La donna dell'Est

By Jill_Galad

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Goneril è un Generale. Uno dei più spietati della Terra di Mezzo. A capo di una legione mercenaria di Uomin... More

Cap.1 - Cenere
Cap. 2 - Il Maresciallo del Mark
Cap.3 - Edoras
Cap. 4 - Malefici
Cap. 5 - La legione
Cap. 6 - Fangorn
Cap. 7 - Lo Stregone bianco
Cap. 8 - I tre viandanti
Cap. 9 - Il risveglio del Re
Cap. 10 - Oro
Cap. 11 - Tradimenti
Cap. 12 - Segreti
Cap. 13 - Idis
Cap. 14 - L'Elfo solitario
Cap. 15 - I Mannari di Gundabad
Cap. 16 - Il Fosso di Helm
Cap. 17 - Alleanze
Cap. 18 - L'assedio
Cap. 19 - Pioggia
Cap. 20 - Fuoco e piombo
Cap. 21 - L'alba
Cap. 22 - Sangue blu
Cap. 23 - Anelli
Cap. 24 - A Rohan
Cap. 25 - Notte a Palazzo
Cap. 26 - La Compagnia
Cap. 27 - Verso Esgaroth
Cap. 28 - Bosco Atro
cap. 29 - Il giovane principe
Cap. 30 - Scelte
Cap. 31 - Il Signore del Nord
Cap. 32 - L'evasione
Cap. 33 - La via nascosta
Cap. 35 - La cittá fantasma
Cap. 36 - La casa sulla collina
Cap. 37 - Ester
Cap. 38 - La Signora degli Elfi
Cap. 39 - Vendette
Cap. 40 - Re e Regine
Cap. 41 - Le maree del tempo
Cap. 42 - Passaggio a Nord
Cap. 43 - L'Ombra dell'Est
Cap. 44 - Promesse e onore
Cap. 45 - Guerra
Cap. 46 - I neri eserciti
Cap. 47 - Aria
Cap. 48 - La fine della corsa
Cap. 49 - Battaglia nella foresta
Cap. 50 - Un'altra vita
Cap. 51 - Un nuovo sole
Cap. 52 - Il Signore del Lothlórien
Cap. 53 - Addio al Generale
Cap. 54 - Ipotesi e verità
Cap. 55 - Un nuovo Re
Cap. 56 - Passioni
Cap. 57 - Luce
Cap. 58 - Un anno dopo

Cap. 34 - Dale

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By Jill_Galad

I massi di cui parlava Haldir erano pietre laviche.

Tonde, nere e porose. Il principe le aveva disseminate lungo tutto il percorso dal confine del Reame Boscoso all'entrata nel territorio di Esgaroth. Goneril si complimentò mentalmente con l'Elfo per la pensata: il reame di Thranduil era stato costruito su un vulcano inattivo, e la lava solidificata aveva lasciato residui un po' dappertutto. Quei sassi neri come la pece erano molto diversi dalla bianca roccia calcarea presente nei boschi e nelle vallate. Fu facile per la donna individuarli e seguirli.

Una volta giunta all'inizio di quella che decenni prima era nota come Pontelagolungo, o Esgaroth, Goneril si fermò.

Scrutò il cielo notturno, e vide un'ombra grigiastra elevarsi in lontanaza. Fumo, il fumo denso di un camino.

Corse fino al punto da dove sembrava uscire, e trovò una cascina. Era stata costruita sulle sponde del lago, proprio a qualche metro dal lunga passerella in legno che collegava Esgaroth alla terraferma. Goneril immaginò che, anni addietro, doveva essere stata la dimora del guardiano di quel villaggio lacustre, ormai quasi completamente disabitato.

In quel cascinale viveva della gente. I suoi proprietari dormivano di certo, poiché nessuna luce proveniva dall'interno. Avevano lasciato acceso solo il camino.

La donna vide subito quello che le interessava: su alcune corde attaccate alla bell'e meglio a due colonne della veranda, erano stesi dei panni ad asciugare. Vide che c'erano, fra di essi, anche indumenti femminili: una blusa di pesante lana e un'ampia gonna di telaccia bianca.

Goneril afferrò in fretta i due pezzi, umidi, e rubò anche un fazzoletto. Corse dietro alle stalle annesse alla costruzione, e col favore dell'oscurità si cambiò. Tolse l'armatura, ma tenne i calzari, che potevano essere coperti dalla gonna. Nascose il pugnale dietro la schiena. Si raccolse i capelli e li coprí col fazzoletto, proprio come avrebbe fatto una serva, a mo' di cuffietta.

La spada era in effetti un problema. Poteva far affondare l'armatura nelle acque del lago, ma la sua costosissima spada no.

Provò a sistemarsela sotto alla gonna, consapevole che camminare con quell'aggeggio infagottato lí sotto sarebbe stato difficile. Si rassegnó.

