CAPITOLO 3

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Osserviamo la scena in silenzio tenendo sempre d'occhio l'S.I., dopo aver ascoltato la storia eravamo tutti stupiti e temevamo che Elizabeth potesse agire in modo sbagliato.
Invece sta mantenendo il controllo, si asciuga le poche lacrime scese e alza la testa con uno sguardo così freddo e arrabbiato che fa venire i brividi anche a me.
Inizia a parlare, a sfidare l'assassino facendogli capire che in qualsiasi modo lui agisca saremo sempre noi i vincitori.
Martin Frick abbassa lievemente la spada e dallo sguardo sembrerebbe si stia arrendendo, velocemente cambia direzione provando a colpire Elizabeth, ma lei è molto più veloce e si sposta ferendosi solo alla spalla la quale inizia a sanguinare copiosamente.
Velocemente mi sposto verso destra per evitare di ferire Elizabeth e sparo colpendolo in fronte. Il suo corpo cade a terra facendo un tonfo che mette i brividi, ma la mia concentrazione è tutta sulla figura della mia collega che, tenendosi la ferita con una mano, cade sulle ginocchia con sguardo perso, come se non fosse più qui con noi con la mente.
Corro verso di lei e la prendo in braccio a mo' di sposa, sento che si abbandona al mio corpo come se fosse senza forze, sicuramente dovuto dallo stress e dalla perdita i sangue.
-"Elizabeth rimani sveglia, non chiudere gli occhi!" affermo, ma è come se non mi sentisse.
Hotch chiama i soccorsi mentre io inizio a salire le scale per portarla fuori e facilitare l'arrivo dei medici. Esco e mi avvicino a un'ambulanza posizionando la ragazza nelle mie braccia sul lettino, subito le mettono la mascherina dell'ossigeno e le controllano il battito cardiaco.
-"Io vado con lei, vi scrivo dopo in che ospedale ci troviamo" dico avvisando la squadra che è appena uscita dalla villa.
-"Va bene va'... fa' attenzione" mi risponde Hotch facendomi un sorriso alla fine.
Corro verso il veicolo e ci salgo sedendomi accanto al lettino dove è stesa Elizabeth prendendole la mano.
Sono abbastanza preoccupato per lei, fin da subito c'è stato un legame amichevole forte tra noi; avevo già capito che qualcosa non andava quando l'ho vista piangere in aereo, ma non pensavo tutto ciò.
Arriviamo all'ospedale e la portano in una sala per fare dei controlli, medicare e immagino anche mettere dei punti sulla ferita.
Leggo il nome e lo scrivo ai ragazzi che dopo circa mezz'ora arrivano sedendosi intorno a me nella sala d'aspetto.
-"Saputo qualcosa?" chiede JJ
-"Niente. Appena arrivati sono entrati in quella sala" dico indicando la porta di fronte a noi -"e non mi hanno detto niente" rispondo io
-"Vedrai che starà bene. Sicuramente è stato solo lo stress del momento, tempo un po' di giorni e sarà come nuova. È una donna forte" mi consola Hotch, proprio come farebbe un padre con il proprio figlio.
Pochi minuti dopo passati a conversare e a ridere cercando di smorzare la tensione vediamo la porta aprirsi e la barella con sopra Elizabeth venir portata in un'altra stanza.
-"Mi scusi" richiama Hotch l'attenzione di un'infermiera -"possiamo vedere la paziente Elizabeth White?" chiede dopo che essa si sia girata ascoltandolo.
-"Certo, è stato solo uno svenimento dovuto dallo stress e dalla grande perdita di sangue, ora sta dormendo, ma le farà bene avere accanto delle persone che la possono supportare" risponde lei dedicando a tutti noi un sorriso caloroso alla fine.
Ci avviamo verso la porta e la apriamo entrando dentro.
Lei è distesa sul lettino bianco con tutti i capelli sparpagliati sul cuscino, addosso ha una camicia da notte di quelle tipiche d'ospedale, ha la flebo al braccio e la sua spalla sinistra è fasciata con della garza.
