I DUE RE [BL]

Av fiamminga95

15K 1.1K 1K

[Fantasy; Mitologia; Romance] [Primo e secondo libro conclusi][Terzo libro in fase di scrittura]. La guerra... Mer

Ubi Tu Gaius, Ibi Ego...
Note dell'autrice: Avvertenze
Scenario E Glossario
La nascita di Sirio
La nascita di Laran
Prologo alla parte I
Parte I: Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
FAQ #1
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Epilogo alla parte I
FAQ#2
Prologo alla Parte II
Parte II: Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Epilogo alla parte II

Capitolo 8

263 20 6
Av fiamminga95


La situazione era precipitata in attimo. 

I sei sconosciuti si erano avvicinati all'improvviso e l'avevano accerchiato. Mimir nitriva e si agitava, girando intorno a Sothis e come la bestia intelligente che era, aveva intuito che le loro intenzioni non erano buone.

"Fermate il cavallo", disse uno degli dei. Aveva i capelli biondi e il viso giovane, ma dava ordini agli altri con l'autorità di un vecchio dio. Mentre due di loro afferravano Mimir per il morso della briglia e lo allontanavano strattonandolo in avanti, per evitare i colpi furiosi dei suoi zoccoli, gli altri quattro dei intrappolarono Sothis nell'angolo del recinto. 

Il nysa era furioso come il cavallo, ma non lasciava trasparire nessuna emozione. Oltre la rabbia e la sensazione di umiliazione bruciante, lo fermava un senso di indecisione che non riusciva a scrollarsi di dosso. Poteva reagire? Non sapeva se le ripercussioni del difendersi da una aggressione potessero rivelarsi peggiori dell'aggressione stessa.

"Chi vi manda?"

"L'onorevole Bia vorrebbe parlare con te, nysa" disse il dio biondo a capo di tutti gli altri. "Faresti bene a toglierti quell'espressione della faccia. Il nostro signore non è molto gentile con chi vuole sfidarlo".

Silenzioso terrore fece correre un brivido lungo la schiena di Sothis. Se davvero era stato Bia a mandarli, non poteva ucciderli e non poteva ferirli. Laran non poteva mettersi contro Bia, che avrebbe avuto il sostegno del re. 

Era stato messo all'angolo non solo figurativamente. "Potete dirgli che non sono interessato", disse arretrando verso il legno del recinto. Se fosse stato abbastanza veloce, forse avrebbe potuto saltare la staccionata in tempo da distanziarli e fuggire.

"Quello che vuoi tu non è importante. Devi venire con noi".

"Per quale ragione?"

Il dio biondo strinse i denti e fece un gesto nervoso ai suoi compagni. "Basta con tutte queste domande. Non sono venuto qui per farmi interrogare da uno schiavo o peggio da un titano. Prendetelo e andiamocene".

Quando uno dei suoi si fece avanti per poterlo afferrare, Sothis si tirò indietro e continuò a sfuggirgli anche quando gli altri tentarono di fare lo stesso. Sperando, inutilmente, di poter scappare, cercò di saltare la staccionata, ma uno di loro lo afferrò per la casacca e lo gettò a terra. Gli furono subito sopra e cercarono di tenerlo fermo. 

Sothis voleva reagire e combattere, ma era sicuro che farlo significava ricevere molto peggio in futuro: doveva solo trovare un modo per divincolarsi e scappare verso la tenda di Laran. Era frustrate cercare di farlo senza ferire nessuno dei suoi assalitori.

"Dannazione, basta! Sta' fermo!" Disse uno.

"Prendilo per le gambe, prendilo per le gambe!"

"Non ci serve cosciente. Dategli un colpo in testa e facciamola finita!" Disse il loro capo. 

A quel punto Sothis ricevette un calcio al petto così forte che avrebbe fatto svenire chiunque non avesse ricevuto l'addestramento che invece era stato impartito a lui. Per un momento rimase intontito, ma riprese coscienza in fretta quando le ombre nere si dissiparono dalla sua vista e il dolore si diradò abbastanza da fargli fare un altro, doloroso respiro. In quell'attimo di immobilità, i quattro che erano intorno a lui erano riusciti a mettergli le mani addosso per alzarlo come un sacco inanimato e portarlo via, ma non appena Sothis riuscì di nuovo a pensare diede una violenta testata a chi lo teneva in piedi.

