"Il dolore non é altro che la sorpresa di non conoscersi"

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" Il dolore non é altro che la sorpresa di non conoscersi"

Leggo distrattamente questa poesia di Alda Merini, mentre il mio sguardo è rivolto ancora una volta al parcheggio sottostante la clinica.

Chi sa quali storie possono raccontare le persone che vedo parcheggiare, alcune delle quali sono davvero molto buffe, portano con sé molte valigie come se  un viaggio meraviglioso le stesse aspettando.

Altri invece hanno optato per mini valigie, forse per tenersi stretta la speranza  che in pochi giorni  la loro vita  sarebbe tornata alla normalità, lontano da questo posto e da ciò che rappresenta.

Mi sono concentrata sulle valigie per non pensare che a prescindere dal loro bagaglio, queste persone sentono esattamente ciò che  ho provato io quando ho varcato per la prima volta il cancello bianco della clinica.

Smarrimento, paura, incredulità senso d'impotenza per quello che rappresenta l'ospedale, o nel mio caso per quel referto medico dato con troppa facilità, dimenticando che a riceverlo c'era solo una ragazza spaventata.

Quando sono entrata in quel parcheggio due mesi fa con mia mamma, non credevo che la nostra vita venisse catapultata in un baratro ancora più buio e profondo, dove ogni speranza è stata immediatamente tramutata in una vana illusione.

Molto presto quelle piccole valigie che erano con noi sono diventate  tutto ciò che ci lega alla nostra casa, ai nostri ricordi e ai nostri affetti.

Avevo portato con me sogni e speranze non ancora realizzati che probabilmente sarebbero rimasti nel fondo di quelle borse ancora per molto tempo.

Il mio sguardo è ancora rivolto a quel parcheggio, dove auto e persone si incrociano senza tregua, ma nulla riesce a distogliere i miei pensieri negativi.

La sveglia impostata squilla facendomi sobbalzare, e mi accorgo che è proprio ora di tornare in reparto.

Mamma potrebbe avere bisogno di me, e di quella maschera di gioia e tranquillità che indosso sul mio viso e sul mio cuore per rassicurarla che tutto andrà per il meglio.

"L'ho rifatto"

Mi urlo parlando da sola.

"Parlo senza sosta, senza poter dare un senso compiuto ai miei pensieri."

Forse sarebbe giusto presentarmi, visto che non ho ancora avuto modo di farlo.
Mi chiamo Alessandra e ho 26 anni sono nata in quella che poeti e scrittori hanno definito la città più bella del mondo, la mia stravagante e meravigliosa Napoli.
Ma la vita mi ha fatto navigare in luoghi in cui non avevo mai immaginato di poter approdare, infatti ormai da sei anni studio e lavoro a Milano.

Frequento l'ultimo anno della Bicocca l'università che per antonomasia è la più prestigiosa, per far diventare giovani ragazzi e ragazze come me, i medici del futuro.

Questo corso di laurea è a numero chiuso ed è davvero difficile entrarvi essendo riconosciuta come migliore università italiana per studiare medicina.
Ma grazie ai miei voti ho avuto una borsa di studio che mi ha permesso di cogliere questa opportunità.

La passione per la medicina non è nata con me, anzi da piccola volevo fare tutt'altro.
Ero indecisa se fare la ballerina o la principessa indiana, ma all'età di otto anni  papà  mi fece uno scherzo crudele si ammalò di cancro.

Una malattia terribile che lo ha consumato nel fisico ma sopratutto ha torturato la sua mente.
Era consapevole che in poco tempo avrebbe lasciato me e la mamma completamente da sole, e questo lo ha tormentato fino al suo ultimo respiro.

Ma la malattia di mio padre non è stata clemente, nemmeno con mia mamma, che di colpo si è trovata a doversi assumere la responsabilità di un capofamiglia, di un infermiera, di una madre e di tanti altri ruoli che ha dovuto mettersi addosso per non far andare alla deriva quello che rimaneva della sua famiglia.

Succede all'improvvisoWhere stories live. Discover now