cap. 8

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Condividere. Quante cose si possono condividere?

Tante, forse tutte, ma... In questo caso non stiamo parlando di oggetti. Stiamo parlando di persone.

Come si fa ad avere un rapporto, seppur solo fisico con una persona e condividerlo con altri senza problemi?

Questa è una cosa che proprio non capisco. E che non accetto.

Avrei potuto tentare di abbracciare le sue inclinazioni sessuali, magari avrei anche sopportato di dividerlo con altre donne, ma quello che ha detto Dominic, è inaccettabile.

Busso alla sua porta ripetendomi questo discorso a mente, pronta ad esporlo e a mettere fine a questo gioco.

Non sono merce di scambio. Deve saperlo. E per quanto sia forte il trasporto che sento nei suoi confronti, io semplicemente non posso accettare queste condizioni.

Ma poi la porta si apre, e le mie certezze vacillano.

Guardo i suoi piedi scalzi, mi perdo tra le pieghe dell'asciugamano che ha legato in vita, seguo le gocce scappare dai suoi capelli bagnati per rincorrersi sulla sua pelle liscia e mi dimentico tutto.

«Io...» Cerco le parole nel caos dei miei pensieri, che prendono tutti un'altra piega rispetto ad un attimo fa.

«Tu?» Alza un sopracciglio, puntando i suoi occhi cristallini su di me. Saranno loro a mandarmi all'inferno, senza dubbio. Il potere che hanno di smuovere emozioni contrastanti e potenti che, facendo attrito, accendono un fuoco dentro di me.

«Non posso essere quello che vuoi.» affermo subito dopo averne perso la sicurezza. Quando lo guardo, sento che potrei essere qualsiasi cosa pur di stargli accanto.

«E questo quando l'hai capito?» chiede, avvicinandosi pericolosamente a me. La mia mano si posa sul suo petto umido per fermarlo. Errore da principiante, suppongo.

Vedo le sue pupille dilatarsi, mangiandosi il blu che le circonda e mi ritrovo ad annaspare in cerca di ossigeno.

«Smettila di giocare con me.» Volevo impormi, invece sento la mia voce uscire come una supplica. Patetica.

Il suo calore mi scivola sotto pelle, diventando mio.

«Chi ha mai detto che sto giocando?»

«L'ha detto Dominic.»

«Ti fidi più di lui che di me?» Indietreggia, adirato.

Ritraggo la mano rimasta a mezz'aria e la infilo nella tasca dei jeans. «Io non mi fido di nessuno. Abbiamo parlato prima e quello che ho saputo non mi è piaciuto.» Si passa una mano tra i capelli. Sembra nervoso. Bene. «Qualsiasi cosa ti abbia detto, probabilmente è vera. Ma...» Scorgo la frustrazione indurire i suoi lineamenti, le sue mascelle si tendono e le mie certezze crollano, inevitabilmente. «dovresti lasciarmi almeno il beneficio del dubbio, soprattutto perché quello che hai sentito è uscito dalla sua bocca e non dalla mia.»

Distolgo lo sguardo, per quanto possa essere stronzo e arrogante, ha ragione. Lo sto giudicando per le rivelazioni del tizio che ha tentato di stuprarmi.

Lo sento sospirare nel silenzio dei miei pensieri, prima di rientrare nella sua stanza. Riporto lo sguardo davanti a me e lo osservo varcare la soglia senza preoccuparsi di chiudere la porta. È un tacito invito a scegliere cosa voglio davvero?

Credo che non avrò da lui un'altra occasione per farlo.

Così smetto di pensare e mi muovo piano, oltrepasso il confine tra quello che è giusto fare e quello che desidero nonostante tutto, e lo seguo all'interno.

CRUEL INTENTIONWhere stories live. Discover now