Solo Tu #watts2020

By MelissaSottile4

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PRIMA PARTE DELLA STORIA #92 teen fiction #83 teen fiction #75 in teen fiction MI SCUSO PER EVENTUALI ERRO... More

Booktrailer
Introduzione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Date e ringraziamenti❤
Solo noi
Pubblicato!

Capitolo 11

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By MelissaSottile4

Dylan.

Sono affacciato al balcone da circa un'ora, il tempo passa velocemente e io qui starei giorni e giorni per il bellissimo panorama che mi permette di gustare. Penso a Bea e alla sua situazione, al dolore che provoca in noi e a quanto ci manchi...ma non ho potuto neanche fare a meno di notare Victoria alla sua finestra intenta a fare qualcosa ad occhi bassi...mi sembra di aver potuto vedere una penna o una matita. La finestra era aperta quindi i suoi tratti, anche se con un po' di distanza, apparivano ai miei occhi perfetti. Il sole, che ormai è tramontato da un po', le metteva in risalto le dolci forme del suo viso rotondo e i suoi capelli legati in una coda bassa e spettinata mi facevano ridere. Era veramente bella e sinceramente, lo è sempre per me. Anche se io e lei spesso litighiamo per banalità o non perdiamo occasione per stuzzicarci, dal primo giorno, è sempre stata una bellissima ragazza.

Non hai mai fatto questi ragionamenti e queste riflessioni con nessuna. Neanche con tutte quelle sciagurate che ti sei portato a letto. E di carine c'è n'erano, fidati. Ti piace?

Non mi piace. È solo carina. E poi quelle non sono come lei. Lei non è una sciagurata o come le hai chiamate tu.

Prima hai detto bellissima.

Okay okay, è bellissima, ma questo non significa che io la voglia o che mi sia innamorato di lei. Non so così tante cose di lei e ne so ben poche.

Hai ancora molto tempo per scoprirle.

Sì, infatti. Ho molto tempo ma vorrei poterla conoscere già e aiutarla subito: vedo com'è. Sembra felice, in alcuni casi, mentre in altri ... sembra totalmente persa.
Mi basta una sola occhiata per capirla. Non so perché, è così e basta.

Forse il dolore capisce dove c'è altro dolore?

Forse è così.

Entro di nuovo in casa e mi butto sul letto chiudendo gli occhi per potermi rilassare, ma il campanello suona e, visto che Clarissa sta dormendo e Dorota, la sua baby sitter, non c'è, devo andare io ad aprire. Scendo velocemente le scale e apro la porta: di fronte a me trovo Leo con in mano due pacchi di patatine al formaggio e con una faccia da idiota assurda.

-ciao- entra tranquillamente e sale in camera mia.

Solita routine.
Ci conosciamo da una vita e abbiamo avuto questo rapporto di "casa tua è anche casa mia": sempre.
Chiudo la porta e non entro nella mia stanza lo vedo già seduto a terra che collega la Playstation 3 con la Tv.

-ciao anche a te- dico ridendo.

-ora si gioca, mi stavo annoiando a morte a casa- ride e mi punta un dito contro- hai fatto i compiti? - mi chiede.

-no- rispondo ridendo.

-bene, neanch'io- ride come un ebete –sembra che io e te domani andremo impreparati a scuola- solleva il joystick muovendolo di fronte alla sua faccia.

Già, mi sa proprio che arriveremo impreparati.

Mi siedo accanto a lui e inizio a mangiare il mio solito pacco di patatine.

-Grazie Leo per il gentile pensiero, amico mio- si ringrazia da solo.

-Prego Dylan, non c'è di che- lo imito.

-ehi ehi, non sono mica Victoria, non puoi sfottermi così- ride.
Pezzo di merda.
So dove vuole andare a parare -secondo me ti piace- ammette guardandomi di sottecchi.
Ecco la sua meta: piccolo stronzo.

Di solito Leo spara molte cazzata, ma questa volta sono d'accordo con lui.

-ma che cazzo dici! Mi piace sfotterla e basta- dico.

Bugiardo.

-bugiardo- mi urla quasi.

Sono sincronizzati?

-non sono un bugiardo- mi difendo.

-in questo momento sei il bugiardo più stupido della terra - dice- ti conosco troppo bene, so che non ammetteresti mai nulla che possa andare contro quello che tu vuoi far credere-

Io non voglio ammettere nulla che vada contro di me e ciò che voglio far credere alle persone. Forse è vero. Tendo a nascondere tutto ciò che mi riguarda nel profondo, non voglio intaccare niente e nessuno, ma non posso dargliela vinta.

-stavolta ti sbagli. È una bella ragazza, sì, ma non mi piace. È solo un bel bocconcino che non mi dispiacerebbe avere fra la cerchia di tutte quelle che ho frequentato- dico.

