Urban Legends

By CactusdiFuoco

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[STORIA COMPLETA] Io sono Furiadoro e la mia esistenza è una sorta di... leggenda. Sono una donna lupo, una s... More

Prologo
L'inizio di un nuovo viaggio
Il sangue dei licantropi
Sospesa tra due mondi
Il corpo di un lupo
Il muso della ferocia
Di nuovo umana
Massacro di plenilunio
Ciò che mi ha dato la Luna
Una lupa tra gli umani
Il club degli animali
Incontro col mandante
La casa del mago
La routine della donna lupo
Everybody was Kung Fu Fighting
La ricompensa dei ratti
Cannibale
Il gabinetto pensatoio
L'omicidio di Mr.Mell
Illusioni di tempi andati
Licantropi for dummies
Una terribile bestia in abito elegante
Sebastian Barren
Cacciare cacciatori
Le risorse nascoste di un goldenwolfen
Un dottore immaginario?
Un dottore pazzo?
Un luminoso Sabato mattina
September Aster vs Franco Staretti
L'altra bestia d'oro
Tutti i mostri sono capricciosi
A caccia per vivere
Lupouomo
Violenza e mutazioni
Goldenwolfen
Il Natale anormale
Uno spettacolo di magia
Due mostri non possono scontrarsi senza conseguenze terribili per entrambi
Ritorno alla vita
Su Dio e sulla salvezza del genere umano
Lupo acromegalico
Primo intermezzo narrativo
September che parla a ruota libera
Una strana creatura trovata in un fosso
Sharazad
Un plenilunio con Cuscino
Fame di morte
Un nuovo autocontrollo
Il ritorno del cacciatore nero
E si aprirono le porte dell'inferno
Benvenuta nella tua tomba
In cui si ammazza una nosferatu
Conversazione con la Mater Inferorum
Un troll con vestiti nuovi
Santo Stefano di Camastra
Aldo, la bottega e l'uomo misterioso
Ci rivedremo in un'altra città
La Madre dell'Inferno
Solo un sogno in carne ed ossa
Lo squallore e la (gradita) separazione
Mack e Jack
L'orologiaio
Un vampiro diverso da tutti gli altri
Il portale di Miomarto
PARTE SECONDA
Un viaggio sabotato
La Città Senza Nome
Le Creature senza Nome
E il pericolo arriva anche sottoterra
Vampiri pazzi
Una foto di gruppo su una nave da crociera
Un vampiro addormentato su una nave da crociera
In comunione con il vampiro
Furio Dorati
Furio il supereroe
Un inganno riuscito
Quel che Lilith fece a Vlad
Vampiri con le mitragliatrici
Grande Crinos
Fullbeast mode
Intrappolata dalla magia
Di ritorno dall'Inferno
Mostri con le ali
I poteri "aldilà"
Un segno di Dio?
Finale di battaglia
Epilogo
Urban Legends #1: il mago e la donna lupo. Un ebook per voi!

Finto-Vampiro

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By CactusdiFuoco

Già, dove eravamo?

«Non ne ho idea» risposi con sincerità «Ma credo che troveremo riparo e vestiti nuovi in questo posto»

«E a che mi serviranno se ogni notte mi trasformerò?»

«Non ne ho idea» mi strinsi nelle spalle, trattenendomi dal dirgli che se i vestiti non gli servivano era meglio che girasse nudo «Ma a me serviranno per non far pensare a male di me ogni volta che passo. Guardami, ti sembro civile?».

Lui mi studiò socchiudendo un occhio. Si mise una mano sotto il mento e l'altra in tasca, poi il suo petto iniziò ad andare su e giù con rapidità, mentre lui serrava le labbra. Stava per mettersi a ridere.

Strinsi un pugno.

Lui scoppiò in una sonora risata

«No» ululò «No, non mi sembri affatto... pff... ahaha... civile!».

Stranamente non decisi di fargli del male. Aveva ragione, a voglia se aveva ragione a ridere! Dovevo avere un aspetto spaventoso. Ero due volte più larga di una qualunque umana, più alta, indossavo vestiti che non solo mi stavano larghi, ma erano anche laceri, come se un granchio gigante li avesse sfilacciati con le chele.

September smise di guardarmi per smettere anche di ridere, sebbene ancora aleggiasse un vago sorriso sulla sua faccina paffuta.