Il mantello di Éowyn venne messo sulle corde, al posto degli indumenti rubati. "Oggi hai fatto un grande affare, sconosciuta signora. Hai perso quattro stracci, e hai guadagnato il mantello di una principessa." mormorò Goneril, prima di avviarsi verso Dale. Quella misteriosa donna o ragazza, una volta uscita di casa dopo il risveglio, avrebbe strabuzzato gli occhi e magari avrebbe pensato che il regalo inatteso doveva essere stato lasciato lí da qualche spirito dei boschi.

Ragionava sulle frottole che avrebbe dovuto raccontare alle guardie, una volta giunta alla soglia del reame. Intanto, una timida luce oltre le colline annunciava l'alba imminente.

Ecco, io vengo da Rohan. Sono fuggita dopo che il nostro regno é stato attaccato dagli Orchi. É stato terribile, spaventoso. Ho preso un cavallo e sono scappata attraverso le Terre Brune e poi ho visto il fiume e  ho risalito il suo corso. Si sforzò di immaginare come una giovane domestica si sarebbe comportata. Devo sembrare disperata , pensò, disperata e disposta a fare qualsiasi lavoro. Dirò che non mangio da giorni. Chiederò alle guardie di indicarmi le case degli abitanti più facoltosi di Dale, dove poter prestare servizio. Magari mi porteranno loro a casa Monrose.

Mentre procedeva lungo il percorso che conduceva a Dale, in lontanaza vide la grande muraglia, di cui le aveva parlato Haldir. Vide anche la Montagna dei Nani, e la maestà di Erebor.  Il sole adesso aveva mostrato il suo primo spicchio, e le alte mura, con le torri di osservazione ai quattro angoli, erano pienamente visibili.

Dopo un'altra mezz'ora di strada, giunse finalmente alla grande entrata del regno. Un portone pesante e decorato con i simboli di Dale l'attendeva. Era aperto.

Quattro soldati piantonavano l'entrata. Avevano fatto la ronda notturna, ed erano assonnati. Attendevano il cambio.

Si avvicinò spavalda, secondo sua abitudine, poi si ricordò: devo entrare nella parte, io non sono un comandante adesso. Sono una ragazza spaurita e fuggita da un territorio lontano. Devo comportarmi di conseguenza.

Rallentò allora il passo, e timidamente abbassò lo sguardo, mentre si avvicinava ai quattro uomini.

Uno subito la canzonò. "Guarda, guarda...dove va una cosí bella signora a quest'ora del mattino?"

Gli altri ridacchiarono. "Vuoi dire, da dove sta tornando..." disse uno. "...questa ha passato la notte nei boschi con qualche contadino."

Goneril alzò lo sguardo e iniziò la commedia. "Miei signori...io vengo da Rohan. Ho raggiunto Esgaroth a cavallo, ma ho dovuto venderlo per avere del cibo...non ho mangiato per giorni. Ecco...umilmente chiedo asilo alla vostra Regina. Vi...vi imploro di lasciarmi entrare." disse a mani giunte, come in preghiera. Si sentiva una vera idiota a recitare quella parte, ma, con stupore, si accorse di saper recitare bene.

I soldati si incuriosirono. "Da Rohan? Perché sei scappata?" chiese uno. "Ah, sì...é vero, ho sentito che Théoden ha subito degli assalti dagli Orchi..."

"Una tragedia, mio signore. La nostra casa é stata data alle fiamme, la mia famiglia sterminata. Solo io sono rimasta viva. Posso lavorare...ero una domestica a Rohan. Ho perfino servito la principessa Éowyn qualche volta." continuò a mentire.

"Una servetta..." la prese in giro uno dei quattro. "...beh ho giusto una cosa qui da farti lustrare..." e si indicò in mezzo alle gambe. Gli altri risero.

Goneril tenne a bada l'impulso di sfilare il pugnale e aprire in due la faccia di quel mammalucco. Finse imbarazzo. "Per favore, posso entrare?" chiese, con vocetta tenue e tremolante. Grande Eru, fa' che si convincano. Fa' che non mi ostacolino, pensò.

"Non troverai lavoro qui. Le cose non vanno granché bene nel nostro reame. I commerci sono calati, entrano pochi soldi...non ci sono signore in cerca di servitù. Non possono pagare." disse uno, avvicinandosi a lei. Le sollevò il viso con le dita. "Se vuoi...però...puoi venire a servizio da me. Naturalmente, quando mia moglie non é in casa."

Si sentirono altre risate. Se quegli uomini avessero anche solo immaginato il rischio che stavano correndo, quei sorrisi beoti sarebbero spariti dai loro volti in un baleno. Ma la recita doveva continuare e la donna fece ricorso a tutta la sua autodisciplina. "Io cerco solo un tetto, e un po' di pane. Vi prego." implorò.

