capitolo 12

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Il raffreddore e il mal di testa che mi accompagnano nei giorni successivi all'ultimo dell'anno sembrano non avere nessuna voglia di separarsi da me. In realtà, la colpa è tutta di Niall: ha costretto tutti a uscire di casa per guardare la neve cadere e il sole sorgere.

Non ha però mai fatto realmente i conti né con il freddo pungente né tanto meno con le nuvole a coprire interamente il cielo; di alba non ne abbiamo vista che un misero sprazzo. Niall però era ancora ubriaco e forse nemmeno se n'è reso conto; d'altronde, nessun altro ha avuto nulla da obiettare, quindi so bene di non potergli dare proprio tutta la colpa.

Sbuffo quando, per l'ennesima volta, non riesco a trovare quello che sto cercando da ormai mezz'ora: ho urgente bisogno di un portatile nuovo, non sono più in grado di prevedere la durata di quello attualmente in mio possesso.

Zayn mi ha telefonato appena qualche ora fa, dopo aver estorto il mio numero di telefono da Harry stesso: è riuscito a parlare con sua madre ed è più che disponibile per incontrarmi non appena tornerà a Londra. Tra due giorni.

L'oggetto della mia ricerca non è nient'altro che una cartellina con un paio di modelli che ho abbozzato qualche tempo fa, ma sembrano come spariti all'interno del portatile; Matt non mi risponde al telefono ed è l'unico in grado di spiegarmi chiaramente e con tutta calma come risolvere la situazione.

Sobbalzo sulla sedia quando la porta dell'appartamento di Harry sbatte in maniera più colorita del solito; non ho nemmeno il tempo di uscire e controllare la situazione perché il nome di Evan appare sul display del mio iPhone.

«Evan.» Rispondo quasi sorpresa; il motore della sua auto prende vita proprio in quel frangente.

«Papà torna a casa tra quattro giorni» Evan parla in fretta, quasi non riesco a stare dietro alle sue parole; mi riaccomodo nuovamente per evitare di cadere a terra dallo spavento. «Mi ha chiamato giusto dieci minuti fa.»

«Che cosa?» Replico, con un filo appena di voce.

«Non so quanto tempo rimarrà qui, ma devi tornare.» Evan me lo sta ordinando e lo so bene; io però scuoto la testa.

«No, non posso.» Anche io prendo a parlare in fretta, senza rendermene quasi conto; ho persino alzato il tono di voce, come a non voler ammettere regole diverse.

«Non posso gestire la cosa da solo» mormora Evan. «Una scusa sono anche in grado di inventarla, ma vorrà vederti.»

«Evan, ti prego.»

«Lo so che non vuoi tornare Mia, ma devi farlo» Evan ha abbassato il tono di voce. «Potrebbe rimanere per qualche ora come una settimana intera. Devi tornare e dirgli la verità, non posso coprirti le spalle in eterno. Non così.»

«Ma io...»

«Aspetta un secondo» anche io ho captato il beep di un messaggio arrivato. «Papà: dice che rimarrà solamente un giorno, deve tornare a Singapore per concludere il caso. Vuole cenare insieme a noi, devi tornare a casa Mia. Almeno fino a quando non riparte, poi potrai tornare a Londra e ricominciare la tua commedia.»

«Non puoi chiedermelo sul serio.» Stringo il pugno così forte da sentire quasi male.

«Non sono io a chiedertelo.» Replica mio fratello, in un sospiro.

«Che cosa dovrei fare?»

«Compra un biglietto aereo, cena con noi e fingi che vada tutto bene. Ripartirai non appena papà sarà salito nuovamente sull'aereo.» Evan parla come se fosse la conclusione di un piano studiato ad hoc. «Ti prometto che Josh non verrà a sapere del tuo ritorno.»

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