III. La Sconcertante Notizia

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C'era un motivo ben preciso se Ravenna detestava i suoi compagni di classe

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C'era un motivo ben preciso se Ravenna detestava i suoi compagni di classe. Non era il loro modo di vestirsi o di parlare, a darle sui nervi: quelli erano dettagli superficiali, che ben poco avevano a che fare con la vera natura di una persona. Dopotutto, non si possono indovinare le prestazioni di un'automobile solo guardandone la carrozzeria.

Quello che Ravenna davvero non sopportava dei suoi compagni era il continuo spregio di tutto e di tutti. Diletta, con quei suoi graziosi occhi turchini, era in grado di farti sentire fuori posto come una blatta in cucina. Cesare, che pure non era molto attraente, catalogava le ragazze in base al loro aspetto fisico. Lavinia aveva per ciascuno un sorriso dolce e un commento amaro. E questo perché loro erano ricchi e tutti gli altri no.

In realtà, Ravenna non sapeva perché aveva deciso di accettare il loro invito, tanto più che si trattava di un rave party. La tristezza doveva aver avuto la meglio sul buon senso, perché quella sera, dopo che Dolores era partita, lei aveva cercato di distrarsi in tutti i modi. La verità era che Ravenna si sentiva sola, irrimediabilmente sola. E quindi sfoggiare i suoi nuovi capelli lilla a una festicciola illegale a San Lorenzo le era sembrato un ottimo stratagemma per esorcizzare il dolore.

Non appena aveva messo piede nel seminterrato incriminato, però, si era pentita della sua scelta. Tanto per cominciare nessuno aveva commentato né la sua tinta, nè il suo costume, e questo l'aveva molto indispettita. In secondo luogo, la serata stava andando di male in peggio. Poco dopo il suo arrivo, gli altri ragazzi si erano allontanati con la scusa di andare a prendere qualcosa da bere, ma da quando erano spariti in quel mare di facce pitturate, capelli annodati e vestiti sgargianti, Ravenna non li aveva più visti. Era rimasta seduta su una poltroncina laterale di pellame nero e consunto, in attesa per almeno mezz'ora. Ravenna sapeva che non sarebbero tornati.

Sapeva anche che, arrivata a quel punto, non c'era modo di svignarsela e tornare a casa senza che i suoi si accorgessero della sua bravata. E quando l'avrebbero fatto - perché l'avrebbero fatto - Ravenna sarebbe rimasta segregata in casa per sempre.

"Tanta fatica per niente."

La ragazza affondò nello schienale della sua seduta e tirò un lungo sospiro. L'aria era satura di vapori: fumo, sudore e qualcos'altro di più pesante e dolciastro che le faceva girare la testa.

Lo stanzone in sé e per sé era brutto, composto da quattro pareti ingiallite e da un soffitto di nude travi grigie, ma gli organizzatori della serata si erano dati da fare per renderlo un tantino più presentabile: c'erano ragni e ragnatele che penzolavano dal soffitto, gambe viola di mostri pelosi che spuntavano sotto alle sedie, scheletri di plastica annidati nei posti più impensabili e inquietanti pagliaccetti a molla che si azionavano all'occorrenza per spaventare i passanti. Una miriade di festoni correva da un capo all'altro della stanza, proiettando ombre di fantasmi, zucche, pipistrelli, mummie, ranocchie, serpenti e altre creature ancora, fino a perdere il conto. Per concludere, luci psichedeliche danzavano nell'ombra, illuminando ora un volto trasognato, ora uno sfigurato, in un valzer grottesco e impudente di corpi e travestimenti addossati gli uni agli altri, caldi da alzare la temperatura senza bisogno dell'aria condizionata.

Malva e PauraTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon