19. Certe cose devono andare male e basta

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Capitolo 19
 Certe cose devono andare male e basta





Quegli otto giorni sembrarono non passare mai, ma finalmente era giunto il mercoledì della partita allo Stadium. Adua non avrebbe saputo dire chi tra lei, il padre e il fratello fosse più in fibrillazione: probabilmente lei, perché all'ansia per la partita si aggiungeva il desiderio di rivedere finalmente Paulo.

La settimana si era protratta lentamente, anche perché la ragazza non era riuscita più a vederlo da quella sera a cena: Paulo aveva avuto gli allenamenti, e la trasferta, e il servizio fotografico per un orologio che apparentemente poteva anche prepararti il caffè – così aveva scherzato lui, quando le aveva raccontato la sua giornata – e se a ciò si aggiungeva l'università e lo studio matto e disperato di lei, era chiaro il perché i due non avessero avuto un secondo libero per vedersi. Finalmente quella sera la ragazza lo avrebbe rivisto, seppur da lontano mentre giocava, ma dopo una lunga settimana di assenza le sembrava una boccata d'aria fresca.

Per Paulo e tutta la squadra quella partita era tremendamente importante; sia perché la Juventus era giunta alla semifinale di Champions e a un passo dalla meta, sia perché tornava sul campo contro quella squadra che solo due anni prima le aveva soffiato il triplete. E a ciò per Paulo si aggiungeva il fatto che sarebbe sceso sul campo come un guerriero contro il suo ora avversario – ma talvolta compagno di nazionale – Leo Messi, a cui Adua sapeva guardasse dall'alto come si fa ad un modello da cui imparare. E quindi il ragazzo si era trincerato dietro un impenetrabile silenzio tutto il giorno che Adua, da tifosa, comprendeva benissimo; così i due non si erano sentiti quel giorno, e ora che il fischio d'inizio si avvicinava sempre di più la ragazza provava un miscuglio di emozioni dentro al petto che ribollivano in continuazione, minacciando di farla esplodere da un momento all'altro. Era terribilmente su di giri, non riusciva a concentrarsi in niente di quello che faceva, e sperava soltanto che il guerriero indossasse la sua maschera e strappasse una vittoria quella sera.

Adesso il tempo sembrava scappare via con le ali sotto i piedi, e Adua non fece in tempo a sedersi col padre e il fratello in macchina che erano già in fila ai botteghini per entrare, e adesso cercavano i loro posti, ed ora il maxischermo segnava sette minuti al calcio di inizio. Il rumore dello stadio e dei suoi compagni tifosi le rimbombava nel petto a ritmo col battito forsennato del suo cuore; Adua camminava avanti e indietro davanti al suo posto, incapace di sedersi.

«Wow, questi sì che sono posti. Stiamo in mezzo ai dirigenti e ai personaggi dello spettacolo, ci credete?» Il padre si guardava intorno trasognato, adocchiando Agnelli e la moglie qualche fila più sopra e un paio di presentatori televisivi alla loro sinistra. Paulo aveva regalato loro i biglietti nel Premium Club Agnelli, dove venivano riservati i posti agli amici dei calciatori e a figure di spicco della società italiana, e la ragazza si sentiva come un pesce fuor d'acqua lì in mezzo; ma sinceramente non riusciva a pensare a niente se non ai prossimi imminenti 45 minuti. Continuava a camminare sul posto, avendo poco spazio per muoversi, quando del lunghi e folti capelli castani entrarono nel suo campo visivo e attirarono la sua attenzione; Adua si fermò di colpo, guardando con tanto d'occhi la bellissima ragazza salutare con la mano un paio di persone e sistemarsi al suo posto. I loro occhi si incrociarono per un millesimo di secondo prima che Antonella spostasse lo sguardo sul suo sedile, dove vi sistemò la borsa e la giacca. Questo fece capire ad Adua che non sapeva lei chi fosse, che Paulo non avesse parlato di lei; ma poi un pensiero amaro le attraversò la mente, perché Paulo avrebbe mai dovuto parlare di lei alla sua fidanzata?

The Mask | Paulo DybalaWhere stories live. Discover now