La Guerra tra di Noi

By siminina_

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↠ COMPLETA // IN REVISIONE ↞ [BETWEEN US SERIES vol. 1] Prima di venire al mondo, il cosmo già scrive la stor... More

Premessa
Playlist Spotify & Concorsi
Cast
Copertina
Dedica
Prologo
1. La mia più grande certezza
2. Ho bisogno di evadere
3. Non ho più il controllo
4. Bruciamo insieme
5. È stata solo un'illusione
6. Più di quanto voglia ammettere
7. Tutto il coraggio che non ho
8. Una strana felicità
9. Il mio veleno e l'antidoto
10. La parte migliore di me
11. Testa o cuore?
12. La paura di perderti ancora
13. Le mie nuove consapevolezze
14. Incontri inaspettati
15. Hai occupato il mio cuore
16. Solo una bugia
17. La fine dell'inizio
18. Niente
19. Ricordi che fanno male
20. Dietro le maschere
21. L'inferno dentro di me
Scusate l'avviso.
22. Prima che sia troppo tardi
23. Non posso darmi pace
24. Uno sguardo complice di troppo
25. Il peso che mi porto dentro
26. Non sono forte abbastanza
27. L'ultima occasione
28. Basta così
29. Di orgoglio si muore
30. Il mio miglior nemico
31. Ti ho in pugno
32. Soppor(tiamo)
33. Il tempo di un bacio
34. Voglio essere migliore
35. Scelgo la mia serenità
37. L'opera più bella
38. Sulla mia pelle
39. Indissolubile
40. Il buio all'improvviso
41. Tormenti del passato
42. Un dolore che uccide
43. Ci sarò comunque vada
44. Tutto quello che non sai
45. L'ultimo segreto
46. La resa dei conti
47. Ciò che ci riserva il futuro
48. A un passo dal cuore
49. In ogni tuo respiro
50. Pronti o no, il mondo ci aspetta
Epilogo
Ringraziamenti
SORPRESA!
SPIN-OFF

36. Incubo a occhi aperti

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By siminina_

Aurora.

Maggio era arrivato in un battito di ciglia, e nell'aria vibrava forte l'eccitazione per quelli che erano i cinque giorni più attesi di sempre.

Il viaggio del quinto anno.

Il culmine di un percorso scolastico che segnava le vite di ogni adolescente. Gli anni del liceo erano quelli che forgiavano il carattere, quelli che ci trasformavano da bambini delle medie a degli pseudo adulti, quasi pronti per avere delle responsabilità.

La mia relazione con Totò continuava in segreto, tra un bacio rubato durante la ricreazione, le notti di fuoco in camera sua, e quegli sguardi veloci che ci dedicavamo tutte le volte che Samuel era distratto.

Le sedute con lo psicologo lo stavano, a poco a poco, facendo diventare un'altra persona. Sembrava quasi tornato ad essere il bambino che tanti anni prima mi aveva invitata a giocare con lui.

Eravamo il principe e la principessa del castello più maestoso di tutti i reami.

Ancora, però, non potevano regnare insieme. Lei era rinchiusa in una torre di pietra, sorvegliata da un enorme drago feroce e sputafuoco. Era stanca di non poter vivere appieno tutto quel sentimento smisurato per il principe, ma lui ogni volta che provava a salvarla svegliava il drago, che solo con uno sguardo riusciva a spaventare il ragazzo. 

La paura per il drago poteva davvero ostacolare per sempre la loro storia d'amore?

Purtroppo sì.

In quei due mesi non era cambiato quasi nulla, se non la voglia di stare con lui alla luce del sole che si faceva sempre più impetuosa dentro di me.

Il giorno della partenza per Londra mi sentivo nervosa. Ero certa di aver dimenticato qualcosa, e durante tutto il tragitto verso l'aeroporto continuavo a sbuffare, ripetendo ad alta voce la lista di tutte le cose che avevo messo in valigia e che mi sarebbero servite durante il viaggio.