-non puoi essere così stronzo...- mi guarda sconcertato.

-perché no? - chiedo ridendo.

-perché non puoi andare contro una cosa che si capisce così apertamente- dice lui azionando un gioco e lasciandomi di stucco.

****

Leo se n'è andato da un paio di minuti e io mi sto sistemando per andare da Bea. Non metto molto ad arrivarci e non appena entro la visuale non è delle migliori: Bea ha dei lunghissimi capelli biondi e degli occhi azzurri molto grandi che non vedo aperti da otto mesi; attaccata a delle macchine, che sembrano aggeggi infernali, sento il ritmo del suo cuore scandito da dei "bip" acuti.
I comodini di fianco al suo letto sono colmi di fiori e peluche che i suoi compagni e Matt portano quasi ogni giorno e l'umore, ogni volta che si entra in questa piccola stanza poco illuminata in questo momento, è pronto a scendere sotto lo zero.
Il giorno dell'incidente è stato veramente un brutto colpo: ero con lei, io ero con lei, ero andato a prenderla con il motore ai suoi allenamenti di danza e non potrò mai dimenticare la scena: un'auto, uno scontro, due corpi che volano tra cui anche il mio, il dolore, i suoi occhi disperati, la sua mano tesa verso di me, l'autoambulanza e l'ospedale dove i medici diedero la notizia alla mia famiglia.
Bea era in coma, io colmo di fratture provocate da quella macchina guidata da un uomo ubriaco fradicio che non si è fermato neanche quando il corpo di mia sorella ha toccato l'asfalto, quel maledetto giorno; è stato ritrovato pochi chilometri più avanti in un bar del centro ed è stato condannato a dieci anni di carcere, pochi, troppo pochi, per la condizione in cui versa mia sorella. Quel giorno rimarrà sempre dentro di noi, rimarrà sempre il ricordo, il dolore, le ultime immagini che la nostra testa può riportare. Ricorderemo sempre il dolore che costella la nostra vita, sempre.
Mi avvicino a lei e le accarezzo la mano.
Quanto mi manca...

-Ehi Bea, ciao- inizio, come al solito, molto impacciato -Non so se mi senti neanche oggi, ma voglio parlarti lo stesso- abbasso gli occhi -Cosa fai? Perché non ti svegli? Ti stiamo aspettando tutti...- silenzio.
- Ho conosciuto una nuova ragazza, si chiama Victoria. Tranquilla, non è una "facile" come la chiami tu. Sembra una ragazza abbastanza dura, forte, coraggiosa ma sotto, sotto è anche timida. Te lo posso assicurare dal rossore che compare sulle sue guance quando la sfotto o le faccio un complimento- ed ecco che nella mia mente spunta il viso di quella ragazza talmente riccia e buffa da non poter non essere notata e sorrido leggermente scuotendo la testa. I miei occhi si posano poi sul corpicino di mia sorella e continuo a parlare: -Poi...io...oh Bea, per favore svegliati...- le mie mani tremano a contatto con le sue- Mi manchi tanto, mi mancano tanto i tuoi occhi azzurri e...ti prego...svegliati- le dico tremante –è tutta colpa mia-.
È tutta colpa mia.
Lo so.
Avrei potuto esserci io al suo posto, sarebbe stato meglio.
Molto meglio.

Victoria.

La sveglia è sempre odiosa. Questa mattina mi sono dovuta svegliare molto prima del solito per poter prendere l'autobus, visto che Leila oggi non viene a scuola. Mi sono lavata, vestita e truccata nei miei soliti dieci minuti, sono scesa al piano di sotto e ho aperto in velocità supersonica tutti gli sportelli alla ricerca di un qualche pacco dei miei biscotti preferiti e dopo averli afferrati sono corsa verso la porta d'ingresso, ero in assoluto ritardo. Potete immaginare la faccia di mio padre quando sono caduta per terra pochi passi prima di uscire dalla porta principale per recarmi alla fermata. Ha alzato gli occhi dal giornale e tratteneva una risata: lo vedevo dai suoi occhi chiarissimi riempirsi li lacrime. Sì, mio padre, come me d'altronde, quando ride piange; Ma nel vero senso della parola. Incominciano a sgorgare lacrime da destra e da manca. Questo succedeva quando ero piccola e qualche volta durante tutta la mia vita, anche se ultimamente devo dire che non succede più. Adesso sono seduta alla fermata intenta a mangiare i miei biscotti al cioccolato. Come vuole il fato, la fermata è proprio davanti alla casa di Dylan che esce non appena io metto in bocca l'ennesimo biscotto. Speriamo non mi veda!

Come se ti disturbasse.

Non mi disturba. Mi irrita, è diverso.

