«D'accordo.» Immagino Evan annuire alle mie parole, poi lo sento sospirare nuovamente.

«Quattro giorni Mia, non dimenticartelo.»

Lascio cadere l'iPhone sul divano e nemmeno mi preoccupo di leggere i messaggi che nel frattempo mi sono arrivati. Preparo semplicemente del caffè per distrarmi; sto trattenendo le lacrime e me ne accorgo solo perché deglutendo, il groppo in gola mi dà terribilmente fastidio. Eppure nemmeno il caffè riesce a calmarmi, ho le guance in fiamme e spero con tutta me stessa che non mi venga la febbre proprio ora.

La porta di Harry la sento sbattere di nuovo, ma questa volta sono abbastanza svelta da raggiungere la mia per uscire sul pianerottolo; Harry lo trovo già lì, pronto a bussare. Non è però il solito Harry, è agitato e sembrerebbe pronto a distruggere qualsiasi cosa gli si pari davanti.

«Ciao Harry.»

Cerco di incrociare il suo guardo, ma i suoi occhi sono cupi al momento e non ho idea di che cosa possa essere successo; ha la mascella contratta e le sopracciglia incurvate. È qualcosa che dura però appena qualche secondo perché quando finalmente i suoi occhi verdi incrociano i miei, sembra rilassarsi; mi faccio da parte per lasciarlo entrare.

«Ciao.»

«Va tutto bene?» Domando poi, osservando il parka che ancora indossa, come se fosse in realtà pronto per uscire. Harry incrocia velocemente le braccia al petto prima di annuire.

«Sì» replica piuttosto bruscamente, chiaro segno che in realtà mi sta mentendo. «No, per niente. Ti va di accompagnarmi in un posto?» Harry non ha voglia di parlarne a quanto pare, ma annuisco comunque.

«Dove andiamo?» Domando, recuperando la giacca dall'appendiabiti.

«Appena fuori città, devo recuperare una cosa.» Replica semplicemente.

«Esaustivo come sempre.» Borbotto, allacciandomi la giacca fin sotto al mento; quando alzo lo sguardo, lo trovo più vicino del previsto.

«Hai le guance rosse» afferma, sfiorandomene una con la punta delle dita; non sono poi sicura che i brividi appena avvertiti siano colpa dell'imminente influenza o semplicemente sono frutto del suo tocco. «Hai mica la febbre?»

«No, niente febbre, tranquillo» replico velocemente, abbassando appena lo sguardo. «Sto bene.»

Scendiamo le scale in silenzio e quando passiamo accanto alla parete delle buche delle lettere, lo vedo serrare la mascella; non dice niente, apre semplicemente il portone di fronte a noi, tenendolo affinché io possa uscire per prima.

Il parcheggio della palazzina è sgombro, solo la macchina di Harry spicca; la chiusura centralizzata scatta velocemente sotto al suo tocco e questa volta non devo chiedergli di accendere l'autoradio perché è lui stesso a compiere quel gesto, tenendo addirittura il volume più alto del solito, quasi a farmi capire che di parlare non ha per niente voglia.

Scopro da sola che non siamo diretti semplicemente appena distanti da casa, ma realmente fuori città; Harry è concentrato sulla strada da percorrere, ma ha comunque il viso teso e la curvatura delle spalle è un gesto a suo sfavore.

«Zayn mi ha chiamato: dice che posso incontrare sua madre tra qualche giorno.» Apro bocca solo perché di stare in silenzio proprio non ne posso più; Harry abbassa la musica facendomi un debole cenno con il mento.

«Ah sì?» Il suo tono è distaccato e ne resto quasi scottata.

Ha il telefono posato sulle gambe e non perde occasione di muoverlo appena per illuminare il display, come se avesse timore di perdere una chiamata importante. Non lo ha nemmeno collegato all'impianto vivavoce dell'auto.

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