CRUEL INTENTION

By Scarlett_Reese

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Ci sono volte in cui non si è sicuri di ciò che si vuole dalla vita. Però, questo succede solo quando qualche... More

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cap. 5
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cap. 4

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By Scarlett_Reese

Quello che era iniziato come un bellissimo sogno, ha già iniziato a perdere le sue sfumature dorate.

La realtà si sta mostrando differente dal dépliant, almeno per me. Dopo l'aggressione di Dominic, che ho avuto la fortuna di non incontrare più, mi ritrovo a patire l'indifferenza di chi invece mi ha salvato.

Josh mi evita con un'abilità disarmante, nonostante io abbia fatto di tutto per riuscire ad incontrarlo ancora.

Però, passare continuamente per il suo piano o aspettarlo al bar dopo il lavoro bevendo da sola come una sfigata, non è servito a niente. La sua determinazione ha vinto sul mio desiderio di vederlo. So che è ancora qui solo perché ho chiesto a Morena di lui. Non volevo renderla partecipe delle mie faccende private, ma alla fine le ho raccontato tutto, più o meno.

Lei mi ha guardato comprensiva, poi mi ha consigliato di dargli ascolto e lasciarlo perdere. Non credo sia cosa per te, ha detto. Un po' come dire a un bambino di non mangiare cioccolata prima di cena.

Io voglio che sia cosa per me, più di prima se è possibile. Queste sue parole si mescolano nella mia testa, insieme a quelle di Josh e soprattutto a quelle di Dominic.

Come se tutti fossero al corrente di qualcosa che non so. Intanto, due giorni di lavori forzati mi hanno reso più realista e meno entusiasta. Ho passato il secondo giorno in cucina, a lavare pile di piatti e pentole di dimensioni esagerate.

Ieri poi, ho dovuto sgrassare tutte le mattonelle di tutti i bagni dell'albergo, e non sono bagni di dimensioni normali.

No. Sono grandi come la mia stanza!

Ma comunque, sono sopravvissuta in questi giorni solo con la speranza di rivederlo.

Oggi finalmente mi è stata affidata una mansione stimolante, già solo per il fatto di essere all'aperto. Mi hanno dato un grembiulino nero e un vassoio in argento.

Cameriera: una passeggiata.

Sì, lo pensavo fino a mezz'ora fa. Poi, quando la piscina si è riempita di gente che mi chiamava da un angolo all'altro in continuazione, ho cambiato idea.

Il sole splende alto nel cielo, affaticando ogni mio passo con il suo calore. Insolazione assicurata prima di cena.

A dirigermi c'è una ragazza non molto più grande di me. Mi spiega un paio di cose, a suo dire, preziose da sapere.

«Allora. La cosa fondamentale è che il cliente ha sempre ragione. Mai contestare la sua opinione. Devi essere sempre garbata e disponibile. Sorridi a tutti e asseconda i loro desideri e se sarai brava, riceverai un sacco di mance.»

Annuisco mentre lei continua a stilare il suo elenco ma, l'unica cosa che memorizza la mia testa, è la parola mance.

«Ah...» mi dice, fermando il suo avanzare. «E non soffiare l'uomo a nessuna, okay?» Mi fa l'occhiolino e si allontana mentre un vassoio pieno di cocktail mi viene allungato sul bancone. Ondeggio instabile sui tacchi e cerco di non rovesciare nulla mentre seguo il bordo piscina, raggiungendo chi li ha ordinati. Ne servo uno per uno, sorridendo educata e una banconota da cinquanta euro finisce nella mia mano. Quando torno con il resto, quasi sempre mi viene lasciato come mancia.

Inizio a vedere soldi entrare da tutte le parti.

Mi sento euforica e nonostante il caldo e la fatica, oggi è la migliore giornata lavorativa della mia breve carriera.

Anche se le mance piovono copiose, la gente comunque non fa quasi caso a me. Ad eccezione di un signore, che sotto il suo ombrellone se ne sta per i fatti suoi, finché non arrivo io con il suo drink.

«Buenos Dias» dico con un sorriso. Una cosa ho imparato a dire e la ripeto tutto il giorno come un disco rotto.

Abbassa gli occhiali da sole sulla punta del naso e i suoi occhi scuri mi squadrano seri. «Sei nuova?»

«Sì, signore. Sono ancora in prova, in realtà.»

«Capisco.» Un certo disagio mi fa distogliere lo sguardo dal suo. Allunga cento euro e quando torno con il resto, mi sorride.

«Cara, il resto tienilo per te.»