Caddero tutti per terra, mentre sangue dorato schizzava dappertutto. Sothis si rannicchiò, cercando di rimettere in ordine i pensieri. Doveva scappare, doveva riuscire a rimettersi in piedi.

"Mi ha rotto la testa! Maledetto, mi ha rotto la testa!" Uno degli assalitori si teneva le mani sulla fronte, dove sgorgava sangue dorato su tutta la sua brutta faccia.

I due che erano riusciti, nel frattempo, a legare Mimir tornarono indietro per poterlo aiutare.

"Avevamo sentito dire che era forte,  sorprese che uno come lui riesca ancora tenere gli occhi aperti". Il capo tirò fuori un coltello dalla cintola e si avventò su Sothis, schiacciandolo ancora una volta per terra e tagliandogli una spalla. Si sorprese quando non lo sentì nemmeno urlare di dolore. "Fai tanto il duro, eh?"

"Il capo ha detto di portarlo da lui tutto intero!"

"Può baciarmi il culo, se vuole! Questo stronzetto deve capire prima qual è il suo posto, se non vuole un altro buco dove conta di più!"

Sothis, invece, anche con la spalla sanguinante, riuscì a girare su sé stesso e disarcionare il dio sopra di lui dandogli un cazzotto in faccia. Quello urlò, e fece un passo indietro ma Sothis non riuscì a mettersi in piedi. 

Qualcuno si era sfilato una cintura e gliel'aveva passata intorno al collo per tirarlo giù per la seconda volta. Aveva la vista annebbiata, il respiro accelerato e vagamente consapevole che l'avevano pugnalato di nuovo, ma la mancanza d'aria era tale che non riusciva nemmeno a capire dove era stato ferito. Cercò di slacciarsi la cintura dalla gola, me era impossibile farlo mentre c'erano sei persone che cercavano di fermarlo. Eppure, anche in quel caso disperato, anche senza magia, non si lasciò vincere dalla paura. Sarebbe riuscito a liberarsi in un modo o nell'altro anche a costo di farsi portare fin da Bia e poi colpire proprio lui!

Non si accorse che qualcuno era arrivato nel recinto.

Una voce femminile stava urlando qualcosa. "Che state facendo?! Fermi! Fermi, così lo uccidete... Ah!"

Lin?

"Sparisci, umana!"

Sothis non poteva vederla, ma riconobbe la voce di Lin. Era arrivata a passo lento, fin quando nell'oscurità non si era accorta di cosa stava succedendo. Quindi era entrata di corsa nel recinto e aveva tirato la tunica del dio che stava trattenendo Sothis con la cintura, ma quello si era girato con uno scatto fulmineo e l'aveva colpita. 

La donna umana era caduta e si era allontanata strisciando nel fango calpestato dagli zoccoli, lo stesso fango che copriva anche Sothis. Sanguinante e confusa era uscita dal recinto, borbottando piano, con la bocca piena di sangue: "Aiuto ... C'è qualcuno? Aiuto?" Ma la sua voce era bassa e rauca a causa del colpo ricevuto e anche quando barcollò tra le tende, nessuno la sentì.

Sothis, nel frattempo, svenne.

Proprio mentre i  movimenti di Sothis si facevano più lenti e il suo viso sempre più rosso, Lin aveva visto una tenda, molto distante da lei, verde e bianca. Ignorando il dolore si mise a correre goffamente e precipitò dentro la tenda come se qualcuno l'avesse lanciata. 

Finì per svegliare la maga al suo interno, che urlò spaventata.

Pochi attimi dopo, Sothis riprese conoscenza quando la cintura gli fu staccata dal collo. Si era slegata magicamente ed era volta via. Mentre tossiva per riprendere fiato, con i polmoni che bruciavano come se fossero stati pieni di fumo bollente, Lin gli fu vicino. 

"Sothis?! Sothis, stai bene? Stai bene?"

Il nysa riaprì gli occhi offuscati e riuscì a vedere Lin, sporca e sanguinante vicino a lui che piangeva terrorizzata. Provò a parlarle ma dalla sua gola uscì solamente un sibilo gracchiante.

"Mia signora, Sothis ..."

Confuso, Sothis non riuscì a sentire altro. La sua mente tornò lentamente a funzionare e si voltò, con un dolore pungente che gli percorse il collo e tutta la testa riverberando fino ai suoi occhi come se avesse un chiodo piantato nel cranio. 

Vide che c'era una donna tra loro e sei uomini. Aveva lunghi capelli bruni e una tunica da notte. I piedi nudi erano sporchi di fango ma la mano che aveva teso in avanti era illuminata da una luce verdina.

"Spostati, maga", stava dicendo il capo della banda. "Non sono affari che ti riguardano".

"Forse non riguardano me, ma riguarderanno il principe Laran non appena lo troverò!", rispose Sibil con vece tremante. Aveva paura, ma rimaneva ferma per difendere i due schiavi.

"Il nobile Bia ci ha ordinato di portargli il nysa".

"Il nobile Bia non ha il potere per ordinare una cosa simile", la piccola maga tremò più forte, il nome di Bia riuscì a pronunciarlo a fatica.

"Vattene, non sono affari tuoi!"

"Prova a obbligarmi". Sibil alzò anche l'altra mano. "Provaci!"

Sothis sapeva che la maga non era abbastanza forte da scacciare quei sei dei, uomini e soldati, tutti insieme. Poteva sentire il calore della sua magia circondarli, ma era come una piccola fiammella, non era affatto il fuoco adatto a una battaglia.

Uno degli uomini fece un passo avanti, ma il loro capo lo fermò alzando il coltello insanguinato. "Aspetta" disse. "Se ferisci una maga, Isid potrebbe arrabbiarsi".

"E allora? Chi se ne importa ..."

Il capo diede un calcio all'uomo che aveva risposto. "Chi se ne importa? Lo sai chi è Isid? Bia ci uccide tutti se Isid viene da Olimpia fin qui solo perché hai alzato le mani su una maga! Il re darebbe ragione alla donna, non la conosci la legge?". A quel punto i sei uomini si guardarono tutti tra di loro, guardinghi e indecisi. Poi il loro capo abbassò la mano armata e fece un sorriso che nascondeva tutta la sua rabbia. "Per questa volta vinci tu, ragazzina".

Si voltò e se ne andò insieme ai suoi. I loro passi facevano un rumore umido e sgradevole sul fango battuto del recinto.

Sibil, ancora tremante per la paura, abbassò le mani e ritirò la sua magia. Si voltò verso i due schiavi a terra e dopo un momento in cui cercò di ricacciare indietro tutte le sue emozioni, si chinò per aiutare Lin a mettere in piedi Sothis.

"Verso la mia tenda. Sbrighiamoci".

Silenziosamente, in tre, sporchi e spaventati, si affrettarono a entrare nella piccola tenda di Sibil, dove la maga fece stendere Sothis sulla sua branda.

"Mia signora... Lo volevano uccidere... Lo avrebbero ucciso... Potevano..."

"Va tutto bene". La maga strinse le mani di Lin. "Sei stata brava. Anzi, sei stata bravissima".

"Ma il principe, Bia... Loro..."

"Ecco, fa silenzio. Si sistemerà tutto". Sibil poggiò una mano sul viso di Lin e una soffusa luce verde si irradiò dal suo palmo. In pochi attimi, la ferita sul viso della donna si richiuse completamente. A quel punto la maga andò verso uno scrigno e prese un panno pulito e una piccola fialetta di colore viola. "Bevi questo. Ti farà sentire subito meglio".

Annuendo velocemente, Lin bevve la pozione mentre Sibil le puliva il viso dal sangue. Sothis osservò mentre Lin pian piano si calmava e si rilassava.

"Meglio?"

"Sì... Molto" Lin stringeva la fiala vuota ma aveva lo sguardo un po' annebbiato. "Mi sento la testa leggera come se stessi galleggiando".

"È normale. Ora puoi fare una cosa per me, Lin?"

"Sì ...?"

"Va' a chiamare Laran".

"Oh" Lin batté più volte le palpebre e annuì "Sì ... Laran. Laran può aiutare".

"Brava".

L'umana uscì dalla tenda e Sothis e Sibil rimasero da soli. Con la voce ancora gracchiante, il nysa disse: "Una pozione calmante è troppo forte per un essere umano. Mhmm" si schiarì la gola tossendo. "Dovevi diluirla".

"Sì, non ci ho pensato". La maga si passò le mani fra i capelli, tornando a guardarlo. "Hai ragione. Aspetta. Posso farti sentire subito meglio".

Andò verso un altro scrigno sigillato senza nessuna cerniera o toppa. Lo aprì recitando un incantesimo ed estrasse un pomo d'oro. Quando Sothis lo vide, fu attraversato da diverse sensazioni tutte insieme.

Per prima cosa arrivò il sollievo: con un morso di quel frutto ogni dolore sarebbe sparito in pochi attimi e anche solo la promessa di stare meglio già gli faceva dimenticare quello che il suo corpo sentiva. Subito dopo arrivò il ricordo dell'unica altra volta che aveva assaggiato uno di quei frutti e la sensazione di sconfitta e di umiliazione che aveva provato mangiando come un animale dal palmo del suo padrone. E poi, alla fine, tornò con il pensiero a Laran.

Laran, che aveva detto che sarebbe stato al sicuro e invece non aveva affatto il potere di promettergli qualcosa del genere. Gli aveva mentito.

Sirio era quasi morto pensando di dover rispettare la volontà di qualcuno che gli aveva impedito di avere armi, gli aveva impedito di potersi difendere, con la scusa che non ne aveva bisogno perché già al sicuro. Già protetto.

Balle!

Si era fatto frenare dal pensiero che difendersi avrebbe significato mettere in difficoltà Laran! Che idiozia! Avrebbe dovuto ucciderli tutti, loro, Bia, Laran, tutti quanti!

Sibil – l'unica donna decente che aveva incontrato tra gli dei – si avvicinò per dargli il pomo d'oro, lui lo mangiò in fretta e senza lasciarsi imbambolare dalla sensazione stupefacente che il suo sapore dava. Questa volta non aveva nessuna intenzione di adagiarsi in quel profumo o nel sapore, il sollievo e la sensazione di benessere istantaneo non fecero nulla per calmare la sua presa di coscienza e la sua risoluzione. Gliel'avrebbe fatta pagare! A ognuno di loro!

"Mi dispiace non aver sentito niente", sussurrò Sibil, seduta vicino al letto. "Sarei potuta intervenire prima, invece stavo qui a dormire ..."

"Non è colpa tua" disse Sothis ingoiando l'ultimo boccone del frutto e pulendosi il viso con il dorso della mano. Ogni ferita si era già rimarginata. "Non avresti dovuto darmi il pomo".

"Non mi interessa se la legge dice che non posso. Laran avrebbe dovuto tenerti al sicuro!" Disse con decisione la donna.

"Già", sussurrò invece lui. "Già, avrebbe dovuto".

Il silenzio si fece teso e pesante. Sibil si stropicciava le mani senza sapere cosa dire, ma alla fine chiese a bassa voce: "Perché Bia ti voleva?"

"Non lo so e non mi interessa. Ho accettato questo", indicò il collare, "per un buon motivo e Bia deve potermene dare uno migliore per convincermi a lasciare Laran. Il principe è un idiota ma tra tutti i pazzi in questo accampamento, almeno non ha ancora le mani troppo sporche del sangue della mia gente".

Sibil abbassò gli occhi e disse: "Laran non ha mai ucciso un titano".

"Non ancora". Come io non ho ancora ucciso un principe. Ma sono ogni giorno più vicino a farlo.

Tornarono in silenzio, ma fu subito interrotto dalla voce concitata di Lin che parlava con qualcuno. Subito dopo, l'umana entrò in tenda seguita da Laran i cui occhi si piantarono subito su Sothis steso sul letto e Sibil mezza nuda vicino a lui.

"Vestiti. Se qualcun altro entrasse potrebbe fraintendere", ordinò a Sibil e lei abbassò subito la testa e gli ubbidì, andando a cercare un vestito facile da mettere.

Sothis alzò lo sguardo su Laran, mettendosi a sedere. Aveva sporcato tutto il giaciglio di Sibil di sangue e se fosse stato in grado di farlo, avrebbe cercato di pulire con la magia, ma purtroppo anche quella gli era stata portata via da Laran. La sua rabbia si sedimentò dentro di lui come un cristallo di sale nel mare, che cresce e cresce e diventa sempre più grande man mano che cala la marea.

"Gli hai dato un pomo?" Chiese il dio, con un cipiglio.

"Laran ... Ho dovuto".

Il principe rimase in silenzio e tornò a guardare Sothis, osservandolo dalla testa ai piedi. "Chi erano?"

Quando l'altro rimase in silenzio, fu Sibil a decidere di rispondere. "Non li conosco, ma hanno detto che Bia aveva ordinato di portare Sothis da lui".

Laran annuì con ferma serietà. Il suo sguardo era molto cupo e distante, perso nei suoi pensieri. A Sothis non importava assolutamente nulla di quello che stava pensando. Voleva rimanere da solo con lui per potergli urlare contro o pugnalarono in un occhio così da farlo diventare più simile a suo padre. 

"Lin, dagli una sistemata e non farlo uscire dalla vostra tenda",disse Laran, ma poi si rivolse direttamente a lui. "Mi hai sentito bene? Non devi uscire dalla tenda finché non lo dico io. Se vengo a sapere che te ne sei andato in giro da solo a cercare vendetta risponderai a me, non solo di quello che hai fatto, ma anche di quello che stai pensando di fare".

Sothis non si degnò di rispondergli. Si alzò in piedi e lo superò senza guardarlo una seconda volta.

"Sothis... Aspetta!" Lin gli corse dietro ma lui era troppo infuriato per trattenersi dal pretendersela con Lin, che aveva cercato di aiutarlo come poteva, la povera umana. Lei da sola aveva fatto più del principe degli dei. Strinse i pugni e strinse la mascella, camminando a passo spedito verso la loro tenda e svegliando Elsi quando entrò, infuriato.

L'umano si mise a sedere. "Ehi... La miseria!? Che ti è successo?"

"Elsi, ehm, va a prendere dell'acqua e del sapone!". Lin entrò subito dopo di lui.

Una volta dentro la tenda, Sothis si ripulì dal fango e dal sangue. Dovette strofinare bene in ogni angolo del suo corpo e in ogni nodo dei suoi capelli per cacciare via l'odore di sangue e di cavallo ma quando ci riuscì andò a stendersi sulla sua branda. I due umani avevano cercato di aiutarlo ma vedendolo silenzioso e nervoso, decisero di non intromettersi. Tanto meglio. Lin aveva cercato di spiegare cosa era successo a suo fratello, parlando a bassa voce nel buio, forse sperando che Sothis stesse già dormendo.

Sentire la storia raccontata così, da qualcuno che l'aveva solo vista e non vissuta come lui, lo fece imbestialire ancora di più. Elsi faceva domande preoccupate, la sua voce era diventata acuta dopo aver saputo dell'aggressione. Due umani e una maga si erano almeno degnati di avere un po' di compassione per lui, almeno.

Non che volesse compassione da Laran, non gli serviva. Anche se il principe avesse dimostrato un po' di preoccupazione non avrebbe saputo cosa farsene. Una piccola parte di lui ammetteva che un po' l'avrebbe apprezzata, ma se anche Laran fosse accorso in lacrime a consolarlo come un frae che aveva perso di vista suo figlio in una folla, non avrebbe fatto differenza.

Sothis, il giorno dopo, non uscì dalla tenda e rimase chiuso lì dentro, mentre Elsi e Lin facevano il loro lavoro, a rimuginare su quello che era successo. Non aveva dormito e ogni momento che passava il suo risentimento cresceva, insieme alla sua paura. 

E se Laran avesse deciso di cederlo a Bia? Avrebbe potuto risolvere la situazione abbassando la testa e cedendo all'altro dio per evitare nuovi conflitti. Una creatura senza coraggio, né dignità né spina dorsale lo avrebbe fatto e Laran era esattamente così!

Fu solo la sera, quando il sole era già calato completamente all'orizzonte, che Lin gli diede il solito vassoio con la cena e gli disse: "Laran vuole che tu vada da lui. Portagli questo nel frattempo".

Il nysa non se lo fece ripetere due volte e si incamminò verso la vicina tenda dell'altro. 

Quando vi entrò, c'era quella orribile donna che stava baciando Laran davanti al focolare. Lo stringeva, stava sulle punte per raggiungere la sua altezza, aveva le mani nei suoi capelli. Sothis avrebbe fatto un lamento disgustato, se non fosse pronto a scattare alla minima provocazione e quella orrenda femmina non era da sottovalutare: era meglio non incrociare il suo sguardo o avrebbe capito che meditava qualcosa.