Sono le 8:10 e l'autobus non è ancora arrivato.
"Non vedermi", metto lo zaino davanti a me, "non vedermi", un altro biscotto in bocca, "non vedermi", mastico velocemente.

-ehi- mi chiama.

La fortuna è dalla mia parte.

-ehi- sorrido in maniera falsissima.

Oggi è più bello del solito, indossa una maglietta bianca a maniche corte sopra un Jeans scuro e con il suo solito giubbotto di pelle sulla spalla lasciando scoperta la cicatrice che tanto mi incuriosisce. I capelli sono completamente spettinati, come al solito, ma mi piacciono comunque. Il volto sembra perfettamente riposato e non ha nessuna occhiaia.
Come fa certa gente? La stessa cosa non si può dire di me. Chissà quante devo avercene io. Non oso pensarci.

Bello eh.

Sì, oggi è molto carino.

Carino? Non ne sembri affatto convinta.

Sono convintissima invece.

Certo.

-che stai facendo qui? - mi chiede muovendo appena il suo braccio deturpato dietro la schiena e facendomi tornate alla vita reale.
Cosa ci faccio qui?

Ma cosa posso fare mai ad una fermata?

-oh, sono ad una fermata di autobus. Cosa posso fare se non allevare un cucciolo di foca e un cucciolo di orso polare appena nato? - lo sfotto. Ho già detto quanto mi piace sfotterlo?

Fin troppo.

-certo- ride e mi fa incantare.

Ho mai detto quanto è bello quando ride?

No, ma c'è sempre una prima volta.

Bene.

-mi fissi? - chiede ridendo ancora e facendomi tornare con i piedi per terra, un'altra volta.

-io non ti fisso- rido in maniera finta e coprendomi gli occhi -soffrirei troppo- ridacchio.

-soffriresti perché non potresti avermi- sorride malizioso.

-posso affrontare una mancanza del genere- affermo.

-ma quindi? cosa ci fai qui? - chiede di nuovo.

-secondo te? - gli indico il paesaggio tutt'intorno.

-non penso proprio che aspetti l'autobus, giusto? - chiede.
È scemo, sì, è scemo per forza.

-dimmi che non sei serio...- dico mettendomi una mano davanti al volto e scuotendo la testa.

-dovrei chiederlo io a te- ride lui.

-perché? - chiedo confusa.
Non lo capisco.
-Non sono io che chiedo ad una persona che è seduta ad una fermata dell'autobus cosa stia facendo. Mi sembra ovvio, no?- prendo un altro biscotto.

-non sono di certo io la persona seduta ad una fermata degli autobus quando per oggi e per tutta la prossima settimana gli autobus faranno sciopero- ride.

Non è vero.
Non può essere vero.

-oh, ma stavi mangiando? - chiede ancora ridendo e in men che non si dica infila la mano nel pacco per portarseli alla bocca.
Come osa?
Non solo mi porta brutte notizie, ma ruba pure i miei biscotti?!

-come hai osato mangiarli? - osservo prima il pacco e poi lui.

-sono buoni- mi informa.

-erano miei- dico.

-come sei avida! Vieni ti accompagno a scuola- ride e mi porge una mano.

-posso arrivarci benissimo da sola- lo fulmino con lo sguardo -mi hai rubato i biscotti- mi alzo e incomincio ad incamminarmi, ma lui scoppia di nuovo in una grassa risata.

-ma perché ridi sempre? - chiedo esasperata.

-la scuola- ride ancora piegato in due- è dall'altra parte-.

Fanculo alla fortuna e benvenute figure di merda.

****

Mi ha caricata di peso sulle sue spalle. Vi rendete conto?
Allora, vi racconto: ho rifiutato innumerevoli volte di salire su "quel coso trasporta persone infernale" perché mi fa altamente paura, ma lui mi ha presa in braccio e di peso nonostante scalciassi.

-oh che male- diceva ridendo, oppure, -che dolore, sul serio- sempre ridendo.
Mi ha fatto sedere sul motore e prima che io scendessi era già partito. Quando siamo arrivati a scuola tutti, o meglio, tutte, mi guardavano.
Cosa poi?
Gli ho ripetuto per tutto il tragitto quanto mi stesse antipatico, quanto lo odiassi, e quanto gliel'avrei fatta pagare in ogni modo possibile.

-ti spunterò di notte, quando meno te lo aspetti, in camera tua. E ti soffocherò con il tuo stesso cuscino e poi...- non mi fa finire nemmeno di parlare.

-ti aspetto volentieri di notte- ride ancora maliziosamente. Maiale.

-sei un maiale- lo derido- un pervertito stronzo- lo tartasso mentre percorriamo assieme i corridoi della scuola.

Entro in classe, convinta di potermene liberare, ma disgraziatamente, io e lui siamo compagni di banco.

