La Guerra tra di Noi

By siminina_

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↠ COMPLETA // IN REVISIONE ↞ [BETWEEN US SERIES vol. 1] Prima di venire al mondo, il cosmo già scrive la stor... More

Premessa
Playlist Spotify & Concorsi
Cast
Copertina
Dedica
Prologo
1. La mia più grande certezza
2. Ho bisogno di evadere
3. Non ho più il controllo
4. Bruciamo insieme
5. È stata solo un'illusione
6. Più di quanto voglia ammettere
7. Tutto il coraggio che non ho
8. Una strana felicità
9. Il mio veleno e l'antidoto
10. La parte migliore di me
11. Testa o cuore?
12. La paura di perderti ancora
13. Le mie nuove consapevolezze
14. Incontri inaspettati
15. Hai occupato il mio cuore
16. Solo una bugia
17. La fine dell'inizio
18. Niente
19. Ricordi che fanno male
20. Dietro le maschere
21. L'inferno dentro di me
Scusate l'avviso.
22. Prima che sia troppo tardi
23. Non posso darmi pace
24. Uno sguardo complice di troppo
25. Il peso che mi porto dentro
26. Non sono forte abbastanza
27. L'ultima occasione
28. Basta così
30. Il mio miglior nemico
31. Ti ho in pugno
32. Soppor(tiamo)
33. Il tempo di un bacio
34. Voglio essere migliore
35. Scelgo la mia serenità
36. Incubo a occhi aperti
37. L'opera più bella
38. Sulla mia pelle
39. Indissolubile
40. Il buio all'improvviso
41. Tormenti del passato
42. Un dolore che uccide
43. Ci sarò comunque vada
44. Tutto quello che non sai
45. L'ultimo segreto
46. La resa dei conti
47. Ciò che ci riserva il futuro
48. A un passo dal cuore
49. In ogni tuo respiro
50. Pronti o no, il mondo ci aspetta
Epilogo
Ringraziamenti
SORPRESA!
SPIN-OFF

29. Di orgoglio si muore

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By siminina_

Totò.

Quando arrivai a casa, vidi mia madre affaccendarsi e prepararsi, tesa come una corda di violino. Io le sorrisi per darle forza e lei rispose a sua volta con un sorriso tiratissimo.

«Ehi, mami... andrà benissimo, stai tranquilla» la incoraggiai abbracciandola forte. Ero sicuro che ce l'avrebbe fatta: era in gamba e avrebbe superato con facilità il colloquio.

Ci speravo davvero tanto, avevamo troppo bisogno di quei soldi.

«Grazie, tesoro... ci vediamo dopo, okay? Dovrei tornare dopo pranzo» mi informò, accarezzandomi la guancia. Poi prese la borsa, poggiata sul tavolino del salotto e uscì.

Provai una certa tristezza per il fatto che si fosse dimenticata del mio compleanno, ma non mi sentivo di colpevolizzarla dato che aveva tante altre cose per la testa.

Però ci rimasi male. Molto male.

Sospirai e guardai l'orologio sulla parete, che segnava le sette e trentadue. Era domenica mattina e mi sentivo ancora stanco, perciò aprii le porte per sentire eventualmente Mattia piangere e andai a distendermi sul mio letto.

Ero talmente stanco che mi addormentai quasi di colpo. Ancora una volta la vibrazione del mio cellulare mi svegliò dopo quelli che mi parvero pochi minuti, ma che in realtà furono più di due ore.

- Il mio letto è così vuoto senza te...

Sorrisi, leggendo il messaggio di Aurora, ancora un po' assonnato.

- Avrei tanto voluto rimanere lì con te, ma dovevo controllare mio fratello...

- Allora posso venire a casa tua? Non voglio più sprecare tempo, voglio passare il tuo compleanno insieme a te...

Il cuore iniziò a battermi più forte per quella improvvisa felicità che mi stava travolgendo. Le cose si stavano piano piano sistemando: Aurora mi aveva perdonato, mia madre forse avrebbe trovato un lavoro e i brutti pensieri che mi avevano accompagnato negli ultimi tempi stavano iniziando a diradarsi, anche grazie all'amicizia di Damiano e Ginevra.

- Ti aspetto.

Mi alzai e cominciai a mettere un po' in ordine tutta la casa. Presi in braccio Mattia, che piagnucolava, proprio quando il campanello della porta trillò allegramente.

Sorrisi come un idiota e andai ad aprire con mio fratello ancora in braccio. Aurora sorrise radiosa al bambino, accarezzandogli la manina.

«Ciao, piccolino» cinguettò, poi si rivolse a me con un sorriso ancora più grande. «E ciao anche a te» mormorò con voce suadente. Io l'attirai a me e la baciai sulle labbra.

«Grazie per essere qui» sussurrai, stringendo la sua mano nella mia libera.

«Volevo essere sicura che fosse tutto reale» ammise, accarezzandomi la mano col suo pollice.

«Mi hai salvato» mormorai, chinandomi su di lei e poggiando la fronte sulla sua. La sua mano era ancora stretta forte nella mia.

«Ti sei salvato da solo, venendo da me. Vorrei tanto riuscire ad allontanare ogni problema dalla tua vita, vorrei solo che fossi più sereno» disse, strofinando dolcemente il suo naso al mio.

«Sapere che non hai più paura di me mi rasserena già tanto» risposi, poi ci avviammo verso la stanza di mia madre per rimettere Mattia nella sua culla. Mentre ci spostavamo nella mia stanza la vidi tormentarsi le mani, come se ci fosse qualcosa che la preoccupasse.

«Va tutto bene?» le chiesi, mentre ci sedevamo sul mio letto. Lei mi abbracciò forte, poi si staccò e si infilò una mano in tasca.

«Io voglio aiutarti, Totò... e voglio farlo in modo concreto. Non ho più intenzione di vederti saltare i pasti o lavorare in pizzeria fino a non avere più forze. Tu devi studiare e devi impegnarti con tutto te stesso perché so che puoi farcela» affermò, con gli occhi che le brillavano per l'emozione.

Tirò fuori dalla tasca una busta bianca e me la consegnò, mordicchiandosi il labbro.

«È il tuo regalo di compleanno e ti prego, per favore, ti supplico, prendilo. Non sono disposta ad accettare un rifiuto» mi guardò serissima. Io avevo già capito cosa contenesse la busta, ma l'aprii lo stesso.

Un assegno.

Un assegno da cinquemila euro, per la precisione.

Guardai prima quel pezzo di carta e poi Aurora sgranando gli occhi stupito, dato che la cifra andava ben oltre ogni mia possibile ipotesi.

Le riconsegnai la busta e il suo contenuto.

«No, n-no... Auri, non posso accettare tutti questi soldi, non posso proprio» balbettai, impallidendo un po'. Lei per tutta risposta mi rimise, a forza, la busta in mano.

«Non è una cifra poi così enorme... e chiederò a mio padre di trovare un lavoro migliore a tua madre, magari nella sua azienda. Nel frattempo, voglio che tu prenda questi soldi e ti tolga tutti gli sfizi che hai. Prendili per te, per tua madre, per tuo fratello... è un regalo che ti sto facendo con tutto il cuore, per favore, non rifiutarlo» mi pregò, accarezzandomi dolcemente una guancia.

Sentii le lacrime pizzicarmi gli occhi.

Una parte di me, spaventata e orgogliosa, non avrebbe mai voluto accettare quel denaro, perché non volevo che lei pensasse che i soldi fossero un elemento che mi aveva avvicinato a lei.

Tuttavia, l'altra parte più grande e realista era consapevole che lei lo sapesse già.

Avevo troppo bisogno di quei soldi per prendermi cura della mia famiglia, almeno per un po'. Quel regalo mi stava dando un'altra possibilità per fare qualcosa di buono e non potevo rifiutarlo.

L'abbracciai forte, tremando un po' nel tentativo di trattenere le lacrime e mi accoccolai a lei come un bambino piccolo.

«Grazie...» sussurrai, con la voce spezzata dalla commozione profonda.

Lei mi strinse forte a sé, baciandomi il collo e poi la guancia e sussurrò al mio orecchio.

«Volevo dirti un'altra cosa... ti amo anche io, da matti».

Il cuore prese a battermi all'impazzata.

