Mexican Standoff

By Petite_Poissonne

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Draco credeva che dopo la caduta del Signore Oscuro e l'ignominia di cui si era macchiata la sua famiglia, av... More

1. Un incarico per Hermione Granger - Parte 1
1. Un incarico per Hermione Granger - Parte 2
2. Partenze e Inizi
3. Il canto dei bambini in guerra - Parte 1
4. Il canto dei bambini in guerra - Parte 2
5. Non si toccano gli appunti di Hermione Granger
6. Un'ombra tra luce e oscurità
7. Un passo alla volta
8. La Ragazza che è Sopravvissuta
9. Disincanto Patronus
10. Malfoy Manor
11. Come soldati giocattolo
12. Sono solo parole
13. Non sono solo parole
14. Mattone dopo mattone
15. Esasperante Cameratismo Grifondoro
16. Qualcosa di rosso, Qualcosa di bello, Qualcosa di sbagliato
17. Un pensiero fisso
18. Legge di Murphy
19. L'imprevedibilità dei viaggi
20. Di bene in...?
21. La Ragazza d'Oro-Nero
22. Il Battesimo
23. Intersezioni
24. Il loro posto
25. Un gioco da pazzi
26. La distanza tra credere e sapere
27. Bugie e verità
28. Per lei
29. Per lui
30. Corsi e ricorsi storici - Parte 1
31. Corsi e ricorsi storici (Tutto per loro) - Parte 2
AVVISO!
32. Gelosie - Parte 1
33. Gelosie - Parte 2
34. Scelte - Parte 1
34. Scelte - Parte 2
36. Incubo senza controllo
37. Domande e risposte
38. Affinità elettive
39. Tempo mutevole
40. Il Calendario dell'Avvento di Draco Malfoy - Parte 1

35. Azione e reazione

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By Petite_Poissonne


"Sapete? Esiste un solo principio costante, un solo principio universale e l'unica autentica verità. La causalità. Azione, reazione. Causa ed effetto."

"Tutto però comincia con una scelta."

"No, errore. La scelta è solo un'illusione creata e posta tra chi ha potere e chi non ne ha."


Hogwarts, 22 novembre 1999

Quando Hermione era una bambina, la madre provò ad insegnarle come prendersi cura delle piante che avevano nel retro del giardino di casa. Come tutti i lavori manuali, non si prestò con particolare entusiasmo. Ma poi scoprì che non era come l'uncinetto della nonna, era più divertente e poi poteva leggere altri e nuovi libri per apprendere la forma delle foglie delle piante, saper riconoscere cosa era stato seminato, oltre alle proprietà, l'uso e il consumo, finché non aveva imparato ad apprezzare quell'hobby e quando tornò per la pausa estiva alla fine del primo anno, crearono anche un piccolo angolino magico con le piante più semplici che Hermione aveva imparato a gestire nelle serre della professoressa Sprite.

Ma più della cura del giardino in sé, con le unghie impiastricciate di terra e i fili d'erba nei capelli, aveva imparato una lezione fondamentale da suo padre che rimaneva sul dondolo a leggere e a osservare le sue ragazze: raccogli ciò che semini, perché da un seme di melanzana, non può nascere una patata.

Ovviamente, crescendo, questo principio glielo aveva riproposto in diverse salse, persino inerente al campo scientifico babbano.

"Ricorda sempre, piccolina mia, che ogni azione ha una reazione uguale e contraria. Terza legge di Newton."

E questo insegnamento lo aveva capito sin dalle primissime avventure con i suoi amici, come aveva capito che le conseguenze delle azioni, nel bene e nel male, erano il prodotto di una scelta.

Come al terzo anno che scelse di denunciare alla Mcgranitt la Firebolt che Harry ricevette in dono prima che scoprissero di Sirius e portò Harry a non rivolgerle la parola per settimane. O quando scelse di usare la Giratempo per salvare lo stesso Sirius, ma che portò anche a salvare Fierobecco dall'esecuzione. O ancora quando un certo biondo scelse di salvare una persona che odiava e portò col tempo quest'ultima ad invaghirsi di lui. O di come, ancora, Hermione aveva scelto di rimettere in riga lo stesso biondo sfidandolo che non l'avrebbe baciato per un mese e lui... be', lui aveva reagito da Serpeverde qual era.

«Malfoy, che fai?» strillò tappandosi subito la bocca con una mano e si guardò in giro tra gli scaffali della Biblioteca e su in alto verso il soppalco certa che non avesse attirato l'attenzione di nessuno.

Il suo fidanzato, premuto dietro di lei, le scostò i capelli su una spalla per baciarle il collo dopo che l'aveva raggiunta di soppiatto e silenzioso come una serpe. Ma non troppo, Hermione aveva riconosciuto il suo profumo ad alcuni metri di distanza; non la sorprese quell'arrivo, piuttosto il modo, totalmente esposti agli occhi di chiunque sarebbe potuto passare di lì.

«Granger, mi sto stancando di correggerti ogni volta» le mormorò sulla pelle mentre le sue mani si artigliavano sui fianchi tentando di tenerla ferma. «Non vuoi che la aggiunga alla lunga lista delle punizioni che ho in mente per te, vero?» le sue labbra le tracciarono una scia umida finché non scoprì i denti stuzzicandola, inducendola a sospirare e ad arricciare la punta dei piedi nelle scarpe.

Il suo calore la avvolse insieme alle braccia, il rumore dei vestiti che si strofinavano tra loro, insieme alla cadenza del suo respiro sincronizzato al suo, le fecero dimenticare per un istante dove si trovavano, il tempo di un battito di ciglia, l'unico che si concesse quando chiuse gli occhi.

Il tempo con Draco era sempre così mutevole, era un elemento che avrebbero dovuto studiare più approfonditamente in una delle stanze nell'Ufficio Misteri. Perché non era possibile ci fossero momenti che scorrevano velocissimi e altri in cui rimanevano sospesi in quel frammento sequenziale e lo vivevano come se trascorressero ore, un attimo che durava giorni, settimane. Intorno a loro il mondo si cristallizzava affinché potessero scambiarsi un lento e sospirante tocco ed esistevano in quella sequenza, si scoprivano, si capivano e si ritrovavano.

Il secondo successivo Hermione riuscì a sgusciare via districandosi e si voltò ad affrontarlo con un dito ammonitore puntato su di lui, ma la luce emozionata che scorse subito nel suo sguardo la lasciò interdetta per qualche attimo, prima di riprendersi repentina.

«Qualcuno poteva vederci» sibilò a mezza voce. «E si era detto niente baci, non sei durato nemmeno mezza giornata, Signor Ho l'Autocontrollo Più Sviluppato Del Tuo Malfoy.»

Draco abbassò lo sguardo sul dito puntato contro di lui e alzò un sopracciglio, prima di tornare a guardarla. «Prima di tutto, mi chiamo sempre Draco. Secondo, mi ero assicurato che non ci fosse nessuno nel raggio di quindici scaffali. Terzo, mi hai negato le labbra, non mi hai parlato di tutto il resto» concluse con un sorrisetto mefistofelico mentre il suo sguardo plumbeo la percorreva interamente facendole contorcere alcuni muscoli non esposti, segreti.

L'attrazione che provava per lui stava diventando sempre più ingestibile, lo sapeva lei, lo sapeva lui e forse lo sapevano anche i libri che la circondavano. I suoi slip si erano già rassegnati da un pezzo.

E quella realizzazione, benedetto Merlino, era devastante. Perché erano trascorsi solo tre giorni da quell'assaggio del tutto e lei stava per accartocciarsi su sé stessa dal desiderio di essere sua. Definitiva.

Come poteva un bisogno carnale annientarla così precariamente?

«Quarto» continuò lui rovistando nella tasca interna della giacca sul petto, «ho qualcosa per te» le consegnò una busta chiusa col sigillo del Ministero.

Hermione si rigirò la busta tra le mani e lanciò un'occhiata confusa al suo fidanzato che le fece un semplice cenno del mento, gli occhi due anelli d'argento scintillante. La aprì con curiosità e lo stesso entusiasmo, seppur moderato, che leggeva nei suoi lineamenti e quando capì cosa aveva tra le mani, le uscì un altro strillo, sedato immediatamente dalla voce di Madama Pince che li raggiunse da qualche parte della Biblioteca.

«Silenzio!»

Ma Hermione era troppo presa da quello che stava leggendo per preoccuparsi della regola base che da sempre regnava in quel luogo.


Aritmanzia: Oltre Ogni Previsione.

Astronomia: Eccezionale

Difesa Contro Le Arti Oscure: Eccezionale

Divinazione: Eccezionale

Erbologia: Eccezionale

Incantesimi: Eccezionale

Pozioni: Eccezionale

Storia Della Magia: Eccezionale

Trasfigurazione: Eccezionale


A bocca aperta, Hermione rilesse un paio di volte i risultati dei suoi esami che erano a dir poco brillanti, anzi, eccezionali. Draco si avvicinò per leggere anche lui il contenuto e annuì compiaciuto, prima di metterle una mano sotto il mento per chiuderle la bocca e le inclinò la testa verso l'alto per farsi guardare.

«Non me lo merito un premio?» si protese verso di lei, gli occhi fissi sulle sue labbra e santissimi dei, certo che l'avrebbe fatto, si sarebbe strappata le mutande per un risultato del genere, per lui, se non fosse per la consapevolezza che Draco si sarebbe ugualmente ritirato.

Ma i patti erano patti e lo spettacolo, così come i giochi, dovevano proseguire. Perciò fece un passo indietro, due per sicurezza – entrambi erano inaffidabili – e riconsegnò la pergamena scuotendo la testa. Ma gli dedicò ugualmente un gran sorriso.

«Se avessi avuto Eccezionale in tutte le materie, chissà, magari una resa momentanea saresti riuscita ad estorcermela» rispose dissimulando indifferenza.

Draco fece un passo avanti continuando a fissarle le labbra e di riflesso Hermione ne fece uno indietro.

«E se avessi un altro coefficiente che mi garantisca il mio premio?»

«Penserei che tu voglia solo giocare sporco per estorcermi una resa» si strinse nelle spalle. «Non funzionerà.»

Il sorriso si assottigliò, diventando misterioso e ritornò a guardarla negli occhi. «Quanto ti piacciono le sorprese?»

«Dipende» si stranì. «Non so se te ne sei mai accorto, ma ho una leggera predisposizione a tenere tutto sotto controllo» gli lanciò un'occhiata. «A meno che non riguardi te.»

Draco sogghignò appena dal naso e si mise le mani nelle tasche dei pantaloni, il capo leggermente inclinato da un lato mentre la osservava. «Buffo, avrei detto la stessa cosa su di te.»

«Allora facciamo così, dammi una piccola anticipazione.»

«Questa sorpresa potrebbe riguardare me e anche te.»

Si guardò intorno fugacemente e chiese sottovoce: «Mi stai finalmente invitando a quell'appuntamento?»

Si strinse nelle spalle, una luce divertita nello sguardo. «Sono comprese alcune attività serali, in effetti. Passeggiate, magari.»

«Va bene, va bene» Hermione alzò un palmo, mentre sentiva il sorriso allargarsi sul volto, insieme all'emozione che si dipanava dentro di sé come un'onda placida e inarrestabile. «Non dirmi altro. Sorprendimi.»

«E sia» acconsentì solenne abbassando il mento. «Stasera hai la ronda?» Hermione annuì confusa. «Con chi?»

«Daphne, perché?»

Draco torse la mascella, lo sguardo compiaciuto. «Ero solo curioso. Non mi parli molto delle tue attività da Caposcuola.»

«Non c'è granché da dire. E poi sai come funziona, sei stato Prefetto anche tu.»

