The Mask | Paulo Dybala

By itssimy

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La storia di un compleanno, e di un regalo inaspettato che le cambierà la vita per sempre. La storia di uno s... More

Cast
1. Sorprese che non ti aspetteresti... beh, altrimenti che sorprese sarebbero
2. Quando tuo fratello fa stupidi scherzi e non gli interessa più vivere
3. Bella questa maglia sporca, la posso avere?
4. Telefoni rotti e altre belle cose
5. Quando rischi di schiaffeggiarti da sola in pubblico
6. Fette di prosciutto davanti agli occhi
7. Ecco cosa succede quando ti dimentichi di caricare il telefono
8. Ragionare con un altro tipo di cervello, se capisci che intendo
9. Vuoi fare una pazzia? Ti sei rivolta alla persona giusta
10. Piccoli errori di calcolo
11. Non ci fare caso, sto solo morendo d'imbarazzo
12. Tutorial su come sembrare stupida in tre semplici mosse
13. Passare inosservati? Lo stai facendo nel modo giusto
14. Mettimi alla prova
15. Ogni buona confessione ha bisogno di una birra
16. Perché tutti mi guardano? Ho qualcosa in faccia?
17. Dammi un pallone e ti dirò chi sei
18. Nooo, papàà, non mi stressare
19. Certe cose devono andare male e basta
20. Risvolti interessanti e problemini ingombranti
21. Oh, questo? È solo il rumore del mio cuore in frantumi
22. Beh, se aspettiamo che sia l'uomo a fare il primo passo...
23. Torteria Belirc-Brelica-Berlicrab- al diavolo, non lo so dire
24. Quando vai più tu allo stadio che i calciatori che ci giocano
25. Sì, mi va proprio di mangiare - aspetta, un amaebi-sashi-cosa?
26. Cene che capitano tutti i giorni, insomma
27. Cosa cavolo è appena successo
28. Quando sei un idiota fatto e finito
30. Occhio per occhio, prezzemolo e finocchio
31. Momenti imbarazzanti e dove trovarli
32. Quando scopri un angolo di Polinesia nel cuore di Torino
33. La malvagia strega dell'ovest
34. Sotterrare l'ascia di guerra? Io l'ascia te la do in testa!
35. Ora resterò qui, ad origliare, fate pure finta che non esisto
36. Spero che il karma ti prenda a pugni prima che lo faccia io
37. Perdersi e ritrovarsi
Epilogo - La finale

29. Nell'occhio del ciclone

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By itssimy




Capitolo 29
Nell'occhio del ciclone















Adua aveva cercato con tutta se stessa di non pensare a cosa Paulo stesse facendo in Argentina, così lontano da lei, e a quando sarebbe tornato. Se pensava a lui immediatamente le tornavano alla mente gli ultimi momenti passati insieme, e non aveva voglia di passare l'ennesima giornata a compatirsi sotto le coperte.

Paulo non l'aveva scritta prima di partire, ma lei sapeva che avrebbe avuto la partita con la Nazionale. Non si sentivano da quel fantastico lunedì in cui tutto era stato perfetto, e tutto era andato a rotoli. Quando ci ripensava provava sentimenti contrastanti, divisa tra l'esaltazione dovuta al loro momento e l'amarezza del loro saluto, e si chiedeva se il ragazzo pian piano non la stesse portando verso la strada della follia. Così aveva cercato di rimandare le rimuginazioni il più a lungo possibile, chiudendosi in una sorta di isolamento da qualsiasi mezzo internet per non sapere niente di lui, finché anche questa soluzione l'aveva portata all'esasperazione. Con le mani che formicolavano si decise a prendere il telefono e cercare qualcosa, qualsiasi cosa che potesse darle notizie su cosa stesse facendo e come stesse. Perché lei si sentiva uno schifo, e sapere che magari anche lui soffriva la mancanza sarebbe stata una piccola consolazione.

Su internet c'erano solo notizie sulla partita, che l'Argentina aveva vinto, ma per quanto potesse farle piacere non era quello che le interessava al momento; così iniziò a vagare un po' sui social, prendendo spunto da ciò che era solita fare Vanessa e curiosando un po' tra i suoi profili, e quelli delle persone che conosceva, e quelli di persone che conoscevano persone che conosceva, e la cosa la fece sentire piuttosto patetica. E poi, perché l'amica trovava sempre qualcosa di interessante e lei mai niente?

