The Mask | Paulo Dybala

By itssimy

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La storia di un compleanno, e di un regalo inaspettato che le cambierà la vita per sempre. La storia di uno s... More

Cast
1. Sorprese che non ti aspetteresti... beh, altrimenti che sorprese sarebbero
2. Quando tuo fratello fa stupidi scherzi e non gli interessa più vivere
3. Bella questa maglia sporca, la posso avere?
4. Telefoni rotti e altre belle cose
5. Quando rischi di schiaffeggiarti da sola in pubblico
6. Fette di prosciutto davanti agli occhi
7. Ecco cosa succede quando ti dimentichi di caricare il telefono
8. Ragionare con un altro tipo di cervello, se capisci che intendo
9. Vuoi fare una pazzia? Ti sei rivolta alla persona giusta
10. Piccoli errori di calcolo
11. Non ci fare caso, sto solo morendo d'imbarazzo
12. Tutorial su come sembrare stupida in tre semplici mosse
13. Passare inosservati? Lo stai facendo nel modo giusto
14. Mettimi alla prova
15. Ogni buona confessione ha bisogno di una birra
16. Perché tutti mi guardano? Ho qualcosa in faccia?
17. Dammi un pallone e ti dirò chi sei
18. Nooo, papàà, non mi stressare
19. Certe cose devono andare male e basta
20. Risvolti interessanti e problemini ingombranti
21. Oh, questo? È solo il rumore del mio cuore in frantumi
22. Beh, se aspettiamo che sia l'uomo a fare il primo passo...
23. Torteria Belirc-Brelica-Berlicrab- al diavolo, non lo so dire
24. Quando vai più tu allo stadio che i calciatori che ci giocano
25. Sì, mi va proprio di mangiare - aspetta, un amaebi-sashi-cosa?
26. Cene che capitano tutti i giorni, insomma
27. Cosa cavolo è appena successo
28. Quando sei un idiota fatto e finito
29. Nell'occhio del ciclone
30. Occhio per occhio, prezzemolo e finocchio
31. Momenti imbarazzanti e dove trovarli
32. Quando scopri un angolo di Polinesia nel cuore di Torino
33. La malvagia strega dell'ovest
35. Ora resterò qui, ad origliare, fate pure finta che non esisto
36. Spero che il karma ti prenda a pugni prima che lo faccia io
37. Perdersi e ritrovarsi
Epilogo - La finale

34. Sotterrare l'ascia di guerra? Io l'ascia te la do in testa!

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By itssimy




Capitolo 34
Sotterrare l'ascia di guerra? Io l'ascia te la do in testa!











           

Ormai il singhiozzare di Adua si era trasformato in un quieto pianto, mentre stringeva a sé il cuscino che aveva tra le mani.

«Piccola, non fare così. Non riesco a vederti in queste condizioni.» Vanessa le appoggiò delicatamente una mano sul ginocchio; davvero le si stringeva il petto a vederla così.

Quel pomeriggio Adua era in camera sua a perdere tempo su internet quando aveva scoperto le foto; poi era piombata a casa di Vanessa senza neanche pensarci, troppo scossa per capire cosa stesse facendo. L'amica l'aveva accolta con un abbraccio da spezzare le ossa, e si erano chiuse in camera della bionda da ormai qualche ora.

«L-lo so. È che non p-posso farci niente» balbettò Adua, asciugandosi l'ennesima lacrima dal volto. L'amica le passò un fazzoletto, che prese.

«Non riesco a crederci, non me lo sarei mai aspettato» fece l'amica.

«Lo dici a me? Mi ha distrutta. – Si soffiò rumorosamente il naso. – Sai qual è la cosa che mi fa più rabbia? È che io mi sono fidata, cazzo, mi sono fidata dopo che mi aveva già fatto male una volta. Gli ho dato una seconda possibilità e lui si è approfittato di me. Dio, che cogliona che sono.» Scosse la testa.

«Non è vero, non lo sei. Chiunque avrebbe fatto come te al tuo posto» tentò di consolarla Vanessa.

Adua sembrò non aver neanche sentito. «Ti rendi conto di quel che è successo? Sono stata con lui, Vane, siamo stati insieme nemmeno due giorni fa e adesso lui va a prendere Antonella all'aeroporto e l'abbraccia come se gli fosse mancata come l'aria. Te lo giuro non so se essere più incazzata con lui in questo momento o con me, che ci sono cascata con tutti i piedi come una povera demente.»

Vanessa non sapeva che dire, consapevole che finte rassicurazioni non servissero a niente, e quindi la lasciò sfogare. «Era quello che voleva da me fin dall'inizio. Voleva portarmi a letto e basta. Ora lo so, ma non mi serve più a niente francamente» mormorò amareggiata.

Eppure mentre diceva quelle parole Adua pensava ai loro appuntamenti, a tutte le volte che erano usciti insieme, alle loro lunghe chiacchierate. Il loro primo incontro in un bar di Genova, in cui si era mostrato così premuroso ed emozionato quasi quanto lei; i messaggini stupidi sul cellulare che si scambiavano; la gita a Monte dei Cappuccini, in cui lei si era lasciata andare così tanto sulla sua vita e poteva giurare che lui avesse compreso ogni singola parola, ogni significato nascosto. La partita a calcio nel Parco della Pellerina, il pomeriggio in cui lui aveva tentato di baciarla per la prima volta e Adua si era sentita tra le nuvole; e poi il modo in cui aveva tenuto testa a suo padre, la cena a casa, i biglietti della partita e il loro primo appuntamento e tremila altre cose che avevano fatto nel giro di pochi mesi, ma che bastavano per una vita intera. Adua non poteva fare a meno di pensare di aver vissuto più con lui, di essersi emozionata e di aver provato esperienze nuove e sconvolgenti più con lui di quanto avesse fatto in venti anni di vita. E tutto quello Paulo non poteva averlo fatto solo per portarla a letto, perché non era da lui, perché pensava di conoscerlo almeno un po' dopo il tempo passato insieme. Ma forse si era sempre sbagliata.

Vanessa le rimase accanto per un tempo lunghissimo, lasciandola parlare e di tanto in tanto dandole qualche parola di conforto; si alzò quando bussarono alla porta di casa. Adua la guardò uscire dalla camera, un improvviso moto di affetto per lei, e quando ritornò c'era anche suo fratello Mick, in piedi sulla soglia.

Adua gli lanciò un'occhiata. «Te l'ha detto Vanessa? Non volevo farti preoccupare, non è nulla.»

Mick notò le sue guance ancora bagnate dalle lacrime e i fazzoletti sparsi sul comodino. «No, che è successo?» chiese con tono allarmato. Vedendo che l'amica non aveva la forza di riparlarne, Vanessa gli raccontò a grandi linee, gesticolando animatamente.

Mick passò dal rosso al blu al viola, stringendo le mani a pugno. Adua quasi temeva che gli potesse scoppiare una vena. «Dov'è lui, ora? Giuro che lo prendo e lo ammazzo.»

La sorella spalancò gli occhi. «Mick, calmati. Non dire scemenze.»

«Scemenze? Adua, se mi capita tra le mani lo faccio nero. E sai che non scherzo.» Cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, cercando di sbollire la rabbia. Sì, Adua sapeva che era tremendamente protettivo nei suoi confronti, e la cosa le riscaldò il petto.

«Come farei senza di voi, ragazzi?» disse con un sospiro, grata di avere accanto due persone come loro. Vanessa la abbracciò di slancio, contenta di aver scorto un piccolo sorrisino sulle labbra dell'amica, e Mick fermò il suo camminare frenetico per guardarla con affetto.

Rimasero per qualche minuto in silenzio, Adua un po' più calma di quando era arrivata, quando qualcosa la colpì. «Aspetta, se non sei venuto perché Vanessa ti ha avvisato allora perché sei qui?»

La mora capì di aver fatto centro quando vide l'amica al suo fianco agitarsi a disagio, e il fratello arrossire. Non aveva mai visto Mick arrossire, prima. «Non te l'ho detto perché non mi sembrava il caso. Voglio dire, tu stai male e se un'amica non c'è in un momento del genere quando deve esserci?» blaterò Vanessa, tentando di sorvolare sull'argomento.

Adua assottigliò gli occhi. «Cosa mi nascondete?»

Vanessa borbottò confusamente, ma Mick le parlò da sopra. «Avevamo un appuntamento.»

Adua spalancò la bocca, gli occhi fuori dalle orbite. Bastò a farle quasi – quasi – dimenticare di Paulo. «Cosa?!»

«Ti sembra così strano, sorellina?» Mick ridacchiò.

Adua deglutì. «No... no. Anzi, credo sia davvero una cosa bella. – Guardò Vanessa, che stava aspettando preoccupata che dicesse qualcosa. – Beh, allora che ci fate ancora qui? Andate!»

«Ma no, non ti lascio sola!» disse la bionda, e Mick sembrò concordare.

«Ma figurati! Se lo avessi saputo non mi sarei presentata qui come una pazza. – Rise di sé stessa. – Andate e divertitevi. Io starò bene, ho anche un paio di commissioni da fare.»

«Sicura?» L'amica cercava con lo sguardo una conferma.

«Sicurissima. Ora vado.» Le lasciò un bacio sulla guancia, e prima di uscire si fermò davanti a Mick. «Mi raccomando, trattala bene» ammonì con tono minaccioso.

Mick fece il saluto militare facendo sbattere i tacchi. «Signorsì, signore!» Adua rise e, con un'ultima sventolata della mano, uscì di casa.

Quando si ritrovò per strada, Adua si guardò intorno spaesata; non era vero che aveva commissioni da fare, ma se non avesse detto quella bugia non l'avrebbero mai lasciata andare. Si incamminò soprappensiero, lasciando che i piedi la guidassero dove volevano loro, ripensando a quei due; un sorriso inconsapevole le scappò dalle labbra. Aveva colto qualcosa quella sera in pizzeria, ma non ci aveva più ripensato; sperava davvero che le cose funzionassero tra loro, voleva troppo bene ad entrambi per non farlo. E poi non si sarebbe mai voluta trovare al centro di due fuochi incrociati, se le cose non fossero andate bene.

Inconsciamente si ritrovò su corso Moncalieri, che a quell'ora di pomeriggio e con quel bel sole era pieno di persone, a pochi passi dalla torteria Berlicabarbis dove Paulo l'aveva portata per farle conoscere Alicia; sorrise amaramente al pensiero di aver anche imparato a pronunciarla correttamente, ed entrò nel piccolo locale. Si sedette ad un tavolo in un angolino, ordinando senza riflettere troppo una torta di mele. La sua bocca e i suoi piedi quel giorno sembravano prendere proprie iniziative senza nemmeno consultarla.

Adua sbocconcellò la sua fetta di torta, che in realtà non le andava nemmeno tanto ma che aveva preso giusto per far qualcosa; i clienti andavano e venivano mentre lei restava con la testa china sul suo piatto, di tanto in tanto lanciando un'occhiata fugace al telefono. Non era sorpresa che tutto taceva.

La campanella sopra la porta suonò ancora, segnalando l'entrata di un nuovo cliente; Adua voltò distrattamente lo sguardo in quella direzione, prima di spalancare gli occhi. Antonella.

L'argentina era entrata nel locale con un sorriso smagliante, togliendosi gli occhiali da sole, statuaria ed elegante nel suo pantalone di lino bianco. Adua distolse frettolosamente lo sguardo, dandole le spalle e pregando che quello non fosse tutto un perverso e crudele scherzo del destino. Sentiva di non poter sopportare altro in quel momento, tantomeno lei.

«Ciao! Adua, vero?»

Adua si congelò sul posto, voltandosi poi lentamente verso la voce che aveva parlato. Antonella la guardava interessata, quasi come se la stesse studiando come un lombrico per un progetto di scienze. «Sì. Ciao.» Prima l'aveva seguita su Instagram, ora questo: non era così stupida da non capire che ci doveva essere qualcosa sotto, e tutte le possibili opzioni non le piacevano manco un po'.

«Sei sola? Se non ti dispiace mi siedo qui.» Le fece un sorriso finto.

No, genio, non vedi che c'è il mio amico invisibile? «Accomodati.» Le indicò la sedia, ma lei già si era accomodata.

«Come stai?» Altro sorriso finto, che poteva anche infilarsi su per il cu

Adua raddrizzò le spalle, non volendole dare alcuna soddisfazione; sperava solo non le si leggesse in viso che aveva appena pianto. «Molto bene. E tu?»

«Benissimo, ora che sono qui. Paulo mi mancava tanto» mormorò con uno sguardo bastonato. Patetica.

«Ah, immagino, certo. La distanza è brutta» commentò. Ancora non aveva capito dove volesse andare a parare.

«Sì, ma non sarà più un problema! Mi ha chiesto di trasferirmi da lui» fece tutta felice.

Adua restò sbigottita; le prese un'improvvisa voglia di sbattere la testa contro il tavolo ripetutamente, fino ad ammaccarla. «Sul serio? Wow. Bello.»

Antonella sembrava compiaciuta. «Già. Il fatto è che dopo quattro anni insieme uno inizia a pensare al passo successivo, quindi ci è sembrato il momento. Oggi sarà a Torino, domani chissà dove il futuro lo porterà, ma io sarò al suo fianco. Lui mi vuole lì.» Si vantava come una bambina.

Adua si sentì quasi male; aveva bisogno di andarsene. «Mi fa tanto piacere. Ora scusami ma ho un impegno.» Lasciò una banconota sul tavolo e si alzò, già pronta ad uscire.

Antonella però non sembrò condividere la sua idea, perché la bloccò per un polso. «È stato un piacere conoscerti, Adua! Sei una ragazza intelligente. Sono certa che conosci il tuo posto

Quelle parole la colpirono come se gliele avesse urlate in faccia, e trattenne a stento i tremori della rabbia. La guardò dall'alto, quella donna minuscola acciambellata sulla sedia, insignificante come la cicca di una gomma sotto a un tavolo. Adua era così furente che sentì che in quel momento, per quanto ferita dentro, aveva la forza di mangiarsela in un boccone e sputarne gli ossicini.

A giudicare dallo sguardo di Antonella, anche lei sembrava essersi accorta di ciò.

«Oh, fidati, lo conosco molto bene. E ti assicuro che non sono l'unica.» Il tono era talmente gelido da ghiacciare l'aria.

Uscì dal locale cercando di mantenere incollati i pezzi di sé, vincente di quella battaglia, ma già sapendo di aver perso la guerra.

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