«Sono passati un po' di anni» si strinse nelle spalle. «E poi all'epoca c'era la Umbridge, pensavo che fossero cambiate un po' di cose. Comunque, siamo qui per un'altra ragione, Mademoiselle Granger» allargò le spalle e in qualche maniera divenne persino più alto. Alzò una mano indicando i banchi. «Est-ce que nous voulons débuter avec notre leçon(Vogliamo cominciare con la nostra lezione?)

Hermione fece una risatina sciocca. «Oui, qualsiasi cosa lei abbia detto, Monsieur Malfoy.»

«Attenta a cosa dici sì» mormorò dietro di lei. «Rischi di accettare proposte indecenti senza nemmeno renderti conto come.»

Hermione gettò uno sguardo sulla spalla. «Allora sono salva che tu non mi faccia mai la giusta proposta indecente.»

«Giusto per informazione, questo atteggiamento farà solo infittire la lista delle punizioni che ti attende» rispose quando si sedettero al solito posto sotto al mosaico della finestra dai vetri verdi e rossi.

«Dolci promesse del mio amorevole fidanzato» fece una smorfia «Perché ci siamo incontrati qui in Biblioteca? Non era meglio nell'Aula Venti o in camera mia?»

«Mi sento più al sicuro se c'è un tavolo tra noi» le lanciò un'occhiata lunga.

«Hai paura di me?» si morse il labbro inferiore sapendo di provocarlo.

Lui osservò il movimento con quegli occhi plumbei carichi di desiderio e arricciò un angolo della bocca. «Sei tu che dovresti temere per la tua incolumità. Ti devo ricordare cosa è successo ieri nella fontana?» si gettò una veloce occhiata in giro e si sporse verso di lei, incatenando lo sguardo al suo, il tono divenne terribilmente basso quando riprese: «Ricordi come imploravi di farti toccare? Ci ho pensato per tutta la notte, sai? Al modo in cui ti dimenavi, a come stringevi le cosce su di me. Al suono dei tuoi gemiti. Ho pensato...» sospirò ed Hermione si protese a sua volta, le labbra dischiuse che dovette inumidirsi mentre il respiro le inaridiva, «... al sapore che tu possa avere sulla mia lingua. Ho pensato quanto possa essere avvincente sentirti venire mentre sono dentro di te. A quanto tu possa essere stretta come quando eri intorno alle mie dita.»

Hermione scattò lontana mentre si sfregava le cosce e quel fuoco dirompente che aveva appiccato nella fontana, divampò ancora e le risalì dal basso ventre alle guance, sentendole pizzicare, la vista affievolirsi mentre quelle immagini si affollarono mescolandosi, sogni e realtà che si fondevano.

«Vaffanculo, Malfoy» sussurrò, la voce che le era venuta meno.

«Questo lo sai come si chiama?» si tirò indietro poggiandosi lentamente allo schienale, lo sguardo predatorio fisso su di lei. «Potere, Granger. Vuoi giocare con me? A quanto sembra tu non hai ancora la minima idea in cosa sei cacciata.»

Hermione si schiarì la voce e si sistemò sulla sedia, valutando quanto sarebbe stato inappropriato salire sul banco ed esporsi totalmente a lui mentre banchettava sul suo corpo e prendeva il totale potere di cui ormai la soggiogava. Un semplice tocco, uno sguardo, una parola. Era già sua.

«Va bene» sospirò. «Biblioteca sia.»

Draco cantilenò un mormorio accondiscendete, il sorrisetto ben fermo sulle sue labbra.

«Non inizieremo da subito col francese, non se ti devo spiegare come procedere» disse assumendo un'aria seria, quasi professionale. «Questo tipo di Legilimanzia è delicato e dovrai tentare di escludermi gli altri pensieri mentre comunichiamo. Hai imparato bene come catalogarli, le emozioni insite nei ricordi, come nei sogni. Ora dovrai lavorare anche sull'erigere un muro intorno ad essi se non vuoi che ascolti interamente la tua coscienza.»

«Ma la Legilimanzia non richiede proprio questo? Che si possano scandagliare i pensieri dell'altro a proprio piacimento?»

«Certo, un buon Legilimens ha lo scopo di entrare per sentire e vedere tutto finché non carpisce ciò che gli serve. Ma qui risponde l'Occlumante assottigliando lo spazio di manovra del Legilimens, escludendolo totalmente o deviandolo su ciò che non ha importanza. Con quello che andremo a fare, il controllo avviene da entrambi i lati, io spingo, tu respingi e viceversa. Azione e reazione. Questo genererà un legame biunivoco, come un ponte tra le nostre menti.»

«Hai detto che ti ho attirato io la seconda volta mentre studiavamo, che si era creata una connessione.»

«Lo senti anche tu adesso, vero?ۛ» disse osservandola con una luce oscura, come qualcosa di segreto, il modo in cui comunicavano solo con uno sguardo. «Che abbiamo già quel legame.»

Hermione annuì brevemente, avvinta, ma anche in parte spaventata da quella totalità. Andava oltre la conoscenza reciproca, perché nemmeno con Ron che si conoscevano da anni aveva raggiunto una comprensione simile, una sinergia sottile ma palpabile, come due tessere magnetiche che si attiravano facendo sfrigolare di elettricità lo spazio che li separava. I loro sguardi che s'incontravano sempre nella Sala Grande, prima cercandosi e poi trovandosi sempre lì nel mezzo, senza doversi richiamare ad alta voce. Un'intersezione che era soltanto loro.

«L'ho capito venerdì quando abbiamo iniziato a parlare nella mia mente» s'inumidì le labbra, l'eccitazione di quella scoperta che la faceva tremare sulla sedia. «L'hai fatto consapevolmente?»

«No. Io avevo avuto un pensiero e tu hai risposto» abbassò lo sguardo sul banco mentre cercava le parole giuste. «Agli inizi questo tipo di magia è aleatoria, non si controlla semplicemente decidendo di farlo. È istintiva. Ma ho capito che più il legame tra le parti è intenso» ritornò a guardarla, «più c'è la possibilità che s'intersechi irreversibilmente e quel ponte si solidifichi.»

Hermione annuì ancora assorbendo cosa le stava suggerendo, una nuova interpretazione del loro rapporto nato ed evoluto così precocemente da portarla a desiderare e sognare già un futuro con quell'uomo.

Si sentì osservata mentre elaborava ciò che le aveva detto finora, ciò che implicava il loro legame e che si stava radicando più di un pensiero fisso, più di un attaccamento per affezione.

Aveva già amato in passato, aveva amato Ron. Doveva sapere cosa significava. Ma quello che viveva con Draco, era qualcosa che non aveva mai provato prima per nessuno, non riusciva riconoscerlo e a dargli un nome e ancora una volta non avrebbe potuto sfogliare la pagina di un manuale come faceva per le piante coltivate nel giardino di casa. Doveva solo sentirlo e sperare di avere la giusta soluzione. Doveva viverlo e scoprire se anche la controparte si sentiva annientato come lei da quel sentimento. Una parola, un'altra che non era solo quella parola perché definirne l'accezione avrebbe snaturato la totalità che ne conseguiva. Una parola banale e inflazionata, persino. Forse prematura. E alla fine Draco aveva avuto ragione sin dal principio, loro non erano normali. Tutto quello che avevano vissuto, non era altro che l'azione e la reazione delle loro interazioni fino a quel momento.

Hermione non sapeva cosa leggesse sul suo volto mentre la fissava, finché non chiese: «Ti spaventa questa cosa?»

«Un po', sì» sussurrò e giacché sapeva quanto fosse labile l'interpretazione di certi timori, da parte sua e da parte di Draco che già aveva indurito i tratti del volto, si affrettò a spiegarsi. «La mente è un elemento molto delicato, specialmente se soggetto o influenzato dalla magia. Hai visto come penso, sei l'unico che sia mai entrato in questa maniera e hai capito quanto i miei pensieri si affollano e si sovrappongono. Io credo nella mia mente, non sarei quella che sono senza di essa, ma ho capito che i miei stessi pensieri possano essere inaffidabili e ho bisogno dell'esperienza per dargli una giusta ragione, un corretto significato» deglutì quando Draco inclinò leggermente la testa verso di lei, i tratti del volto di nuovo morbidi, comprensivi. «Ci sono certe cose che le persone non dovrebbero condividere, non interamente. I pensieri sono intimi e sapere che tu, per quanto mi fidi di te e mi fido davvero, possa accedervi in ogni momento, mi destabilizza. Perché non vorrei mai che tu possa fraintendere qualcosa che io non ho ancora avuto modo di elaborare. Tu e io abbiamo fin troppa carne al fuoco nel nostro passato che rischia ogni volta di farci fare il passo sbagliato.»

Draco annuì lentamente, gli occhi fissi nei suoi. «Hai perfettamente ragione, nessuno vorrebbe esporsi in questa maniera e anche a me spaventa un po', credimi. E sinceramente parlando, non vorrei mai che ti trovassi a vivere i miei ricordi, quelli degli ultimi anni principalmente» storse la mascella, lo sguardo basso e reticente gravato dalla vergogna, «o cosa pensavo di te prima di noi. Non vorrei che ti ritrovassi di nuovo davanti a quel ragazzino.»

Hermione sospirò fiocamente dal naso e si protese in avanti poggiando gli avambracci sul banco, una muta richiesta di un abbraccio fantasma accolta da Draco che si spinse anche lui verso di lei ritornando a guardarla. Le loro dita si sfiorarono, lente e delicate, un tocco così diverso da quelli infuocati, sinuoso come una piuma che volteggiava nell'aria avvolta dal pulviscolo impalpabile.

«Io vedo solo te, il mio Draco» disse a mezza voce. «E poi quel ragazzino saprei come affrontarlo, mi sembra» sorrise sibillina guardandogli la guancia destra.

Un lampo sornione attraversò quell'espressione mortificata, così innaturale dalla compostezza e la superbia che lo contraddistingueva. Le sue dita avanzarono sulle nocche finché il pollice non s'infilò sotto il palmo, ma quella stretta durò appena due secondi, slittò lo sguardo dietro di lei e assunse repentino un'aria annoiata mentre le mani arretrarono distrattamente dalle sue, picchiettando le dita sul banco. Subito dopo una coppia di studenti passarono affianco al tavolo lanciando un'occhiata incuriosita su di loro ed Hermione dovette mordersi le labbra per non ringhiare di farsi gli affaracci loro.

Appena li superarono, Hermione guardò di nuovo Draco che manteneva lo sguardo fisso sullo spazio che separava le loro dita, mentre un muscolo pulsava feroce nella guancia per il modo in cui stringeva le mascelle.

«Mi dispiace» bisbigliò.

«Tranquilla» rispose immediatamente raddrizzandosi sulla sedia. «È solo un mese» mormorò con voce distaccata sebbene la ruga tra le sopracciglia, come lo sguardo sfuggente, le fece intendere quanto lui invero non fosse tranquillo. Ma si schiarì subito la voce, ritornando al tono serio di prima. «Comunque, dicevamo. Non entrerò mai senza il tuo permesso e col tempo e con la pratica non avremo bisogno di usare la Legilimanzia totale, nel modo tradizionale che conosci. Sarà come bussare alla porta di una stanza che è solo nostra e si aprirà una via di comunicazione. Ma finché non percepirai anche tu quel ponte come qualcosa di tangibile, agiremo su di me, non solo per proteggere i tuoi pensieri, ma anche per esercitarti a diventare una Legilimens a tutti gli effetti.»

«Non hai detto che non volevi che vedessi certe cose?»

Draco arricciò un angolo delle labbra, un guanto di sfida nei suoi confronti. «Con me imparerai cosa significa davvero occludere, Granger.»

Ecco il Draco che conosceva: tracotante, provocatore, terribilmente affascinante.