«Mah. Signore... » Sto per dirgli che sono davvero troppi, che non posso accettarli, ma lui si massaggia il mento, continuando a muovere il suo sguardo su di me e mi interrompe.

«Chiamami Victor, e ti ho detto di tenerli. Comprati qualcosa, magari per uscire stasera.»

Sento le guance scaldarsi davanti al suo sguardo allusivo.

«Non ho nessun impegno, a dire il vero, ma grazie. Davvero.»

Lo dico amareggiata e non certo per incoraggiarlo ad offrirsi volontario, ma è ovvio che il mio messaggio arriva distorto.

«Alle nove davanti alla Hall. Mettiti qualcosa di carino, ti porto in un posto speciale.» Oddio.

Mi ritrovo ad annuire senza quasi comprendere il perché.

Mi sento molto lusingata, anche se forse, per lui il termine più giusto è acquistata.

Resto a parlare con lui per qualche minuto e mi spiega che acquisire è il suo mestiere e che non esiste niente al mondo che non si possa comprare. Ed è qui che mi sento tirare in ballo.

Ma è solo una cena in fondo, che male c'è?

Ha carisma. Sembra sapere cosa vuole dalla vita.

Quando il suo cellulare si mette a suonare sul tavolo, mi allontano in silenzio.

«Punti in alto, eh?» Clarissa, la mia collega, mi guarda con un sorriso beffardo sulle labbra. «Mi ha invitato a cena. Perché chi è?» chiedo, alzando le spalle. Lei si mette a ridere, agitando una mano.

«Oh, lo scoprirai. Buona fortuna!»

Finito il turno, esco con l'intenzione di comprarmi qualcosa di bello da indossare stasera.

Non che Victor mi interessi, è troppo grande per me, ma non voglio fargli fare brutta figura. Entro in una piccola boutique vicino al lungo mare. Compro tre vestiti bellissimi e un paio di scarpe alte. Cammino con la mia busta tra le mani e un sorriso sulle labbra. Mi sento leggera e anche un po' elettrizzata.

Poi dicono che i soldi non fanno la felicità. Di sicuro, chi lo dice, non ha mai provato a vivere senza. Mentre la mia testa si perde nei suoi ragionamenti, il mio cuore si mette a rimbalzare forte nel petto, non appena incrocia un volto familiare. Eccolo.

Tre giorni a cercarlo come una disperata e adesso è qui, a pochi passi da me, insieme ad un'altra. Resto impalata come una stupida finché i suoi occhi non mi trovano a fissarlo, allibita.

«Ciao.» dice, avvicinandosi a me. La ragazza bionda resta un passo indietro a lui e mi osserva. «Ciao.»

Provo un insensato risentimento nei suoi confronti.

«Come stai?» Mi chiede, passandosi una mano tra i capelli.

«Ti interessa?» è la risposta acida che esce dalla mia bocca.

«Ho mai detto il contrario?»

Incrocio le braccia al petto mentre la mia attenzione si sposta sulla bionda che mi guarda di sottecchi. Se ne accorge subito e con un cenno della testa, invita la ragazza a lasciarci soli.

«Wow! Non devi neanche sprecare fiato con lei. Affascinante.»

«È meglio se me ne vado.» dice tra i denti passandomi accanto.

«Bravo, vai. Pare sia la cosa che sai fare meglio.» sibilo, dando voce ai miei pensieri. Lui si ferma di scatto e si volta infuriato, piantando i suoi occhi blu dentro i miei.

«Tu non hai idea di cosa sono capace, Emily. Ma se non la smetti di provocarmi, finirai per scoprirlo!» deglutisco un macigno mentre il suo bellissimo corpo si allontana nervoso dal mio.

Tu non hai idea di cosa sono capace Emily. Ma se non la smetti di provocarmi, finirai per scoprirlo.

Le sue parole si muovono indisturbate nella mia testa mentre fingo di ascoltare le imprese eroiche di Victor.

La cosa peggiore di un uomo pieno di sé, è un uomo pieno di sé con troppe storie da raccontare.

La sua prima auto. La sua prima impresa. Il suo primo milione.

Passa in rassegna trent'anni di conquiste, pensando forse di impressionarmi. La verità è che mi sto annoiando a morte.

Siamo in un locale sulla spiaggia, un terrazzino intimo e lussuoso oltre ogni misura. La luna galleggia in mezzo al mare e se lui stesse zitto un minuto, riuscirei anche a sentire le onde infrangersi a riva, sotto di noi.