«...spazzolino, profumo piccolo, giacca in pelle, perizo-» mi bloccai. Sperai che mio padre non avesse sentito quello che stavo dicendo, ma quando alzai il viso dalle mie mani, dove stavo tenendo il conto, incrociai il suo viso paonazzo. 

Aveva un sopracciglio alzato, e abbassò il cellulare che teneva premuto contro l'orecchio.

«Ehm, sono quelli di Ginevra... sai, lei soffre di un'allergia al materiale delle classiche mutande, meno stoffa c'è e più sta comoda...»

«Va bene così, preferisco fare finta di non aver sentito...» diede un colpo di tosse per mettere fine all'imbarazzo che si era creato, e rise.

Lo seguii a ruota in quella risata che calmò, in parte, la mia ansia da pre-partenza.

Mio padre aveva messo in secondo piano tutti i suoi impegni lavorativi solo per accompagnarmi in aeroporto, e l'abbraccio che mi diede prima di salutarmi, una volta arrivati, mi aveva scaldato il cuore. 

Mi staccai da lui e una Smart nera, abbastanza vecchia e leggermente ammaccata sulla portiera dal lato del passeggero, si parcheggiò proprio accanto a noi.

Quella macchina la conoscevo già. Era la stessa nella quale Damiano, mesi prima, mi aveva convinta a riavvicinarmi a Totò. L'unica cosa che ricordavo degli interni era il tappetino per i piedi, consumato in alcuni punti, che avevo fissato durante tutto il percorso da scuola fino alla pizzeria.

Non passò molto tempo prima che vidi uscirne il proprietario, seguito dal mio bel principe, visibilmente euforico per la partenza.

Aveva ancora gli occhi dello stesso bambino, curioso e pieno di vita, che avevo conosciuto quel pomeriggio al parco della scuola elementare. Ci guardammo con un'intensità che fece dissolvere qualsiasi tipo di preoccupazione per la valigia o per quelli che avrebbero potuto essere i giorni successi. 

Contava solo la sua felicità che diventava anche la mia, di conseguenza.

Un fischio di apprezzamento ci fece tornare entrambi alla realtà, e mi accorsi che proveniva da Damiano mentre ammirava la BMW, ultimo modello, di mio padre. Vidi il suo autista fulminarlo dallo specchietto laterale: probabilmente non gradiva tutte quelle manate sulla vernice bianca lucente.

«Porca di quella migno-» provò ad esclamare Damiano, ma l'incontro con gli occhi sconvolti di mio padre lo frenarono dal terminare la sua imprecazione.

Povero papà, si stava di sicuro pentendo di avermi accompagnata quel pomeriggio.

Però mi sorprese ancora una volta e scoppiò a ridere.  

«È un gioiellino, vero?» domandò a Damiano, che sembrava un bambino in un negozio di giocattoli.

«È l'auto dei miei sogni... BMW X7, 400 cavalli, super accessoriata... sto per avere un infarto».

La voce di Totò, finalmente, fece il suo ingresso nella conversazione. Si avvicinò, e poggiò una mano sulla spalla del suo amico che sembrava essere entrato in uno stato di trance. 

«Dami, ti ricordo che hai solo dieci minuti gratuiti nel parcheggio, poi l'auto dei tuoi sogni sparirà e in compenso avrai una bella multa» sorrise, e fece un cenno di saluto con la testa a mio padre, che era al corrente della nostra relazione segreta.

Per fortuna non faceva più troppe domande.

«Mi raccomando. Tieni d'occhio per me la mia gemma, per qualsiasi cosa chiama che salgo sul primo aereo e ve-» sentii dire a Damiano, ma Totò lo interruppe con un abbraccio.

«Stai tranquillo, andrà tutto bene».

Mentre Damiano soffiava baci nell'aria alla macchina di mio padre, io presi la mia valigia e mi incamminai verso le porte d'ingresso dell'aeroporto. 

Totò mi aveva raggiunta in poche falcate, con il suo borsone sulle spalle pieno di aspettative, e trattenni a malincuore la voglia assurda che avevo di baciarlo. Due delle tre entrate erano guaste, quindi ci ritrovammo davanti la stessa, e quello ci diede un pretesto per rivolgerci la parola.

«Morelli.»

«Parisi.»

«Prima le stronze egocentriche.»

«E dopo i coglioni poveracci».

Mi fece l'occhiolino complice, e passai per prima cercando di trattenere un sorriso.

Raggiunsi il gruppo della mia classe, che era già in fila per imbarcare il bagaglio a mano, e andai accanto a Ginevra che sembrava più agitata di me, mentre si toccava di continuo la pancia.

«Tutto bene, Gin? Anche tu hai la sensazione di esserti dimenticata qualcosa? Ti fa male lo stomaco, per caso?»

«Sì, ma è solo il nervosismo... non amo molto volare, lo sai...»

«Ho visto Damiano fuori che ti stava tradendo con l'auto di mio padre...» risi e continuai. «Non ti ha salutata prima della partenza?».

Ginevra fece un sorrisone e si illuminò tutta.

«Siamo stati insieme fino a ieri sera... abbiamo preferito evitare effusioni davanti i miei genitori, ancora non lo sanno che sto con lui.»

«Perché? Dici che non appro-».

Le parole mi morirono in gola quando due mani mi afferrarono i fianchi da dietro, in modo rude, e non ci misi molto a capire a chi appartenessero.

Samuel.

Mi strinse forte a lui, anche più del dovuto, come se stesse cercando di darmi un avvertimento, e avvicinò le sue labbra al mio orecchio.

«Tu stai accanto a me in aereo, sul pullman, e stasera caccio via tutti dalla mia stanza così ce la spassiamo».

Ginevra per fortuna captò il mio irrigidimento, e mi afferrò dal braccio tirandomi verso di lei. Di conseguenza, mi fece staccare dal drago che stava sputando fuoco nel mio orecchio.

«I posti in aereo sono casuali e quelli delle camere li deve approvare la Castiglioni, che non vuole nessuna protesta o ci possiamo scordare il giro sul London Eye. In più, Aurora sta già accanto a me in pullman» sorrise soddisfatta, mentre lo guardava con aria di sfida. Samuel ricambiò lo sguardo, quasi ringhiando.

Forse le avevo immaginate solo io le saette che uscivano dai loro occhi tutte le volte che si rivolgevano la parola. Lei sembrava perennemente arrabbiata con lui, ma mi ero convinta che fosse solo un modo per proteggere la mia relazione con Totò.

Arrivò il nostro turno davanti al banco del check-in, e dopo aver poggiato la valigia sul rullo, presi in mano la mia carta d'imbarco, curiosa di scoprire il posto che mi era stato assegnato.

10F, lato finestrino. 

Guardai subito quello di Ginevra e tirai un sospiro di sollievo. 

Lei aveva il 10D, lato corridoio. 

Dovevo solo sperare che Samuel non capitasse proprio al centro tra me e lei.

La nostra professoressa di italiano era stata chiara: nessuno avrebbe potuto cambiare posto in aereo. Per una sua tranquillità mentale, nel foglio dell'appello scriveva accanto al nostro nome il numero della nostra seduta, così poteva placare la sua ansia da responsabile di venti ragazzi euforici.

Quando salimmo in aereo, Totò ancora non era arrivato e continuavo a cercarlo con lo sguardo. I miei occhi incrociarono, però, quelli di Samuel che si era appena fermato accanto la fila mia e di Ginevra.

«Fammi passare, Ginevra. Ci sto io accanto alla mia fidanzata».

Sgranai gli occhi, presa da un impeto di nervosismo.

Non eravamo ancora partiti e già mi ero pentita di non essere rimasta a casa.

La professoressa Castiglioni, grazie al cielo, fece sfumare la mia voglia improvvisa di scappare.

Era una donna sulla cinquantina, e nonostante la sua bassa statura possedeva una tonalità di voce molto acuta, tanto che saltammo tutti in aria quando parlò.

«Barone! Stai bloccando la fila, il tuo posto è il 27A!»

«Prof, Aurora soffre tanto l'aereo e ha bisogno di me per non stare male...»

«Aurora se la caverà anche senza di te. Al massimo ci sono i sacchetti per il vomito. Fila al tuo posto, ora!».