«Bene» disse Hermione prendendo la bacchetta. «Mi erudisca, Signor Malfoy.»

Draco sorrise più profondamente e fece un cenno col mento. «Conosci già la formula, avanti.»

Hermione prese un profondo respiro dal naso, fissò gli occhi di mercurio di Draco e si fece spazio nella sua mente. «Legilimens.»

La prima sensazione fu quella di precipitare in un tunnel infinito e buio, una caverna generata per inghiottirla, depistarla nell'oscurità e nel nulla più totale. Era inarrestabile e infinito e lei cadeva, cadeva, cadeva sempre di più chiedendosi se ci sarebbe mai stata una fine in quel moto perpetuo, un corpo che si allungava come se navigasse sull'orizzonte degli eventi. Lo spazio non esisteva, il tempo era dimenticato, poteva essere ovunque, come non poteva esistere affatto e la sua coscienza vorticava in cerca di un appiglio, qualsiasi cosa che facesse cessare quella sensazione di vuoto.

Quando si arrese all'inevitabilità che avesse cessato di vivere, sentì uno strattone, come una folata di vento caldo ma frizzante che la spingeva via e i contorni si sbiadirono, la vista si rischiarì ed Hermione ritornò nella Biblioteca, la sedia sotto le sue cosce, il volto di Draco davanti a lei che la fissava vigile.

Hermione lo osservò senza parole mentre il cuore le pompava inarrestabile nel petto e sentiva l'esigenza di stendersi col viso sul pavimento solo per percepire il contatto col mondo materiale contro la pelle, mentre il gelo le scivolava via lasciandola intontita.

Per quanto potesse essere una reazione a chiunque volesse accedere nella sua mente, non poté fare a meno di considerare che lui occludeva anche quando erano solo loro due e l'idea che lui potesse sprofondare in quella maniera ogni volta che si chiudeva, la atterrì. Non c'era nulla, non aveva sentito niente, e va bene che lei era inesperta, magari non sapendo come riuscire a muoversi e farsi spazio nella sua mente, ma quell'inesistenza era un aspetto di lui che non sapeva se voleva venirne a conoscenza.

E la consapevolezza che gli avessero insegnato a gestire in questa maniera le avversità e gli eventi della vita, lo metteva sotto tutta un'altra luce. Come anche l'esigenza di volerlo abbracciare, stringerlo a sé e dirgli che per quanto la vita potesse mettere davanti i peggiori e cruenti ostacoli, era ingiusto privarsi delle emozioni, era innaturale e persino letale giungere a quel ristagno esistenziale e ora Hermione guardava le sue emozioni come un dono, come tutti gli insegnamenti e i ricordi dei suoi genitori che custodiva gelosamente.

Una volta che fu certa di aver ritrovato la voce, parlò. «Quando mi parlavi di muri per respingere un'invasione, pensavo si agisse così. Quello era...» deglutì nervosamente, le parole erano insufficienti per descrivere cosa aveva provato.

«Un occlumante che impara a gestire il proprio potere, gli dà la forma che vuole, come il tuo palazzo» spiegò, lo sguardo fermo nel suo. «Se l'obbiettivo è quello di privare all'invasore la possibilità di sentire o vedere qualsiasi cosa da estorcerti e controllare, devi diventare il nulla.»

«Non credo che riuscirei a sopprimere in questa maniera tutte le...» si schiarì la voce, non voleva offenderlo dicendo che non voleva diventare insensibile come appariva lui all'inizio della scuola. «Tutti i miei pensieri. Come riesci a gestire quello che hai dentro con quello che succede fuori, senza rischiare di cadere nella tua stessa coscienza?»

Draco torse la mascella e inspirò dal naso mentre valutava il suo volto. «Devi vedere la mente e la coscienza come due elementi distinti. Quello che vivo nel momento, tu e io che parliamo, o se sono sulla scopa, seguo le lezioni, interagisco con i miei amici, sono informazioni che acquisisco con la coscienza presente. Se mi trovo in una situazione che richiede estraniazione, la mia mente agisce da cuscinetto per la coscienza, in modo da vivere, sì, il presente, ma senza lasciarmi sopraffare da esso. Quello che hai visto, o non visto, è il risultato di anni di pratica» prese una pausa e abbassò lo sguardo sulle sue mani. «La mente è stratificata, non è uno spazio aperto e accessibile. Più si controllano i propri pensieri, come le emozioni, o le percezioni fisiche come il piacere e il dolore, più hai il potere di non lasciarti sottomettere da chiunque, o persino da te stessa.»

«Quindi non escludi totalmente ciò che ti circonda?»

«Dipende dalla situazione e dal coinvolgimento. Posso occludere tutto, come un singolo elemento che potrebbe distrarmi ed espormi, perciò lo infilo in un substrato della mente.»

Hermione annuì lentamente, valutando la compostezza perenne che lo caratterizzava in ogni situazione, anche quando erano solo loro due, se toccavano argomenti delicati e scomodi o persino in quell'eccitante tortura nella fontana nelle carpe. Quello era il potere dell'autocontrollo, certo, ma le venne il dubbio se il suo coinvolgimento da parte sua non fosse artefatto. Se ci fosse sempre e totalmente quando erano insieme, così come faceva lei. E nonostante le cose che le aveva detto nella sua camera, si chiese se non fosse l'unica in quella relazione a sentirsi così annientata.

«Ovviamente non posso dirti come farti strada nella mia mente» riprese lui. «Se vuoi sviluppare delle capacità proattive, devi imparare a sentire le sottigliezze. Quello che hai visto è la mia tecnica di difesa e tu devi solo cercare affidandoti alle sensazioni, come se avessi una benda sugli occhi e inseguissi un percorso.»

«Come faccio a cercare qualcosa che non so nemmeno che esista in quel nulla?»

Draco fece un sorrisetto. «Attiva la tua peculiare curiosità e non lasciarti travolgere da quello che senti tu. Te l'ho detto, è istinto. Durante le vecchie lezioni di Occlumanzia, ho visto quando sei rimasta bloccata tra i tentacoli del Tranello del Diavolo. Come hai fatto a liberarti?»

«Lì fu diverso, io avevo letto di quella pianta, conoscevo le capacità e i punti deboli.»

«La conoscenza va di pari passo all'istinto. La tua mente immagazzina delle informazioni, che ti porta alla coscienza quando ne hai bisogno. Anche quando rispondi alle domande dei professori, la tua mente reagisce a uno stimolo e tu coscientemente decidi di assecondarlo. Quando leggi un libro non sai dove ti condurrà, ma tu continui ugualmente pagina dopo pagina. Usa il tuo istinto, Granger. Ti ho già aiutato fin troppo.»

«Io non facevo così durante il tutoraggio, ti spiegavo le cose per filo e per segno» disse piccata.

Lui si strinse nelle spalle, per nulla scalfito. «Non stiamo studiando una materia qualsiasi. Non otterrai credito per questo» le labbra si tesero in un sorriso affilato e lo sguardo divenne torbido mentre la osservava per tutto il mezzo busto, come se potesse spogliarla con un'unica occhiata «Sempre se tu non lo voglia in un altro contesto.»

«Poi dici a me che sono tremenda» bofonchiò a mezza voce. «Non puoi almeno darmi un margine di manovra?»

«No» disse semplicemente alzando appena le sopracciglia. «Devi trovare da sola quel sentiero. Così potrai affinare la tua tecnica e sarai capace di entrare nella mia mente, come in quella di chiunque, occlumante o meno.»

Hermione inspirò profondamente dal naso, ma alla fine annuì. Draco le fece un unico cenno del mento per darle il via libera ed Hermione strinse ancora la bacchetta.

«Legilimens.»

Buio totale, ancora. Precipitava nel nulla, assoggettata dalla profondità dell'inesistenza. Doveva escludersi dalle sue sensazioni di vuoto che la opprimevano, dal panico che si generava in lei nel perdere il contatto con la realtà. Istinto, doveva cercare il suo istinto. No, non si poteva inseguire qualcosa che arrivava da solo. Doveva seguire una scia, come un profumo... qualcosa di familiare attirò i suoi sensi e la rincorse, incespicando nell'oscurità. Sentì il profumo del gelsomino, il fiore di sua madre, solleticarle le narici, il naso come le labbra che si premevano sinuose contro una superficie calda e vellutata. Pelle? Finché una voce, la sua voce, le ansimò contro l'orecchio.

"Malfoy, dovre-"

"Parli e pensi troppo, Granger. Resta così, resta con me."

Salazar, perché non sta zitta e non si lascia andare? Non sente cosa mi sta provocando? Quanto la desidero? Quanto la vorrei fare mia, anche ora. O forse sì? Ha appena annuito.

Sbatté le palpebre e vide un collo arrossato, i segni di un morso, due mezze lune speculari che si chiudevano sfiorandosi alle estremità, i solchi dei denti ben in rilievo sulla carne.

Non ci posso credere che mi abbia permesso di farlo. Da come si muoveva sembrava piacerle. Devo guardarla, devo capire se non è un sogno. Forse la caduta mi ha fatto svenire.

Hermione si osservò dall'esterno, paonazza con le labbra dischiuse e gli occhi vivaci e lucidi dal piacere mentre la mano di Draco, la sua mano, le stringeva la treccia per tenerle il volto girato verso di lui e l'altra mano le accarezzò la guancia, chiudendosi a coppa al lato della testa.

È bellissima. È preziosa, unica. Quegli occhi sono la mia rovina, come i suoi capelli disastrati. Se la baciassi ora, forse le toglierei dalla testa qualsiasi pensiero abbia mai avuto su quel Corvonero e darebbe a me una possibilità. Sempre che lo voglia, sempre se mi accetterebbe e non sia ancora spaventata da...

Hermione sollevò una mano per accarezzargli il volto, i suoi occhi che seguivano il movimento mentre si addolcivano, quasi referenziali, assoggettati.

Se mi tocca così, se mi guarda così, allora lo vuole davvero anche lei? Vuole me? Non è un'illusione della pozione? Posso veramente baciarla, qui, sotto le stelle? Se non lo faccio ora, perderò un'altra occasione, come l'ultima volta. Se la bacio ora, posso anche morire sapendo di aver fatto un'altra cosa giusta nella mia vita...

L'oscurità la avvolse feroce facendola precipitare repentinamente nel vuoto. Perse il contatto e il controllo delle sue emozioni e si lasciò di nuovo sopraffare dal panico. Vuoto, solo vuoto e panico e oscurità le vorticarono intorno e in qualche maniera si agganciò a quell'emozione, si fuse, mentre ora osservava delle ampolle disposte in ordine davanti al suo sguardo. Quel panico persisteva, insieme alla rabbia e all'acido corrosivo nella bocca e la voglia spaccare qualcosa. Di spaccare la dispensa delle pozioni. Di distruggere il mondo intero insieme a quella faccia con i ricci biondi che scorgeva nel riflesso della vetrina lì affianco.

"...Però ti ho ascoltato ed è stato davvero un piacere, come sempre. Te l'ho detto cosa mi piace di te."

"Hai pensato a quello che ti ho detto?"

"Già e avevi ragione, in un certo senso. Ma ho anche capito che certe cose sono inconciliabili, a differenza di altre."

Di che cazzo stanno parlando? Perché ci sta provando con lui se mi ha detto che non le piace? Mi ha mentito? Ha cambiato idea? Molto probabile, sapendo quanto sia frenetica quella testolina iperattiva. Ma perché? Non dovevo mettere in mezzo Pansy, lo sapevo, che Blaise sia dannato. Ha peggiorato solo le cose. E perché cazzo quella gonna sembra più corta?

"Del tipo?"

"Aria e fuoco, ad esempio. Sono degli elementi complementari. L'aria alimenta il fuoco."