Non sono mai stata in un posto tanto bello e dovrei essere al settimo cielo. Invece sono di pessimo umore più o meno da quando ho visto Josh, un paio d'ore fa. E non capisco se sono più infastidita dai suoi modi o dal fatto che nonostante tutto non riesco a togliermelo dalla testa.

«Allora, tu cosa mi racconti?» Victor cerca la mia attenzione, si porta il bicchiere di vino alla bocca e mi osserva. Forse vede il disagio che mi provoca la sua domanda. Il disagio di raccontare di me. «Non c'è molto da dire.» dico stringendomi nelle spalle. «Sono qui di passaggio.»

Non c'è altro che voglio dire anzi, se potessi tornarmene in albergo senza sembrare scortese, lo farei subito.

Lui non sembra molto soddisfatto della mia risposta, forse si aspettava che anche io sfoggiassi le mie conquiste, come se ne avessi. «Sei la donna più silenziosa con cui ho avuto il piacere di cenare.»

«Lo prendo come un complimento.» Dico con un mezzo sorriso sulle labbra prima di finire il vino rimasto nel bicchiere.

«Oh, lo è!» ammette, ridendo.

Dopo un altro dei suoi aneddoti, Victor ordina due caffè e due licor cuarenta y tres. «Cos'è il licor cuarente i tre?» chiedo, cercando di imitare la sua impeccabile pronuncia con pessimi risultati. Il modo in cui sghignazza ne è la conferma.

«Cuarenta y tres.» Scandisce bene ogni sillaba cercando di rimanere serio. «È un liquore molto buono. Sono sicuro che ti piacerà.»

E infatti mi piace. Molto.

Ne ordiniamo un secondo giro, e un altro ancora.

Alla fine la bottiglia viene gentilmente lasciata sul tavolo.

Victor diventa più simpatico, io più socievole.

Gli racconto un paio di storie della mia adolescenza, tralasciando dove esse siano realmente avvenute.

Che differenza fa se invece che in una casa normale siano successe in orfanotrofio?

E se quella non era mia madre, ma la direttrice?

Particolari insignificanti.

Traccio la scritta sulla bottiglia con il dito, e mi viene in mente Josh, di nuovo, anche se non saprei dire perché.

«A cosa pensi?» La voce di Victor riporta la mia attenzione su di lui, il suo tono lascia trapelare il tasso alcolico presente nel suo sangue. «A niente.» mento, guardando il cielo senza stelle. «Forse dovremmo rientrare.»

Lui scuote la testa e un sorrisino sbilenco si allarga sul suo viso. «Voglio portarti in un posto.»

Si alza e abbottona la giacca con cura, poi mi tende la mano.

Finiamo in un vicolo poco distante dal mare.

San pietrini sconnessi e mura antiche si susseguono in questa interminabile camminata. La testa mi gira appena, una sensazione di piacevole apatia mi avvolge mentre mi lascio guidare da lui, anche se non ho la più pallida idea di dove.

Arriviamo davanti ad un enorme portone di legno scuro.

«Che posto è?» Una certa apprensione si aggrappa alla mia voce. «Questo è un posto particolare.» ammette. «Ed è mio. Stai tranquilla, non hai nulla da temere.»

Il portone si apre e il suo cigolio mi fa rabbrividire, così come il sorriso lascivo con cui Victor mi invita ad entrare.

Mentre lo oltrepassiamo, un uomo grande e grosso come un armadio richiude prontamente il portone alle nostre spalle.

Attraversiamo il cortile circondato da muri in pietra finemente ristrutturati, illuminati da lampioni che diffondono una luce calda che rende l'atmosfera particolarmente accogliente.

«Che posto è?» Chiedo ancora, affascinata.

«Vieni.» dice senza rispondere alla mia domanda.

Entriamo dalla porta principale davanti a noi, trovando una sala straordinariamente grande ad accoglierci.

La gente stringe la mano di Victor che spende due parole con ognuno dei presenti mentre io mi perdo nei particolari di questo posto. Ogni dettaglio sembra studiato apposta per attirare la curiosità di chi lo guarda. Pesanti tende di velluto color porpora drappeggiano davanti a molteplici archi disposti attorno all'immensa sala e ti spingono a chiederti cosa nascondino.

I candelabri ,disposti sopra gli alti tavoli bianchi, sono enormi e neri e la cera rappresa forma piccole stalattiti. Disposte in vari punti della stanza ci sono numerose statue di donne e uomini completamente nudi, alcuni in argento e altri in oro, talmente belle da sembrare reali.