Dovevano fare subito santa quella donna.

Mentre Samuel borbottava andandosi a sedere in fondo all'aereo, mi concentrai a guardare fuori dal finestrino i tipi che stavano caricando le valigie nella stiva dell'aeromobile, come se fossero dei sacchi di patate.

Se avessero osato fare solo un graffio alla mia amata Louis Vuitton, io di sicu...

«Il 10E è questo al centro?».

Subito voltai lo sguardo, e incrociai gli occhi più belli sulla scala di tutti gli occhi più belli del mondo.

Totò stava mostrando il suo biglietto a Ginevra, che si era già alzata per farlo passare, permettendogli così di sedersi accanto a me.

Se non era destino quello, non avrei saputo come chiamarlo. 

Cercai di sopprimere il mio entusiasmo, e sbuffai. 

«Mai una gioia davvero! Tra tutti quelli che potevano capitare, proprio tu, Parisi.»

«Guarda che è una piaga anche per me... principessa dei miei stivali».

Ginevra gli diede una gomitata sul braccio e lo guardò sarcastica mentre cercava di trattenere una risata.

Ormai era così perso da non riuscire più a formulare degli insulti che potessero essere davvero ritenuti tali.

Mi allacciai la cintura, e la mia migliore amica aiutò Totò a stringere la sua, mentre un tic nervoso si era impossessato della sua gamba. Era il suo primo volo, la prima volta che lasciava la città, la sua prima esperienza all'estero.

E la stavamo vivendo insieme. 

Presi una felpa dallo zainetto che tenevo ai miei piedi, e la misi sulle mie gambe in modo tale da coprire anche il bracciolo che condividevo con Totò. Così riuscii ad afferrare la sua mano sotto la felpa, e a stringerla forte durante tutto il viaggio.

Al contrario della bugia che aveva detto Samuel alla professoressa di italiano, io amavo volare.

E sperai di trasmettere quella serenità anche a Totò, che continuava a sussultare a ogni minimo vuoto d'aria.

Era tenero pure mentre sudava freddo e teneva gli occhi chiusi, facendo dei respiri profondi.

Anche Ginevra si era ammutolita durante tutto il viaggio, e Totò sembrava forse troppo interessato alla sua salute. Gli unici momenti in cui parlava era quando le chiedeva se si sentisse bene. Come al solito si preoccupava sempre per gli altri, nascondendo invece il bisogno che qualcuno si prendesse cura di lui.

Dopo quasi tre ore di volo, e un bel po' di turbolenze, atterrammo a Londra.

Fuori era già buio, ma solo respirare l'aria di quella città magica mi aveva ricaricata appieno. 

Una volta recuperate le valigie, salimmo sul pullman che dopo un'altra ora di viaggio ci condusse fuori l'albergo prenotato.

La porta d'ingresso era molto imponente, e le grandi vetrate permettevano già da fuori di avere la visuale sulla hall, dove l'addetto alla reception ci aspettava dietro al bancone.

Eravamo tutti stanchi, e non vedevamo l'ora di cenare per poi andare a sistemarci nelle nostre camere.

La nostra accompagnatrice iniziò a chiamare tutte le stanze facendoci raggruppare a tre a tre. 

Io ero in una tripla con Ginevra e Miriam, ma poteva quasi considerarsi una doppia dato che quest'ultima sarebbe sempre stata appiccicata a Carlo, il suo ragazzo che frequentava un'altra sezione.

La professoressa teneva in mano solo un'ultima chiave, e mi sentii morire quando capii quello che stava per succedere.

«Camera 313: Barone, Cataldo e Parisi. Non sapevamo dove metterti, Parisi, quindi abbiamo fatto un po' a caso nell'ultima tripla disponibile».

Samuel, Giacomo e Totò.

In stanza insieme.

Mi si congelò il sangue nelle vene, e la faccia sconvolta di Totò mi diede la mazzata finale.

Si prospettavano dei giorni d'inferno.

Totò.