Finalmente uno dei quattro, mosso a compassione, intervenne in suo favore. "E basta ragazzi, avanti... fatela passare."

Gli altri tre allora si scostarono. "Prego, entra pure, bella signorina." la derise uno, facendo un gesto teatrale con un braccio. Risero tutti mentre Goneril si affrettava a varcare il portone, sperando che la punta della sua spada aurea non sbucasse da sotto la gonna. Corse via proprio come una ragazzetta spaventata.

"E se non trovi lavoro entro stasera, fatti vedere a casa mia...io abito in fondo a quella strada!" Rise il più anziano dei soldati.

⚜️⚜️⚜️

"Fate chiamare mio figlio." ordinò Thranduil a uno dei suoi attendenti.

Era sbalordito, confuso.
Furioso.

La donna era scappata. Aveva trovato il modo di aprire la porta della sua cella, ed era scappata. Aveva persino recuperato la sua spada e il suo mantello dalla tesoreria.

Letteralmente sparita sotto il naso di tutti.

Era la seconda volta che il potente Re Elfo viveva un'esperienza simile. La prima, sessant'anni prima, era stata la fuga di Thorin Scudodiquercia e dei suoi Nani dalle prigioni. In quella circostanza, l'artefice di quell'incredibile evasione era stato l'Hobbit, quel Bilbo Baggins che grazie all'Anello di Sauron si era reso invisibile e aveva liberato il principe di Erebor e gli altri.

Questa volta, peró non c'erano Anelli magici in gioco, almeno non lí a Boscoverde, e quindi la trama era un po' più complicata.  Thranduil voleva delle risposte, anche se un tragico sospetto si era già fatto largo nella sua mente.

Haldir arrivó concitato nei quartieri regali, dove il padre lo attendeva. Bastó l'espressione sul volto del Re a far tremare le gambe a suo figlio. Haldir conosceva benissimo quello sguardo: lo sguardo di chi non era disposto ad ascoltare balle.

"Padre..." esordì il principe. "...mi hai fatto chiamare. Eccomi."

"Hai avuto la notizia?" chiese Thranduil, le mani che si trastullavano nervosamente con i suoi anelli.

"...la scomparsa dell'umana? Sì, Feren mi ha riferito. É incredibile." rispose Haldir. Doveva mentire al Re, e la cosa lo innervosiva.

"Sì, figlio mio...proprio incredibile. A quanto pare, per fuggire la mortale ha usato quello." disse il Re, indicando un chiodo arrugginito, posato su uno dei tavoli delle sue stanze. "Avrebbe forzato la serratura, secondo il nostro carceriere."

Il carceriere era lì, accanto a Feren. Sembrava a sua volta terrorizzato.

"É molto furba, padre. Non mi stupisce che sia riuscita ad aprire da sé la porta." osservó il figlio.

Thranduil non rispose. Giró un occhiata gelida prima su Haldir, poi sul guardiano delle carceri. Lentamente, prese il chiodo in mano e lo sollevó a mezz'aria. "Vedi, dimentichi un piccolo particolare. La donna era stata perquisita, prima di essere rinchiusa. Perquisita attentamente." disse.

Sia Haldir che il carceriere deglutirono, mentre il cuore di entrambi accelerava i battiti.

"...tu riesci a spiegarmi come un chiodo di questa lunghezza sia passato inosservato, durante la perquisizione?" chiese al figlio.

Haldir balbettó una risposta. "P-p-padre, l'hai detto tu stesso: la donna è una brigante, una specie di fuorilegge. Chi puó sapere quanti trucchi conosca. Io credo che abbia trovato il modo di..."

"BASTA!" ordinó Thranduil.

I tre sobbalzarono: raramente il Re alzava la voce. E non l'aveva mai fatto con il suo secondogenito. Haldir sentì il cuore saltargli in gola.

Thranduil si giró verso la guardia, che sembrava volersi sotterrare. "Eri stato incaricato di sorvegliarla. Non accetto incapacità, né alcun tipo di negligenza da chi lavora per me. Neppure da un umile carceriere. Tu sei rimosso dal tuo incarico. Sparisci dalla mia vista."
Senza farselo ripetere, e dopo un breve inchino, l'Elfo lasció le stanze.

Poi Thranduil guardó il suo comandante. "Se mi giungesse ancora voce che i miei Elfi passano le ore a ubriacarsi nelle mie cantine anziché svolgere i compiti a loro assegnati, ne risponderai tu, Feren. Puoi giurarci."

Feren chinó il capo. "Vi chiedo perdono, Maestà. Io e Varian staremo più attenti."

"Fuori di qui." ordinó Thranduil. Anche Feren si dileguó in silenzio.

Poi, il Re tornó ad osservare il figlio, che stava immobile, e incapace di parlare, lì davanti a lui.