Io percepii qualcosa muoversi in direzione di me. Era qualcosa di grosso. Qualcosa che non era umano. O forse che semplicemente non aveva le caratteristiche di tutti gli altri umani.

Mi voltai di scatto. Ero stanca, ma non avevo paura. Né pensavo tantomeno che esisteva in quelle terre qualcuno in grado di attaccarmi e farmi del male, non a mani nude.

September mi guardò perplesso

«Senti qualcosa?».

Gli feci segno di tacere portandomi l'indice alle labbra. Osservai a terra delinearsi sotto il sole cocente un'ombra di qualcuno che stava per svoltare l'angolo. Serrai i pugni e lo attesi, pronto ad ucciderlo se fosse stato necessario farlo.

Vidi un piede enorme, calzante uno stivaletto basso di pelle nero, poggiarsi sullo sterrato e sollevare minuscole particelle di polvere, seguito da una caviglia coperta dal jeans pesante, economico.

Mi chiesi come fosse possibile che non avessi percepito la presenza di quell'essere prima di adesso, aveva una stazza enorme.

Finalmente svoltò l'angolo.

Era un uomo, con tutta probabilità. Aveva lineamenti che non mi erano per nulla familiari, nessun bestione gorilla che avessi mai visto aveva una faccia del genere. Era biondo innanzitutto, poi portava i capelli un po' lunghi, che ricadevano dietro la testa con un ordine preciso. Il naso era dritto e regolare, ma voluminoso, le labbra sottili non erano mosse da alcuna forma di emozione. Gli occhi del grosso uomo erano nocciola, proporzionati al resto del volto. Non aveva la barba e questo faceva sembrare il suo nasone ancora più grosso, il tratto dominante della sua faccia.

September lo guardò allibito

«Paul Hersen!» esclamò, scattando in avanti.

L' omone ridacchiò e la sua risata risuonò così profonda che credevo la terra tremasse. Era stata probabilmente la paura a farmelo credere una specie di gigante, in realtà questo tale Paul Hersen non era più alto di me, ma di sicuro era ben piantato. Doveva pesare almeno un centinaio di chili e dal giubbotto senza maniche sbucavano un paio di braccia muscolose e sode.

«Chi sei? Cosa sei?» Gli chiesi, anch'io curiosa di capirci di più.

Lui mi guardò socchiudendo gli occhi

«Io mi chiamo Paul Hersen e, per la cronaca, sono un uomo. Tu chi sei?»

«Io sono Fury. Furiadoro, cioè»

«E che cosa saresti?»

«Io?» esitai. Sapevo che lui sapeva, ma era sempre difficile dire la verità di fronte a qualcuno che non era come me. Per fortuna ci pensò September a chiarire la situazione

«Paul » disse, serio «La mia amica è una licantropa»

«Una donna lupo, vuoi dire?» il biondo parve divertito da quella risposta «Ho visto solo un'altra come te. E fu molti, molti anni fa, lo sai?»

«No, come faccio a saperlo?» ribattei io, incrociando le braccia. Mi ricordai di com'ero vestita e mi venne voglia di andarmi a nascondere. Speravo almeno che mi giudicasse un essere civile, anche se in un certo qual modo non lo ero affatto. Però ingannare il prossimo, al contrario di quel che si dice, è una cosa molto importante, specie se te lo vuoi mangiare.

Paul mi si avvicinò, mi si affiancò e mi passò una mano dietro le spalle. Mi fece sentire stranamente a mio agio, mi trattava da pari a pari, non aveva paura di me. Forse. Non gli concessi un sorriso, ma almeno smisi di fare finta di ringhiargli velatamente contro.

Parve soddisfatto.

September ci guardava come se non avesse mai visto due come noi, poi scoppiò a ridere

«Voi due dovete sposarvi!» esclamò.

Io lo guardai male, ma Paul Hersen annuì

«Certo, probabilmente dovremmo» disse. Non sembrava ironico. Sicuramente però lo era.

Mi sfilai da sotto la sua presa continuando a guardarlo male

«Insomma» iniziai a dire, cercando le parole adatte «Come vi conoscete voi due?»

«Ci conosciamo» disse Paul, appoggiandosi al muro, con una scrollatina delle sue enormi spalle

«Ci conosciamo perché dobbiamo andare nello stesso posto e perché avevamo lo stesso maestro» mi spiegò invece pazientemente September, con il sorriso sulle labbra.

