16. Perché tutti mi guardano? Ho qualcosa in faccia?

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Capitolo 16
Perché tutti mi guardano? Ho qualcosa in faccia?





Quel venerdì ci sarebbero stati gli allenamenti a porte aperte della squadra, e ad Adua sarebbe piaciuto andarci. Lo Juventus Training Center di Vinovo distava 20 minuti di auto da Collegno; la ragazza avrebbe preso l'auto che lei e Mick condividevano, sapendo che il fratello il venerdì aveva il turno di mattina e non gli sarebbe servita.

Mick lavorava come aiuto cuoco in una piccola trattoria della loro cittadina. Quando frequentava il quarto anno d'alberghiero aveva fatto uno stage lì, e sia lui che il proprietario si erano trovati così d'accordo che appena diplomato era stato assunto a tempo indeterminato. Nel frattempo frequentava un corso avanzato di cucina per corrispondenza, e sperava un giorno di potersi spostare in un ristorante rinomato, o ancora meglio – aprirsi il suo ristorante rinomato.

Il venerdì Adua doveva seguire il corso di inglese all'università, ma in realtà lo faceva più che scrupolo che per un effettivo bisogno; parlava la lingua fluentemente e non si faceva problemi a saltare la lezione per l'allenamento. Forse quando i suoi l'avrebbero saputo avrebbero fatto la faccia storta, perché ultimamente sembrava più ossessionata del solito dalla Juventus – potevano mai darle torto, con tutto quello che le stava succedendo? – ma sapevano che la figlia era in grado di gestire da sola la sua vita universitaria.

D'altra parte, Vanessa aveva proprio bisogno di seguire il corso: più volte si lamentava che non si sarebbe mai laureata per colpa di inglese, una materia che odiava, e Adua rideva sapendo che all'amica piaceva drammatizzare la cosa; però non le avrebbe mai chiesto di saltare la lezione per accompagnarla, per quanto l'amica l'avrebbe fatto più che volentieri.

Quando il fratello tornò a casa quella sera lo affrontò direttamente, senza girarci intorno. «Mick, domani mattina prendo l'auto. Tanto a te non serve, no?»

Il fratello, che si stava lavando le mani, la guardò stranito, chiedendosi perché non potesse aspettare che fosse uscito dal bagno. «In realtà domattina sono libero. Mi hanno cambiato il turno.»

Adua si sgonfiò come un palloncino. «Oh. Pensavo... Okay.» Liquidò la questione con un gesto della mano, voltandosi.

«Aspetta, non ho detto che non la puoi prendere. Che pensavi di fare?» le chiese curioso, spegnendo la luce del bagno e dirigendosi con lei verso la sua camera.

«Volevo andare a Vinovo. Sai, c'è l'allenamento a porte aperte» disse, sentendosi particolarmente imbarazzata senza sapere perché.

Il fratello alzò un sopracciglio. «Come vanno le cose con Paulito? Non me ne hai più parlato.»

Adua si illuminò. «Oh, vanno bene. Ci siamo visti un paio di volte, giusto per una chiacchierata. Non immaginarti tra di noi cose che non ci sono» si affrettò ad aggiungere, già supponendo dove lui volesse andare a parare.

«Io? Io non immagino niente. Però, pensandoci, è tutto merito mio, no? Tutto è iniziato quando ti ho regalato i biglietti per la partita. Che cupido che sono» si vantò, facendo alzare gli occhi al cielo alla sorella.

«Come se il tuo ego non fosse già grande abbastanza» lo prese in giro, facendolo ridere.

Lui cambiò discorso. «A che ora iniziano gli allenamenti?»

«Alle undici. Finiscono intorno all'una» rispose lei. Mick le diede un pizzicotto affettuoso sulla guancia, tra le sue proteste.

«Allora è deciso, domani andiamo insieme.»

The Mask | Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora