La Guerra tra di Noi

By siminina_

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↠ COMPLETA // IN REVISIONE ↞ [BETWEEN US SERIES vol. 1] Prima di venire al mondo, il cosmo già scrive la stor... More

Premessa
Playlist Spotify & Concorsi
Cast
Copertina
Dedica
Prologo
1. La mia più grande certezza
2. Ho bisogno di evadere
3. Non ho più il controllo
4. Bruciamo insieme
5. È stata solo un'illusione
6. Più di quanto voglia ammettere
7. Tutto il coraggio che non ho
8. Una strana felicità
9. Il mio veleno e l'antidoto
10. La parte migliore di me
11. Testa o cuore?
12. La paura di perderti ancora
13. Le mie nuove consapevolezze
14. Incontri inaspettati
15. Hai occupato il mio cuore
17. La fine dell'inizio
18. Niente
19. Ricordi che fanno male
20. Dietro le maschere
21. L'inferno dentro di me
Scusate l'avviso.
22. Prima che sia troppo tardi
23. Non posso darmi pace
24. Uno sguardo complice di troppo
25. Il peso che mi porto dentro
26. Non sono forte abbastanza
27. L'ultima occasione
28. Basta così
29. Di orgoglio si muore
30. Il mio miglior nemico
31. Ti ho in pugno
32. Soppor(tiamo)
33. Il tempo di un bacio
34. Voglio essere migliore
35. Scelgo la mia serenità
36. Incubo a occhi aperti
37. L'opera più bella
38. Sulla mia pelle
39. Indissolubile
40. Il buio all'improvviso
41. Tormenti del passato
42. Un dolore che uccide
43. Ci sarò comunque vada
44. Tutto quello che non sai
45. L'ultimo segreto
46. La resa dei conti
47. Ciò che ci riserva il futuro
48. A un passo dal cuore
49. In ogni tuo respiro
50. Pronti o no, il mondo ci aspetta
Epilogo
Ringraziamenti
SORPRESA!
SPIN-OFF

16. Solo una bugia

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By siminina_

Aurora.

La serenità che avevo raggiunto con Totò, in pochissimo tempo, sembrava quasi surreale. Se solo avessi avuto il coraggio di non voltargli le spalle da bambini, chissà come sarebbero state le nostre vite adesso.

Magari ci saremmo risparmiati tutto quel dolore e quelle cattiverie che ancora bruciavano nei nostri cuori. Stavamo abbattendo insieme, mattone per mattone, quel muro che ci aveva tenuto divisi negli ultimi otto anni.

Eppure, sentivo qualcosa dentro che mi tormentava ancora.

Il giorno prima, a casa sua, avrei tanto voluto dirgli una cosa che mi portavo dietro da qualche mese, ma che per la paura di perderlo per una seconda volta, non avevo avuto il coraggio di confidargli.

Dovevo aspettare il momento giusto e soprattutto trovare la forza di affrontarlo, perché sapevo già che non l'avrebbe presa affatto bene.

In fondo, neanche lui si apriva con me, nonostante gli avessi dimostrato di tenere tanto a quello che si stava creando tra di noi. Mi diceva sempre che aveva bisogno di tempo e anch'io sentivo di averne la necessità.

Quindi mi convinsi che quel piccolo segreto potesse aspettare che io trovassi il momento giusto per confessarglielo.

Stare sola in casa poi non mi aiutava di certo.

Nel silenzio della mia enorme villa i miei pensieri urlavano forte, riecheggiando in tutta casa e spesso non pensare a niente era impossibile.

Ero, prima di tutto, invidiosa del rapporto stupendo che Totò aveva con sua madre.

Avrei pagato qualsiasi somma per averne uno uguale con mio padre. Ma l'affetto di un genitore non poteva essere comprato e sarebbe dovuto nascere in modo spontaneo.

Mi ero abituata ormai all'assenza di mia madre. In casa mia tutte le sue foto erano sparite nel nulla e anche il ricordo di lei diventava sempre più offuscato.

Che senso aveva vivere in quel lusso se non potevo condividerlo con nessuno?

Tutti i miei pensieri furono interrotti dal rumore della porta di casa che venne aperta.

Mio padre era tornato con un giorno di anticipo dal suo viaggio in Spagna e io non potevo esserne più felice. Scesi le scale di corsa e lo abbracciai forte illudendomi che forse, se mi fossi impegnata per davvero, sarei riuscita a ottenere un po' di amore sincero da parte sua.

«Papi, ciao! Che bello vederti... Com'era la Spagna?» dissi, con un sorrisone.

«Ehi, tesoro mio! Era bellissima come sempre e ti ho anche portato un piccolo regalino» rispose, e tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un sacchettino di velluto. Presi il pacchetto tra le mani e lo aprii, non sapendo se esserne felice o meno.

Tirai fuori un bracciale d'oro tutto intrecciato, con dei diamantini incastonati. Per la vecchia versione di me, quella di qualche mese prima, sarebbe stato senza dubbio un regalo meraviglioso, ma la nuova me storse il naso, senza riuscire a controllarlo.

«È un bracciale stupendo, grazie papà... ma io avrei preferito qualcosa di più semplice e soprattutto senza prezzo» gli dichiarai.

«Certo, dimmi pure, lo sai che puoi chiedermi qualsiasi cosa» rispose, non capendo bene cosa potessi mai desiderare così tanto.

«Mi piacerebbe passare del tempo con te. Magari ci mettiamo sul divano a guardare un film, o facciamo una passeggiata da qualche parte... ti prego, papi, è tutto ciò che voglio!» esclamai e sbattei le ciglia per intenerirlo il più possibile.

Lo vidi incupirsi un po', di sicuro non si sarebbe mai aspettato una richiesta del genere da parte mia. Avevo sempre avuto paura di dimostrargli tutto l'affetto che provavo per lui, forse anche perché non ero stata abituata fin da piccola a esternarci tutti i nostri sentimenti.

«Oh, ehm... va bene, tesoro, ho qualche minuto libero prima che debba fare un salto in ufficio» affermò titubante e accontentò la mia insolita richiesta.

Ci sedemmo sul divano e non riuscii proprio a contenere la mia grande gioia. Lo abbracciai, stringendolo forte e annusai il suo profumo intenso di dopobarba.

Con il pensiero ringraziai Totò, dopo tutto era solo merito suo se avevo rivalutato ogni piccolo aspetto della mia vita. Passare del tempo con mio padre, si trovava in cima alla lista delle cose che mi avrebbero aiutata nel mio processo di crescita interiore.

«Papà, vorrei tanto avere una foto della mamma. Lo so che è un argomento taboo ma io non voglio dimenticarla e quasi non ricordo neanche com'era fatta» dissi, un po' in imbarazzo.

Sapevo che per lui era ancora una ferita aperta, ma io volevo piano piano mettere al posto giusto ogni piccolo tassello della mia vita.

«Lei era proprio uguale a te. Non hai bisogno di una foto perché ti basta specchiarti. Me la ricordi tutte le volte che ti guardo...» sussurrò quasi, accarezzandomi una guancia con dolcezza.

«È per questo che non vuoi mai stare con me? Perché sono identica a lei?»

«Ma no, Auri. È solo che sono sempre molto impegnato, questo lavoro mi porta via tanto tempo e so di non essere il padre affettuoso che ti meriteresti. Vedere andare via tua madre è stata la delusione più grande della mia vita e ancora oggi la sua scelta mi pesa. Ma tu non c'entri nulla, tesoro» ammise, aprendomi per la prima volta il suo cuore.

Forse non era il padre affettuoso che desideravo, ma lo sentivo fin dentro le ossa che teneva a me e avrei fatto di tutto per avere un rapporto sincero con lui.

Feci un respiro profondo e gli regalai un sorriso che lo fece sciogliere del tutto, tanto che mi spiazzò quando continuò a parlare.

«Lo sai che il tuo nome l'ho scelto io? Aurora... proprio come la luce dorata nel cielo poco prima del sorgere del sole. Segna l'inizio di un nuovo giorno, di una nuova vita... perché tu questo sei stata per me: una rinascita, l'inizio inaspettato della parte migliore della mia esistenza. Io invece ho solo rovinato tutto, perché dopo l'abbandono di tua madre ti ho allontanata, respingendo qualsiasi forma di affetto nei tuoi confronti» confessò, mentre una lacrima gli scese lungo la guancia.