Ormai era evidente che il destino si fosse accanito contro di me, facendomi vivere su una montagna russa che faceva su e giù, di continuo. Picchi di allegria e felicità senza pari venivano subito seguiti da attimi tremendi di sconforto totale e da situazioni che mettevano a dura prova la mia resistenza.

Quella sera fu un esempio lampante.

Stare in camera con Samuel e Giacomo significava che quel viaggio tanto agognato e aspettato si era appena trasformato nell'inizio di una tragedia degna di Shakespeare.

Cercai di protestare. 

«Professoressa, io...  non ci sarebbe nessun altro posto disponibile?» la supplicai con gli occhi e lei ne parve convinta, tanto che diede un'altra scorsa ai fogli che teneva in mano. Ma prima che potesse dire niente, successe qualcosa che mi fece rizzare i capelli sulla nuca.

Samuel si era avvicinato con un sorriso all'apparenza angelico, ma che sotto nascondeva una cattiveria tremenda, degna di lui.

Mi passò il braccio attorno alle spalle, con un po' di difficoltà dato che ero più alto di lui di almeno dieci centimetri, e guardò la professoressa benevolo.

«Non si preoccupi, prof, io e Giacomo faremo sentire Parisi parte del gruppo... ci divertiremo un mondo» sibilò in maniera subdola.

Certo, avrei dovuto capire subito che Samuel non avrebbe rinunciato con tanta facilità al suo divertimento preferito, ossia torturarmi fisicamente e mentalmente.

La professoressa sorrise a sua volta e ringraziò Samuel per il suo senso civico, poi mi consegnò le chiavi e si avviò lungo il corridoio, sparendo dietro un angolo.

Appena fu fuori dal nostro campo visivo, Samuel ritrasse il braccio dalle mie spalle guardandomi schifato, mi strappò le chiavi di mano.

«Eccome se mi divertirò un mondo, Parisi, ma di certo tu no».

Si allontanò ridendo con Giacomo, e io rimasi per un attimo come pietrificato lì, in piedi in quel corridoio dalla moquette blu scuro. 

Cercai lo sguardo di Aurora, e vidi la mia stessa paura riflessa nei suoi occhi. 

Riuscii a posare il mio borsone in un angolino di quella stanza che sarebbe diventata il mio inferno, e uscii di corsa prima che a Samuel venisse voglia di cominciare il mio calvario in trasferta.

Fuori era buio ed era quasi ora di cena, e in corridoio incrociai Ginevra, che mi corse incontro e mi abbracciò di slancio.

«Attenta, Gin... non correre, ti prego» dissi, ricambiando il suo abbraccio. Lei mi baciò la guancia e poi si staccò da me.

«Totò, non sono fatta di carta velina... una mini corsetta non farà certo male al bambino» commentò divertita, e si accarezzò la pancia per un istante con una dolcezza che mi fece sciogliere.

«Lo so, però ho promesso al tuo fidanzato iperprotettivo che ti avrei tenuta d'occhio e mi sarei preso cura di te, ed è ciò che intendo fare... anche a costo di sembrare una mamma preoccupata e ansiogena» risposi, e ridacchiai insieme a lei.

«Ancora non ci credo che i miei mi abbiano permesso di venire... ma tanto non hanno molto da temere, sono già incinta, no? Cosa potrebbe capitarmi di più grave?» rise e poi tornò seria, poggiandomi la mano sul braccio.

«Stai bene? Io sono davvero allibita, Samuel ti ha già infastidito?» mi guardò con espressione molto preoccupata. Scossi la testa.

«No, ma me l'ha già promesso quindi penso che inizierà a breve» sospirai, poi mi mordicchiai il labbro e cercai di cambiare discorso.

«Gin, penso tu debba dire la verità ad Aurora... non puoi continuare a mettere maglie larghe. Penso che già tra un mese la pancia sarà ben visibile» le consigliai, un po' preoccupato per la reazione di Aurora.

«Lo so, infatti ho già deciso di dirglielo appena torniamo in Italia... non voglio lanciare questa bomba mentre siamo qui» convenne, traendo poi un sospiro profondo.

«Le dirai anche chi è il padre?» la incalzai, e le sue guance impallidirono.

«Non lo so... cioè, so bene che lei non lo ama più e che tra loro è ormai finita, ma si arrabbierà lo stesso e io non voglio perderla. Non penso capirebbe che ero davvero innamorata di Samuel» sospirò di nuovo e mi guardò con espressione vacua.

Le accarezzai la guancia e poi ci dirigemmo insieme verso il ristorante dell'albergo.

Avevo sentito spesso parlare della cucina inglese, definita schifosa da tutti quanti.

E avevano ragione, in tutto e per tutto.

Pur essendo un albergo a tre stelle, ci servirono delle salsicce quasi bruciate e dei tortini di pasta sfoglia davvero immangiabili.

Stavo seduto da solo a mangiare quella brodaglia vomitevole, e di tanto in tanto lanciavo degli sguardi in direzione del tavolo dove stavano Aurora, Samuel e Ginevra.

Lui mi guardava con aria di sfida e baciava di continuo Aurora, che tentava di divincolarsi e lo rimproverava, usando la scusa del pudore.

Poco dopo, la situazione iniziò a precipitare. 

Raggiunsi la stanza per primo e iniziai a prepararmi per mettermi a letto. Ero riuscito solo a lavarmi i denti, quando Giacomo e Samuel entrarono e si guardarono come se si fossero messi d'accordo in precedenza.

«Bene, bene... cosa abbiamo qui? Parisi che vuole dormire? Sei davvero ottimista» cominciò Samuel, mentre Giacomo mi si avvicinava minaccioso.

«Samuel, i professori si accorgeranno che mi avete picchiato» li avvertii, cercando di dissuaderli dai loro piani.

«Credi che io sia stupido, Parisi?» domandò sarcastico lui, ridacchiando insieme al suo compare.

Io non risposi, perché sapevo che avrei detto proprio quello che pensavo, arrabbiato com'ero. Loro due sorrisero beffardi.

«Faremo in modo di non lasciare tracce» disse infine Giacomo, che si avventò su di me e iniziò a colpirmi nello stomaco. Provai delle fitte di dolore ma riuscii a dargli uno spintone, facendolo cadere a terra.

La mia reazione, però, scatenò la furia dei miei compagni di stanza. Capii subito che non avrei più potuto difendermi, lo sguardo di Samuel mi gelò come un avvertimento.

Giacomo si rialzò da terra e mi afferrò per il collo, stringendolo nelle sue mani. Iniziò a mancarmi l'aria mentre lui affondava le sue dita grassocce nella mia pelle.

«Non ti devi permettere mai più, Parisi» sibilò, soffiando sul mio viso col suo alito che ancora sapeva di quella salsiccia disgustosa.

Quando mi lasciò andare tossii e annaspai, in cerca di ossigeno, e lui approfittò della mia distrazione per darmi un calcio sulla gamba, facendomi cadere sul pavimento. 

Cominciarono a colpirmi entrambi, dandomi calci su ogni centimetro del mio corpo che l'indomani sarebbe stato coperto dai vestiti. Evitarono di colpirmi in faccia, sapendo con quanta facilità i lividi affioravano sulla mia pelle, chiara e delicata.

Ero rannicchiato in posizione fetale e continuavo a ricevere quelle percosse, mentre nella mia testa pensavo solo e soltanto ad Aurora.

"Ci libereremo di lui, prima o poi, e saremo liberi. Saremo liberi, amore mio" pensai, trovando in lei la forza di sopportare tutto.

Quando le percosse si fermarono, rimasi per qualche altro secondo a terra, senza fiato mentre il dolore iniziava a diffondersi nel mio corpo.

A fatica mi alzai e raggiunsi il letto quasi strisciando, sedendomi senza dire una sola parola, per non dar loro soddisfazione.

Quella mia apparente indifferenza li fece incazzare ancora di più, tanto che Samuel mi afferrò per la maglietta e non riuscì a trattenersi.

Mi diede un pugno sul naso, e percepii il sangue colare dalle mie narici sulla maglia, per fortuna con poca intensità.

«Fuori di qui, Parisi» ringhiò poi, buttandomi fuori dalla stanza e chiudendo la porta a chiave. Mi ritrovai a terra nel corridoio, senza sapere cosa fare.

Non potevo andare da Aurora perché sarebbe stato troppo rischioso: se Samuel avesse deciso di farle una visita notturna e mi avesse trovato lì, sarebbero stati guai grossissimi. Inoltre, ero stremato dal trattamento che avevo appena ricevuto.

Strisciai per allontanarmi un po' dalla porta e mi misi disteso, rannicchiato per cercare di scaldarmi. Per fortuna mi addormentai quasi subito, nonostante i dolori e la posizione scomoda.

Sembravano passati appena pochi minuti quando fui svegliato da qualcuno che mi chiamava e mi scuoteva la spalla con delicatezza.

Aprii gli occhi, cisposi e annebbiati dal sonno, e l'espressione orripilata di Ginevra fu la prima cosa che vidi.

«Totò, che ci fai qui fuori? Perché stavi dormendo sul pavimento?» domandò concitata, aiutandomi a mettermi in piedi. Il dolore c'era ancora, per fortuna avevo portato degli antidolorifici da prendere dopo pranzo.

L'unico problema era che si trovavano nella mia valigia, nella stanza dove Samuel e Giacomo non mi avrebbero fatto entrare finché vi fossero stati loro.

«Mi hanno cacciato dalla stanza e ho dormito qui» mormorai, stiracchiandomi in una smorfia di dolore. Lei la notò, così come il sangue rappreso sul mio mento e sulla mia maglietta.

Stava per protestare, quando la porta vicino a noi si spalancò e i miei due aguzzini ne uscirono, sorridenti e riposati. Appena Samuel vide Ginevra lì, si adombrò.

Lei per tutta risposta si avvicinò minacciosa a lui, e lo fissò negli occhi con tutto il rancore e l'odio che riuscì a far confluire nel suo sguardo.

«Almeno in viaggio potresti lasciarlo in pace, Samuel!» sbottò all'improvviso, in un impeto di coraggio che mi spaventò, dato che lui non si sarebbe fatto scrupoli a farle del male.

Mi frapposi tra loro, prima che Samuel potesse anche solo pensare di reagire, coprendo Ginevra col mio corpo. Samuel fece un sorrisetto, cercando lo sguardo di lei.

«Stai scherzando un po' troppo con il fuoco, attenta perché rischi seriamente di scottarti» la minacciò, poi insieme a Giacomo se ne andarono verso il ristorante per la colazione. Mi voltai verso Ginevra.

«Sei impazzita? Lo sai che non ha scrupoli!» la rimproverai, ma mi ammorbidii quando vidi i suoi occhi lucidi. Voleva proteggermi, ma avevo il terrore che pagasse un prezzo troppo alto.

Entrò in camera con me e mi aspettò seduta sul letto mentre mi infilavo in bagno per prepararmi. Grosse macchie violacee ricoprivano il mio corpo, risaltando sulla pelle bianca.

Sospirai, già consapevole che sarebbero stati cinque giorni tremendi per me, per Ginevra e soprattutto per Aurora.

Il viaggio che avevo immaginato come un sogno si era già tramutato in un incubo.

Angolo autrici:
Buon giovedì, carissime anime!
Ecco che ha inizio il viaggio d'istruzione (distruzione) della coppia più sfigata sulla faccia della terra AHAHAHAH

Lo sappiamo, lo sappiamo che siete pronte con i fucili a pompa per farci fuori, MA vi possiamo anticipare che foooorse le cose dal prossimo in poi non andranno così male.

Vi fidate di noi? Sì?.... Ecco non dovreste :P

Si accettano TOTO scommesse su quello che potrebbe accadere durante questi cinque giorni, e come le cose potrebbero migliorare. Forza spremete le meningi e pensate a qualcosa!

Vi diamo appuntamento alla prossima settimana, ringraziandovi sempre per i bei traguardi che grazie a voi stiamo raggiungendo.

Love you all!

Bacioni, Simi e Giò

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