"E il fuoco brucia l'aria. Tu cosa sei, Hermione? Aria o fuoco?"

A che cazzo di gioco sta giocando con lei? Come osa anche solo credere di parlarle senza capire come è fatta? Lui non la conosce come me. E va bene che è imprevedibile, ma io so che dentro di lei si cela un tutto che rischia di assoggettare il mondo e la natura intera se si rendesse conto quanto sia straordinaria. Una pantera indomita.

"Non lo so, Anthony. Immagino che debba approfondire meglio l'Alchimia per capire come sono fatta."

"Immagino di sì. Ho altri libri, se ne hai bisogno."

Bravo, vattene e vai a farti fottere lontano dalla mia strega. Maledetta, mi hai davvero mentito? Perché non sei mai totalmente chiara con me?

Si girò ed Hermione si vide di spalle mentre sospirava e scuoteva la testa davanti agli scaffali degli ingredienti delle pozioni.

"Avevi detto che non ti piaceva quello. Non mi dire che è l'ennesima bugia della nostra irreprensibile Grifondoro."

Hermione rise, ma percepì il sarcasmo anche dalle orecchie non sue, la confusione si acuì mentre la osservava.

"Immagino che ti sia già fatto la tua idea. Piuttosto vorrei davvero capire come approcciarmi a Pansy. Magari posso invitare anche lei nell'Aula Venti."

Pansy, Pansy, Pansy. È solo interessata a mettermi insieme a lei quando non capisce che non guardo nessun altro che lei. Sono un idiota, ho rovinato tutto, dovevo dirle che non m'interessava riprendere i rapporti, se non come amica. Ho perso un'altra occasione durante la lezione di Storia, quando avrei voluto stringerle la treccia tra le mani, girarla verso di me e baciarla davanti a tutti in classe, toglierle dalla bocca e dalla testa qualsiasi dubbio che voglio solo lei. Perché esiste unicamente lei e io mi sento vivo e completo solo quando mi sta vicino. Come faccio ora a sistemare questo casino? Se la baciassi qui, mi rifiuterebbe? La spaventerei? Credo che m'inginocchierei pur di chiederle un bacio.

E quell'emozione, quel senso di sottomissione si sedimentò, percepì il controllo e il potere di cui le aveva parlato e in un batter d'occhio s'insinuò in un'altra scena, erano nella sua camera stesi a letto, Hermione appoggiata al suo petto e le accarezzava la schiena. I suoi capelli che gli solleticavano il mento e parlavano di matrimoni purosangue.

"A cosa stai pensando?"

"Mi chiedevo cosa volessi fare dopo il diploma."

Possibile che ci stia pensando anche lei? Lo sente cosa siamo insieme, anche se non siamo stati davvero ancora a letto, non totalmente? Lo percepisce quello che potremmo essere?

Le prese il mento per guardarla. "Sii più specifica."

Sii più specifica o davvero potrei rendermi ridicolo. Voglio farti mia definitivamente. So che ti voglio ora come ti voglio dopo il diploma. Hermione, io ti voglio per tutta mia...

Hermione fu strattonata con forza da quella scena mentre percepì la vergogna strisciarle addosso, un sentimento che non era il suo e il mondo si annullò ancora, però ora aveva capito come funzionava, come lei poteva manovrarsi e prima che Draco la allontanò dalla sua mente, si aggrappò a quell'emozione, voleva finire di sentire cosa stava pensando. Vergogna, sottomissione, timore. Dove era? Dov'era? Dov'era? Non vedeva nulla, ma le percepiva ancora, vorticò e precipitò, finché il mondo non si rischiarì di nuovo e per poco non strillò davanti a Bellatrix Lestrange che gli teneva il polso sinistro fermo, mentre la punta della bacchetta premeva contro la parte interna dell'avambraccio.

Dolore cieco. Un'agonia acuta e lancinante gli immobilizzò i muscoli mentre tentava di non far trapelare il terrore e la solitudine che sentiva.

Stai fermo! Sta fermo, cazzo, Draco! Lui ti guarda, ti stanno guardando tutti. Ma fa così male. Perché non sono ancora morto? Dove sono i miei genitori? Perché non sono qui con me? Ho bisogno di loro. Ho bisogno di lui. Dov'è mio padre? Fa male, papà, fa malissimo. Ho bisogno di te, ti voglio qui con...

Hermione fu scaraventata sulla sedia della Biblioteca con uno schiocco violento. Le tempie le pulsavano e sentiva un feroce fischio alle orecchie ottundendole persino la vista. Sbatté le palpebre per mettere a fuoco mentre tentava di regolarizzare il respiro ansante, ma si rese conto che non ci vedeva bene per le lacrime che le offuscavano la visuale e che continuavano a riversarsi sul volto. Si premette i palmi sugli occhi per scacciarle e quando li riaprì trovò Draco davanti a lei ansimante e pallidissimo con le palpebre serrate.

«Mi dispiace, Draco» singhiozzò alzandosi dalla sedia. Fece per oltrepassare il tavolo per andargli vicino, ma lui dovette percepirla perché alzò una mano.

«Non ti avvicinare» sibilò tra i denti. «Dammi un attimo.»

Hermione si poggiò alla superficie del banco sentendo le ginocchia tremare, instabile sui suoi stessi piedi e continuava a osservare Draco prendere profondi respiri, finché le rughe sulla fronte si appianarono e con un ultimo sospiro riaprì gli occhi di ghiaccio su di lei mentre occludeva.

«Mi dispiace» ripeté con un bisbiglio, la vista sbiadì per qualche attimo portandola ad inclinarsi in avanti, le mani sul banco l'unico appiglio.

«Siediti» disse lui duramente mentre s'infilava una mano nella tasca e cacciò un piccolo sacchetto che lasciò sotto di lei. «Mangia o rischi di svenire.»

Le sfuggì un altro singhiozzo. «Draco...»

«Ho detto siediti e mangia» la fissò severo e non staccò gli occhi da lei finché Hermione non cedette al comando e scartò il cioccolatino.

Marzapane e scorza d'arancia. Se lo sarebbe goduto con più piacere, se non fosse che le veniva da vomitare per quello che aveva visto, per ciò che aveva sentito, quello che lui aveva vissuto. Quella disperazione e solitudine che aveva solo percepito nel suo sguardo perso settimane prima quando le aveva raccontato del Marchio, ora gli aveva dato anche una voce.

Dei, era solo un ragazzino che invocava invano il padre. Lucius. Che cosa era successo da allora? Cosa gli aveva fatto quell'uomo se ora non riusciva nemmeno a riconoscere quel ruolo? Non poteva essersi allontanato da lui solo per quella costrizione sul Marchio, o avrebbe trattato la madre alla stessa maniera.

«Draco...»

«Non voglio parlarne» disse gelido senza staccare gli occhi dai suoi. «Tu come stai? Sono stato troppo violento nel cacciarti.»

Le caddero le braccia di fronte a quell'abnegazione nei suoi confronti. Ancora una volta non si concedeva il diritto di aprirsi con lei, ancora una volta non voleva che si preoccupasse per lui. Hermione sbuffò e pescò un'altra pralina prima di restituirgli il sacchetto.

«Non volevo entrare in quel ricordo» disse mortificata.

«Lo so» abbassò lo sguardo sui cioccolatini e ne mangiò anche lui uno. «Non credevo che avresti imparato così in fretta» fece un breve e blando sorriso. «Mi dispiace che tu abbia dovuto di nuovo vedere Bellatrix.»

«Sei serio?» si accigliò mentre lui continuava a tenere gli occhi sul banco, l'espressione fredda e distaccata. «Draco, quello che ho visto lì, tu stavi soffrendo e tuo pa-»

«Ti ho detto che non voglio parlare di quello» la interruppe imperioso sollevando di nuovo lo sguardo gelido nel suo. Sospirò pesantemente dal naso e i tratti del volto si addolcirono leggermente. «Come hai fatto a muoverti in quella maniera? Mi hai colto di sorpresa.»

Hermione si strinse nelle spalle. «Mi sono proiettata attraverso le emozioni. Ho capito che solo attraverso quelle potevo avere più spazio di manovra. Anche se non vedo, lo sento.»

«È un approccio interessante» annuì lentamente. «I ricordi sono legati alle emozioni, così come i pensieri insiti in esse. Hai fatto un buon lavoro» la osservò compiaciuto. «Te la senti di continuare?»

Lei non poté fare a meno d'infastidirsi di fronte al suo tentativo di dissociarla da ciò che era appena successo. E lo sapeva che era ingiusto che lo pressasse se non voleva parlare di quell'episodio, ma lui non aveva fatto altro che tormentarla per settimane sulla faccenda dei sogni, provando in ogni modo di farla parlare. E va bene che non era la stessa cosa, non aveva la stessa importanza ed era un argomento delicato che avrebbero dovuto affrontare in un luogo differente dalla Biblioteca, ma lei era la sua fidanzata, si sarebbe dovuto sentire libero di parlarle di qualsiasi cosa, come avevano fatto anche la sera prima, fondendo le reciproche cicatrici. Gli aveva persino parlato di Viktor.

«Che hai?» chiese lui, dovette aver inteso il fastidio nella sua espressione. «A che stai pensando?»

Le uscì un sogghigno sarcastico. «A quanto sembra tu puoi chiedermi ogni volta a cosa penso, io invece devo farmi gli affari miei quando riguarda te, vero?»

Draco indurì la mascella, lo sguardo di nuovo insondabile e solo allora Hermione si rese conto cosa aveva appena detto, il tono che aveva usato. Sembrava Ron, ossessivo e morboso con quello che le succedeva anche se non aveva voglia di parlare, mettendola alle strette quando non aveva ancora i mezzi per affrontare i suoi incubi e non rispettava il suo spazio personale. Mentre quando Draco la sollecitava con i sogni che lei non voleva condividere, non lo faceva con prepotenza, ma sempre con quel piglio giocoso, perché aveva capito che non era qualcosa che la faceva stare male, o non avrebbe mai insistito così tanto, come invero non le aveva chiesto della rottura con Ron perché aspettava che fosse lei a parlargliene, con i suoi tempi.

«Scusa» disse subito abbassando il mento e osservando i piccoli residui di cioccolato che si era sciolto sui polpastrelli del pollice e dell'indice. «Non volevo essere indiscreta e invadente.»

Gli uscì un verso riluttante e quando Hermione sollevò lo sguardo su di lui, lo trovò ad osservarla sornione con un sopracciglio inarcato e un leggero sorriso. «Trovo molto difficile credere che la mia insistente fidanzata non si comporti esattamente come mi aspetto quando è preoccupata per me» sospirò lanciandole una lunga occhiata, facendole capire che non era arrabbiato. «Ma se proprio ci tieni a sapere cosa penso, conosci i mezzi per farlo. Avanti, ora che hai capito come funziona, sembra che la lezione si sia fatta in fretta molto interessante.»

Hermione si trovò a reprimere un sorriso di fronte a quella sfida e al modo in cui aveva smorzato una possibile discussione. Perciò riprese la bacchetta che le era caduta quando si era alzata per accorrere verso Draco e la puntò verso di lui.

«Legili-»

«No-no, mia piccola Grifondoro» la interruppe con un sorrisetto intrigante. «Ora dovrai farlo senza bacchetta.»

Hermione sgranò gli occhi e strinse con più vigore la sua arma. «Abbiamo appena iniziato, non posso già controllare questa magia come mi chiedi.»