Al limite dell'esasperazione comprese che non avrebbe trovato nulla, quindi iniziò a girare un po' a caso e ad aprire vari profili, come quello di Antonella, e quello delle amiche con cui apparentemente era andata a ballare la notte prima, e –

Il suo cuore saltò un battito.

Certa di non aver visto bene, riaprì la Storia che questa ragazza aveva postato, dove in fondo a un corridoio poco illuminato si notavano due figure – un ragazzo e una ragazza – appoggiati contro al muro, con tanti cuoricini che incorniciavano le loro teste. La ragazza era senza dubbio Antonella, non serviva la scritta in fondo alla foto a capirlo, e lui, beh, lui era Paulo. Il suo Paulo che dopo averla quasi portata a letto, baciava Antonella in mezzo a un corridoio.

Adua lasciò andare di scatto il telefono come se si fosse scottata, e questo ricadde con un tonfo sul pavimento. Gli occhi le iniziarono a pizzicare e il labbro inferiore a tremare; sentì il bisogno di sedersi sul letto. Non riusciva a pensare a nulla, nulla che non fosse quell'immagine stampata sul retro delle palpebre. Dopo tutte le dolci parole e i gesti carini che aveva avuto nei suoi confronti, non aveva esitato un attimo a correre nelle braccia della sua fidanzata quando si era reso conto che non l'avrebbe portata a letto tanto facilmente. Ma d'altro canto, di cosa si sorprendeva? Antonella e lui stavano ancora insieme, avevano tutto il diritto di baciarsi, era lei quella in torto stavolta. Non serviva a niente dirsi che però lui la stava illudendo, con i suoi sorrisi angelici e le mezze promesse, e che era stato lui il primo a sottintendere di volere di più, perché non cambiava le cose. Ed era questa la cosa che più la infuriava: che nonostante tutto, quello che aveva fatto in camera sua l'aveva portata dalla parte del torto. E non poteva biasimare nessuno, se non se stessa.

Adua si lasciò cadere sul letto con un sospiro, le mani premute sugli occhi come per impedire a questi di lacrimare. Non avrebbe mai pensato che la sua vita si sarebbe tramutata in questo caotico disastro; quasi rimpiangeva il fatto di non conoscerlo, ma poi le venne da ridere: era una bugiarda. Per quanto stesse male, non rimpiangeva niente di ciò che le era capitato. Forse, se avesse avuto la possibilità di ricominciare, avrebbe preso decisioni più risolute e avrebbe messo in chiaro cosa voleva e cosa non era disposta ad accettare; ma i "se" e i "forse" non erano mai serviti a nessuno, così come i desideri impossibili. Era ora di prendere atto della realtà, e la realtà era che lei provava qualcosa per Paulo che andava oltre la semplice amicizia, mentre lui giocava pericolosamente con due fuochi. Adua voleva mettere un punto a tutto ciò, ovunque questo avrebbe portato, e risoluta si chinò a prendere il telefono sul pavimento.

Era ora di prendere in mano le redini della sua vita.

×××

Era molto più facile fare gli spavaldi dietro lo schermo di un cellulare, pensò Adua. Trovarsi nella situazione era tutt'altro paio di maniche.

L'orologio segnava le cinque; Adua non aveva fatto altro che lanciargli occhiatine nell'ultima mezz'ora, trovando nel frattempo qualcosa di stupido da fare per passare il tempo. Adesso non poteva più rimandare; sapeva che l'aereo era atterrato poco fa, e non sarebbe mancato poi molto al suo arrivo. La ragazza si era fatta coraggio, chiedendo a Paulo di incontrarsi non appena fosse tornato in Italia, e lui si era limitato a dire che sarebbe andato da lei appena giunto in aeroporto. Non aveva chiesto spiegazioni, né fatto convenevoli di qualsiasi sorta; era come se la notizia non l'avesse colto impreparato e anche lui avesse saputo che l'incontro era inevitabile. Non potevano continuare in questo modo, in bilico sul filo di un rasoio, ne erano entrambi consapevoli; ma il fatto che lui condividesse la sua convinzione non servì a renderla meno agitata all'idea di incontrarlo. Ci siamo, era tutto quello che riusciva a pensare. Dopo questa sera avrebbe finalmente capito cosa le avrebbe riservato il futuro.

