09. Semplicemente noi

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Alberto

La osservo dal mio posto. Sta parlando con mia sorella, mentre sorseggia il suo caffè. La vedo a suo agio, nonostante le sue paure iniziali. Il suo viso è rilassato e sereno, i suoi occhi esprimono dolcezza e la sua voce è tranquilla. La sto fissando da qualche minuto e lei se ne accorge, tanto che si volta a guardarmi e la sua bocca si piega in un sorriso raggiante. Ricambio il gesto, mordendomi il labbro inferiore.

Non smetterò mai di affermare che sia bellissima. Ogni suo lineamento è perfetto ed ogni curva del suo corpo è delicata, come se fosse stata creata da un angelo. Poco dopo, la perdo di vista. Mi acciglio e sento una mano sfiorarmi la spalla. È lei. Ridacchia e l'armonia della sua risata mi manda in estasi.

«Tutto bene, Albe?» Inclina la testa di lato, forse per vedermi meglio. «Sei così pensieroso.»

«Certo.» Le sorrido e si siede accanto a me.

«Sai che sono più di dieci minuti che giri quel caffè?» Ride. «Lo zucchero si sarà sciolto.» Sollevo le spalle. «Dai, dimmi cosa hai. So che c'è qualcosa che ti turba, vorrei aiutarti.» Mi accarezza il braccio.

«Ma io sto bene, Tijana.» Mormoro, bevendo tutto d'un fiato la bevanda, ormai fredda, nella tazzina.

«Non sei bravo a mentire, per favore.» Mi implora.

«Dovresti saperlo, dato che sono parole tue.» Mi alzo da tavola.

Afferro il giubbotto dalla gruccia, il telefono ed esco di casa. Chiudo la porta dietro di me, mentre Tish rimane immobile al suo posto. So che non avrei dovuto risponderle in quel modo però, nonostante lei sia stata carina a preoccuparsi e sia venuta a cercarmi, non posso dimenticare ciò che ha pronunciato poco prima. Le parole feriscono più dei gesti e, la sua frase, mi ha trapassato come una lama.





«Sappiamo entrambi che non servono le parole, basta guardarci.» Afferma e sorrido.

«Ah sì? Quindi, siamo qualcosa io e te?» La stuzzico.

«Non ho detto questo.» Mormora. «Intendevo che riusciamo a capirci solo con uno sguardo.» Ridacchia

«Beh, ma per essere complici ci deve essere un forte legame di base.»  La osservo e lei scuote la testa.

«Anche due perfetti sconosciuti come noi possono comprendersi con un gesto. Perché le intese si creano dal nulla, ma si possono anche spezzare facilmente e io credo che il nostro sia un rapporto di odio e amore.» Conclude il discorso, sedendosi sul letto.

«Sono due mesi che ci confidiamo i nostri segreti, ricordi di infanzia e per te non siamo neanche conoscenti?» Il mio tono si fa più duro.

«Pensavi che dopo averti raccontato due aneddoti, saremmo diventati amici? Guarda che non funziona così, le relazioni vanno coltivate.»

«Ma io ci sto provando, lo faccio ogni santo giorno. Se ti ho portata nella mia terra ed hai conosciuto la mia famiglia è perché tu me ne hai dato modo, altrimenti non lo avrei fatto. Possibile che non riesci ad apprezzare i miei sforzi?» Mi passo una mano tra i capelli e sbuffo, frsustrato dal suo atteggiamento.

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