«E io ti ho detto che all'inizio non puoi controllare l'istinto, ma solo lasciarti guidare, come hai fatto poco fa passando da un ricordo all'altro. Fidati di lui e fidati di te» vedendo che lei rimaneva titubante, si sporse in avanti e incatenò lo sguardo al suo. «Devi percepire la tua mente che si allarga e si estende verso l'esterno. Come quando esegui un incantesimo non verbale: non è la formula che ti garantisce il castaggio, ma la magia affluisce dalla tua mente alla coscienza. Poi l'hai già fatto venerdì quando mi hai mostrato quelle cose ed eri senza bacchetta. Avanti, Granger. So che ce la puoi fare. Affidati a quello che senti.»

Arrendevole davanti a quella fiducia che aveva nelle sue capacità, Hermione posò la bacchetta sul banco e fissò gli occhi di Draco. Non seppe quantificare il tempo che rimase a fissare il suo sguardo liquido senza muoversi, finché non avvertì una scintilla, la pelle dei polpastrelli che sfrigolava come quando provava delle intense emozioni e la magia aveva bisogno di liberarsi, di scatenarsi e baluginavano fiammelle nella visione periferica. Come quando era bambina e leggeva le sue storie preferite e desiderava che i personaggi dei libri le parlassero e improvvisamente si trovava a interagire con i suoi pupazzi, rispondendo alla sua chiamata. Si aggrappò proprio a questa, alla fiducia, percependola nel suo sguardo aperto e predisposto verso di lei, in lei.

Azione.

"Io avevo avuto un pensiero."

Una parte di lei si tese, come quando si smaterializzava e avvertiva quel filo tirare contro l'ombelico prima di catapultarsi in un altro luogo, solo che quel filo la lasciò lì sulla sedia e un calore improvviso si dipanò dietro la nuca, come se il cranio si fosse aperto per far uscire la materia celebrale. Ma lei era ancora integra, percepiva ogni singola cellula del suo corpo vibrare mentre quel filo si tendeva sempre di più, come una molla che testava la sua resistenza, allungando, tirando. Estendendosi.

"E tu hai risposto."

Reazione.

"Avanti streghetta, dai il meglio di te e sorprendimi."

Hermione si vide dall'esterno, seduta di fronte, il volto concentrato e gli occhi fissi nei suoi mentre percepiva vividamente quella fiducia. Ma non solo. Timore, curiosità, apprensione, attesa, devozione, desiderio, possessione, rispetto. Era quello che sentiva lei nei confronti di Draco, ma in quel momento erano emozioni sia estranee che familiari. Si vide con gli occhi di Draco, si sentì attraverso quello che lui provava, come la vedeva e quella consapevolezza fu così entusiasmante e repentina da farle perdere il controllo. La presa sulla molla cedette e la coscienza di Hermione ritornò indietro con lo slancio di una catapulta e il buio la avvolse.







Si ritrovò a fissare in modo distorto il soffitto di pietra e un volto familiare mentre i rumori si confondevano e le fischiavano le orecchie, ma non sapeva se fosse per l'irruenza di come era rientrata o per la botta dietro la testa che sentiva pulsare feroce.

Sbatté le palpebre un paio di volte finché non riconobbe il volto di Draco incombere di lei. Era atterrito e pallidissimo, più del normale, mentre il suo sguardo vagava su di lei, la sua bocca si muoveva, ma Hermione non riusciva ancora a distinguere alcun suono mentre quel fischio le trapanava i timpani.

Le avvolse il volto con le mani avvertendole fredde sulle tempie e sulle guance. Le scostò i capelli dal viso, continuando a parlarle, finché il sibilo non si attenuò, il bianco che percepiva ai contorni della visione periferica sbiadì e la vista divenne più nitida.

«... senti?» Le passò la mano fredda sulla fronte, gli occhi che slittavano frenetici sul suo volto. «Hermione, ti prego, parlami. Mi senti?»

«Ti ho sentito» bisbigliò.

Draco emise un respiro sofferto come se l'avesse trattenuto per ore e continuò ad accarezzarle il volto, il collo, i capelli facendola sospirare a sua volta. Si protese verso di lei premendo la fronte contro la sua e la sentì sudata e terribilmente fredda, anche quella, come se avesse perso improvvisamente tutto l'afflusso sanguigno dal suo corpo.

«Sto bene» alzò una mano sulla sua testa per accarezzargli i capelli vicino all'orecchio, indifferente al luogo in cui si trovava, che qualcuno potesse vederli. Inspirò profondamente il profumo d'agrumi, beandosi di quel contatto, la sensazione dei suoi capelli setosi sotto le dita.

«Non lo faremo più» lo sentì sussurrare tra i denti. «Mi dispiace, Hermione. Mi dispiace tanto.»

Hermione spalancò gli occhi e lo spinse via dal petto. «No!» sbottò sollevandosi a sua volta col busto e la Biblioteca volteggiò per qualche attimo intorno a lei, prima che riuscisse a direzionare correttamente lo sguardo verso Draco inginocchiato affianco. Qualcosa sfarfallò nei suoi contorni in alto sul soppalco, ma quando alzò lo sguardo non c'era niente e pensò che la vista le stesse creando ancora brutti scherzi, ma ritornò a guardare il suo fidanzato iperprotettivo che stava occludendo per non lasciarsi sopraffare da tutte quelle emozioni che lo attraversavano. Per lei. Ora lo comprendeva. L'aveva visto e l'aveva sentito. Si era vista e si era sentita come faceva lui e ogni dubbio si dissipò.

«Ti ho sentito.»

«Ho capito, sei rinvenuta, ma...»

«No, non hai capito» lo interruppe mentre un sorriso si fece largo sul volto. «Ero nella tua mente e ho sentito un tuo pensiero.»

Draco, lo sguardo vigile su di lei, non sembrava particolarmente colpito, ma notando come mantenesse la postura rigida e i contorni del viso tirati, capì che la sua preoccupazione sulla sua salute era più impellente rispetto alla riuscita della magia.

Perciò allungò una mano sul suo viso per accarezzarglielo. «Sto bene, davvero. Mi gira solo un po' la testa.»

Draco annuì rigido e si sporse sul tavolo per prendere il sacchetto di praline, prima di aprirlo e pescare un cioccolatino. «Mangia» disse avvicinandole il dolcetto alle labbra, una premura quasi paterna.

«Hai sul serio intenzione d'imboccarmi?»

«Mangia, Granger.»

Lei alzò gli al cielo ma si avvicinò alla pralina avvolgendo con le labbra anche i polpastrelli che la tenevano, senza riuscire ad evitare di tenere lo sguardo fisso nel suo e ritirava lentamente le labbra fino alla punta delle dita lasciando una traccia umida. Draco torse la mascella mentre il suo sguardo fisso sulle sue labbra si oscurò, le pupille fecero quasi sparire l'argento delle sue iridi, finché non sollevò gli occhi nei suoi e le palpebre si assottigliavano dedicandole un'occhiataccia.

«Sì, stai bene» ringhiò, malgrado un angolo delle labbra si arricciò verso l'alto.

«Te l'ho detto» gli offrì un sorrisino. «Molto buona la pralina.»

Un gorgoglio gli risalì in gola insieme ad una parolaccia soffocata e si sollevò in piedi, sistemando la sedia di Hermione che si era ribaltata insieme a lei.

«Te la senti di alzarti?» le offrì la mano ed Hermione annuì accettando l'aiuto. La obbligò di nuovo a sedersi e le mise davanti il sacchetto con la stessa formula: «Mangia o ti costringo io.»

Mentre assaporava il cioccolato sulla lingua, fu quasi tentata di dirgli che le sarebbe piaciuto farsi costringere a metterle altre cose in bocca, ma si astenne. Draco aveva un profondo solco tra le sopracciglia e non sembrava ben disposto a quel tipo di provocazione, ora. Era ancora visibilmente preoccupato.

«È normale svenire durante queste sessioni?» chiese fingendo noncuranza.

«Non sei svenuta» mormorò atono continuando ad osservarla. Lanciò un'occhiata al sacchetto e sbuffando, Hermione prese un'altra pralina. Solo allora lui riprese a parlare. «Mi guardavi, ma... non eri lì» deglutì stringendo la mascella. «Ho provato ad entrare per capire se dovevo ripescarti da qualche parte come al Manor, ma eri sospesa in una specie di limbo. La tua coscienza non c'era.»

«Quanto è durato?»

«Non lo so, diversi minuti» sospirò passandosi una mano sul volto e ora sembrava fosse lui quello ad aver bisogno di una pralina, così fece scivolare il sacchetto dall'altro lato del tavolo. «Mangia, Draco.»

«Non ho...»

«Mangia» disse perentoria e quando la mano gli cadde dal volto per guardarla, lo fissò risoluta. Così anche lui prese la sua pralina ed Hermione aggiunse: «Mi sono vista attraverso i tuoi occhi e quando me ne sono accorta, non ho visto più nulla. L'attimo dopo ero di nuovo in me a terra» lo vide annuire lentamente mentre registrava l'informazione. «Però ti ho sentito, quel ponte c'è, l'ho percepito attraverso le emozioni. Le tue.»

E c'erano così tante emozioni in lui che si diede della stupida per averlo solo dubitato, mentre lui era più che presente e consapevole in quel rapporto, forse anche più di lei, da prima.

Le tornarono in mente quello che aveva visto nei suoi ricordi, come la guardava, quello che pensava di lei e le veniva da piangere alla sola idea che mentre Hermione pianificava come farlo ingelosire con Anthony, lui stava cercando un modo per dirle che non pensava affatto a Pansy. Lo sapeva, glielo aveva detto venerdì, ma un conto era sentirselo dire, un altro era vederlo con i suoi occhi, sentirlo attraverso le sue emozioni così pure e intense, che aveva bisogno di occludere per mantenere quella compostezza che lo contraddistingueva.

«Voglio riprovare» disse Hermione.

«Non oggi, ti sei stancata troppo.»

«Alle ultime lezioni di Occlumanzia hai vinto tu e ti ho ascoltato» disse determinata. «Ora facciamo come dico io. Credimi, sto bene.»

«Granger...»

«Oh, non iniziare. La mente è mia e ci faccio quello che voglio» lo osservò con un piglio di sfida. «A meno che non sia tu il pappamolle tra noi.»

Draco strinse i denti guardandola male, ma alla fine si arrese. «Va bene, ma se svieni di nuovo, ci fermiamo.»

«Certo, certo.»

«No, Granger. Non ho intenzione di prenderti col cucchiaino.»

«Quanto vorrei che tu mi prendessi in un'altra maniera» ridacchiò quando lui scosse la testa roteando gli occhi. Infine fece un cenno riluttante, poteva entrare.

Hermione si concentrò dapprima sul respiro, se s'infondeva calma, magari dopo aveva più possibilità di rimanere senza farsi prendere dal panico o dall'euforia. Fissò gli occhi intensi del suo fidanzato fissarla a sua volta. Provò a capire cosa si celasse dietro la sua espressione, per aggrapparsi a quell'emozione, ma a parte la ruga preoccupata tra le sopracciglia, non trapelava altro.

Si disse che poteva provarci anche con quella, con la preoccupazione. Era pur sempre un'emozione, anche se non era tra le migliori, non se le serviva calma. S'immedesimò in quello che vedeva, assumendo persino la stessa ruga. Respirò e si accigliò sempre di più, percepiva il suo corpo, anche un po' fiacco, ma non sentì quella molla tendersi e più lo fissava e più le saliva la frustrazione. Non esisteva altro che gli occhi di Draco e il suo respiro. Nient'altro era importante. Non doveva esistere altro. Lei era preoccupata, era frustrata, lei era...

... Esausta. Hermione era sfibrata e aveva un intenso mal di testa da farla oscillare quasi dinoccolante quella sera mentre si avvicinava alla sala dei Prefetti per la ronda.

Non era più riuscita ad entrare nella mente di Draco dopo quel colpo fortuito, era semplicemente rimasta a fissare per mezz'ora gli occhi del suo fidanzato prima che si accasciasse con la fronte contro il banco e lui dichiarasse la sua sconfitta. E anche con spigliata arroganza, ovviamente. Non aspettava altro che quello.

Purtroppo non aveva avuto abbastanza forze nemmeno per ribattere che voleva tentare ancora e aveva riconosciuto la sua resa momentanea, giammai la sconfitta. Ma almeno quelle vittorie ottenute in precedenza facevano abbastanza presa da spingerla ad aspettare con trepidazione al pomeriggio successivo, quando si sarebbero visti per un'altra lezione.

Frattanto, aveva ricevuto i suoi compiti da attuare: riposo e mangiare cioccolato.

Ma giacché quella sera aveva la ronda, il riposo l'avrebbe rimandato a dopo, il cioccolato se l'era portato con sé convincendolo a cederle le sue praline. Almeno su quello, Hermione non aveva avuto bisogno di insistere troppo e anzi, gliele aveva date con gran piacere.

E ora aveva il profumo e il sapore del suo fidanzato sotto il braccio mentre si stringeva il sacchetto di cioccolatini.

Entrò nella sala con una dozzina di minuti in anticipo, intenta a controllare i registri della settimana a venire e se Anthony aveva effettuato le modifiche di cui avevano discusso la volta precedente. Lo trovò a scrivere alla scrivania in fondo alla sala, quella che utilizzavano solo loro due perché erano gli unici che si erano presi la responsabilità di provvedere all'organizzazione delle ronde, mentre gli altri eseguivano e si occupavano di altre faccende, come intercedere con i dipinti che consigliavano a Prefetti e Capiscuola migliorie da effettuare di settimana in settimana.

Mormorò un saluto fiacco mentre si avvicinava ad uno dei divani di pelle vicino al camino e si lasciò sprofondare nella morbidezza dei cuscini dello schienale.

«Buona sera a te, Caposcuola Granger» Anthony alzò lo sguardo dalla pergamena osservandola accasciata. «Stai bene?»

Hermione annuì mogia e si massaggiò le tempie, il crepitio della legna che ardeva nel camino era fastidioso e intensificava il ritmo martellante delle pulsazioni alla testa ad ogni scoppio. Agitò svogliatamente la bacchetta per indebolire il fervore del fuoco, col risultato di generare una vivace fiammata che quasi le sfiorò gli stinchi.

«Maledizione!» scattò in piedi e si affrettò ad arginare il danno, Anthony arrivò in soccorso placando l'incendio al posto suo e quando le lingue di fuoco si ritirarono nel focolare riducendosi in lente e ardenti fiammelle, Hermione crollò di nuovo sul divano.

«Ehi, non ti vedo proprio in forma» disse osservandola dall'alto con un cipiglio preoccupato. «Sei pallidissima.»

Meraviglioso. Non aveva bisogno di un altro che le facesse notare il suo aspetto dimesso. Oltre a Draco, ci avevano pensato sufficientemente Ginny e Neville quella sera a cena. Anche se c'era da dire che era quasi crollata con la faccia nel piatto di zuppa.

«Sto bene» svogliata, sventolò una mano e si protese ad acciuffare il suo sacchetto di praline. «Ho un po' di stanchezza accumulata» mormorò pescando una pralina e infilandosela in bocca. Il sapore dell'arancia la fece sospirare beata. Quanto le mancavano le labbra di Draco.

Anthony la guardò indeciso e meditabondo, Hermione pensò che dovesse condividere le sue praline anche con lui, perciò, indolente e con poca voglia di dividere il suo fidanzato, le sue praline, con qualcuno, gli indicò il sacchetto, ma Anthony rifiutò con garbo. Fortunatamente.

«Non è meglio se rientri in dormitorio?» chiese. «Non ti ho mai visto così, Hermione.»

Perché non era mai uscita dal suo corpo, invero. O scandagliato la mente di qualcuno con quella virulenza, seppur in maniera singhiozzante. Non ricordava che le esercitazioni con Harry fossero state così estenuanti, dopo.

«Sto bene» ripeté imboccando un'altra pralina. «È solo questo mal di testa allucinante che mi fa sentire intontita. Però non posso esentarmi dalla ronda, chi la vuole sentire poi Daphne.»

Daphne Greengrass era una delle poche del Serpeverde con cui avesse mai avuto un dialogo civile in passato, anche se era limitato agli scambi che avevano durante le ronde e che riguardavano le loro mansioni da Caposcuola. Non sapeva molto di lei, non era una ragazza che parlasse molto o lasciasse intendere di voler instaurare un rapporto con chicchessia, nemmeno con i suoi compagni di Casa. Sapeva che le era stata affibbiato il titolo di Regina di Ghiaccio per questo motivo, ma ad Hermione non interessava granché, non se con lei si era sempre rivolta con freddo distacco ma pur sempre rispettoso. Però le aveva sempre dato la sensazione che fosse semplicemente sola e un po' malinconica, avvalorato dalla scoperta che aveva una sorella minore che studiava all'estero, forse Beauxbaton.

Ma nonostante quella lontananza e disinteresse che si era imposta da chiunque, probabilmente dettata dall'educazione purosangue, Daphne diventava terribilmente petulante quando i programmi prestabiliti non venivano rispettati. Non che Hermione fosse diversa, maniaca del controllo com'era, ma almeno per quanto riguardava la salute era meno intransigente. Invece, la Serpeverde diventava intrattabile e una volta era andata davanti alla sala comune del Tassorosso per richiamare un povero Ernie Mcmillan affetto dalla Trollinfluenza perché stava saltando la ronda e lo aveva obbligato ad onorare le sue responsabilità.

Sinceramente, aveva già il suo ben da fare con fin troppi Serpeverde invadenti senza che ne dovesse aggiungere un'altra nella sua lista che diventava sempre più fitta.

«Lo sai come è fatta» aggiunse sollevando le sopracciglia, ma emise un piccolo gemito con quel piccolo movimento della fronte.

Anthony dovette concordare con lei perché annuì compassato e con una piccola smorfia si passò la mano tra i ricci biondi, eppure mantenne il cipiglio preoccupato mentre la osservava. Dei, appariva davvero così malaticcia?

«Hai almeno preso una pozione?»

Annuì lentamente senza sballottolare troppo la testa. In verità non l'aveva presa. A meno che non era a rischio dissanguamento, voleva evitare di prendere ancora pozioni che agissero sulla mente. In passato ne aveva già abusato sufficientemente.

«Perché non ti stendi un po'? Parlo io con Daphne» aggiunse.

Hermione sorrise fiaccamente mentre abbassava le palpebre e reclinava il collo per poggiare la nuca sulla spalliera, la luce iniziava a darle un po' fastidio.

«Non ti preoccupare» sussurrò. «Non ti facevo così apprensivo, però.»

«È destabilizzante vederti in questa maniera» mormorò con un sospiro. «Sei pur sempre Hermione Granger.»

Hermione sbuffò e avrebbe roteato gli occhi se non avesse saputo che le fitte si sarebbero intensificate. «Lo dici come se fosse chissà che grande impresa.»

«Chi tra noi due ha cavalcato un drago in gonnella?»

«Conosco diverse persone che l'hanno fatto e non tutte si chiamano Hermione Granger o Harry Potter.»

«Anche loro l'hanno fatto in gonnella?»

Hermione ridacchiò immaginando Harry o Ron o Charlie indossare delle sottane sul dorso di un Ungaro Spinato, ma un'altra fitta le sconquassò le meningi facendola gemere di nuovo. Suo malgrado, dovette ammettere che Draco aveva avuto ragione a fermarsi. Ma non glielo avrebbe mai detto, figuriamoci, chi se lo sarebbe sorbito, poi.

«Senti, conosco delle pratiche di digitopressione che ho imparato da alcuni libri di alchimia cinese» disse. «Dammi la mano sinistra.»

Hermione alzò la testa aprendo gli occhi e lo trovò accovacciato sui talloni davanti a lei, la fronte aggrottata dalla preoccupazione. Notando la sua perplessità a quella richiesta un po' intima, aggiunse con la sua fossetta. «Non è un modo per sedurti, non vorrei ritrovarmi contro Blaise Zabini perché ci ho provato con la sua ragazza.»

Hermione sbuffò, scuotendo la testa e gli offrì la mano sinistra. «Io e Blaise non stiamo insieme, pensavo che l'avessimo già stabilito.»

Anthony la osservò a lungo, ma poi abbassò lo sguardo sulla mano e agganciò l'indice e il pollice sul metacarpo, mentre con l'altra mano le sosteneva il polso. Tastò alcuni punti, finché non trovò quello che cercava nella congiunzione delle ossa in corrispondenza del cuscinetto sotto il pollice e iniziò a descrivere piccoli cerchi sul dorso e sul palmo.

«Lui non sembra della stessa opinione. Me l'ha fatto capire chiaramente alla cena Lumaclub» mormorò lanciandole una veloce occhiata.

«È una situazione complicata» sospirò. Molto complicata, giacché al Lumaclub non c'era Blaise, ma il suo vero fidanzato che lo impersonava. Idiota geloso. «Però non stiamo insieme, anzi lui è già fidanzatissimo.»

«Ah, sì?» alzò appena le sopracciglia. «Con chi?»

Oh, cavolo. Che gaffe tremenda. Si morse il labbro, parlava decisamente troppo quando non era in sé. «Mi dispiace, Anthony, non posso dirlo. Riguarda Blaise e ci tiene alla sua privacy.»

«Va bene, tranquilla» effettuò altri circoletti sulla mano e alzò di nuovo lo sguardo su di lei. «In realtà non m'interessa molto di lui.»

Hermione annuì lentamente e abbassò lo sguardo sulle loro mani. Aveva detto che non ci voleva provare, eppure iniziò a sentire un po' di disagio per quella situazione.

«Con Malfoy come va?» chiese. «Vi ho visti litigare ieri, o meglio l'ho visto perdere i capelli per la rabbia.»

Non poté fare a meno di ridacchiare ancora al ricordo della testa glabra, lucida e perfettamente tonda di Draco. Quella vicenda sarebbe rimasta per sempre nella memoria di Hogwarts, peccato che nessuno avesse fatto una fotografia.

«Mi sono vendicata di uno scherzetto che mi ha fatto» si strinse nelle spalle.

«Non sfiderò mai la Ragazza d'Oro, allora» mormorò facendo un sorrisino, benché lo sguardo scaltro intendesse il contrario.

«Sono la Ragazza d'Oro-Nero» Anthony le dedicò un'occhiata confusa ed Hermione scosse la testa. «Blaise ha iniziato a chiamarmi così dopo la faccenda di Lavanda. Un modo per abbracciare il mio lato oscuro.»

«Certo» annuì comprensivo. «Il concetto di dualità è molto radicato nella tradizione alchemica cinese. Bisogna accettare entrambi gli aspetti di purezza e oscurità per vivere in armonia con sé stessi e gli altri.»

«Lo sto imparando con l'esperienza» fece un breve sorriso, mentre quella cortina che le ottundeva la mente iniziò a sollevarsi a mano a mano che Anthony le massaggiava la mano. «È interessante questa tecnica» disse facendo un cenno col mento ai suoi movimenti. «Nella medicina babbana cinese esiste la pratica dell'agopuntura, in cui s'imprimono degli aghi in alcuni punti del corpo per guarire malori o disfunzioni di organi.»

Anthony sorrise enfatizzando la sua fossetta. «Non è babbana, per secoli molti alchemici cinesi hanno tramandato nei villaggi babbani il loro sapere per aiutare a guarire le persone senza l'uso della magia» notando la sua espressione deliziata a quella scoperta lui annuì compiaciuto. «Esistono dei punti energetici nel corpo, si chiamano mediani. Sono zone in cui il flusso energetico si concentra e sono collegate agli organi. Per la testa c'è questo punto del metacarpo, poi nel metatarso tra l'alluce e il secondo dito e nella caviglia mezzo pollice sopra il malleolo.»