Il suono del campanello la colse mentre rimetteva in ordine per l'ennesima volta i cuscini sul divano; la casa era vuota, quel pomeriggio, e Adua aveva tentato di occupare il tempo rassettando un po'. Raddrizzò la schiena, facendo un profondo respiro, prima di andare ad aprire.

«Adua

Tutte le pianificazioni del mondo non l'avrebbero mai preparata al vortice di emozioni che la colse non appena incrociò il suo sguardo. Le era mancato terribilmente, come se non lo vedesse da tempo, e il modo in cui si erano congedati l'ultima volta non aveva fatto altro che rendere ancora più acuta la sua assenza. Adesso lui era lì, i capelli spettinati dal vento e gli occhi colmi di qualcosa che non riusciva bene a decifrare: attesa, forse?

«Paulo.» Il suo nome le uscì come un sussurro. Gli occhi iniziarono a pizzicare: avrebbe tanto voluto gettarsi tra le sue braccia, ma non poteva. Non prima di conoscere le sue intenzioni.

L'argentino aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi fece una smorfia e sembrò ripensarci. «Come va?»

«Bene. – Niente contatto visivo, o le avrebbe letto in faccia la verità. – Tu?»

Un solco gli si aprì tra le sopracciglia, e sembrò faticare a trovare le parole. «Bene.»

«Ho saputo che hai...»

«Cosa hai fatto...» Parlarono allo stesso momento, prima di interrompersi imbarazzati. Paulo percepiva una forte ondata di diffidenza provenire da lei, impalata sulla soglia e incapace di dire qualcosa, e avrebbe fatto di tutto per dissiparla.

«Mi inviti a entrare?» le chiese dolcemente. Immagini di loro a casa sua gli passarono veloci davanti agli occhi, e forse lei doveva aver pensato lo stesso.

«In realtà volevo fare due passi. Ti dispiace?» Ma di fatto stava già prendendo la borsa, quindi anche se gli fosse dispiaciuto avrebbe dovuto farselo andare bene.

Ma Paulo non era nell'esatta posizione per far storie. «Figurati.»

La ragazza si chiuse la porta di casa alle spalle, incamminandosi lentamente al suo fianco. Nonostante l'aria tesa Paulo cercava di trovare qualcosa di positivo nella situazione, come il fatto che lei gli camminava vicino, il braccio che inavvertitamente sfiorava il suo. Poteva sentire chiaramente il suo profumo, e i leggeri respiri che emetteva, e lo sguardo che di tanto in tanto incrociava il suo, come un calderone dentro al quale ribollivano tante e tante emozioni diverse; avrebbe voluto imparare a leggerle tutte.

Le strade si incrociavano e si confondevano per Paulo, che si limitava a seguire la ragazza silenziosa al suo fianco; Adua lo portò vicino un campo da basket e i due si sedettero su un muretto di pietra, eppure lei era ancora immersa nei suoi pensieri.

«Adua? – La ragazza si accorse che lui la stava chiamando solo al secondo tentativo, quando le poggiò una mano sul braccio. – Sul serio, mi stai facendo impazzire. Mi dici a che pensi?» Si passò una mano tra i capelli, frustrato.

Lei scosse la testa, alzando lo sguardo verso il cielo. Nuvole scure minacciavano pioggia, e distrattamente si chiese quanto tempo avessero prima che un acquazzone li travolgesse. «Com'è strana la vita, vero? Ti fa sognare una cosa chiaramente impossibile per poi offrirtela con le sue mani, facendoti illudere fino in fondo di poterla raggiungere, ma non la riesci mai ad afferrare davvero.»

Paulo stette in silenzio qualche minuto, prima di parlare. «Non credo in una natura maligna. Se ti sta offrendo qualcosa, se ti sei avvicinata, è perché è in tuo potere raggiungerla.»

Adua voltò di scatto la testa verso di lui, quasi arrabbiata. «Non è così, Paulo, e tu lo sai benissimo. Non prenderti gioco di me.»

Lui la guardò con tanto d'occhi. «Non ti sto prendendo in giro, Adua. Ci credo davvero.»

La ragazza si dovette mordere il labbro per impedirsi di dire qualcosa di stupido. «Ah, sì? Lascia che ti faccia una domanda. Se io ti chiedessi di vederci, domani, cosa diresti? E se te lo chiedessi dopodomani? Dimmi, Paulo, se ti chiedessi di vederci tutti i giorni, di stare con me, cosa diresti? Cosa faresti

Il ragazzo sembrò spiazzato dalla domanda, e pronto a rispondere, quando i suo occhi si allargarono impercettibilmente. Aveva capito. «Adua, non–»

«Ti rispondo io. Probabilmente tu lo vorresti, Paulo, esattamente come me. La differenza è che solo uno di noi due è davvero libero di farlo» concluse amareggiata. Si sentiva come se si fosse tolta un dente. Adua non era pronta a perdere quell'amicizia che avevano, cosa che sarebbe inevitabilmente successa dopo questo discorso – era per questo che cercava di rimandarlo il più possibile. Ma non ce la faceva nemmeno a logorarsi giorno dopo giorno, non sapendo mai quale delle due strade del bivio avrebbe intrapreso, o meglio – quale strada lui le avrebbe fatto intraprendere, quando per lei era chiaro quale voleva imboccare. Eppure non poteva.

Il ragazzo si alzò in piedi ed iniziò a camminare avanti e indietro come un forsennato, le mani nei capelli e lo sguardo spiritato; Adua per un momento pensò seriamente che avesse preso la decisione che lei sperava, nonostante fosse la più difficile. «Cosa vuoi che ti dica, Adua? Davvero, non so che dirti.» Sembrava disperato.

Le spalle della ragazza si abbassarono. «Lo so, Paulo. L'ho sempre saputo.» Non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi.

«Io-io ci tengo a te, adoro passare del tempo insieme, e–»

«Non mi basta.»

«Cosa?» Paulo la fissava, lo sguardo bastonato di chi ha preso un pugno in faccia e non sa perché.

La ragazza fece un respiro profondo. «Non mi basta.» Finalmente l'aveva detto, finalmente aveva avuto il coraggio di farsi sentire. No, tutto quello non le bastava, fare l'amica da portare alle cene eleganti e da baciare quando gli veniva voglia non le bastava. Voleva di più, e se lui non fosse stato disposto a darglielo, beh, lei non avrebbe più voluto lui.

«Vorrei migliorare le cose, ma non so che fare.» Scosse la testa, lo sguardo abbassato e la vocina triste di un bambino. Ad Adua si strinse il cuore a vederlo così; sapeva che a modo suo lui stesse soffrendo, ma lei era stata trattata come un sacco da boxe emotivo e aveva preso tanti di quei pugni che sentiva di essere giunta al limite. Non ce la faceva più a sopportare.

Si alzò dal muretto e lo raggiunse, poggiandogli una mano sul braccio. A quel gesto lui alzò lo sguardo e incrociò il suo; Adua avrebbe tanto voluto far sparire il suo dolore, e avrebbe voluto che lui si accorgesse del proprio e lo allontanasse. Ma purtroppo certe cose nella realtà non potevano succedere e basta. «Hai fatto abbastanza, Paulo. Mi hai fatto capire finalmente, e credimi, volevo solo una risposta. Qualunque fosse stata.»

Paulo ebbe la sensazione che ciò che aveva custodito così a lungo, ciò che aveva coltivato fino ad ora, gli stesse scivolando via dalle mani. «Cosa stai dicendo? Non ti ho dato una risposta.»

Lei gli sorrise, e il cielo tuonò sopra le loro teste. «Invece sì.»

«Adua, ti prego. – Altro tuono. Questa volta il temporale era proprio sopra di loro. – Ti prego, non andare.»

Il ventò ululò, trascinando con sé le foglie degli alberi, e tutto intorno a loro la gente in strada correva, cercando riparo sotto i balconi o nelle loro macchine confortevoli. La pioggia iniziò a cadere, dapprima leggera, poi acquistò forza e iniziò a inzuppare i loro vestiti. Adua pensò di essere al centro di un ciclone, con le raffiche che aumentavano intorno a loro e l'acqua che cadeva sulle loro teste, rendendo difficile tenere gli occhi aperti.

Sentiva di essere in un tornado, sballottata qua e là dalla corrente, senza un appiglio a cui aggrapparsi; e Paulo era lì, di fronte a lei ma così lontano, un'isola sconosciuta. Erano insieme, ma soli in mezzo alla tempesta, e ad Adua niente parve più poetico di quello per sancire il loro addio. «Non me ne sono andata, Paulo. L'hai fatto tu.»


Credo che possiamo tutti concordare nel dire che Paulino sia stato un gran co
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