"Hai liberato tu quella donna?" chiese Thranduil.

"No, padre." rispose il principe.

"La sua spada e il suo mantello sono stati prelevati dalla tesoreria. Quella zona si trova dall'altra parte dei sotterranei. Mi vorresti far credere che quella ha gironzolato indisturbata qua sotto? Che ha sottratto due oggetti da una sala sbarrata e sorvegliata?" continuò Thranduil. I suoi occhi glaciali erano fissi in quelli del figlio. "Nessuno ha visto una donna umana aggirarsi per i sotterranei...ma hanno visto te, invece."

Si avvicinò ad Haldir, che stava evidentemente tremando. "Ti chiedo di nuovo: perché hai liberato quell'assassina?"

Il principe non era mai stato messo alle strette in quel modo dal padre. Se fosse stato Legolas, avrebbe retto meglio le occhiate inquisitorie del Re, ma lui era ancora un giovane Elfo, e come tutti i giovani inesperti, si lasciò sopraffare dal nervosismo. Cedette quasi subito.

"Hai detto che non posso più vedere mia madre!" disse, disperato. "Mi hai proibito di andare da lei! Potrebbe morire, padre! Potrebbe andarsene e io sono qui, lontano! Non lo trovo giusto! Le ho detto, le ho detto di portarle un mio messaggio...ha giurato che..."

"Morire..." ripeté Thranduil. "Morire! Adesso morirà di certo, stupido!"

Haldir sgranò gli occhi. "Ma...ma che dici..."

"Ho letto nella mente di quel demonio in forma di donna. Ha tentato di impedirmelo, ma sono riuscito a vedere i suoi ricordi, i suoi pensieri, le sue intenzioni!" rivelò Thranduil. Era infuriato col figlio. "É andata a Dale per ucciderla."

Haldir arretrò bruscamente, come se una mano invisibile lo avesse schiaffeggiato. "Cosa...cosa?!!" urlò.

"Vuole vendicarsi. Vuole vendicarsi...mantenere una promessa che ha fatto ad Amon, quel rinnegato che cacciai dal mio reame. Il guaritore che aiutò Roswehn a darti alla luce!" disse Thranduil. "Amon aveva giurato di farmela pagare. Ha accolto con sé l'umana quando era una ragazzina. L'ha allevata nell'odio, le ha insegnato a combattere. L'ha plagiata, ha manipolato la sua mente per portarla a odiare me, a odiare te...e soprattutto a odiare Roswehn."

Haldir ascoltava quelle rivelazioni terribile senza poter quasi respirare. "Ma mia madre...perché...?"

"Perché fu a causa di Roswehn che Amon venne cacciato. Almeno, questo é ciò che lui ha creduto per sessanta
lunghi anni. La verità era un'altra: lo bandii dal reame perché il suo cuore era stato divorato dal serpente nero dell'invidia e della superbia. Aveva perso la sua purezza, la sua saggezza. Non era più un Elfo. E io non lo volevo qui."

Il principe portò le mani al viso. "Oh Valar, oh déi...cosa ho fatto..." poi si giró verso il padre. "Ma perché non l'hai uccisa tu, allora? Se hai spiato nella sua mente e hai visto cosa si stava preparando a fare, perché non l'hai eliminata?"

Thranduil si portò vicino al principe e riuscí a resistere all'impulso di afferarlo per il bavero. "Perché quella é figlia di un Re." gli disse. "Il discendente di un sovrano, anche se illegittimo, non può venire giustiziato arbitrariamente lontano dal suo territorio. Ci porterebbe in guerra contro Rohan."

Haldir lasció scappare un gemito di esasperazione. Tutta quella situazione gli sembrava un incubo.

"Intendevo tenerla qui, avrei informato Théoden, una guarnigione da Rohan sarebbe venuta a prenderla. Se la sarebbe vista lui con sua figlia, una volta di ritorno da Gondor." continuó Thranduil. "Sempre che torni vivo..."

Il principe scosse la testa. "...io...io davvero non sapevo...perdonami." mormoró affranto.

"Tu... hai disobbedito troppe volte agli ordini di tuo padre, Haldir. Ma questa volta, questa volta l'hai combinata grossa." disse il Re. "Ti ordino di ritirarti nelle tue stanze, e lì rimanere confinato fino a mia nuova decisione. Non ti muoverai di lí, in mia assenza."

Haldir scrolló il capo, avvilito.

"...e se oserai andare contro quest'ordine, il prossimo a finire in cella sarai tu. E custodiró io la chiave." concluse Thranduil, gelido.

Dopo un attimo di stordimento, Haldir replicó: "In...tua assenza? Dove vuoi andare?"

Thranduil prese il chiodo arrugginito e lo rimiró a lungo, prima di rispondere.

"Dove giurai di non andare mai più in vita mia. Dagli Uomini. A Dale."

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