«Sei sorprendente» lo osservò con curioso disinteresse. Era facile parlare con Anthony in quella maniera, era una persona sincera che portava a discorrere sinceramente senza che si creassero fraintendimenti. Non aveva la sensazione di dover camminare sui gusci d'uovo per non imbattersi in argomenti scomodi, sebbene ci fosse quell'ambiguità nel loro rapporto. Ma immaginò che prima si sentiva imbarazzata con lui perché era in ballo una possibile frequentazione, mentre ora aveva solo voglia di trascorrere un momento spensierato con un amico come avrebbe fatto con i suoi compagni di Casa. Oltretutto le stava anche passando il mal di testa, confermandole che non glielo aveva proposto con un doppio fine.

«Mi chiedo quanti libri tu abbia letto nello studio di tuo nonno per conoscere anche queste cose.»

«Abbastanza» fece spallucce. «Meno di quanti ne abbia catalogati, però. Lì dentro è un labirinto di pergamene e volumi. Una volta sono rimasto bloccato per quasi due giorni senza che trovassi la via d'uscita.»

«Scommetto che non ne sei rimasto particolarmente spaventato.»

«Già» sogghignò. «Mia madre mi trovò immerso nella lettura di un manuale. E mentre lei sbraitava con nonno per sfruttamento minorile, lui mi regalò il libro come premio per essere ritornato nello studio il giorno dopo nonostante il monito di mamma di non assecondarlo più. È il primo libro che ti ho prestato.»

Annuì comprensiva. «È bello quando la famiglia incoraggia certe passioni. Anche mio padre mi regalava sempre libri quando ero piccola, anzi, è grazie a lui se amo leggere.»

«Che lavoro fa?» chiese continuando a massaggiarle la mano.

Hermione si mordicchiò il labbro inferiore, indecisa. Ma si disse che poteva parlare dei suoi genitori senza dover necessariamente menzionare tutto il resto.

«Non esiste questo lavoro nel mondo magico. È un medico che cura i denti, lui e mia mamma hanno uno studio.»

«Sono dentisti» annunciò meravigliandola e quando alzò gli occhi su di lei sorrise sornione. «Te l'ho detto che leggo tanto, anche di medicina babbana.»

«Sei sempre più sorprendente, Caposcuola Goldstein. Mi è anche passato il mal di testa.»

«Mi fa piacere e ti prego» disse avvolgendole la mano tra le sue. «Continua a dirmi quanto sono sorprendente, non mi sto affatto montando la testa.»

Hermione sogghignò scuotendo la testa. «Finalmente qualcuno che ammette di avere un ego smisurato.»

Anthony assottigliò le palpebre osservandola. «Posso chiederti perché tu e io non ci stiamo ancora frequentando?»

Oh, no.

«Credevi che fossi invaghita di Malfoy» si strinse nelle spalle.

«Quindi hai capito che non lo sei?» inclinò la testa di lato.

No, no, no. Dov'era finita quella spensieratezza? E perché le sue bugie la mettevano sempre nei pasticci?

«Io... è complicato, Anthony.»

Il ragazzo abbassò lo sguardo sulle loro mani ancora unite e annuì lentamente. «Credo di aver fatto un errore a lasciarti andare dopo Hogsmeade» ritornò a guardarla e i suoi occhi si soffermarono per un secondo sulle sue labbra, prima di alzarli nei suoi, due smeraldi verdi che la osservavano con intensità da lasciarla inchiodata sul posto. Si protese verso di lei mentre le stringeva la mano. «Avrei voluto baciarti a Mielandia» annullò del tutto lo spazio tra i loro volti prima che Hermione registrasse cosa stava succedendo e le sfiorò le labbra prima che il panico la avvolgesse e benedetto fulmineo istinto, alzò l'altra mano sul suo petto per fermarlo.

«No» singhiozzò. «Non posso, Anthony.»

Lui si allontanò di una spanna per guardarla. «Perché? Non stai con Ron, non stai con Zabini e mi hai appena detto che la situazione con Malfoy è complicata, ma non mi hai nemmeno detto che stai con lui, o confermato che ti piaccia. Dov'è il problema?»

Hermione esalò un respiro frustrato e ancora una volta si ritrovò a pensare quanto fosse disadattata quella situazione e quanto lei avesse complicato le cose con tutte quelle bugie. Non era giusto che avesse lasciato Anthony in quel limbo, come non era giusto che il suo fidanzato scoprisse che un altro l'aveva baciata, anche se per una frazione di secondo. E sapeva che il giorno dopo avrebbe dovuto parlargliene, per non scatenare ulteriori gelosie da parte sua e mettesse in dubbio la fiducia in lei. Ma al momento doveva parlare sinceramente con Anthony prima che le conseguenze delle sue azioni e delle sue menzogne la infilassero nell'ennesimo pasticcio senza controllo.

Ma non aveva messo in conto un elemento casuale in tutta quella matassa che aveva ingarbugliato con le sue mani e se ne rese conto solo quando arrivò la voce gelida di Draco alla porta.

«Buonasera colleghi.»






Azione e reazione.

Sua madre glielo diceva sempre quando curavano il giardino dietro casa: "Il giardinaggio richiede molta acqua, Hermione. La maggior parte sotto forma di sudore". E mentre fissava il volto granitico di Draco appena giunto nella sala dei Prefetti, si chiese quanto avrebbe dovuto sudare per spiegargli la situazione in cui la sua fidanzata bugiarda si trovava a pochi centimetri di distanza di un ragazzo che ci aveva provato con lei, lo stesso che non poche settimane prima gli aveva anche dato false speranze e che ora le teneva la mano dopo aver dichiarato di volerla baciare, cosa che aveva anche provato a fare prima che lei lo respingesse con una mano sul petto.

Magari, tanto per iniziare, poteva anche staccarsi dal suddetto ragazzo e togliergli entrambi le mani di dosso.

Ancora, il disastro la accompagnava come una seconda pelle.

Si chiarì la voce districandosi dalla presa di Anthony, mentre lui scuoteva la testa e si alzava.

«Hai un tempismo sempre impeccabile, Malfoy» commentò con un sorriso forzato guardando il Serpeverde. «Che ci fai qui? C'è il coprifuoco e agli studenti non è ammesso...»

«Io posso» sibilò guardando Anthony con un sorriso arrogante, sebbene il muscolo nella guancia flettesse violento per quanto stringesse la mascella e lo inchiodava con uno sguardo gelido. «Sono il nuovo Caposcuola del Serpeverde.»

«Che cosa?» all'unisono, Hermione ed Anthony lo fissarono esterrefatti.

«Sorpresa» Draco slittò i suoi occhi plumbei su di lei e ciò che lesse prima di occludere, le mille sfaccettature di delusione e rabbia e tormento, le fecero accapponare la pelle, anche perché erano le stesse che provava anche Hermione, per lei.

Anthony si diresse alla scrivania scartando alcune pergamene, mentre Draco riprese a parlare, la voce strascicata. «Daphne Greengrass non è più Caposcuola, si è trasferita a Beauxbaton e stamattina la preside ha nominato me. A quanto pare i miei voti sono i più alti della Casa.»

«Hai fatto un ottimo lavoro» Hermione annuì velocemente dedicandogli un sorriso nervoso, ma lui non la guardò nemmeno e puntava Anthony come se avesse potuto balzargli addosso da un momento all'altro.

Nel frattempo, quest'ultimo aveva recuperato una lettera e la aprì leggendola velocemente, prima di annuire meditabondo. Non sembrava particolarmente entusiasta.

«È arrivata prima da parte della Mcgranitt, dovevo ancora aprirla» disse consegnandole la lettera. «Conferma quello che ha detto Malfoy. È il nuovo Caposcuola» si rivolse al Serpeverde allungando la mano verso di lui. «Immagino che ti debba le mie congratulazioni.»

Draco fissò lo sguardo in quello di Anthony senza accennare alcun movimento per diversi secondi, prima d'infilarsi le mani nelle tasche dei pantaloni.

«Tienile per te, Goldstein» disse accennando un ghigno derisorio. «Piuttosto pensa a smistare correttamente la posta invece di perdere tempo con le tue chiacchiere. Non sia mai ti trovi in situazioni spiacevoli, in futuro.»

«Draco...» mormorò Hermione facendo in passo verso i due, tutto ciò non prometteva niente di buono.

«Ho solo evidenziato un fatto, Granger. Ci sono certe responsabilità da cui non bisogna mai sottrarsi» le scagliò lo stesso ghigno come un dardo nel petto. Colpita e affondata. E si sentiva sempre peggio.

«È solo una lettera, Malfoy» Anthony alternò lo sguardo tra i due. «Se la Mcgranitt ha qualcosa d'importante da comunicare, inserisce il timbro prioritario. Lo imparerai anche tu.»

«Oh, lascio a te il compito della posta, sembra che tu non riesca ancora a districarti nell'ardua impresa di aprire una lettera quando ti arriva. Hai ancora bisogno di pratica, a quanto sembra.»

«Iniziamo bene» mormorò Anthony scuotendo la testa e si avvicinò alla scrivania. «Tanto per la cronaca, tutti apriamo la posta e dovrai farlo anche tu. L'unica responsabilità che abbiamo esclusivamente io ed Hermione è programmare i turni delle ronde.»

Draco inspirò profondamente dal naso mentre lo osservava sedersi alla scrivania. «Posso farlo anche io.»

«Sei appena arrivato» gli lanciò uno sguardo di sufficienza. «E anche in ritardo, mi sembra. Ma te lo lascio passare perché è il primo giorno. Quando dimostrerai che sei affidabile con i tempi, come con l'organizzazione, ne riparleremo. Nel frattempo ci pensiamo io e lei» gli dedicò un sorrisino di sfida che Hermione avrebbe apprezzato in altri tempi, quando non era ancora la fidanzata che doveva prima delle spiegazioni a un ringhiante Draco Malfoy con lo sguardo omicida.

«Va bene» disse schiarendosi la voce. «Dobbiamo andare a fare il giro di ronda.»

Azione e reazione.

«Sicura di sentirtela, Hermione?» s'interessò Anthony, ma fu la cosa peggiore che potesse dire, perché Draco fraintese la domanda.

«Perché non dovrebbe sentirsela di venire con me? Che cazzo vuoi, Goldstein?»

«Ci sono tante cose che vorrei, in effetti» sogghignò lui deviando lo sguardo in quello di Hermione per qualche secondo, sufficiente alla Grifondoro di progettare il modo in cui sotterrarsi e sfuggire da quella insinuazione. «Al momento, vorrei mantenere i rapporti pacifici con i miei colleghi. Per il resto si vedrà» si strinse nelle spalle dedicandogli la sua fossetta. «L'anno è ancora lungo, Malfoy. Vediamo di lavorare decentemente.»

Draco ghignò profondamente mentre annuiva. «L'unico rapporto civile che posso instaurare con un Corvonero, sarà solo davanti alla sua lapide. Ma te ne devo dare atto: si vedrà.»

«Va bene, ragazzi» s'intromise Hermione prendendo Draco per il gomito. «Siamo in ritardo con la tabella di marcia» provò a tirare via la statua di marmo, ma lui rimase con i piedi ben piantati a terra mentre continuava a fissare l'altro. E più lui si adombrava, più Anthony s'illuminava, accogliendo quella sfida tra maschi che avrebbe dovuto sedare scoprendo tutte le carte, se non fosse che in quel momento entrò anche Ernie.