Non potevo credere alle mie orecchie e soprattutto ai miei occhi.

Mio padre, per la prima volta da quando lo conoscevo, si era mostrato a me in tutta la sua fragilità e vulnerabilità. Non era stato facile per lui convivere con una figlia che crescendo, assomigliava sempre di più alla donna che aveva amato e per la quale aveva rinunciato a tutto.

«Ti voglio bene, papà. Non mi importa nulla del passato, l'importante è che da ora in poi tu sia più presente per me. Sei la mia famiglia e ho davvero troppo bisogno di te nella mia vita.»

«Farò del mio meglio per esserci, bambina mia».

Quella conversazione l'avrei ricordata per sempre.

In un normale e qualunque pomeriggio di fine novembre, io avevo ritrovato il mio equilibrio.

Tra il mio sentimento per Totò e la vicinanza di mio padre, niente sarebbe potuto andare storto.

Purtroppo, però, non avevo fatto i conti con il destino che si divertiva a prendersi gioco della mia apparente felicità.

Totò.

Quella sera in pizzeria sentivo ancora dentro di me i postumi della felicità del giorno prima, come quelli di una sbronza bella forte. Damiano mi lanciava occhiate curiose, mentre fischiettavo con allegria e strofinavo in modo energico le stoviglie. Quel posto era migliorato dall'arrivo del mio amico, insieme lo stavamo facendo rinascere e Jamal ne era felicissimo.

«Sei tra noi per caso? Sembri Biancaneve con la testa tra le nuvole!» mi punzecchiò con un sorrisetto, dandomi una piccola spallata per scuotermi dai miei pensieri.

«Eh? Ah scusami, ero sovrappensiero...» mormorai, arrossendo un po'.

«Questo l'avevo capito! Allora, chi è la tipa?» mi prese in giro, mentre ridacchiava divertito. Era davvero così palese? Il rossore sul mio viso divenne più acuto.

«Non so di cosa tu stia parlando» borbottai, imbarazzato. Per fortuna il capo cuoco non era ancora arrivato e non poteva sentire quei discorsi.

«Dai, non prendermi per il culo che si vede lontano un miglio! È la famosa tipa fidanzata? Ci sono stati ulteriori sviluppi che non mi hai raccontato? Dai, parla!» domandò a raffica, curiosissimo. Scoppiai a ridere per la sua insistenza.

«Sei più pettegolo delle ragazze, te ne rendi conto?!» gli diedi un piccolo spintone e risi spensierato. Lui assunse un'espressione serissima.

«Io non sono pettegolo, mi aggiorno sulle novità» disse, mantenendo la serietà fino alla fine della frase, ma poi non ce la fece più e scoppiò a ridere, contagiandomi. Decisi di raccontargli a grandi linee degli ultimi avvenimenti.

«Sì, è la famosa tipa fidanzata e sì, ci sono stati ulteriori sviluppi. Ti ricordi che non voleva più parlarmi? Ecco, ieri sono riuscito a farmi perdonare e ora sembra che stia andando tutto per il verso giusto. Mi sembra quasi un sogno» dissi, senza riuscire a trattenere un sorriso.

«E il perfido fidanzato? Che fine ha fatto in questa storia?» chiese Damiano, sempre più curioso mentre stendeva l'impasto per la pizza.

«Il perfido fidanzato rimane perfido e fidanzato, ma lei non lo ama più. Non fanno altro che litigare e penso che la loro relazione abbia le ore contate» risposi, sentendomi sollevato per le mie stesse parole. Damiano sembrò felice per me e la cosa mi fece sentire ancora meglio.

«Non immagini neanche quanto mi faccia piacere, Totò. Sei davvero un bravo ragazzo, ti meriti di essere felice e di esserlo con lei, se è la ragazza che vuoi davvero al tuo fianco» disse, con un sorriso limpido stampato sul viso.

La nostra conversazione fu interrotta da Jamal, che entrò in fretta e furia nella cucina, brandendo un foglio di carta consunto nella mano destra. Sembrava molto agitato.

«Totò, tu aiutare me con problemi!» urlò. La sua incapacità a mantenere un tono di voce normale era proverbiale nella pizzeria e anche Damiano stava iniziando a farci l'abitudine.