Così andò al tavolo e poggiò sonoramente il vassoio d'oro, facendo tintinnare tutti i piatti e i bicchieri. I due dietro di lui si separarono con uno schiocco umido e Sothis nascose una smorfia.

Passò un momento di silenzio che non seppe come trascorrere. Decise allora di spostare tutti i piatti dal vassoio, anche se non era necessario, almeno per far finta di essere occupato. Sentì gli altri sussurrarsi qualcosa e alla fine la donna disse: "Non devi preoccuparti di lui".

Lui chi? Sothis? Ci pensò nel frattempo che la donna se ne andò, facendo fluttuare i lembi dell'apertura della tenda. Strinse le labbra e si voltò brevemente per vedere Laran che giocherellava con l'anello uguale al suo collare mentre guardava dentro il fuoco, sovrappensiero.

"Che cosa hai detto a qui soldati per farli arrabbiare tanto da farti quasi uccidere?"

Sirio rizzò la schiena.

Tornò a guardare verso il vassoio, troppo umiliato e arrabbiato per mantenere le apparenze. Non c'era nessuna maschera che poteva reggere, nessun obiettivo secondario. Al diavolo Sothis, al diavolo Olimpia e il Lyris, al diavolo Laran.

Sirio afferrò il coltello dal vassoio, si voltò e diede un calcio a Laran.

Quello, rimbambito dalla sorpresa, cadde all'indietro sul suo letto, ma andò con una mano per afferrare Durlan, lasciata al suo fianco. Sirio non glielo avrebbe permesso. Gli si mise sopra, a cavalcioni, e poi gli afferrò il polso teso e lo ritorse per fermarlo contro il materasso. La mano libera di Laran corse alla sua, quella armata, ma Sirio fu abbastanza veloce da premere la lama del coltello contro la vena pulsante del collo di Laran. L'altro gli afferrò il polso e cercò di spingere via il coltello, ma la forza della pressione di Sirio era abbastanza da far scivolare il filo della lama.

Un taglio dorato si aprì sulla sua pelle bianca e Laran si fermò, consapevole che un movimento sbagliato avrebbe permesso a Sirio di tranciargli la carotide.

Rimasero immobili, ansimando forte. Sirio stringeva il polso di Laran e lui stringeva il suo.

Passò un lungo silenzio.

"Non fare pazzie", disse il principe.

Sirio avvicinò la testa alla sua e sibilò tra i detti: "Non sono io quello che deve fare attenzione a quello che fa". Spinse il coltello contro Laran e l'altro strinse il suo polso. Sirio osservò come la paura attraversò per un attimo il volto di Laran, prima di sparire dietro il suo sguardo marmoreo.

"Se mi uccidi morirai anche tu".

"E pensi che me ne importi qualcosa?" Erano così vicini che stavano sibilando come due serpenti invece di parlare come persone. "Ci godrei davvero tanto a vederti morto, in questo momento. Me ne andrei felice e soddisfatto all'altro mondo. Non ho niente da perdere, al contrario di te".

"Sposta il coltello. Possiamo parlare..."

"No! Tu non hai capito!" Spinse più forte la lama e Laran fece un gemito dolorante mentre il sangue dorato colava sulle lenzuola. "Non sei nella posizione di chiedermi niente. Mi hai detto che se mi arrendevo sarei stato al sicuro. Me lo hai promesso! Mi hai promesso che sarei stato tuo e che nessuno mi avrebbe toccato, mi hai messo un orribile collare dicendomi che serviva a proteggermi, ma non è servito a niente. Sei debole e sei patetico. Le tue parole e le tue promesse non significano niente e nel momento in cui quello che mi hai detto quel giorno in quella tenda, dopo che hai tagliato le mie corna, tu maledetto bastardo ...", spinse più forte il coltello.

"Fermo!"

"... Nel momento in cui le tue promesse rimangono solo parole, principe Laran, allora il nostro accordo è nullo. Nessuna resa e nessun collare! Non ho bisogno della magia per uccidere te, la tua donna, i tuoi amici, tuo padre, chiunque mi vada, senza che tu possa farci nulla. Mi hai capito? Non mi interessa se Bia è un avversario difficile per te. Ho avuto il rispetto di pensare a te ieri, mentre quasi mi facevo ammazzare perché ho prestato fede a quello che mi hai ordinato di fare, mentre tu invece non mantieni la tua parola. Fanculo Bia e tuo padre, mi devi ripagare per quello che è successo. Se mi vuoi dare a qualcun altro per liberarti di me ..."