«Buonasera esimi Caposcuola, come... oh, che ci fai qui, Malfoy?»

«È il nuovo Caposcuola del Serpeverde» disse Anthony senza staccare lo sguardo da quello di Draco.

«Non parlare al posto mio, Goldstein.»

«Oh! Le mie congratulazioni. È una buona nuova sorprendente, collega Caposcuola» il sorriso pomposo di Ernie si affacciò affianco a lui e alzò la mano per complimentarsi, ma Draco ancora non si smosse nonostante Ernie lanciò diverse occhiate alla sua mano protesa. Ci teneva particolarmente alle buone maniere, anche se smielate, cosa che Draco sembrava totalmente aver dimenticato preferendo mantenere il contatto visivo con Anthony. Ernie guardò Hermione con una muta domanda e fu quasi tentata di stringergli lei la mano al posto del suo fidanzato, ma si limitò a scuotere la testa.

Lui, a malincuore, alla fine la abbassò con un sospiro sofferto e si avvicinò a Anthony sovrapponendosi alla linea di fuoco che si era creata nel mezzo. «Ho il rapporto dai ritratti del secondo piano e...»

Hermione approfittò di quel momento per mettersi davanti a Draco e spingerlo dal petto se era necessario a smuoverlo, ma lui abbassò lo sguardo su di lei per mezzo secondo prima di voltarsi e prendere l'uscita ad ampie falcate. Non si prese la briga di salutare i ragazzi e seguì Draco. Si prospettava una difficile discussione, lo sapeva. Ed era tutta colpa sua.

Azione e reazione.

La aspettava al lato della porta con una postura rigida e lei gli fece segno di incamminarsi verso le scale del quinto piano. Percorsero il primo corridoio, certa che nessuno li potesse sentire, prima di esordire: «Effettivamente è una bella sorpresa. Vuoi un bacio?»

Gli lanciò un'occhiata di sottecchi e lo vide scuotere la testa mentre irrigidiva la mascella, lo sguardo perso nella penombra davanti a loro.

«Prima di propormi un bacio dovresti almeno pulirti la bocca» sibilò tra i denti. «Hai ancora le labbra di quello sulle tue.»

Oh, no. Sentì un tonfo dentro di lei, il cuore le era appena crollato sotto le scarpe. «L'hai visto» bisbigliò mortificata.

«Oh, sì, ho visto» sogghignò sarcastico. «Ho visto come la mia fidanzata ha flirtato per un bel pezzo con uno che aveva detto che non le piaceva, che si faceva tenere la mano praticamente inginocchiato davanti a lei e che non aspettava altro che quel momento. E non ti azzardare a dire che non è come penso, Granger, a meno che tu non voglia insultarmi. Più di quanto tu non l'abbia già fatto, ovviamente.»

«Non stavo flirtando con lui e poi l'ho fermato» mormorò con un nodo alla gola. «Hai visto che l'ho anche fermato.»

«Già e ti ho sentito dire che non potevi» fece un verso di sufficienza.

«Che cosa stai insinuando?»

«C'è una bella differenza tra volere e potere. Ora capisco perché non vuoi che questa cosa si sappia.»

Azione e reazione.

Hermione si arrestò sul posto e osservò la sua schiena finché non si girò a guardarla anche lui. «Io voglio stare con te» lo guardò negli occhi carichi di nubi temporalesche. «E ti ho spiegato perché non posso farlo sapere adesso. Se mi lasciassi spiegare cosa è successo, magari...»

«Cosa c'è da spiegare, esattamente» scosse la testa, il ghigno di circostanza ben costruito. «Avresti dovuto dire a quello come stanno le cose nel momento in cui te l'ha chiesto, invece di fissarlo come una sciocca.»

«Lo stavo per fare, prima che tu entrassi.»

«Certo» sogghignò.

«Non trattarmi con quest'aria di sufficienza» disse sentendo già gli occhi pizzicare, deglutì il nodo alla gola prima di fare un passo avanti. «Capisco che sei arrabbiato, ma non c'è stato niente, Draco. Per me non significa niente. Anthony mi teneva la mano perché mi stava facendo passare il mal di testa e credimi, non pensavo che ci stesse provando con me, finché non ha provato a baciarmi. Cosa che comunque non gli ho permesso di fare. E gli avrei raccontato tutto di noi, se tu non fossi entrato in quel momento. E poi mi spieghi perché sei rimasto a guardare invece di entrare prima? Da quanto tempo eri là fuori?» lo osservò scuotere ancora la testa mentre dirigeva lo sguardo lontano da lei. Ed Hermione raggiunse quella consapevolezza come uno schiaffo in faccia. Perché tra loro, si girava sempre sulla stessa ruota. «Tu non ti fidi di me. Sei rimasto lì per vedere se la tua fidanzata ti avrebbe tradito.»

«Sorprendente, vero? Tanto quanto quel Corvonero e tutte le volte che glielo hai detto.»

«Avevi detto che ti fidavi di me.»

«E tu avevi detto che potevi scansare le avances di qualcuno che sostieni che non ti piace, qualcuno con cui sei uscita e che palesemente ci ha provato con te per tutto il tempo.»

«Anthony non mi piace, Malfoy. Quante volte te lo devo dire?» disse tra i denti mentre sentiva la rabbia montare per quella mancanza di fiducia. «E io e lui parliamo così, senza secondi fini, non da parte mia. In passato ho sbagliato a dargli speranze, lo so, ma noi non eravamo niente quando io e lui siamo usciti. Se faccio un complimento a un altro ragazzo è perché mi sento libera di parlarci, come faccio con chiunque considero amico. Ma adesso so che gli devo delle spiegazioni, per non creare più alcun fraintendimento, posso farlo anche adesso.»

«Non ti scomodare» mormorò puntando il suo sguardo di ghiaccio nel suo. «Come non ti scomodi nemmeno a chiamarmi per nome.»

«Dannazione, lo faccio per abitudine o quando sono arrabbiata, non lo faccio per infastidirti.»

«Sai cosa penso? Che alla fine tu ed io rimarremo sempre Draco Malfoy ed Hermione Granger.»

Azione e reazione.

«Non puoi dire sul serio. Per un malinteso stai rinunciando...»

«Non sto rinunciando a niente. L'hai detto anche tu che non eravamo niente. Prima, ora, dopo.»

«Hai capito quello che intendevo, io...»

«Sono stufo, Granger. Di giochetti, bugie, sotterfugi, la mia vita non è fatta da altro. Chiunque conosca non ha fatto altro che mentirmi o circuirmi o controllarmi» disse granitico, non un'emozione che trapelava da lui. «Credevo che con te sarebbe stato diverso. Nonostante sapessi già che fossi una terribile bugiarda.»

«Non ti ho mentito, porca miseria! Ti ho mostrato cosa provo, che voglio te come tu vuoi me, ti ho detto che nessuno conta e che non avrei permesso a chicchessia di distruggere il nostro posto.»

«Forse non basta» si strinse appena nelle spalle, indifferente.

Azione e reazione.

«Quindi è finita? Così? Dopo tre giorni?»

«Evidentemente doveva durare il tempo che doveva durare.»

«Allora dimmelo chiaramente, ma smettila di occludere» singhiozzò e ricacciò le lacrime indietro mentre si avvicinava ancora a lui, i loro petti che si sfioravano. Alzò il mento per guardarlo mentre stringeva il tessuto della sua camicia tra i pugni. «Abbi il coraggio di affrontarmi con una vera emozione e dimmi che vuoi chiuderla qui.»

Draco la fissò a sua volta mentre quel nulla che aveva visto dentro di lui stazionava nel suo sguardo, nei tratti del volto distesi e marmorei. Sollevò appena un sopracciglio e abbassò di qualche grado il mento per sporgersi verso di lei. La guardò a lungo slittando alternativamente gli occhi nei suoi, dischiuse le labbra, ma le richiuse quasi subito.

«Non ci riesci, vero?» bisbigliò Hermione mentre sentiva quel nodo stringersi più saldamente. «Non farlo, allora.»

Draco prese un lungo respiro dal naso e fece crollare tutte le sue difese mostrandole la profonda pugnalata che gli aveva inferto con le sue azioni, con le sue bugie e tutti i sotterfugi che avevano inscenato, che lei aveva creato pur di preservare la sua amicizia con Ron, pur di non perdere e ferire un amico e che invece portò inevitabilmente a perdere e ferire lui.

Azione...

«È finita, Hermione.»

«Non ti credo.»

... e reazione.

D'istinto entrò nella sua mente, come le aveva insegnato quel pomeriggio, aggrappandosi a qualsiasi emozione riuscì a scorgere per trovare la sua bugia, perché non poteva finire così, non poteva rinunciare a loro per quello. Delusione, rammarico, abbandono, offesa, rabbia.

E fu con rabbia feroce che Draco la scacciò escludendola dalla sua mente prima che Hermione si ritrovasse con la sua mano artigliata al collo, il suo volto a pochi centimetri dal suo stravolto da una furia cieca che mai in quei mesi le aveva rivolto.

«Come cazzo osi?» ringhiò tra i denti.

E fu allora che la sua runa le fece sentire che davanti a lei Draco Malfoy aveva provato a farle del male.

E fu allora che il suo Draco lo capì anche lui strabuzzando gli occhi, atterrito da sé stesso, quando la magia runica gli bruciò il palmo della mano.

E fu allora che quel muro di fiducia, così come lo avevano costruito insieme, insieme lo avevano disintegrato perché entrambi avevano perso il controllo.

"Ricorda sempre, piccolina mia, che ogni azione ha una reazione uguale e contraria. Terza legge di Newton."




Ecco.

Bella merda.

*Coff Coff*

Questo capitolo è un po' psichedelico, parliamo pur sempre di mente e coscienza e pensieri che viaggiano irrefrenabili. Come irrefrenabili sono questi due.

Purtroppo certe cose durano il tempo che devono durare (noooo, non mi sto parando il podice) e purtroppo certi eventi sono all'ordine del giorno. Ora, non voglio entrare in merito di questo tipo di violenza, non ora. Ma certe tematiche, nonostante si sentano fino alla nausea, se succedono evidentemente non se ne parla abbastanza, o se ne parla male. Ovviamente io sono una nessuna qualsiasi e non ho né le competenze, né l'autorità per dire che lo farò nel modo giusto. Però lo voglio fare, perché sono tematiche a cui tengo e che mi stanno particolarmente a cuore. Ma, ancora, non sarà questa la sede.

Ritornando al capitolo, magari ci saranno elementi sbucati così a caso che sembrano forzati, ma se li avessi inseriti prima non avrebbero avuto senso, ci ho provato e li ho consapevolmente cancellati per riproporli qui. Sì, sto parlando di Daphne Greengrass. Agli albori di questa fan fiction, nella mia mente aveva un ruolo ben preciso, ma che ho dovuto accantonare per permettere di far parlare questi due. E nooooo, non mi sto parando ancora il podice per dare un senso alla trama che ho mandato a farsi fottere praticamente da una decina di capitoli. Però piano piano si sta ritornando sui binari, ci vuole tempo e pazienza.

Perché, non dimentichiamolo, l'anno è ancora lungo. Spero solo di sopravvivere prima di pubblicare l'epilogo.

Il dialogo in overture è una citazione del film Matrix - Reloaded. Se non l'avete visto, fatelo. Se l'avete visto, guardatelo ancora una volta. Merovingio for president.

E niente, signore e signori, dopo questa bavosa e infinita leccata di podice, lascio a voi la sentenza. Spero che il capitolo vi sia, ehm-ehm, piaciuto. Grazie per aver letto, votato, aver aggiunto negli elenchi di lettura e per non farmi qualche strana e purulenta fattura. Ora è il mio podice ad essere in ballo.

Alla prossima.

Bisous

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