Avevo udito bene? L'aveva davvero detto o me l'ero solo immaginato?

Mi staccai un po' da lei in modo tale da guardarla negli occhi, con i miei ancora lucidi per l'emozione che stava crescendo a dismisura.

«Pensavo non mi avessi sentito» ammisi, mordicchiandomi il labbro. Lei mi accarezzò le guance con una tenerezza che mi fece sciogliere ancora di più.

«Diciamo che ero quasi addormentata e pensavo di averlo sognato... ma stamattina, quando mi sono svegliata, il mio cuore batteva così forte da farmi capire che era successo davvero» sussurrò, stampandomi poi dei piccoli baci sulle labbra.

Ero ufficialmente in paradiso.

Aurora scese con le labbra sul mio collo, baciandolo e mordicchiandolo. Percepivo in lei la voglia crescere, come se volesse riprendere da dove ci eravamo fermati la sera prima.

Si mise a cavalcioni su di me, baciandomi con una passione tale da farmi andare a fuoco.

«Ti prego, dimmi che abbiamo tempo» soffiò sulle mie labbra, in un tono talmente provocante da procurarmi una forte eccitazione.

Lanciai un'occhiata veloce all'orologio: era quasi mezzogiorno.

«Mia madre torna dopo pranzo, quindi sì» risposi, sfilandole la felpa e poi la maglietta.

Iniziammo a spogliarci distendendoci sul letto. Dopo avermi tolto la maglietta, iniziò ad accarezzarmi le cicatrici sulla schiena.

«Fanno parte di te, non puoi liberartene, ma puoi renderle il tuo punto di forza... come questa» sussurrò, prendendomi la mano sinistra e baciando la cicatrice senza smettere di guardarmi negli occhi.

«È il simbolo che possiamo superare tutto insieme» aggiunse poi. Il cuore mi traboccava di gioia, una felicità profonda che non provavo da troppo tempo.

«Ti amo così tanto» dissi, non riuscendo a contenermi.

Avrei potuto ripeterglielo di continuo.

Eravamo ormai rimasti solo in biancheria intima e notai la tristezza comparire nei suoi occhi mentre mi accarezzava sopra le costole, molto più sporgenti dell'ultima volta in cui avevamo fatto l'amore.

«Scusami se ci ho messo così tanto ad ammetterlo» mormorò, tremando un po'. Non riuscii a trattenermi dal baciarla ancora, sentendomi dipendente dalle sue labbra.

«Scusami tu per quello che ti ho fatto» dissi, accarezzandole le guance.

Eravamo nudi e ci guardavamo in un modo così carico di amore che sentivo i nostri cuori battere all'unisono.

E poi l'ansia iniziò a farsi strada dentro di me. Guardai Aurora preoccupato e mi morsi il labbro inferiore.

«S-sono passati tanti mesi dall'ultima volta» balbettai, timoroso.

Avevo paura di non essere in grado di soddisfarla come meritava, dato che era passato così tanto tempo.

Il terrore di fare fiasco iniziò a mandarmi in tilt ma lei, con un solo bacio, riuscì a tranquillizzarmi subito.

«Non mi importa, ho solo bisogno di sentirti mio» affermò, con uno sguardo così determinato da farmi istintivamente sorridere.

Allungai il braccio verso il comodino e aprii il cassetto, scavando sotto un mare di cianfrusaglie e recuperando un preservativo.

Dopo averlo messo, Aurora scivolò sopra di me e subito iniziò a spingere il suo bacino contro il mio, inarcando la schiena.

Era un'emozione a dir poco inebriante, i nostri ansimi e piccoli gemiti riempivano il silenzio della mia stanza. Con una mano iniziai a toccarle il seno, guardandola muoversi sinuosamente sopra di me.

«È la sensazione più b-bella del mondo» balbettai tra un gemito e un altro. Lei sorrise, i capelli che le ricadevano scombinati sulla fronte sudata.

Aumentammo la velocità, lei si chinò su di me e iniziò a mordicchiarmi la spalla mentre io tenevo le mani salde sui suoi fianchi, accompagnando i movimenti del suo bacino.

«T-ti vorrei continuamente dentro di me...» sussurrò al mio orecchio, mordicchiandomi il lobo.

Le sue parole, insieme ai nostri movimenti sempre più rapidi, scatenarono una sensazione travolgente che mi agganciò la bocca dello stomaco, scendendo in fretta verso il centro del mio piacere.

Non riuscii più a trattenermi ed esplosi in un orgasmo che non provavo da mesi.

La testa mi girò forte e quando riuscii a ritrovare la lucidità, mi vergognai e arrossii violentemente.

Ero durato davvero troppo poco e il dispiacere per non averla soddisfatta, come avrei fatto in passato, mi fece salire le lacrime agli occhi.

«S-scusami...» borbottai, sentendomi in colpa.

Lei mi abbracciò forte e mi strinse a sé, riempiendomi la guancia e le labbra di baci.

«Non osare scusarti... è stato tutto perfetto e vorrei solo fermare il tempo per godermi all'infinito questo momento stupendo con te» mi sussurrò all'orecchio. Le lacrime affiorarono lo stesso ai miei occhi, ma non per la tristezza.

Mi resi conto che avevo pensato una cosa sbagliata.

Non ero stato io a dare un'ultima possibilità alla vita, ma era stata la vita a offrirmene un'altra.

E non avrei potuto esserne più felice.

Aurora.

Dopo mesi di buio totale avevo fatto di nuovo l'amore con Totò e ogni cosa intorno a me aveva di nuovo ripreso colore.

Quel lungo periodo senza di lui mi aveva resa vuota, apatica. Me ne resi conto proprio nel momento in cui lo sentii fremere contro di me, al culmine del piacere. Una scarica di elettricità attraversò tutto il mio corpo e fu come rinascere dalle ceneri che avevamo creato con il fuoco delle nostre incomprensioni.

Non mi interessava che fosse durato poco, era importante quello che aveva significato per noi due.

Poter stare di nuovo tra le sue braccia, accoccolata al suo petto, con l'orecchio poggiato sul suo cuore, era un'emozione troppo forte.

Un'emozione inspiegabile a parole.

Io, Aurora Morelli, amavo alla follia Salvatore Parisi.

Lo avevo ammesso proprio qualche secondo prima che i nostri corpi si fondessero per diventare un'unica cosa, o meglio un'unica anima.

Ero ancora sopra di lui, non riuscendo proprio a staccarmi e mi accarezzava i capelli.

«Sei sicura non sia un problema? Volevo soddisfare anche te...» insisté, scendendo con le mani sulle mie spalle e poi sulla schiena.

Rabbrividii per il suo tocco leggero, che stava facendo rilassare tutto il mio corpo e alzai il viso verso di lui.

«La smetti di scusarti? Totò, fidati che mi hai soddisfatta molto più di quello che credi» sorrisi, stampandogli dei piccoli baci sul mento e salendo poi sulle sue labbra.

Lui si rassegnò alle mie parole e mi spostò con delicatezza, per permettergli di alzarsi dal letto e buttare il preservativo usato nel cestino. Dopo essersi rimesso i boxer tornò nel letto accanto a me e continuò con la sessione di coccole che per me erano, ormai, diventate peggio di una droga potentissima.

Ero certa che quel silenzio, che si era creato nella stanza, nascondesse molto di più e sapevo che Totò stava solo cercando il coraggio per aprire bocca e dirmi qualcosa di importante.

«Auri, ho bisogno di sfogarmi. Qualche mese fa mi hai chiesto di aprirmi con te e raccontarti cosa mi fosse successo... io voglio provare a dirtelo perché adesso so che non mi abbandoneresti più» disse, teso come una corda di violino.

Lo guardai negli occhi e d'istinto lo strinsi ancora più forte a me.

«Io non voglio farti rivivere ricordi che per te magari sono ancora troppo dolorosi... e no, non ti abbandonerei mai più per nessun motivo al mondo. Solo che... non so se voglio davvero saperlo. Negli anni mi sono arrivate troppe voci diverse e ho paura della verità. Ho sempre avuto paura di sapere la verità...» sussurrai l'ultima frase affondando il viso sul suo collo, per tranquillizzarmi grazie al suo profumo.