Io annuii e li guardai a turno. Non mi sembravano persone da fare la stessa attività, erano fra loro profondamente diversi. Ma entrambi, di sicuro, erano dotati in maniera particolare: avevano entrambi la magia, questa scorreva nelle loro vene. Ecco perché i loro odori erano così diversi, non erano umani nel senso più puro del termine.

September si mise le mani in tasca

«Anche Paul è un maledetto» mi disse, con un certo compiacimento «Ma purtroppo per noi non è un bel lupacchiotto, sennò ci farebbe compagnia. Lui ha un altro genere di maledizione, leggermente più cronica. Niente picchi di follia durante le notti»

«Ah si?» io diventavo sempre più curiosa «E che cosa gli è successo?»

«Chiedilo a lui, ti dovrebbe saper rispondere...».

Colsi una sfumatura sarcastica nella sua voce.

Ma non m'importava, decisi di chiedere ugualmente a Paul cos'era diventato.

Lui mi guardò severo prima che potessi parlare

«Vuoi sapere cosa sono?» mi chiese, ad alta voce

«Si» risposi, annuendo

«Bene, allora, visto che mi stai simpatica, te lo dico» si schiarì la voce con un colpo di tosse, poi mi si avvicinò fino a toccarmi con la spalla «La mia umanità non è stata intaccata come nel vostro caso, ma sappi che per sopravvivere sono costretto a nutrirmi di sangue»

«Sei un vampiro?» sobbalzai mentre lo domandavo, poi mi allontanai da lui di qualche passo.

September scoppiò in una delle sue risate strane ed argentine mentre Paul rimaneva serio.

Io ringhiai, sentendo i peli sulla nuca rizzarsi

«Un vampiro?»

«No» intervenne September, incrociando le braccia «Credi che ti farei fare la conoscenza di un vampiro? No, non è vampiro, è umano. Solo ha questo piccolo problema »

«E che succede se non si nutre di sangue?»

«Quello che succede se non si nutrisse di tutto il resto»

«Già» Paul sbuffò e mi rivolse uno sguardo amaro «Il mio organismo non è in grado di assimilare gli alimenti che mangiavo prima. Solo il sangue. Non potrebbe andare peggio, sono costretto a spostarmi di villaggio in villaggio per non dover dissanguare tutti gli uomini di una stessa zona. La fame mi divora a volte, sai? È orribile»

«Anche a me» ammisi io «E credo, beh, non ne sono sicura, ma credo di aver già ucciso degli esseri umani»

«Ah, allora stiamo sulla stessa barca...»

«Ve l'ho detto o no che vi dovreste sposare?» intervenne September, guardandoci a turno.

Io aggredii quel ragazzotto per gioco, lo sollevai e lo premetti contro la parete della casa, ma con delicatezza

«Tu parli troppo piccoletto!» gli dissi, facendo finta di essere furibonda.

Lui non si spaventò. Aveva un sangue freddo straordinario, sapeva che avrei potuto spappolargli il cranio, ma non gliene importava. Io gli sorrisi e lo mollai. Stavolta ricadde in piedi abilmente. Stava migliorando.

Annuii e poi mi voltai di nuovo verso Paul

«Va bene» gli dissi «Allora devo accompagnare entrambi a questo maledetto Villaggio del Sole».

Il grosso uomo piegò la testa in avanti sul petto in modo che i suoi occhi rimanessero in ombra.

«Si» mormorò «Dobbiamo andare entrambi al Villaggio del Sole»

«Oh, non mi sembri proprio entusiasta di farlo!» commentai io, muovendomi intorno a lui avanti e indietro con circospezione. Non sapevo cosa stava provando, come potevo essere certa che non mi avrebbe attaccata?

Il biondo risollevò lo sguardo. La sua fronte era corrugata e le sue sopracciglia tese in una strana espressione

«Beh, forse perché non lo sono»

«Come mai?»

«Beh, al Villaggio del Sole mi aspettando per qualcosa di cui non vi posso parlare, ma di cui non vado fiero per nulla»

«Ah, capisco» annuii, ricordando quante volte nella mia vita precedente, che ora sembrava infinitamente distante, avevo mantenuto segreti imbarazzanti. Non ricordavo che segreti fossero (avevo perso quasi completamente la memoria), ma ricordavo semplicemente che erano tanti. Mi chiesi dapprima che genere di mistero fosse quello di Paul, ma poi decisi di non indagare troppo a fondo.