Le donne vere ostentano un portamento decoroso, nonostante i loro abiti lascino ben poco all'immaginazione.

Hanno tutte un bicchiere in mano e intrattengono conversazioni di apparente spessore con uomini sicuramente poco interessati a quello che hanno da dire.

Resto accanto a Victor in silenzio e osservo un mondo così distante da quello a cui sono abituata da sembrarmi surreale. Una volta arrivati al bar, il mio cavaliere ordina da bere parlando spagnolo con la giovane barista che sembra pendere dalle sue labbra. Poco dopo Victor mi porge un bicchierino con del liquido scuro e un sorrisino compiaciuto mi increspa le labbra. «Licor cuarenta y tres?» chiedo speranzosa. Lui annuisce e alza il suo bicchiere verso di me.

«A cosa si brinda?» La voce alle mie spalle è calda e profonda e anche se l'ho sentita poche volte, potrei riconoscerla ovunque. «Oh, Josh!» dice Victor biascicando un po' il suo nome. «Vieni, ti presento la mia nuova amica.»

La figura imponente di Josh si staglia in mezzo a noi e mi lascia senza fiato. Completo nero dal taglio impeccabile e camicia bianca con il primo bottone sbottonato. Un ciuffo di nerissimi capelli scivola sulla sua fronte quando il suo sguardo ricade su di me e il mio cuore sussulta. Si ravviva il ciuffo di capelli con la mano prima di allungarla verso di me.

Una scarica elettrica mi attraversa quando le nostre dita si sfiorano. «Piacere, amica di Victor,» dice con un sorrisino impertinente. «Joshua Larsk, per servirla.» Lo osservo chinarsi un poco e quando le sue labbra mi sfiorano il dorso della mano, i suoi occhi azzurri come l'oceano più limpido mi scavano un buco nel petto. Victor ride sguaiatamente per la scenetta messa su da Josh e senza preoccuparsene affatto ordina da bere anche per lui. «Emily, devi sapere che quest'uomo è un gran furfante. Non farti abbindolare dai suoi modi galanti.»

«Se si è fatta abbindolare dai tuoi... » replica Josh senza finire la frase.

La barista gli fa gli occhi dolci mentre gli porge il suo drink. Reprimo il fastidio che mi dà vederla così interessata e mi sforzo di sorridere a Victor che alza il bicchiere verso di noi. «Non l'ha ancora fatto.» ammette con rammarico. «Ma speriamo che lo faccia, comunque.» I loro bicchieri si scontrano e Victor ride ancora.

«Vorrei ricordarvi che sono qua.» dico un tantino seccata.

«Dimenticarlo sarebbe impossibile, Emily.» afferma Josh.

Il suo sguardo serio mi fa tremare le ginocchia per un attimo, poi avvicina il bicchiere alle labbra e socchiude le palpebre mentre il liquore scivola nella sua gola.

Quanto vorrei essere quel bicchiere, penso mentre il desiderio di baciarlo mi fa attorcigliare le viscere.

«Scusatemi un secondo.» dice Victor guardandoci con occhi vitrei. «Puoi tenerla d'occhio, Josh? Non ci metterò tanto.»

Josh non si volta nemmeno, continua a fissarmi come se volesse mangiarmi in un solo boccone,

«Mettici tutto il tempo che ti serve.» afferma serissimo. «I miei occhi saranno tutti per lei.»

Victor mi lancia un'occhiata maliziosa. «Non avevo dubbi. Emily, ricordati cosa ti ho detto.» mi fa l'occhiolino e sparisce tra la folla.

Josh fa un passo avanti e si appoggia con i gomiti al bancone.

«Non hai ancora bevuto.» mi fa notare e con un cenno della testa indica il bicchiere tra le mie dita.

«Ne ho già bevuti parecchi.» confesso, sentendo la testa girare un po' « e poi, con me non ha brindato nessuno.» dico imbronciata.

«Provvediamo subito.» allunga il suo bicchiere vuoto verso la barista che non aspettava altro che la sua attenzione.

Gli riempie lentamente il bicchiere, guardandolo da sotto le lunghe ciglia scure. Lui la ringrazia con un sorriso e io sento le mascelle serrarsi.

«Allora.» dice, voltandosi verso di me. «A cosa brindiamo, Emily?» Vorrei trovare qualcosa di spiritoso o intellettuale da dire, invece l'unico pensiero che riesce a formulare la mia mente è a proposito della sua bocca... E della sua lingua.

«Non si può brindare e basta?» gli chiedo, alzando le spalle e sperando che non abbia il potere di leggere la mente.

