Solo Tu #watts2020

By MelissaSottile4

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PRIMA PARTE DELLA STORIA #92 teen fiction #83 teen fiction #75 in teen fiction MI SCUSO PER EVENTUALI ERRO... More

Booktrailer
Introduzione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Date e ringraziamenti❤
Solo noi
Pubblicato!

Capitolo 7

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By MelissaSottile4


Victoria

Assurdo. Completamente, totalmente assurdo. Che figuraccia che avrò fatto. Mi guardo allo specchio e non posso fare a meno di notare i miei stupidi capelli tutti arruffati e scombinati. Senza parlare della mia faccia totalmente rossa dall'imbarazzo.

Ti è piaciuto però.

A chi? A me? No, certo che no. È una persona come tutte in fondo. Anche il fattorino delle pizze mi spunta sotto casa ma l'unica cosa che mi fa battere il cuore è solo la pizza che trasporta.

Sei una stupida. Il fattorino non sarà sicuramente un pezzo di manzo come Dylan.

La pizza è meglio di un pezzo di manzo.

-Victoria?- mi chiama la voce di mio padre dal piano di sotto.

-si, sono qui- rispondo ritornando in me dopo la discussione con la mia coscienza.

-scendi giù, ho comprato la pizza per cena- urla.

Pizza? Pizza! Adoroh!

Sei una stupida che pensa solo a mangiare.

Scendo le scale e il sorriso veloce di mio padre mi accoglie.

-ciao- mi saluta.

-ciao- rispondo io. Non ci sono grandi discorsi ,come ho detto prima, fra me e mio padre. Dopo alcuni secondi di silenzio imbarazzante mi chiede:

-com'è andato il primo giorno di scuola?-

-bene- rispondo semplicemente. Lo so, sono troppo fredda e distaccata ma non riesco a cambiare nonostante ci abbia provato anche in passato. Non amo parlare di me, di quello che provo e di come mi sento. Nessuno me lo ha mai chiesto veramente. È solo una domanda per loro. Per me no. Se solo mi chiedessero davvero "come stai", io avrei un mucchio di cose da dire che lascerebbero senza parole chiunque, persino me.

Mio padre, poi, lavora sempre e spesso è talmente stanco che mi dispiace perfino disturbarlo, anche se la cena è l'unico momento in cui io e lui possiamo stare assieme, quando va bene. È capitato altre volte che restasse in ufficio per quasi tutta la notte e rincasare solo la mattina presto per poi ripartire dopo poche ore di sonno. Ha dato tutta la sua vita per la sua azienda e i risultati si notano, eccome.

-sei indietro con il programma scolastico? - chiede addentando un boccone. Ha allentato la cravatta e slacciato il primo bottone della camicia. Non si scompone mai più di tanto, è sempre stato molto sistemato e perfettino.

-no, sono molto più avanti di loro e questo è un grande vantaggio per me- dico sorridendo leggermente.

-capisco, meglio così allora, potrai concentrarti di più sulle amicizie in questo primo periodo allora- dice lui alzando leggermente i suoi occhi azzurri su di me. Si preoccupa per me. Lo so.

-ci proverò- dico annuendo addentando un pezzo di pizza.

-cerca di crearti dei legami, è l'ultimo anno, cerca di vivitelo bene- mi dice.

-Va bene John- dico sorridendo. Non so che altro fare o dire.

-potresti chiamarmi "papà" come fanno tutte le figlie normali? - chiede alzando le mani al cielo.

-io sono normale? - mi porto una mano al cuore e faccio finta di svenire facendolo ridere.

Io e mio padre non parliamo molto, sono discussioni piccole e brevi che finiscono sempre con il sorriso. Non ho brutti ricordi con lui, solo uno in comune, sapete a cosa mi riferisco. Con lui sembra tutto più semplice ma non voglio comunque dargli fastidio. Voglio viverlo e dargli il suo spazio. Lui mi dimostra il suo bene, io gli dimostro il mio, attraverso gesti e piccole conversazioni strappa sorrisi.

-ti aiuto a sparecchiare- dice ancora indossando la camicia e la cravatta.
Mi sorride appena e noto che i suoi occhi sono stanchi. Lo noto dalle leggere occhiaie sotto di essi e il volto appena smorto.

-no, tranquillo, faccio io. Vai a farti una doccia che la puzza si sente fino a qui- dico arricciando il naso.

-Victoria...-

-Che c'è? - alza gli occhi al cielo e se ne va. In realtà mio padre ha sempre un buon odore, mi piace solo prenderlo in giro ogni tanto.

Finisco di sparecchiare e non appena esce dalla doccia mio padre entro io.

Adesso sono sdraiata sul mio letto e sento il mio telefono vibrare.

Messaggio inviato da Leila: domani ti accompagno io.

Messaggio inviato a Leila: tranquilla prendo il bus, grazie comunque.

Messaggio inviato da Leila: non era una domanda. Domani sotto casa tua alle otto meno dieci.

Rido per il messaggio e decido di accettare.

Mi sistemo meglio sul letto e mi addormento presto.

A scuola.

Questa mattina mi ha accompagnato Leila e abbiamo appena finito le prime due lezioni che avevamo in programma, adesso c'è matematica. La prof è bassissima e mi fa ridere.

-Indossa sempre gli stessi vestiti, autunno, inverno, primavera e estate- mi sussurra Dylan.

-non ci credo- lo informo.