Ci sediamo sulle sedie all'interno e ci rimettiamo a parlare in modo da farle sentire che noi per lei ci siamo.
L'orario di visite finisce e rimaniamo io e Reid per il turno notturno mandando tutti gli altri a riposare in hotel.
Continuiamo a parlare addormentandoci poco dopo sulle sedie.
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-"Morgan, Reid" sento qualcuno scuotermi
-"Mmmmh" rispondo io mugolando
-"Dai ragazzi svegliatevi" riconosco la voce di JJ e apro gli occhi lentamente ricordando dove sono e perché, lancio uno sguardo al lettino e la vedo sempre lì nella stessa posizione.
Mi metto seduto bene e faccio un sorriso alla squadra.
Sto per parlare ma vengo interrotto da alcuni mugolii sospetti, tutti noi ci guardiamo con sguardi confusi per poi voltarci verso Elizabeth, la quale sta cercando di tirarsi su senza ricordarsi della spalla ferita.
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Ricordo poco di quello che è successo dopo esser stata ferita, era tutto così confusionario.
Percepisco di essere stesa su un letto ma non capisco dove mi trovo, faccio un respiro profondo e l'odore di disinfettante mi entra nelle narici bruciando leggermente, comprendo quindi di essere in ospedale.
Apro lievemente gli occhi e mi guardo intorno sentendo delle persone parlare, abbasso lo sguardo e vedo la squadra al completo chiacchierare tra loro, sono contenta siano qui.
Provo a tirarmi su, ma un dolore fortissimo alla spalla mi fa mugolare attirando così l'attenzione su di me.
JJ e Morgan corrono da me aiutandomi a mettermi lievemente più seduta.
-"Grazie" dico lieve come un sussuro.
-"Come ti senti?" mi chiede Hotch guardandomi in modo dolce. Tossisco lievemente e rispondo: -"Bene... credo. In realtà non lo so nemmeno io" ammetto.
-"Sei stata brava ieri sera, sei riuscita a mantenere il controllo anche se la situazione era critica e sei riuscita a far distogliere la concentrazione del killer dalla vittima a te. La prossima volta però evita di avanzare così tanto, saresti potuta rimanere ferita molto più gravemente." si complimenta Hotch assumendo però un tono di rimprovero verso la fine.
-"Non te lo posso promettere" rispondo io facendo una risata lieve alla fine e facendo ridere anche gli altri, voglio cercare di alleggerire la situazione, non posso farmi abbattere come l'anno scorso.
-"Quando potrò uscire?" chiedo poi
-"Se ti senti in forze anche ora hanno detto" mi risponde Hotch e io annuisco in assenso, scendo lentamente dal letto infilando i piedi nelle pantofole che immagino mi abbiano fornito le infermiere e mi alzo cercando di mantenere l'equilibrio.
-"Noi ti lasciamo sola così puoi vestirti e prendere le tue cose, siamo qua fuori che ti aspettiamo" mi avvisa Morgan uscendo dalla stanza insieme agli altri.
Avanzo verso il bagno notando che mi hanno potato dei vestiti puliti dalla borsa in hotel, indosso un jeans nero attillato e una maglietta nera a maniche corte in modo da lasciare libera la ferita sul braccio coperta da un po' di garza.
Mi lavo il volto togliendo il trucco che è colato, mi lego i capelli in una coda di cavallo disordinata, indosso le scarpe ed esco prendendo la mia borsa.
Mi avvicino agli altri e con un cenno faccio intendere che sono pronta, usciamo e ci avviamo alle macchine.
-"Le tue cose in hotel le ha prese tutte JJ, stiamo andando direttamente al jet" mi avvisa Rossi e io annuisco in risposta ringraziando poi la bionda.
Arriviamo in aeroporto e saliamo sul jet, ci sediamo agli stessi posti dell'andata e inclino un po' lo schienale indietro.
-"Grazie per tutto ciò che avete fatto" ringrazio la squadra facendo un sorriso di riconoscimento.