"Non lo farò" disse Laran con sicurezza. "Non è quello che voglio fare".

"Parole, tante parole vuote" soffiò Sirio sul suo viso, a poca distanza da lui. "Non me ne faccio nulla".

"Devi darmi tempo".

"Tempo?"

"Ti dimostrerò che mantengo le mie promesse, nysa, ma devi darmi il tempo di farlo succedere".

Si guardarono in cagnesco. Lo sguardo di Laran era sicuro e serio, disinteressato alla ferita aperta in cui Sirio teneva premuto il coltello. 

Cercò in quello sguardo cristallino il segno di una menzogna o di un raggiro, ma non ne trovò nessuna. Laran stava dicendo il vero, oppure era tanto stupido da credere che qualsiasi cosa volesse fare sarebbe stata abbastanza.

Sirio strinse i denti e poi lasciò andare il coltello.

Laran lo afferrò subito e lo lanciò lontano dal letto, senza lasciare la presa su Sirio. Lo strattonò e le loro posizioni si invertirono. Il letto di Laran era morbido e soffice, ma Sirio non era in grado di godersi quella sensazione, in quel momento. Piccole gocce dorate gli caddero sul petto scoperto, gocciolando dal collo di Laran. Quando l'altro gli fu addosso, lo tenne fermo contro il materasso stringendogli entrambi i polsi sopra la testa. Dal suo sguardo, Sirio poteva capire che aveva davvero temuto per la sua vita.

Bene, voleva dire che aveva preso sul serio ciò che Sirio aveva detto.

"Risolverò questa situazione in modo che vada bene anche a te" disse. "Tuttavia, non lascerò correre quello che hai appena fatto".

Sirio scoppiò a ridere. "Pensi di farmi paura? La cosa peggiore che potevi farmi l'hai già fatta! Non ho paura delle tue punizioni, Laran".

"Non hai la minima idea di quello che posso fare".

"Hai ragione, non ce l'ho", Sirio piantò i suoi occhi in quelli dell'altro. Era immobile e non cercava di liberarsi. "Perché tu puoi farmi tutto quello che vuoi, ma sappiamo che non lo farai. Mi ricordo il tuo sguardo, quando mi hai tolto il primo corno. Non me lo scorderò mai. Lo hai fatto, ma non volevi. Sei venuto da me con un pomo, per scusarti. Tutte quelle cose che puoi farmi... Non le farai. Quel giorno hai promesso a te stesso che non le avresti fatte". Sirio sorrise trionfante, quando vide negli occhi dell'altro l'angoscia di qualcuno che viene smascherato. "Se le farai, mi darai ragione, Laran. Le tue promesse non valgono a nulla".

Il dio si separò da lui. Si alzò in piedi e si allontanò come se Sirio possedesse un'arma invisibile ben peggiore del coltello che aveva brandito prima.

"Vattene", gli disse, mentre lui si rimetteva a sedere sul letto per guardarlo in faccia. "Sparisci!"

Sirio si alzò con lentezza, stiracchiò le coperte stropicciate del letto e se ne andò senza guardarsi indietro. 

Note: Ecco qui, Laran se l'è vista brutta. Sirio non ci sta molto con la testa. Nel prossimo capitolo Laran proverà a farsi perdonare, opponendosi a Bia. Come farà? Aggiornamento la settimana prossima! 

Fortsätt läs

Du kommer också att gilla

2.6K 104 37
Meadow Black è tranquilla, schietta e protettiva nei confronti di chi le è più vicino. Le sciocchezze non sono nel suo vocabolario. Per tutta la vita...
112K 3.6K 44
"Io vedo il cielo nei tuoi occhi" Timida ed introversa, questa è la perfetta definizione di Maya, una diciannovenne alle prese con una migliore amica...
56.7K 2.1K 49
La guerra contro Gea è conclusa e i semidei possono avere finalmente un po' di pace, o almeno in apparenza: i ragazzi del Campo Mezzosangue e del Cam...
318K 14.6K 32
Fra le atrocità commesse dall'animo umano, spesso si dimentica la più crudele rivolta al genere femminile: la caccia alle streghe. Perdurata per seco...