«Cosa ti serve, Jamal?» chiesi, alzando a mia volta la voce per emulazione, come spesso capitava. Il mio capo sembrava sempre più agitato.

«Fattorino di pizze ha febbre, lui stasera no venire! Devi consegnare pizza, okay?» spiegò, gesticolando ansioso, come se fosse successa chissà che grande tragedia. Sospirai e mi levai il grembiule, mi asciugai le mani e presi il foglio dove era appuntata l'ordinazione e l'indirizzo.

Damiano si mise subito all'opera, veloce e scattante come una gazzella e in dieci minuti le pizze erano già dentro i cartoni, che infilai nel bauletto del motorino per le consegne. Guardai meglio l'indirizzo: la zona non era molto distante, ma avrei dovuto correre per fare arrivare le pizze ancora calde, perciò sperai che non si spiaccicassero.

Misi in moto e sfrecciai tra i vicoli e le stradine semibuie, mentre il paesaggio cambiava rapido: la zona malfamata delle case popolari si trasformò in una normalissima zona residenziale con palazzi alti e ben curati.

Raggiunsi il numero civico giusto e accostai, mettendo il motorino sul cavalletto e spegnendolo. Aprii il bauletto, afferrai i cartoni con le pizze e citofonai, salendo. Una signora anziana mi accolse con calore, invitandomi persino a entrare, ma le dissi che dovevo tornare al lavoro, perciò presi i soldi e la mancia e scesi, distratto.

Avevo voglia di fumare una sigaretta, così mi fermai un attimo appoggiandomi al motorino e ne accesi una che mi aveva offerto Damiano, ma che non ero ancora riuscito a fumare. Inspirai il fumo, sentendolo penetrare nei miei polmoni e provai un certo fastidio per la prima volta.

Di solito, fumavo quando mi sentivo stanco, nervoso o insoddisfatto, ma quel giorno non provavo nessuna di quelle tre emozioni. Forse era questo il motivo: ero troppo felice per farmi del male in modo consapevole.

Ero distratto, ma non così tanto da non riconoscere il rombo di una motocicletta, fin troppo familiare.

Samuel.

Che diavolo ci faceva lì, in quella zona normale e non da ricconi miliardari e snob? Mi voltai verso la fonte del rumore mentre accostava e spegneva il motore, scendendo e togliendosi il casco.

Corsi a nascondermi dietro un angolo, in modo tale da poterlo vedere senza che lui potesse scoprirmi. Si era fermato davanti al portone di un palazzo, a circa cento metri da quello da cui ero appena uscito.

Mi resi conto che non era solo, anzi. Una ragazza dalle forme sinuose scese dalla moto, mentre lui la sorreggeva per il braccio. Si tolse anch'essa il casco e si passò una mano tra i capelli per ridar loro una forma decente.

I due si avvicinarono al portone, lui con le mani strette sui suoi fianchi e si baciarono in modo appassionato.

Il sangue si congelò nelle mie vene e mi sentii paralizzato. Avrei riconosciuto quei capelli rossi ovunque, dato che li vedevo ogni giorno.

Ginevra.

Lo stupore lasciò spazio alla rabbia. Una rabbia cieca, rossa e infuocata. Come poteva fare questo alla sua migliore amica?

Samuel montò di nuovo sulla sua moto, si rimise il casco e partì, sgommando nella fredda sera e svanendo in pochi istanti.

Ginevra iniziò a trafficare con la borsa, forse cercando le chiavi di casa e io approfittai della sua distrazione per uscire dal mio nascondiglio e avvicinarmi a lei. Ero furibondo.

Quando mi vide impallidì, come se avesse già capito che avevo visto tutto.

«Cosa ci fai qui, Parisi?!» chiese, con una vocina acuta e strozzata. La voce di chi era appena stato colto in fallo.

«Ci lavoro. Piuttosto, cosa ci facevi tu attaccata chirurgicamente alle labbra di Samuel?» domandai a mia volta, con tono di sfida. Lei non rispose e indietreggiò verso il portone.