September ci guardava entrambi con lo sguardo pieno di qualcosa che era molto simile all'espressione di un bambino piccolo di fronte allo spettacolo di un macellaio che uccide un vitello.

Io gli sorrisi

«Che hai, piccoletto?»

«Che ho?» lui si passò una mano fra i folti capelli rossi, sollevandosi la frangia e mostrando ancora una volta la croce celtica sulla sua fronte «Bah, solo che non riuscirò a capirvi se non fra un milione di anni o due?»

«C'è tempo» risposi, incrociando le braccia.

September mi superò e svoltò l'angolo

«Si, ma...»

«Ma?»

«Dove ce li procuriamo dei vestiti nuovi?»

«Non preoccupatevi» intervenne Paul, con la sua strana aria calma «Io ho dei vestiti che fanno al caso per voi. Ah, e meno male che la mamma diceva che fare l'inventore è una cosa stupida se pesi cento chili!».

Prese me a braccetto, poi afferrò September per la parte posteriore della tuta, sulla schiena, e ci trascinò praticamente a forza fino ad una casa non molto lontana.

Estrasse da una tasca interna del giubbotto un mazzo di chiavi pesanti, dalla foggia di quelle che in tempi antichi aprivano le porte delle segrete, e con quelle aprì la porta della casa.

Ci disse di accomodarci e noi due obbedimmo.

L'interno della casa era terribilmente disordinato e il colore predominante era il marrone, seguito subito dopo dal grigio. Tutto aveva un odore di polvere, di carta, di vecchio libro. E probabilmente dovevano essere proprio vecchi libri e vecchie pergamene ad emanare quell'effluvio.

Io e September ci sedemmo su due vecchie sedie dalle gambe graffiate. Notai che la spalliera della mia era sporca di sangue in un angolo, sopra l'intreccio di due pezzi. All'inizio mi parve un particolare curioso, ma perse del tutto importanza quando iniziai a osservare tutto quello che ci circondava.

Paul Hersen era appena sparito dietro una porta di mogano e ci aveva lasciati soli nell'entrata più straordinaria che avessi mai visto. C'erano statuette in stile etnico africano di quelle lunghe, alte e scure, c'erano maschere voodo appese alle pareti e quadri di artisti europei, pergamene egizie e illustrazioni cinesi e giapponesi di monti e di onde.

September iniziò a ridacchiare

«Che te ne pare?» mi chiese

«Che me ne pare?» ripetei io «Come mai ha tutta questa roba?»

«Beh, questo è il minimo per chi vuole studiare quello che studiamo noi»

«Voi?»

«Si» September annuì «Noi maghi. Sai, la magia è un'arte complessa e sconosciuta ai più, ma indizi di essa si possono riconoscere dietro le culture più disparate. Credenze. Prese da sole hanno poco fondamento, ma insieme... insieme possono conferire potere»

«Per esempio?»

«Alcuni riti di iniziazione delle tribù africane hanno un vero potenziale magico, fanno parte di preparazioni più complesse» mi spiegò, indicando la statuetta di un guerriero Masai che sollevava una lancia con la punta argentata «E quindi hanno semplicemente bisogno di essere completate per sprigionare la loro forza. Un mago studia questo: i pezzi delle preparazioni. Lo so, sembra stranissimo, ma devi sapere che alcuni gesti scaramantici europei, i riti vudù e l'omeopatia ad esempio sono tre componenti fondamentali per la trasmutazione dell'essere»

«Eh?» io lo guardai come si guarda uno fuori di testa, anche se ovviamente non stavo pensando quello «Beh, mi sembra difficile... io non credo a queste cose»

«Oh, peccato...» mi rivolse un sorrisetto a metà fra l'arrogante ed il malizioso «Ma guarda che non si tratta della magia degli stregoni che fanno vedere in tv. Questa è un'arte più antica. Più complessa. Più imprecisa. Non basta fare bibidi bobidi bu e poi puff! Succede quello che vuoi tu... no, qui l'energia necessaria ce la deve mettere il mago. Si tratta di una sorta di alchimia che usa come fonte da cui trarre energia il corpo di chi pratica l'arte»

«Uhm, affascinante. Anche tu hai una casa così?»

«Si, te la farò vedere appena avremo finito questo viaggio se vuoi, quando finalmente potrò... »

«Ecco qua» lo interruppe la voce di Paul Hersen, appena risbucato dalla porta accanto «Ho dei vestiti per voi, mi sembra che vi possano andare, ma anche se non vi andassero...» sorrise , finalmente, dopo aver tenuto quella specie di broncio per un'ora «Si potrebbe provvedere».

Io presi quello che il biondo mi porgeva. C'erano dei pantaloni grigi, dal tessuto lucido, una maglia del medesimo colore e una camicia rossastra. Accarezzai la consistenza degli indumenti e notai che era a metà fra quella della seta e quella della gomma. Inoltre era incredibilmente elastica.

Paul mi guardò soddisfatto

«Allora?» accennò, speranzoso

«Perché sono... così?» chiesi io, sinceramente curiosa «Voglio dire, gommosi-spugnosi»

«Questo genere di tessuto è deformabile circa sei volte di più dell'elastan e non si strappa. Ci ho lavorato perché sia perfetto. Gli abiti hanno all'interno una piccola, sottilissima imbottitura avvolgente di tessuto ugualmente elastico, ma più morbido e meno ignifugo» il suo sguardo si posò su September, come se sottintendesse qualcosa, e poi di nuovo tornò a me «Inoltre il tessuto è infatti resistente al fuoco, soprattutto nello strato esterno, ed ha un'importante funzione di trattenimento del calore, perciò è perfetto per l'inverno nonostante sia leggero quasi come la seta» mi spiegò. Era fiero della sua creazione, glielo leggevo negli occhi, ma me ne stava parlando come se fosse appena una bazzecola.

September intervenne ridacchiando sotto i baffi

«Sentite, ho un piccolo problema. Ehm, ma dove mi cambio? Cioè, non vorrei sembrare un po' troppo pudico, ma non mi va di spogliarmi qua sotto»

«Uh, si vergogna il piccoletto» scherzai io, che non avevo assolutamente pensato al problema. Che poi dove stava scritto che era un problema? Solo che gli umani sono strani e bisogna imitare la stranezza, per confondersi con loro.

A volte era così noioso e snervante mantenere un'apparenza di umanità: sapevo già che un giorno mi sarei stufata e avrei lanciato tutto alle ortiche.

Paul guardò il piccolo mago con il suo sguardo sereno

«Vai in camera da letto, al piano di sopra » poi si volse verso di me «Tu puoi usare il bagno» mi spiegò «Anche quello è al piano di sopra. Lasciate pure i vestiti vecchi a terra, non preoccupatevi, tanto stiamo per scappare da questo villaggio. Oh, mi mancherà la mia tredicesima casetta! Ma tornerò a trovarla».

Io salii accompagnando anche September. Gli diedi un paio di pacche dietro la testa, poi ci separammo e io entrai nella sala da bagno attraverso una porta di legno laccato bianco.

Il bagno era tutto verde acqua. C'erano mensole, mobili, sanitari, tutto rivestito del colore verde acqua.

E c'era anche un buon profumo di mare, un odore che avrei giurato non si potesse sentire in città.

Mi cambiai. I vestiti che Paul Hersen mi aveva procurato erano perfetti, avvolgenti, stavano addosso senza dare fastidio o pizzicare da nessuna parte ed erano freschi come aria. Sembravano prolungamenti naturali della mia pelle, sebbene essere nudi fosse più divertente.

Lasciai le mie vecchie vesti sul pavimento di piastrelle verdi e le osservai per qualche istante. La stoffa era lacera, vecchia, incrostata di fango, ed aveva quasi del tutto perso il suo colore originario. Ecco il motivo per cui tutti gli umani mi guardavano in quel modo strano.

Scesi al piano di sotto pettinandomi all'indietro i capelli con la mano. Avevo bisogno di tagliarli, erano cresciuti troppo, quasi mi sfioravano le spalle. Mi davano fastidio.

Paul Hersen era seduto in poltrona e leggeva tenendo in grembo una grossa valigia di pelle nera.

Prima non avevo notato la poltrona, forse era coperta da troppa roba.

Ora il biondo mi guardava con una strana determinazione

«Donna lupo » mi disse, piano.

Seguii affascinata il movimento delle sue labbra regolari. Era come rivedere qualcuno che conoscevo, ma non ricordavo chi fosse. Avevo visto già sentito quella voce, lo sapevo che la avevo già sentita.

«Ascoltami Donna Lupo» continuò Paul Hersen, in tono sempre calmo, sempre pacato, eppure in qualche modo spaventoso «Se tu verrai con noi sappi quello che ti aspetta. Non è la nostra una vita da lupi. Ma nemmeno da uomini. Donna Lupo, sei sempre stata libera, sei sicura di volerti unire a noi?»

«Certo» risposi io, ma qualcosa mi stava strizzando lo stomaco in maniera strana. Paura? No, io non provo paura. Fame? No, nemmeno quella. Era qualcosa legato alle parole di quell'umano strano, Paul Hersen, che voleva mantenere un segreto riguardo al viaggio che stavamo per intraprendere. Avrei chiesto spiegazioni a September, ma non ero sicurissima che anche lui sapesse quello che sapeva Paul.

La voce del biondo si fece leggermente più roca e più bassa

«Donna Lupo, quello che stiamo per fare potrebbe essere la tua fine e la fine di tutta la tua specie. Ma potrebbe anche essere la redenzione per quelli come te. Quindi devi decidere. Devi decidere in fretta. Io vorrei che tu venissi con noi, ma non posso condizionarti. Questa scelta è solo tua ed io ritengo giusto dirti a cosa vai incontro» i suoi occhi nocciola parvero divenire sempre più profondi mentre mi fissavano, mentre sembravano volermi entrare dentro «Stiamo per intraprendere un viaggio che forse non verrà mai narrato da alcun bardo, ma che sarà più pericoloso di quello che fu intrapreso per la distruzione dell'unico anello nella Terra di Mezzo o della ricerca dell'Immortalità per mezzo della Creazione della Pietra Filosofale. Sta a te decidere se iniziarlo o sottrarti. Sta a te decidere se tenerti lontana dalla morte o sfiorarla per tentare di rubarle tutto»

«Voglio rubarle tutto» dissi io, senza neppure rifletterci tanto. Era il mio cuore che batteva forte a suggerirmi le risposte, il mio fisico intero era pronto.

A essere sincera non è che mi fregasse molto di tutto quella storia, sapevo di essere pronta ad affrontare qualunque cosa, ma non mi importava della ricompensa finale... solo non volevo sembrare debole agli occhi del finto-vampiro. Mai mostrare paura.

Non seppi mai dire con certezza quanto tempo passò prima che lui parlasse di nuovo.

Avrei ricordato per sempre la figura di quel grosso umano biondo seduto in poltrona, illuminato dalla fievole luce di un sole che scompariva all'orizzonte, e che mi fissava invitandomi a scegliere qualcosa che a quei tempi non conoscevo.

Finalmente Paul Hersen dischiuse quelle sue labbra sottili e i suoi denti brillarono della luce rossastra del tramonto

«Nessuno ti condannerà » alzò appena appena il mento, mostrando la gola ampia «Se abbandonerai questo compito...» concluse.

September comparve dietro di me correndo giù per le scale. Percepii in lui un profumo più forte di quello che ricordavo prima.

Seppi con certezza che lui doveva rimanere all'oscuro delle parole che Paul mi aveva appena detto.

Diedi un ultimo sguardo agli occhi nocciola del biondo, poi mi volsi verso September

«Sei pronto?» gli chiesi

«Eccomi!» mi disse lui «Mi sono anche fatto una doccia! Sono fresco e profumatissimo come un té verde al gelsomino!»

«State buoni, selvaggi lupi» intervenne Paul, parlando lentamente. Le sue parole non mi suonavano nuove, ma comunque avrei sperato di sentirgliele dire in tono scherzoso invece che, come al solito, con quel suo tono calmo che non mi sapeva di nulla.

Ci guardò male, inarcando le sopracciglia

«Dimenticate le maledizioni, eh?»

«Che maledi...» io stavo per rispondere "che maledizioni?" quando mi ricordai di September. Lui era un uomo lupo maledetto. Come avremmo fatto a viaggiare?

Ma Paul Hersen, inspiegabilmente, dopo averci dato quell'avvertimento, uscì portandosi il valigione foderato di pelle nera e uno zaino di stoffa verde. A Paul doveva piacere parecchio il verde, ma doveva essere di sicuro anche uno psicopatico. Quindi era un attraente, grosso, psicopatico a cui piaceva il verde. Almeno quella fu la mia prima impressione... e devo dire che raramente le mie prime impressioni si sbagliano.


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