cap. 5

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Morena si è autoproclamata la mia sveglia ufficiale.

Come tutte le mattine, infila la tessera magnetica nella porta e mi butta giù dal letto parlottando da sola nella sua madre lingua. Questa volta però, mi informa che Cortez ha chiesto di vedermi.

Balzo fuori dalle coperte senza tenere conto che tutto l'alcool ingurgitato la sera prima mi si sarebbe rigirato nello stomaco e mi avrebbe preso a palate in testa.

Devo essere appena sbiancata, perché l'espressione di Morena è palesemente allarmata. «Estàs bien?»

Cerco sostegno sulla parete e annuisco. «Credo siano solo i postumi di ieri sera.» Con il sorrisino di chi la sa lunga, Morena va in cerca di dettagli succulenti.

«Non è successo niente di eclatante» affermo con un lamento mentre mi porto in bagno. «Solo alcool e tanta amarezza.»

«Peccato.» dice con il broncio «Ci vediamo dopo. Non farlo aspettare.» e se ne va.

Mi spoglio mentre l'acqua calda della doccia riempie il bagno di nebbia densa. Quando mi metto sotto al getto, ogni cellula del mio corpo geme di piacere. Chiudo gli occhi e abbandono la testa all'indietro e all'improvviso due iridi color ghiaccio invadono i miei pensieri. Per quanto sia di una di bellezza sconvolgente, quello che più mi destabilizza è la sua capacità di dileguarsi sempre sul più bello. Ho passato due ore a cercarlo, sperando di poter riprendere il discorso da dove l'aveva interrotto, ma di lui non c'era più traccia. Così mi sono abbandonata su uno sgabello e ho continuato a bere da sola, finché Victor non mi ha raggiunto e mi ha trovata ubriaca fradicia. Ricordo solo che mi ha fatto salire su un taxi.

Come sia riuscita a raggiungere la mia stanza e il letto probabilmente rimarrà un mistero.

Esco dalla doccia e mi asciugo velocemente i capelli prima di infilarmi il mio vecchio vestitino da spiaggia e correre dal mio capo.

Trovare l'ufficio di Cortez questa volta non mi risulta così difficile. È come se il mio cervello accantonasse le informazioni tenendomi all'oscuro fino a quando non mi tornano utili. Mi siedo sulla poltrona nera, intimidita dallo sguardo dell'uomo che ho di fronte.

«Allora Emily, come stanno andando le cose?» Mi chiede tranquillo, osservando con attenzione il mio volto.

Alzo le spalle. «Credo bene, signore.» il suo sopracciglio raggiunge quasi l'attaccatura dei capelli. «Hai un aspetto orribile.» afferma con una smorfia.

«Ne sono consapevole.» distolgo lo sguardo, concentrandomi sulle venature del legno.

«Bene.» dice in un sospiro, «Morena mi ha detto che il posto in cui te la cavi meglio è la zona bar, quindi per il momento lasciamo perdere le stanze e le altre mansioni.»

Trattengo l'impulso di mettermi a saltellare per la gioia e annuisco, riportando lo sguardo sul suo volto.

Osservo i suoi lineamenti segnati dal tempo e cerco di immaginarmelo trentenne, con la ricchezza e il fascino che solo gli anni probabilmente gli hanno regalato, e arrivo alla conclusione che deve aver comunque fatto una strage di cuori.

Mi congeda mentre il telefono sulla scrivania inizia a squillare.

Accantono i miei pensieri e lo saluto con un cenno della mano mentre lui ha già intrapreso un'altra conversazione.

Esco dal suo ufficio e chiudo la porta, facendo attenzione a non disturbarlo, poi tiro un sospiro di sollievo. Una parte di me era sicura che la sua richiesta di vedermi fosse per porre fine al nostro rapporto lavorativo e adesso mi sembra di avere un peso in meno sul cuore.

A quanto pare, resterò nei paraggi ancora per un po'.