«Non so di preciso cosa dicessero di me quelle voci, ma... quello che è successo davvero lo so solo io e supera qualsiasi limite di sopportazione. Partirò dall'inizio e voglio che tu sappia tutto... così capirai anche il perché delle cose brutte che pensavo... di quello che stavo per fare.»

«Ti ascolto...»

«Quando ero piccolo, poco dopo esserci conosciuti, mio padre ha iniziato a perdere la testa. Beveva sempre di più, faceva debiti su debiti e sfogava tutta la sua frustrazione su me e mia madre. Prima se la prendeva solo con lei, poi però u-una volta mi sono messo in mezzo per difenderla e ha cominciato anche con me. Spesso prendeva una cintura e... e mi colpiva con quella. Molte delle mie cicatrici sono per quello. E io... ho avuto una paura fottuta di stare diventando come lui... ho ancora paura, A-Auri» bisbigliò il mio nome con la voce che gli tremava troppo e il mio cuore si fece minuscolo.

Vederlo ridotto in quello stato mi fece sentire ancora più in colpa per quello che aveva dovuto sopportare negli anni. Aveva affrontato tutto da solo, mentre io ero stata troppo impegnata a insultarlo per seguire la massa di ignoranti, che agivano senza sapere nulla.

«Oh, amore mio... tu non mi hai picchiata, smettila di pensarlo. Io mi fido di te e so che una cosa del genere non succederà mai più. Adesso ci sono io nella tua vita e ti aiuterò ad affrontare tutte le tue paure più profonde. Domani magari ti prenoto un appuntamento con il mio psicologo, ne hai troppo bisogno e vedrai che dopo le cose inizieranno ad andare per il verso giusto» sorrisi convincente, stampandogli un piccolo bacio sulla guancia.

La mia proposta non sembrò entusiasmarlo, tanto che chiuse gli occhi e sospirò ancora più tormentato di prima.

«No, io ho paura di andarci. Ho il terrore che mi dica che sono pazzo e che devono internarmi... e poi non ho nemmeno i soldi per pagarlo. Tu non devi affatto spendere un altro euro per me, sono serio» aprì di nuovo gli occhi e li puntò contro i miei, incorniciati da un sopracciglio alzato, segno che non si trovavano affatto d'accordo con lui.

«Guarda che gli psicologi non giudicano la gente e i manicomi non esistono più dalla notte dei tempi. E poi non osare fare discorsi di soldi con me... tu non devi preoccuparti di niente, solo di migliorare. Se proprio vuoi ripagarmi, quando sarai a capo di un'importantissima azienda, ti concederò di regalarmi un anello pieno di diamanti...» proferii ironica, ridendo insieme a lui per smorzare tutta la tensione che si era creata.

Poi Totò tornò serio e mi baciò il dorso della mano, facendomi rincretinire di brutto.

«Io voglio davvero sposarti un giorno, quel bracciale è la mia promessa» disse, mentre un intero stormo di uccelli impazziti svolazzava dentro il mio stomaco.

Stavo per saltargli di nuovo addosso, quando il rumore delle chiavi che stavano aprendo la serratura di casa fece sussultare entrambi.

Ci eravamo così immersi nei ricordi e nelle coccole che avevamo dimenticato un problema molto grosso, almeno per me: la mamma di Totò.

Io ero ancora nuda e mi staccai subito da lui, cercando di recuperare tutti gli indumenti sparsi per la stanza, mentre Totò sembrava molto più tranquillo e pacato nel rivestirsi.

«Non agitarti, va tutto bene» mi diede un bacio veloce sulle labbra prima di uscire dalla stanza, per darmi il tempo di sistemarmi con più calma.

Una volta uscito dalla camera, mentre rimettevo la felpa, sentii le loro voci attutite dalla porta che ci separava.

«Ehi mamma, come mai sei tornata prima del previsto?» chiese lui, preoccupato.

«Perché il colloquio è andato uno schifo. La figlia della signora alla quale avrei dovuto badare non vuole estranei in casa e continuava a guardarmi come se fossi una ladra... tu che stavi facendo?» domandò al figlio, ma lui non arrivò a rispondere perché proprio in quel momento uscii dalla stanza, facendo il mio ingresso in salotto.

«Buongiorno, signora... mi dispiace per il colloquio, ma se vuole posso aiut-» cercai di mettere da parte l'imbarazzo per trovare una soluzione ai suoi problemi, ma mi bloccai quasi subito perché le sue urla sovrastarono la mia voce.

«Cosa diavolo ci fai tu qui?! Non ti devi mai più avvicinare a mio figlio, hai capito?! Esci subito da casa mia, adesso!» gridò, con la faccia vicino la mia.

Sgranai gli occhi, non aspettandomi una reazione del genere da parte sua, ma allo stesso tempo sapevo di meritarmela. Avevo abbandonato Totò troppe volte, provocandogli un dispiacere troppo grande e infatti subito cercai il suo sguardo, sentendomi uno schifo.

Quanto ti avevo fatto star male, Totò?

Lui si mise in mezzo a noi e poggiò le mani sulle spalle della madre, cercando di calmarla.

«Mamma, sei impazzita? Va tutto bene, io e Aurora abbiamo chiarito. L'ho invitata io, stai tranquilla» disse, serio.

«No, io non sto tranquilla! Hai idea di quanto l'hai distrutto? Lo sai, Aurora? Sei consapevole che porti sempre e solo dolore in più alla sua vita?!» chiese, con i suoi occhi velati dalle lacrime, sfogando su di me tutta la frustrazione che aveva accumulato negli anni.

Aveva ragione, io ero una codarda... lo ero sempre stata. Ma ero cresciuta e con me era maturato anche il sentimento che mi aveva tenuta ancorata al suo primogenito.

Feci un respiro profondo e spostai Totò, alzando anche io la voce.

«Lo so benissimo quello che abbiamo passato e sono stata malissimo anch'io... cosa crede! Questa, però, è una questione privata che riguarda solo me e lui, non può mettersi in mezzo pensando di conoscermi e sapere come sia stata io. Mi dispiace davvero per il colloquio e posso aiutarla. Sono sicura che mio padre le troverà un lavoro dignitoso nella sua azienda e in più vorrei prendermi la libertà di prenotare a entrambi degli incontri dallo psicologo. Vi aiuterà a stare meglio...» affermai, sperando di averla convinta.

Lei serbava troppo rancore nei miei confronti e la sua risposta mi fece molto male, soprattutto perché scoppiò a ridermi in faccia, a mo' di sfottò.

«Ora mi prendi pure per pazza? Non abbiamo bisogno della tua carità, tesoro bello. Non accetto soldi da una ragazzina viziata, che non sa un cazzo della vita vera!» urlò, nervosissima.

Totò si mise nuovamente in mezzo a noi e questa volta, però, percepii il suo corpo che iniziava a tremare più del normale.

«E invece ne abbiamo bisogno, mamma! Siamo sotto terra e a breve non avremo più manco un soldo per mangiare! Aurora mi ha regalato dei soldi per il mio compleanno e io li ho accettati perché non intendo far morire di fame la mia famiglia, a causa del nostro stupido orgoglio!» esclamò deciso verso la madre.

Lei sembrò come colpita in piena faccia da uno schiaffo fortissimo e poggiò una mano sul braccio del figlio, cercando le parole che all'improvviso le mancarono.

«Oggi è il tuo compleanno... diamine, è oggi, e io n-no-» balbettò e io approfittai di quel momento per prendere le mie cose, avvicinandomi alla porta di casa.

«Totò, io torno a casa... ci sentiamo dopo, tranquillo» sospirai, poggiando la mano sulla maniglia.

L'urlo della madre di Totò, però, mi raggelò il sangue e quando girai il viso verso di loro tutto divenne nero.

Il ragazzo che amavo con ogni singola parte di me era seduto per terra, in preda a un attacco di panico. Subito mi precipitai accanto a lui e gli presi il viso tra le mani, cercando di guardarlo negli occhi che teneva sbarrati, senza però che mi vedesse.

Era come se la sua mente gli stesse proiettando altre immagini e lui reagisse in base a quelle.

«V-vai via... lasciami in pace, t-ti prego, basta... b-basta... non farlo...» ripeteva in loop, tremando come una foglia.