Lui si raddrizza, tornando a essere più alto di me di due spanne.

«Io non faccio mai nulla tanto per fare.» dichiara, avvicinando il suo bicchiere al mio. «quindi brindo al piacere di trovarti sempre sulla mia strada» dice, facendo scontrare i pezzi di vetro che stringiamo tra le mani. «e a quanto sei incredibilmente bella questa sera.»

Avvampo di colpo, sentendo le guance andare a fuoco e non posso fare a meno di sorridere estasiata di fronte alle sue affermazioni. Beviamo senza smettere di fissarci e il calore del suo sguardo supera quasi quello del liquore che mi brucia in gola. Abbandoniamo i bicchieri sul bancone e per celare l'imbarazzo inizio a guardarmi intorno. Al centro della sala molta gente sta ballando. La musica è lenta, sensuale, ipnotica.

«Vuoi ballare?» mi chiede Josh, prendendomi completamente alla sprovvista. Mi volto e incontro di nuovo i suoi occhi, cercando uno scorcio di ironia. Mi agita non trovarne nemmeno un briciolo.

«Non so ballare.» distolgo lo sguardo e mi fisso le scarpe.

Non so fare praticamente nulla, Josh, nel caso non l'avessi ancora capito. «Non serve che tu la sappia fare.» il suo palmo aperto entra nel mio campo visivo. Alzo lo sguardo e perdo un battito nel profondo blu delle sue iridi.

Attraversiamo la sala mano nella mano. Una parte di me vorrebbe lasciarla ricadere sul fianco in modo che non si accorga che sto iniziando a sudare freddo, l'altra invece non vorrebbe lasciarla mai più.

Ci fermiamo al centro della pista e con la stessa mano che ci unisce, Josh mi tira a sé. Appoggio l'altra sul suo petto, all'altezza del cuore mentre lui tiene il palmo aperto al centro della mia schiena. Ha un profumo incredibile di abiti freschi di lavanderia e dopobarba. E si muove divinamente considerando che deve trascinarmi come una zavorra. «Vedi?» mi sussurra all'orecchio. «Stai ballando!»

Sorrido e improvvisamente le sue labbra sono così vicine che basterebbe un soffio per toccarle. «Sei tu che stai ballando. Io ti sto solo seguendo.» dico piano, cercando poi di deglutire e rendendomi conto di non saperlo più fare.

«Posso chiederti una cosa?»

Puoi chiedermi quello che vuoi, penso, annuendo incantata dal movimento delle sue labbra.

«Cosa ci fa una ragazzina come te in un posto come questo?»

Sbatto le palpebre, cercando di reprimere il cipiglio causato dalla scelta di parole con cui mi ha definito.

«Non sono una ragazzina.» lo ammonisco, «E anche se ti sembrerà strano, mi piacciono molto i locali. E questo è molto bello.» Josh alza un sopracciglio, poi scuote la testa.

«Posso chiederti una cosa?» Gli chiedo a mia volta, sentendomi improvvisamente curiosa. Lui mi invita a proseguire con un cenno della testa. «Cosa ci facevi quella mattina su quella barca se non era tua?»

Senza rendersene conto, smette di muoversi per alcuni secondi, come se gli servisse ad assimilare la mia domanda, poi riprende a ondeggiare piano, stringendomi un po' di più a sé.

«La barca è di Cortez.» mi confida su una guancia. «e quando passo di lì, salgo a controllare che sia tutto a posto.»

Questa volta sono io a fermarmi. «Quindi anche tu lavori per lui?» Siamo colleghi??

«Quando si dice " posso chiederti una cosa", Emily, si chiede una cosa. E basta.»

«Allora posso chiedertene due?»

«No» afferma deciso.

«Perché non gli hai detto di avermi trovata nel suo letto?»

«Emily» mi ammonisce, abbandonando le mani lungo i fianchi.

I corpi che ci circondano continuano a muoversi mentre noi siamo uno di fronte all'altro, immobili. Occhi scuri dentro occhi chiari. Determinazione da una parte, ostinazione dall'altra. «Dimmi solo questo e non ti chiederò altro. Te lo giuro.»

Passano diversi secondi, forse minuti, prima che lui si decida ad aprire la bocca per parlare.

«Non volevo finissi nei guai.» dice con un filo di voce. «E non lo voglio neanche adesso. Dovresti stare lontano da questo posto.» dice con le mascelle contratte. «E anche da me.»

E in un attimo, sparisce tra la folla.


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