«Non ti fai schifo da sola? Fai l'amicona con Aurora e poi che fai? Hai una relazione con il suo fidanzato?!» continuai, mandando all'aria ogni tipo di cautela.

Se Aurora l'avesse scoperto, avrebbe di sicuro sofferto. E questo mi mandava in bestia, perché avrei voluto proteggerla da questo dolore. Solo che non avevo la minima idea di come fare: dovevo tenere tutto per me? Oppure dovevo dirle ogni cosa?

Ginevra parve riprendere colore e approfittò della mia esitazione per controbattere.

«E a te cosa cavolo te ne fotte, Parisi?» chiese, sprezzante. La sua domanda era più che lecita, ma mi colse lo stesso alla sprovvista.

«Io... a me non piacciono queste schifezze, è la tua migliore amica, maledizione!» sbottai, alzando la voce. Non era mia abitudine trattare male le ragazze, ma la rabbia che avevo dentro era troppo grande per riuscire a frenarmi. Lei si mise sulla difensiva, ma notai che tremava un po' ed era nel panico.

«Non sono cazzi tuoi, Parisi! E a dirla tutta, neanche Aurora è una santa! O forse dovrei dire Laura» disse, riuscendo a mantenere la voce ferma.

Pensai di aver sentito male e mi irrigidii come una statua di marmo.

«Cosa?» domandai, mentre il mio cervello andava rapidamente in tilt.

Cosa diamine c'entrava Laura con Ginevra? O con Aurora?

Ginevra capì di aver colpito nel segno e sorrise trionfale, incrociando le braccia al petto.

«Non mi hai sentita? Sto parlando proprio di Laura, la tua adorabile amica torinese... o era di Milano? Non mi ricordo cosa si era inventata Aurora».

Mi sentivo paralizzato, col cervello appannato. Sembrava l'inizio di una delle mie crisi, ma cercai di mantenere il controllo.

«Che cosa significa tutto questo?» chiesi di nuovo, con gli occhi annebbiati dalle lacrime.

«Significa che Laura non esiste, è un fake che ha inventato Aurora per prenderti in giro. Davvero non l'avevi capito? Poverino, ci sei rimasto male, vero?» disse, con voce falsamente dolce, come se stesse parlando con un bambino.

Una lacrima mi scese sul viso. Non potevo crederci. Non volevo crederci.

«Dimostramelo!» urlai, con la voce che mi tremava in maniera incontrollabile.

«Beh, dev'essere stato strano quel messaggio che ti è arrivato per caso da un numero sconosciuto, no? Una ragazza che aveva sbagliato numero, ma con cui poi hai fatto amicizia. Tu sei troppo strambo per avere degli amici, Parisi. Fattene una ragione» rispose Ginevra, con cattiveria.

Non avevo mai detto a nessuno come avevo conosciuto Laura.

Ginevra stava dicendo la verità.

Era stata tutta una tremenda e lunghissima bugia.

Angolo autrici:
La bomba è stata lanciata! Ripeto, la bomba è stata lanciata!!! :P

Buon giovedì, carissime animeee!
Siete ancora vive dopo questa rivelazione? Molti di voi l'avevano già capito nel capitolo precedente ma noi abbiamo seminato un po' di indizi già da tempo quindi ci fa molto piacere che ci siate arrivate!

Ma adesso la domanda importante è un'altra: perché Aurora avrebbe dovuto fare una cosa del genere? Perché per tutto questo tempo ha finto di essere Laura?

Secondo voi come reagirà Totò? Non avete minimamente idea del capitolo che vi aspetta dopo di questo. Vi anticipiamo solo che la probabilità di allagare casa con le lacrime sarà molto alta! E siccome non eravamo abbastanza sadiche e contente, lanceremo anche un'altra super bomba!

Siamo anche curiose di sapere cosa ne pensate della scena con il padre di Aurora. Fidatevi che si rivelerà una figura davvero molto importante per lei!

Sbizzarritevi nei commenti, adoriamo sempre troppo leggervi!

Ormai il nostro obiettivo è diventato quello di arrivare alle 10mila letture, non vediamo troppo l'ora! Se volete aiutarci a realizzare questo piccolo sogno, consigliate questa storia ad amici e parenti. Noi ve ne saremo immensamente grate!

Bacioni, Simi e Giò

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