«Che... che significa? Che gli sta succedendo?» chiesi alla madre, che non sembrava tanto sorpresa di vederlo in quello stato.

«Le ha da sempre, è solo un attimo e poi torna in sé... tesoro, ti prego, perdonami» mormorò, con il volto bagnato dalle lacrime.

Iniziai a scuoterlo e gli diedi dei piccoli colpetti sulle guance, per farlo svegliare da quel coma a occhi aperti in cui era intrappolato.

«Ehi, amore mio, sono qui. Non farmi scherzi, per favore, guardami... sono con te, ci sono io e non ti lascio più... va tutto bene, adesso che siamo insieme andrà tutto bene» dissi ad alta voce, per farmi sentire meglio da lui.

Per fortuna le mie parole ebbero il loro effetto, perché smise di tremare e mi guardò stranito.

«Auri... n-non voglio che te ne vai, io ti amo... giuro che ti amo tanto» bisbigliò, con la fronte imperlata dalle goccioline di sudore, a causa dei brividi di freddo che avevano invaso il suo corpo fino a qualche istante prima.

«Ti amo anch'io, lo sai» sorrisi intenerita dalle sue parole e guardai sua madre, che si era rialzata in piedi e cercava di calmare i singhiozzi per lo spavento.

«Signora, vorrei restare qui con lui... se non è un problema» chiesi, spaventata da una sua possibile risposta brusca.

Lei non mi sembrava più nervosa come prima, dato che il suo amore per il figlio superava qualsiasi risentimento nei miei confronti.

«Va bene... lui ti vuole accanto, non posso andare contro la sua volontà proprio oggi» sospirò e sparì dietro la porta del bagno.

Io e Totò, nel mentre, ci eravamo rialzati da terra e lui si aggrappò a me, stringendomi forte.

Quell'abbraccio fu molto più emozionante di un ti amo.

Mi stava chiedendo aiuto in silenzio e io avrei fatto l'impossibile per darglielo.

Purtroppo, non potemmo trascorrere tutta la giornata insieme. Totò aveva il turno pomeridiano in pizzeria e non me la sentii di convincerlo a non andare, sapendo quanto fosse importante per lui quel lavoro. Ordinai comunque il pranzo e a fine pasto accesi diciotto candeline, soffiandole poi insieme a lui.

Dicono che i desideri debbano restare segreti, ma quel ventotto febbraio io e Totò, guardandoci negli occhi, fummo certi di aver desiderato la stessa identica cosa.

Angolo autrici:
Buon salve, anime belle!
Il giovedì arriva sempre alla velocità della luce... e noi non potremmo che esserne più felici!

Come ogni capitolo più spinto abbiamo sempre troppa paura di risultare magari volgari, ma noi ce la mettiamo tutta per trasmettere ogni singola emozione dei personaggi, senza però scendere nei troppi dettagli dell'atto in sé.

Quindi per favore, fateci tutti sapere come vi è sembrata questa scena più hot... anche se noi diremmo: FINALMENTE!

È la prima volta che lo fanno con la consapevolezza di amarsi e noi ci siamo troppo emozionate scrivendo questo capitolo. Speriamo l'abbiate adorato anche voi!

Ancora è un po' difficile capire cosa accadde quella notte, Totò non si è sbilanciato più di tanto... le ha solo riferito quello che già voi sapevate da un po', ovvero che il padre era molto violento. Ma nel capitolo 27, Totò ha un flash di quello che ha visto la famosa notte... ma nessuna di voi forse se ne è accorta :P

Per festeggiare il 30esimo capitolo, che arriverà giovedì prossimo, abbiamo pensato che tutte le persone che commenteranno questo capitolo noi le saluteremo nel prossimo, pubblicando anche i loro nick sul mio Instagram.

Vi consiglio infatti di seguirmi anche lì, dove pubblico sempre le frasi più belle della storia e tanti spoiler sui capitoli successivi.
Il mio nick è: siminina_writer 🎀

Aiutateci a raggiungere le 20mila letture, consigliando la nostra storia a tutti i vostri amici/parenti vari. Ci fareste super contente!

Alla prossima, anime!

Bacioni, Simi e Giò

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