Black & White

Від hugxcandem

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[Completed] Nero, la totale assenza di colore. Bianco, la presenza di ognuno di esso. • • © cherrytijana all... Більше

01. Un nuovo inizio
02. Non giocare con il fuoco
03. Gli occhi non mentono
04. Come neve
05. Anche fragile
06. Piccola stella senza cielo
07. Casa stanca
08. Natale messinese
09. Semplicemente noi
10. Accanto a te
11. Deve esserci un angelo
12. Uccidimi dolcemente
13. Ricominciare
14. Amanti clandestini
15. Segreti da svelare
16. Gelosia accecante
17. Instabile
18. Maglie verdi e tradimenti
20. Incomprensioni
21. Fenice
22. Claustrofobia
23. Vortice indomabile
24. Lettere d'amore
25. Imperdonabile
26. La fine di una storia

19. Confessioni e sorprese

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Від hugxcandem

Alberto's pov

«Non voglio vederti cantare con quell'essere» affermo, disgustato.

«Amore, ma sarà solo un duetto» mi prende la mano. «Se dovesse andare oltre, te lo direi» sbuffo.

«Preferisco di gran lunga Mameli» esordisco e ridacchia. «Almeno non ti sta appiccicato e, soprattutto, non ci prova» serro la mascella.

Mi sorride e scuote la testa, per poi alzarsi dal suo posto ed accomodarsi sulle mie gambe. Mi accarezza dolcemente i lineamenti del viso e mi rilasso sotto il suo tocco, così delicato e soave che sembra non provenire da lei. Poi, affonda la testa nell'incavo del mio collo e ci lascia un piccolo bacio sopra. La stringo dai fianchi, tenendola saldamente incollata al mio petto.

«Ci pensi che tra due puntate inizierà il serale?» domanda, chiudendo gli occhi ed annuisco debolmente.

«Andrà tutto bene» la consolo.

«Per ora sono tranquilla, abbiamo conquistato entrambi la maglia» poggia le sue labbra sul pomo d'Adamo, facendomi rabbrividire. «Voglio godermi ogni singolo giorno con te, sfruttare i momenti per starti accanto e ritagliare degli spazi solo per noi» la abbraccio fortemente.

«Appunto per questo, stasera uscirai con il sottoscritto» rispondo. «Ma non ti rivelo nulla, è una sorpresa» solleva la testa e mi guarda, poi mi bacia lentamente.

«Non avrei mai rifiutato» sussurra. «A che ora passi a prendermi?» si morde il labbro.

«Alle 19, visto che il posto dove andremo è abbastanza distante ed il coprifuoco è alle 23» mi spinge sul letto e mi fa distendere, ritrovandomi lei sopra di me. «Cosa vorresti fare?» ammicco malizioso.

«Niente di quello che pensi, pervertito. Solo che stavi per andartene e non voglio lasciartelo fare» ride.

Si sdraia sul mio corpo, circondami il collo con le braccia e la stringo. Poggia la testa sul mio addome ed inizia a disegnare dei cerchi su di esso, mentre mi abbandono alle sue dita. Poi, si sofferma sul tatuaggio sulla mia spalla sinistra. Lo scruta ammaliata, tracciandone il contorno. Sorrido alla scena, sembra così piccola.

«Ti piace?» annuisce.

«È molto bello, cosa ritrae?» chiede, curiosa.

«Euterpe, la dea greca della musica»

«E perché hai dovuto imprimerla sulla tua pelle?» si acciglia.

«È un segno distintivo, come i tuoi puntini, fa capire chi sono alle persone che non mi conosconoAppena lo vedono, pensano che io sia appassionato di musica» le rispondo, saziando la sua curiosità, e mi sorride.

«Ed il pentagramma?» perlustra tutta la sua grandezza.

«Beh, questo è un motivo più personale. Sono le note di una canzone» affermo, sorridendo aspramente.

«Lo hai fatto per tua nonna, non è così?» annuisco.

«Quando ero piccolo, eravamo sempre insieme. È stato grazie a lei se mi sono appassionato alla lirica e se poi ho iniziato a prendere lezioni a soli sette anni. Mi chiedeva spesso di intonare Nel blu dipinto di blu, le piaceva tanto. Il giorno in cui è morta, mi ha fatto promettere di cantargliela appena fosse tornata a casa. Era in ospedale, per un malore di poco conto. Io l'ho aspettata per tanto di quel tempo, ma lei non è mai più tornata» mi rattristo e la voce si fa roca.

Gli occhi si fanno lucidi e si sposta più vicina a me, abbracciandomi in silenzio. Adagio la testa sulla sua spalla, mentre intreccia la sua mano nei miei ricci. Mi godo le sue carezze, mentre mi lascia qualche bacio sulle labbra.

«Mi dispiace tanto, amore» sibila, guardandomi dritta negli occhi. «Non volevo farti piangere» sentenzia, sentendosi in colpa.

«Mi ha fatto bene, invece. So che tu mi capisci più di chiunque altro, perché condividiamo lo stesso dolore» ribatto.

«Già» soffia e si ammutolisce. Poco dopo, riprende a parlare. «La tua storia mi ricorda un po' anche la mia. Entrambi abbiamo perso una figura importante nella nostra vita. Io e mia madre avevamo lo stesso rapporto che tu avevi con lei. Eravamo complici. Mi ha trasmesso la passione per il canto, mi ha spronata affinché studiassi e mi sgridava quando non mi esercitavo con gli strumenti. Ma è sempre stata la mia più grande sostenitrice. Ci credeva, anche più di me stessa. Boris e mio padre erano costretti a sentirmi urlare quando prendevo lezioni di violino, perché non riuscivo mai a suonarlo come volevo. Li facevo impazzire.» ride e rimango incantato dalla sua limpida risata. «Poi, l'idillio famigliare in cui vivevo si è spezzato. Mia madre si è ammalata ma, nonostante tutto, si sedeva sul divano e mi ascoltava cantare. Lo facevo solo per lei in quel periodo, pensavo che potesse sentirsi meglio. Invece, è morta qualche mese più tardi» si stringe tra le mie braccia, fissando il vuoto.

Le afferro la mano e la racchiudo nella mia. Ci stiamo raccontando le parti più buie e cupe della nostra infanzia. Ognuno ha bisogno dell'altro per andare avanti e sono felice di aver trovato una ragazza come lei, non desideravo nessun'altra al mio fianco.

«E con tuo padre?» azzardo a chiedere.

Si volta a guardami, poi sospira.

«Non lo vedo da un po'» solleva le spalle. «Esattamente dal giorno in cui ci hanno rinchiuso nel centro dagli assistenti sociali. Sono passati tanti anni, forse troppi. Non so come reagirei se dovessi trovarmelo davanti. Sembra ieri, invece. Riesco ancora a vedere mio fratello sbraitare contro di lui, rinfacciandogli la sua assenza durante il giorno. Quando ci lasciava completamente da soli, in balìa di noi stessi. Quando era Boris a proteggermi, ad accompagnarmi a scuola ed a preoccuparsi per me. Poi, la situazione era diventata insostenibile. Mio padre sembrava aver messo la testa sulle spalle, ci rivoleva con lui. Io l'ho pregato, così mi ha accontentato. Abbiamo vissuto con papà, ma a diciotto anni Boris se ne è andato via di casa. Mi ha abbandonata e mio padre è crollato nuovamente, avendo perso anche suo figlio. Io sono cresciuta da sola, ma ero solo una bambina» afferma, con la voce rotta dal pianto.

Le sue parole mi hanno attraversato il petto, trapassandomi il cuore. Come si può infliggere tanto dolore a qualcuno? Ora capisco tutto. Il suo atteggiamento, il suo essere diffidente, il suo essere fredda e distaccata. Lo fa solo per autodifesa. È stata ferita tante volte e, ora, vuole soltanto essere amata. La faccio distendere e la avvolgo tra le mie braccia. Scoppia in lacrime, mentre le accarezzo i capelli.

«Sfogati, tira fuori tutto quello che hai dentro. Lo hai trattenuto per troppo tempo»









Appena scende le scale, rimango incantato a guardarla. Indossa un vestito corto nero, delle calze a rete nere ed un paio di tacchi bassi del medesimo colore. Il viso è leggermente più truccato del solito. Oltre ai puntini, ha un filo di matita e una tinta rossa che le colora la bocca. È bella da mozzare il fiato. Mi inumisco le labbra.

«Andiamo?» chiede, ridendo alla mia reazione.

«Certo» annuisco, prendendole la mano ed uscendo.

Le apro la portiera della macchina, noleggiata per l'occasione, e la invito a salire. Si siede nel sedile anteriore e prendo posto accanto a lei. Mi stringe la mano e le sorrido, baciandola. Accendo il motore e durante il viaggio poggia la testa sulla mia spalla, chiudendo le palpebre. Dopo più di un'ora, arriviamo a destinazione. Scende e spalanca gli occhi dallo stupore, per poi sorridermi ampiamente.

«Albe, ma è bellissimo» sussurra.

Siamo al Circeo, sulla spiaggia, con il mare a farci da sfondo in questa notte piena di stelle.

«E non hai ancora visto nulla» le rivolgo un occhiolino. «Vieni con me» intrecciamo le dita e la conduco verso il tavolo di un ristorante su una terrazza. «Voglio che, almeno per stasera, tu non pensi a niente. Siamo solo io e te, senza telecamere e senza distrazioni. Non dobbiamo fingere, non dobbiamo recitare e, soprattutto, possiamo essere noi stessi. Non devi più avere paura di mostrarti per ciò che sei, Tijana» si morde il labbro e sorride.

«Perché mi hai portata qui?» esordisce, mentre mangiamo.

«È una sorpresa, piccola»

«Quanto devo aspettare ancora per scoprirla?» dice scalpitando e rido.

La mia beddazza.

Scuoto la testa e sospiro. Mi alzo in piedi e mi posiziono davanti a lei, mentre rovisto nella tasca della mia giacca. Scruta la scena confusa, cercando ci capire i miei gesti. Trovato il cofanetto lo estraggo, per poi porgerglielo. Lo afferra titubante, ma lo apre. Si copre la bocca con una mano, mentre si volta a guardarmi.

«Amore, è stupenda» mormora e mi stritola tra le sue braccia, baciandomi con dolcezza. «Non dovevi»

«Per te questo ed altro, piccola» affermo.

Il suo ciondolo è una stella, perché lei è e sarà sempre la mia stellina. È commossa dal mio gesto e la abbraccio fortemente, mentre iniziamo a ballare un lento.

«Non mi hai risposto» pronuncio al suo orecchio.

«A cosa?» ridacchia. «Non mi hai fatto nessuna domanda» ribatte divertita.

«Vuoi essere la mia fidanzata?»

In risposta, le nostre labbra si assaporano e le nostre fronti si uniscono. Non posso chiedere di meglio. La mia ragazza, il mare e le stelle. Niente di più perfetto.

«Sì, per sempre»

•  •


Mar is back in town! Dopo un giorno di silenzio, eccomi con un nuovo capitolo rivelazione in cui si è finalmente scoperta la vita di Tish e la sua sofferenza. Che ne pensate? Se volete, lasciate una stellina ed un commento. A presto e buona lettura. Bacini.

Mar.

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