del lettino: -Sono sicuro che questo regalo ti piacerà-

Il ragazzino sbuffò. Quando suo padre diventava così insistente proprio non lo sopportava. Decise però di accontentarlo, così- forse – lo avrebbe di nuovo lasciato da solo con i suoi pensieri. Non aveva proprio voglia di compagnia, in quel momento. Prese la scatola e iniziò a stappare la carta. Rovistò all'interno tra l'involucro protettivo e vi trovò finalmente il fantomatico regalo. Si trattava di una piccola cornice di legno squadrata, molto semplice, e al suo interno era incastonata una foto che lo ritraeva insieme a Bobby e Silvia mentre rincorrevano insieme il pallone.

Il cuore di Erik perse un battito non appena vide il contenuto della scatola e un groppo iniziò a formarglisi in gola.

-L'abbiamo scattata io e la mamma durante una delle vostre interminabili partite, qualche settimana fa – disse il signor Eagle, accennando un sorriso.

-Io... - Erik non riusciva a trovare le parole per descrivere ciò che stava provando.

-Ascoltami bene, figliolo – lo interruppe suo padre – Voglio che presti attenzione alle mie parole. So bene che questa situazione per te non è affatto semplice e che quello che mi hai chiesto di fare lo hai fatto sia per te che per i tuoi amici. Ti chiedo solo una cosa: non dimenticarli –

Erik proprio non riusciva a capire.

-Amici come Silvia e Bobby sono più unici che rari, te lo posso assicurare. Hai tanti amici, Erik, a scuola, nella squadra di calcio e nel nostro quartiere, ma gli unici che sono rimasti al tuo fianco fino alla fine sono stati solo quei due ragazzini. So che ci hai spiati, la scorsa settimana, e non credo che tu sia rimasto indifferente nel vedere la reazione che hanno avuto quei due alla notizia della tua morte –

Erik sentì ancora nella sua mente il pianto disperato di Silvia e un brivido gli corse lungo tutta la schiena.

-In questa foto sono presenti le due cose che ami di più al mondo: il calcio e i tuoi amici. Non voglio che tu guardi quest'immagine con malinconia, vedendoci impresso ciò che hai perduto, piuttosto, vorrei che la osservassi come un traguardo da raggiungere. So bene cosa ti hanno detto i medici, ero presente anche io, ma vorrei che t'impegnassi comunque al massimo nella fisioterapia e nella riabilitazione per ritornare un giorno a inseguire quel pallone che tanto adori. E quando succederà, quando sarai di nuovo l'Erik Eagle che tutti noi amiamo, potrai dare la bella notizia a Bobby e Silvia, facendo loro una bellissima sorpresa –

Erik rimase di stucco. Non avrebbe mai immaginato che suo padre potesse fargli un discorso del genere. Di solito lui era uno di poche parole, che non si addentrava mai in monologhi troppo complicati. Lo colpì soprattutto il modo in cui era riuscito a fare una vera e propria radiografia dei suoi pensieri.

-Ti ringrazio, papà – furono le uniche cose che riuscì a dire -Davvero -

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