-lo vedrai- mi fa l'occhiolino. Alzo gli occhi al cielo e rido. Come può una signora indossare per tutto l'anno gli stessi vestiti?
Seduta al mio posto vicino a Dylan e la lezione inizia. I miei compagni sono veramente troppo indietro. Come si fa? Io avrò fatto il triplo di loro, come faranno a finire il vero e proprio programma in tutto l'anno? Anche questa professoressa non sa spiegare, ingarbuglia le parole fra di loro senza darci peso, si ferma spesso e secondo me non sa coinvolgere i suoi alunni proprio perché tutti sbadigliano o creano aeroplani di carta, nel mio caso disegno. Nulla di importante, solo degli occhi in maniera grossolana e veloce per ammazzare il tempo.

-Non è molto interessante vero? - chiede con un sussurro Dylan al mio fianco.

-non proprio- dico semplicemente.

-che stai facendo?- mi chiede.

Sposto il braccio e gli permetto di vedere sul foglio.

-sei brava- si complimenta facendo incontrare il suo sguardo con il mio. I suoi occhi scuri si incatenano ai miei per pochi secondi. Il tempo necessario che portano le mie guance a colorarsi di rosso.

-grazie- dico continuando a disegnare.

-Dylan? –lo chiama Dalila dal posto davanti al suo.

-dimmi- risponde con tono annoiato che mi fa sorridere.

-pomeriggio che fai? - chiede sorridendo maliziosamente.

-non lo so- sorride anche lui.

-oh che schifo, pianificate i vostri incontri da un'altra parte- dico disgustata.

Dylan ride maliziosamente e Dalila si gira dopo avermi quadrato in malo modo e sbottato –Novellina da strapazzo-

-Mason, tu e il tuo fidanzato non vi incontrate mai? - chiede Dylan.

-Vuller, non sono fidanzata okay? - dico schifata.

-okay, okay- ride.

La campanella suona e dopo altre due ore di lezione finalmente la pausa pranzo. Seduta accanto d Dylan mangio il mio pranzo che fa letteralmente schifo. Non so cosa di preciso sia. Sembra vomito mischiato con qualche altro intruglio orribile e maleodorante.

-che lezione hai ora? - mi chiede Leo dopo aver finito di baciare Leila.

-Arte- lo informo.

-ah, vero, tu hai eliminato il corso di fisica per poter partecipare a quello di arte- si ricorda Leila e io annuisco per farle capire che si ricorda bene.

-Abbiamo un'artista seduta al nostro tavolo? - domanda Leo sorridendo.

-oh, ehm, non sono un'artista, solo mi piace disegnare e cerco di rappresentare su quella tela delle scene di vita o qualsiasi altra cosa, anche di mia fantasia. Mi rende libera e spensierata disegnare. Forse è una delle poche cose che io faccio di mia spontanea volontà. I colori, l'odore, il risultato del mio lavoro sono tutte cose che creano in me un po' di soddisfazione in me stessa-dico. Ho parlato troppo.
Me ne accorgo dai loro occhi. Cosa ho appena detto?
Tutti mi guardano sbalorditi, Leo ha i suoi occhi azzurri attaccati ai miei come se stesse elaborando il mio piccolo discorso ma poi li distoglie dopo avermi sorriso dolcemente e avermi detto –ti piace veramente tanto disegnare, è una cosa bella - lasciandomi un po' di stucco. Mi sembra così dolce questo ragazzo. Lo vedo anche dal modo in cui guarda Leila, ha gli occhi persi su di lei e quando la guarda non smette di sorriderle o darle dei baci sul capo o addirittura scompigliarle dolcemente i capelli. Leila mi guarda ancora con occhi direi sognanti. Appoggia il mento sulla sua manina e mi osserva, anche lei, sorridendo. Dylan invece mi osserva e basta, non ha un'espressione che riesco a decifrare bene: è un mix. Sembra serio, sbalordito, felice e quasi dolce. Possibile? Mi sento al centro dell'attenzione e sento la mia pelle andare a fuoco. Fortunatamente la campanella suona la fine del pranzo e l'inizio delle lezioni pomeridiane e mi alzo lentamente ma allo stesso abbastanza velocemente dalla sedia.

-allora, io vado- dico – ci si vede- li saluto.

-aspetta, io devo andare nella tua stessa direzione per fisica, ti accompagno- dice Dylan e in un nano secondo è accanto a me. Il suo profumo inonda le mie narici.

Arriviamo in poco tempo al terzo piano dove, appunto, ci sono i laboratori dei corsi facoltativi senza fiatare una parola. Ogni tanto una ragazza ci squadra, anzi, mi squadra dalla testa ai piedi per poi distogliere lo sguardo. Che avranno mai da guardare?

Forse il figaccione accanto a te?

-ci siamo quasi- Dylan interrompe il silenzio e allo stesso tempo la mia voce interiore.

-Menomale, non ce la faccio più ad essere squadrata da capo a piedi- e lui ride- non ce n'era bisogno che mi accompagnassi - dico arrivati davanti alla porta del laboratorio.

-non c'è problema, prego comunque- dice ridendo.

-grazie allora- rispondo sorridendo.

-ci si vede- mi saluta con un cenno a mo' di soldato facendomi sorridere ancora di più e allo stesso tempo, sono sicura, anche arrossire per via del suo di sorriso, così sincero, così dolce e così grande da inghiottire il mio sguardo.

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