-"Non devi ringraziare, siamo una squadra, è questo che si fa" mi risponde dolcemente Rossi e io rivolgo un sorriso a tutti loro.
Apro la borsa cercando le cuffiette e non trovandole decido di tirar fuor alcune cose più grandi come la pochette e il portafoglio, guardo bene e le vedo in fondo alla borsa.
-"Trovate" affermo vittoriosa ad alta voce.
-"Questi eravate voi?" mi chiede JJ al mio fianco destro indicando qualcosa sul tavolo, guardo bene e noto la foto che ci siamo fatti a Londra io e lui. Faccio un piccolo sussulto e mi accorgo che buttando il portafoglio sul tavolo esso si è aperto rivelando la foto all'interno.
-"Si siamo noi. Eravamo a Londra per una vacanza, festeggiavamo un anno di relazione" rispondo e un sorriso spontaneo mi nasce sul volto mentre continuo a osservare la foto ricordando che bei momenti che abbiamo passato lì.
-"Mi ricordo che per fare questa foto abbiamo chiesto a un passante, io l'inglese lo sapevo però per fargli un dispetto ho detto che lo avrebbe dovuto fare lui" e faccio una risata leggera -"il problema era che lui non parlava inglese, quindi abbiamo passato più o meno mezz'ora di tempo in cui io ridevo come una pazza, lui cercava di farsi capire e il ragazzo inglese ci guardava come se fossimo due matti" finisco di raccontare e sui loro volti attenti compare un sorriso di divertimento.
-"Come si chiamava?" si fa avanti Morgan chiedendolo in modo delicato, come se avesse paura di aver osato troppo.
-"Gabriel." rispondo facendo un sorriso in modo da far intendere che non è un problema per me rispondere.
-"E che tipo era? Se non sono troppo invadente" aggiunge JJ.
-"Non ti preoccupare... beh lui era fantastico. Aveva sempre il sorriso sul volto, vedeva sempre il bicchiere mezzo pieno e trovava sempre delle soluzioni ad ogni problema. Sapeva risollevarmi sempre il morale, farmi ridere e farmi sentire amata e accettata. Amava la musica e tutto ciò che riguarda la criminologia. Prima di venire qui ho lavorato in un distretto di polizia qua vicino, ricordo che quando tornavo a casa con qualche caso, ovviamente cose più semplici di queste, lui era elettrizzato e si metteva sempre sul divano accanto a me. Certe volte era proprio lui che trovava delle soluzioni e mi diceva sempre che per lui andava bene se poi i meriti al lavoro me li prendevo tutti io... diceva che eravamo una squadra e quindi era come se li avesse presi anche lui." racconto immergendomi nei ricordi.
-"Sembra una persona fantastica" parla Hotch per la prima volta da quando siamo saliti.
-"Beh lo era. Era la mia ancora e io la sua" rispondo con un sorriso malinconico.
-"Ci sentivano un po' come Romeo e Giulietta, è per questo motivo che conosco così bene la storia, amavamo leggerla insieme le sere d'inverno in cui pioveva, stesi sul divano con una coperta che ci riscaldava, io tra le sue braccia e della cioccolata calda. Entrambi eravamo a conoscenza del finale terribile, però non ci scoraggiava, sapevamo che dopotutto saremo sopravvissuti insieme... noi contro tutti..." spiego guardandoli tutti negli occhi uno ad uno -"Strano il destino vero? Sembra che certe volte si prenda gioco di noi" concludo accennando una risata all'inizio.
Il discorso finisce qui ognuno inizia a fare qualcosa per passare il tempo, io indosso le cuffiette e provo a chiudere gli occhi e dormire, ma ogni volta che le mie palpebre si abbassano rivivo la sua morte e gli eventi accaduti ieri sera.
Dopo qualche altro tentativo decido di guardare il paesaggio fuori dal finestrino osservando e perdendomi tra le luci delle città sotto di noi.

SPAZIO AUTRICE:
Ecco qui il 3º capitolo. Spero vi piaccia.
V✨

La Giulietta della BAU//Criminal MindsWhere stories live. Discover now