Chapter XXII: the greatest fan

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-mi troverai da solo a mezzanotte
nella mia testa, che cerco di sistemare le cose-

Storyteller's point of view

Two days before

Joya

Joya. una delle città più importanti del continente, piena di aziende, opportunità lavorative e sede di una delle squadre più potenti del campionato. Nicolas aveva sognato quel momento fin da quando ne aveva memoria, ma quando mise piede fuori da quell'aereo e quel caldo torrido lo investì come se fosse nel bel mezzo di un deserto, capì subito che quel posto gli avrebbe fatto altamente SCHIFO.

Nicolas si fermò per un istante sotto quel cielo limpido e caldo, guardando verso l'alto. Gli venne subito in mente casa sua, la sua Anna, la sua scuola e si rese conto che, per un po' di tempo, ancora da definire, non avrebbe potuto ritornare da tutto ciò che amava.

Strinse forte la spallina del suo zaino, e si fece guidare verso l'affollatissimo aeroporto centrale. Il viaggio era stato lungo e stancante, non aveva fatto altro che pugnalarsi e piangere sul suo sangue. Non aveva niente in mente tranne che la sua ragazza, ed il fatto che il suo telefono non fosse autorizzato più ad usare quel numero per chiamare le persone, lo stava già uccidendo dentro.

Gli avrebbero fornito entro 2 giorni un numero nuovo, fino a quel momento, però, il suo telefono era inutilizzabile. La rabbia che aveva provato quando l'aveva scoperto non era spiegabile, ma avrebbe dovuto accettare la cosa, così come tutte le altre.

Il jet lag lo stava tartassando psicologicamente, si sentiva stanco e tremendamente spossato. L'unica cosa di cui aveva bisogno era una lunga dormita in quel che sarebbe stato il suo letto per tutta la sua permanenza.

La differenza di ore tra la sua città e dove si trovava in quel momento era di 16 ore, e non erano poche per uno che era abituato a dormire fino ad ora di pranzo con il suo normale orario.

Così, purtroppo, Nicolas si ritrovò a dover camminare come uno zombie totalmente sotto depressione, con due occhiaie marcate ed il cuore a pezzi, verso il ritiro dei suoi due bagagli stracolmi di roba che sua madre aveva accuratamente preparato per lui.

Fortunatamente, nonostante l'affollamento e il fastidioso brusio che regnava sovrano in quel cazzo di posto, Nicolas riuscì a recuperare velocemente le sue due valige avvolte in una pellicola di plastica e fiscalmente etichettate. Sbuffando le riprese, e, seguendo le istruzioni di quanto gli era stato detto al telefono pochi giorni prima, si avviò verso l'uscita principale di quell'edificio che avrebbe tranquillamente potuto essere definito un labirinto.

Nicolas non si risparmiò qualche occhiata strana alla gente del posto, che reputava troppo strana per i suoi gusti e con abitudini e modi di fare completamente opposti a quelli a cui era abituato. Lì si sentiva un estraneo, non si sentiva a casa, e per questo sentiva una rabbia dentro inaudita.

Se solo ci fosse stata Anna con lui sarebbe andato tutto a meraviglia, lei avrebbe sorriso, gli avrebbe stretto la mano e avrebbe fatto commenti carini su quella gente. Al contrario di Nicolas, che, senza di lei, sapeva solo pensare negativamente.

Come d'accordo, all'entrata vi era un uomo sulla trentina, vestito come un pinguino, che lo stava aspettando. Come faceva a sapere che fosse lì per lui? Il cartello con stampato a caratteri cubitali il cognome "FULLBUSTER" parlava chiaro.

Non era un buon inizio per Nicolas. Era incazzato. Si tolse a malavoglia le sue cuffiette, e fissò l'uomo che, con un paio di ridicoli occhiali da sole sul naso, gli stava sorridendo in modo freddo.

<<Signor Fullbuser, è un piacere averla qui. Sono il signor Miller, sono incaricato di accompagnarla ai suoi alloggi e di rispondere alle sue richieste...in quanto suo manager, come già sa>> disse, porgendogli la mano ed abbassando quello stupido contrassegno.

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