-sei veramente carina oggi- si complimenta con Dalila seduta davanti a noi e incominciano a pomiciare come dei malati senza pudore o senso del rispetto per i miei poveri occhi.
Oggi quella "indossa" un vestitino fuxia fosforescente, sembrando così una zanzariera, essendo poi troppo alla moda per uno zaino ha optato per una borsa verde fluo come le scarpe dal tacco vertiginoso. Ma come si fa a stare su quei cosi?

-che schifo- sussurro girandomi da un'altra parte.

-cosa c'è? mai baciato una persona?-mi chiede Dalila completamente rossa intorno alle labbra. Che voce da gallina. La vorrei strozzare. E non è detto che non lo faccia.

-se quello è baciare...- rido.

-certo che lo è- e ricominciano senza alcun problema. Mi viene da vomitare.
Leo. Dov'è quel ragazzo?
oh, eccolo, grazie a Dio.
Oggi che manca Leila sarà seduto solo e decido di prendere le mie cose e spostarmi.

-ciao Leo, oggi visto che sei solo, soletto mi siedo con te, okay?- chiedo ma non lo lascio nemmeno rispondere che lo faccio da sola- perfetto!- dico e mi vado a sedere.

-buongiorno anche a te- mi saluta -come mai qui?- mi chiede poi sorridendo.

-qui due si mangiano la faccia e mi da fastidio vederli davanti a me- spiego.

-quella è una situazione normale nella vita di Dylan. Dalila vuole fare ingelosire il suo ragazzo e Dylan se ne approfitta un pochino- mi spiega.

-un pochino?- lo guardo sbalordita. Ha appena messo una mano sulla su coscia e distolgo subito lo sguardo per lo schifo.

-ti abituerai a vederlo così- ride per la mia reazione.

-che schifo- sussurro poi facendolo ridere.

-ne vedremo delle belle...-lo sento sussurrare.

-tutto, fuor che belle, fidati- mi copro gli occhi.

Dylan.

Penso che gli abbia dato fastidio.
Dalila è una vera forza a baciare e non mi dispiace neanche come presenza, ha un fisico mozzafiato, cosa che non posso dire di Victoria, non avendola mai vista bene dato che nel suo armadio esistono solo maglioni larghi e felpone di dieci misure più grandi di lei.
Le cosce, però, sembrano essere magre e il sedere è ottimo per i mie gusti.

Perché continui a pensare a lei? Dicendo queste cose poi! Voglio andarmene, fatemi abbandonare questo corpo!

Non è vero. Ho solo fatto un'osservazione.

Un'osservazione su di lei, guarda caso.

Non penso mica sempre a lei!

Oh si che lo fai, sempre.

La prof entra e la sua voce mi fa tornare alla realtà.

-Victoria? che ci fai li?-chiede e Victoria diventa tutta rossa.
Non la capirò mai. Prima è sicura, poi arrossisce. Non riesco a capire se è timida o meno, è un vero e proprio mistero. Vorrei poter capire tante cose di lei: il perché della sua corazza, il perché del suo comportamento così spavaldo a volte e il perché della sua tristezza che ogni tanto vela i suoi occhi nei momenti in cui sembra perdersi nel vuoto.

-il mio compagno di banco è antipatico- dice come se niente fosse e provoca una risata generale della classe.

-Dylan?- chiede l'insegnante voltandosi verso di me.

- andiamo professoressa, io antipatico?- chiedo ridacchiando.

-molto- risponde Victoria e provoca un'altra risata.
Che osso duro quella ragazza. Ha cambiato di nuovo umore. In questo preciso istante è seduta accanto al mio migliore amico, Leo. I suoi grandi occhi guizzano da me alla prof e le sue sopracciglia leggermente aggrottate fanno assumere al suo viso un'espressione di sfida mista al disagio che , sicuramente, sta provando.
Le sue labbra poi...mi colpiscono sempre. Sono meravigliose, carnose e rosee, non sono coperte da nessun tipo di prodotto femminile e spiccano sulla sua carnagione "cadaverica", come le dico spesso.

-scontrosa-

-idiota-

-stupida-

-bambino-

-bambino io?-

Sento delle risatine sorreggersi nell'aria e la voce della professoressa, a braccia conserte e con un piccolo accenno di sorriso sul viso, bloccarle- Victoria, mi dispiace ma dovresti tornare al tuo posto- beccati questa.

-non potrei rimanere qui solo per oggi?- chiede quasi in ginocchio.

-mi dispiace ma i posti sono una delle cose che io voglio siano rispettati- beccati anche questa.

Lei sbuffa e in pochi secondi è accanto a me.

-fanculo- mi sussurra.

-Ti voglio bene anche io- e alza gli occhi al cielo.

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