capitolo 19

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Il campanello di casa mi fa sussultare; almeno, do per scontato che si tratti di quello e non qualche altro strano rumore. Quando apro gli occhi sono così disorientata che per un paio di secondi ho quasi paura.

Harry, ancora sdraiato al mio fianco, mormora qualcosa solo per voltarsi dall'altra parte, continuando il suo sonno ristoratore. Impiego qualche istante a rendermi conto che non ci troviamo a Londra, nella mia camera da letto e tanto meno in quella di Harry. Lì, nessuno dei due ha una vecchia macchina da scrivere sul comodino di destra.

Il campanello suona di nuovo, echeggiando fastidiosamente per tutta casa; ho la bocca secca e ho così caldo da avere persino il collo leggermente sudato: Harry mi ha dormito addosso. Mi alzo in fretta, rabbrividendo appena al contatto con il pavimento fresco; la porta la lascio socchiusa, percorrendo poi il corridoio per arrivare nell'atrio: sono più che sicura che sia stato il campanello di casa e non il citofono del cancello.

Devo solo decidere se chi si trova dall'altra parte avrà le sembianze di Evan o di Matt; è quest'ultimo ad apparire e non mi dà nemmeno il tempo di aprire totalmente la porta che mi sta già stringendo in un abbraccio. Mi lascia andare solo per prendermi il viso tra le mani e stamparmi un bacio dritto in fronte.

«Sono passato da Evan, ma non c'eri. Nemmeno lui sapeva dove fossi finita, in realtà. Come al solito il tuo telefono risulta irraggiungibile, però ero sicuro di trovarti qui e...» Matt s'interrompe di colpo, mordendosi il labbro inferiore e fermando il suo interminabile flusso di parole solo per squadrarmi da capo a piedi. «Ho interrotto qualcosa?»

Aggrotto leggermente le sopracciglia a quella sua strana domanda, realmente confusa. Sto persino per rispondergli che non ho ben afferrato quel suo quesito, quando mi rendo conto di avere in realtà i capelli scompigliati, il viso rosso per via del caldo e la spallina della canotta che mi cade lungo la spalla, insieme a quella del reggiseno. Avvampo, realizzando finalmente la sua allusione e scuoto la testa, trattenendo poi una risata.

«No, no. Certo che no; ci siamo addormentati» Matt quasi espira per il sollievo. «Evan e Louis sono a casa?»

«Erano appena rientrati.» Matt si accomoda finalmente sul divano, io invece controllo l'orologio che mi devo essere rimessa al polso dopo la doccia; c'è qualcosa che non va con l'orario ed è ovvio perché Londra e la Florida non sono certo sullo stesso fuso orario.

«Che ore sono?» Domando poi, costringendo Matt a controllarsi il polso.

«Le otto meno venti» replica, mostrandomi il quadrante dorato. «Tuo fratello sarà qui a momenti con Louis... oh, ciao Harry. Ben arrivato in Florida.»

«Matt» Harry lo saluta con un cenno del mento, scompigliandosi poi i capelli più del necessario. «Tutto bene?» Matt annuisce e il suo telefono prende a squillare rumorosamente.

Non sento realmente che cosa stia dicendo o con chi stia parlando: io e Harry abbiamo dormito per quasi tre ore. Mi accorgo che si sta sbottonando la camicia solo per riabbottonarsela correttamente; mi sembrava strano che un lembo potesse essere più lungo dell'altro.

«Arrivano?» È sempre Harry a domandarlo, ma non so bene se si stia rivolgendo a me oppure a Matt, che invece annuisce, posando il telefono accanto a lui.

«Vestiti, tuo fratello vuole portarci a cena.» Sbuffo appena e decido di aver bisogno di fare un'altra doccia, ché fa fin troppo caldo in quel momento.

Di nuovo, ci impiego più tempo del necessario perché quando esco dal bagno, con il solo asciugamano avvolto intorno al corpo, mio fratello borbotta qualcosa dal salotto, alludendo al mio solito ritardo.

Mi accorgo di Harry nella mia stanza solo quando mi chiudo la porta alle spalle per accendere la luce principale: mi dà le spalle ed è chino sul suo bagaglio. Al momento indossa solo dei semplici jeans stretti e sembra alla ricerca di qualcosa per poterli accompagnare.

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