Mi incammino per il corridoio con la testa tra le nuvole, e al momento di svoltare sono così assorta che becco il muro. Sussulto, con i palmi aperti sollevati istintivamente per attutire il colpo. Ma quando il muro sospira, mi rendo conto che le mie mani sono aggrappate ad un petto solido, che emana così tanto calore da oltrepassare la stoffa della camicia e scottarmi la pelle. «Emily.» Alzo lo sguardo mentre vengo assalita dal suo profumo, così buono che devo sforzarmi di non chiudere gli occhi e affondare la testa nell'incavo del suo collo per inspirarlo fino a non sentirlo circolare nel sangue. Deglutisco, perché qualsiasi altra azione sarebbe troppo complicata in questo momento.

«Josh.» mormoro dopo non so quanto tempo.

Intravedo una scintilla attraversare i suoi occhi.

Malizia, lussuria, desiderio? Forse tutte queste cose insieme. Qualsiasi cosa sia, lo fa agire senza esitazione.

Una mano scivola sulla mia schiena, sale fluida lungo la mia spina dorsale fino a stringersi attorno al mio collo. La pressione delle sue dita mi fa sollevare la testa un po' di più e le sue labbra sono sulle mie prima ancora che possa capire cosa stia succedendo. Premendo la sua bocca sulla mia mi spinge contro il muro. I nostri corpi si toccano nuovamente e qualcosa di altamente combustibile inizia a bruciarmi nelle vene.

Quest'uomo è come lava bollente che mi scivola addosso.

Le sue mani mi toccano con urgenza, stringono e strizzano ogni cosa riescono a trovare, strappandomi un gemito dietro l'altro che lui assorbe con baci carnali, possessivi.

Dio,quanto vorrei essere sua.

Mi aggrappo alle sue spalle, cerco sollievo tra i suoi capelli, ma una brama che non riesco a contenere mi fa agitare come un'anguilla tra le sue mani. Con la bocca scende sul collo e quando i suoi denti affondano nella mia carne inarco la schiena e mi scappa un gridolino di stupore misto a dolore e a qualcos'altro che non saprei come definire.

Josh alza gli occhi in cerca dei miei, e non so cosa trova nel mio sguardo che lo sconvolge tanto, ma sembra che qualcuno gli abbia appena rovesciato dell'acqua ghiacciata sulla schiena. Si irrigidisce, sento i suoi muscoli tendersi mentre smette di muoversi. Restiamo per un lunghissimo istante a fissarci, come se ci vedessimo per la prima volta, ascoltando i nostri respiri pesanti dissolversi nell'aria. Alla fine scuote la testa e le sue mani si allontanano dal mio corpo. Si appoggia con entrambe alle parete alle mie spalle, imprigionandomi tra di esse.

«Tu mi fai perdere il controllo.» dichiara senza ironia.

Reprimo il sorriso compiaciuto che preme sulle mie labbra e abbasso lo sguardo. La distanza che ci separa in questo momento mi sembra assolutamente ingiusta.

«Posso prenderlo per un complimento?» domando con la voce roca per l'eccitazione. Lui scuote la testa in segno di diniego, ma il modo in cui mi fissa le labbra non lo rende affatto credibile. «Farmi perdere il controllo non è mai un bene.»

Una fitta mi colpisce tra le gambe quando si morde il labbro inferiore. Sembra sul punto di saltarmi nuovamente addosso e mi scopro a fremere per l'impazienza.

Perdi il controllo, Josh. Ti prego. Perditi dentro di me.

Vorrei essere così sfacciata da dar voce ai miei pensieri, invece resto zitta mentre la razionalità prevale sui suoi istinti.

Raddrizza la schiena e lascia ricadere le mani nelle tasche dei pantaloni, diventando improvvisamente irraggiungibile.

«Ho un appuntamento con Cortez.» dice, come per giustificare il desiderio di scappare che gli fa spostare il peso da un piede all'altro. «Certo» dico mesta, incrociando le braccia al petto per annientare il bisogno di toccarlo ancora.

«Ci vediamo, Emily.»

Annuisco, incapace di fermarlo. Senza aggiungere altro, Josh svolta l'angolo e sparisce dalla mia vista.


CRUEL INTENTIONHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin