CAPITOLO 15

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La giovane ragazza dai capelli rossi e gli occhi azzurri esce dalla cucina con le braccia piene di sacchetti di patatine, pop-corn e bibite raggiungendo la sua famiglia sul divano.
-"Ce ne hai messo di tempo Clare, pensavamo fossi morta" le dice il padre scherzosamente, seduto all'angolo sinistro del divano; capelli castani e occhi azzurri è un uomo ancora affascinante per i suoi ormai 42 anni seppure sia segnato lievemente dall'età.
-"Non riuscivo a trovare i pop-corn e voi sapete che senza non riesco a vedere i film" risponde lei sorridendo e sedendosi tra il padre e il fratello alla sua destra che le ruba subito le patatine dalle mani.
Quest'ultimo è la copia del padre da giovane, 18 anni, affascinante, bello e palestrato, occhi azzurri e capelli tra il castano e il rossiccio, fratello premuroso, assai geloso della sorella e protettivo.
La donna seduta all'angolo destro del divano osserva la sua famiglia con le labbra incurvate all'insù e gli occhi dolci di una madre.
Capelli rossi e occhi azzurri, 36 anni, bellissima e solare; i suoi due figli le assomigliano moltissimo sia caratterialmente che esteticamente anche se la sua copia spiccicata è la figlia Clare.
Comodi e pronti fanno partire il film scelto precedentemente, un thriller con non poca suspence, ottimo per concludere una bella giornata di famiglia.
Il film parte mentre la famiglia inizia a sgranocchiare il proprio snack, le luci sono totalmente spente tranne per una lampada utile per rischiarare l'oscurità ed evitare di infilare le mani dentro la ciotola della salsa guacamole al posto del sacchetto di patatine.
Semplice serata film di una famiglia di New York, ma loro non sono al corrente di esser seguiti da giorni, non sono al corrente delle telecamere che son state appena staccate e nemmeno dell'uomo famelico che li osserva dai cespugli tramite le vetrate alla loro destra.
Un tonfo attira la loro attenzione spaventandoli a causa del forte momento di suspence del film, sussultano sul posto fermando il film e rimanendo in ascolto.
-"L'ho sentito solo io?" chiede Tyler, il fratello di Clare.
-"No l'ho sentito anch'io, sembrava venisse dal retro" gli risponde la sorella con il battito cardiaco a mille.
-"A me sembrava venisse dal giardino però, dietro la porta di ingresso" risponde il padre dubbioso, con l'approvazione della moglie che annuisce in assenso.
-"Andiamo a vedere di che si tratta all'ora, io e Clare il retro e voi il fronte. Facciamo in fretta così potremmo scoprire il finale del film e chi è il colpevole" coordina Tyler volendo risolvere la situazione e tornare subito sul divano.
La famiglia annuisce in assenso e mentre i due genitori si alzano dirigendosi alla porta, i due fratelli si addentrano nel corridoio che collega il salotto alle altre camere e alla porta sul retro.
Il cuore della povera ragazza va a mille, lo percepisce pulsare in gola mentre camminano nell'oscurità del corridoio.
-"Tyler perché non accendiamo la luce?" chiede al fratello alla sua destra temendo il buio che la circonda.
Il ragazzo annuisce in assenso poggiando il dito sull'interruttore ma la luce non si accende -"Non c'è corrente evidentemente" afferma lui con tono dubbioso -"Ma scusa prima stavamo guardando la televisione e c'era" risponde la sorella dando vita ai suoi pensieri.
-"Non preoccuparti molto probabilmente è andata via in questo momento, sai che qualche volta accade nel quartiere" la rassicura il fratello arrivando alla porta del retro.
Clare non è convinta, non lo è per niente, le sembrano tutte coincidenze assai sgradevoli e strane e la cosa assolutamente non le piace.
Aprono la porta sul retro trovando semplicemente il bidone rovesciato, tutti e due rilasciano un sospiro di sollievo, le loro menti avevano iniziato a viaggiare verso gli scenari più improbabili sicuramente condizionate anche dal film messo in pausa precedentemente.
Rilassàti percorrono il corridoio verso il salotto -"Mamma, papà era il bidone sul retro, probabilmente è stato qualche gatto" li avvisa la ragazza ad alta voce.
I due ragazzi non ricevono risposta e ciò li mette in allerta di nuovo, la sgradevole sensazione nel petto della giovane ritorna più forte di prima mentre entrano nel salotto completamente avvolto dall'oscurità.
-"Taylor" lo richiama lei "i vicini hanno la corrente però" pronuncia notando tramite le vetrate le luci della casa accanto accese.
Il fratello inizia a dubitare anche lui della situazione, ma non fa in tempo a risponderle che le luci della casa si accendono tutte completamente accompagnate da un "click" ben udibile.
I due fratelli sussultano quasi in contemporanea, lei urla portando le mani a coprirsi la bocca, un urlo straziante e pieno di sorpresa che fa irrigidire il fratello e riempire di brividi di inquietudine.
Subito dopo la ragazza afferra velocemente la mano destra del fratello, spostandosi e dando le spalle al salotto per mettersi di fronte a lui.
Tiene la sua mano tra le sue per necessità di sentire il suo calore e sapere se è tutto vero o no -"Sto sognando vero? Dimmi che stiamo sognando, dimmi che lo vedo solo io e che non è la realtà" inizia a dire guardando i suoi occhi spaesati e sentendo la voce incrinarsi verso la fine.
Lui non sa cosa dirle, cosa fare, si sente paralizzato tanto da non sentire la sua mano esser lasciata dalla sorella.
Clare si avventa sui due corpi dei genitori stesi a terra davanti la porta di entrata, urla, piange, li tocca sporcandosi tutta del loro sangue, li chiama sperando sia solo uno stupido incubo e piange, piange come non ha mai fatto in vita sua chiedendosi chi possa fare una cosa del genere.
Tylor rimane lì, in piedi con gli occhi sgranati e le mani che gli tremano, fa fatica a reagire, a muoversi e parlare, a piangere, si sente totalmente paralizzato.
Forse sentendosi osservato o forse istintivamente volta lo sguardo alla sua sinistra fuori dalle vetrate nell'oscurità delle piante ed è lì che li vede, due occhi che emergono dal buio della notte insieme a un sorriso assai macabro che gli generano brividi lungo tutto il corpo.
Non ha il tempo di realizzare che spariscono completamente, poco prima dell'arrivo della polizia chiamata dai vicini, allarmati per le urla della sorella.
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-"Buongiorno sono l'Agente Elizabeth White dell'FBI di Quantico" mi presento alla donna che mi ha risposto al telefono -"pochi giorni fa è stata portata una ragazza, il suo nome è Jessica Stephence, avrei bisogno di sapere le sue condizioni" spiego il motivo della mia chiamata.
Son seduta a una delle sedie della sala riunioni in modo da non farmi sentire dagli altri e non renderli partecipi di ciò che sto facendo.
Loro non sanno del fastidio provato nel sapere che Nathan fosse fidanzato, della morsa nell'essere a conoscenza di cosa si prova quando si ha paura di perdere qualcuno che si ama e della confusione che sento dentro.
-"Sì lei ha perfettamente ragione, so che sono informazioni private, ma ho davvero necessità di saperlo, sono stata io ad averla trovata e conosco il ragazzo. Vorrei solo sapere come sta" le chiedo quasi come una supplica sperando di esser riuscita a convincerla.
Muovo la gamba destra su e giù velocemente mentre, con i gomiti piantati sul tavolo, gioco con delle ciocche di capelli seguendo la forma dei ricci.
La donna al telefono dopo averci pensato un po' accetta mettendomi in attesa per andare a chiedere notizie.
Rilascio un sospiro di sollievo sapendo di esserci riuscita e mi lascio cadere sullo schienale della sedia buttando la testa indietro.
Il soffitto dipinto di bianco è ovviamente l'unica cosa che i miei occhi possono vedere da questa posizione, nell'orecchio destro la musichetta dell'attesa si ripete di continuo e il ticchettio dell'orologio nella stanza non fa solo che aumentare la mia impazienza.
-"Agente White è ancora lì?" la voce della donna che mi richiama al telefono mi risveglia da quello stato di trans in cui ho percepito addosso tutta la stanchezza delle notti passate, mi rimetto seduta composta prestando attenzione alle sue parole.
-"Ho chiesto al medico che ha seguito e operato la paziente, sul suo corpo erano presenti molte ferite ed ematomi, la caviglia destra era rotta, ma il peggio è che internamente aveva un'emorragia dovuta a diversi colpi tutti concentrati sullo stesso punto e sempre con più forza" inizia a spiegarmi eppure percepisco stia cercando di prendere tempo.
-"C'è dell'altro vero?" chiedo quasi in un sussurro, la sento sospirare per farsi coraggio -"Mi dispiace tanto, ma durante l'operazione ci sono state diverse complicazioni e aggiunto a un suo problema della coagulazione del sangue già esistente non hanno permesso di fare altro" trattengo il fiato alle sue parole comprendendo cosa vuole dirmi non esplicitamente.
Ingoio un groppo di saliva prima di parlare -"La famiglia e il ragazzo sono stati avvisati?" chiedo -"Sì non si preoccupi è stato già fatto tutto" mi risponde cordialmente -"Va bene la ringrazio per l'immensa disponibilità e mi scusi per il disturbo" saluto e ringrazio per poi attaccare e sospirare.
Mi passo le mani sul volto per poi alzarmi e rimettere a posto la sedia, chissà come starà Nathan ora, so cosa si prova e non lo augurerei a nessuno.
Esco dalla stanza per ritornare alla scrivania, cammino soprappensiero ritrovandomi davanti a una porta che conosco bene, respiro decidendo cosa fare per poi bussare -"Chiunque tu sia, mostrati al mio cospetto!" esclama la voce squillante di Penelope, rido aprendo la porta e trovandola di spalle rivolta verso i computer da cui sento provenire un suono continuo di tasti schiacciati.
Indossa una gonna rosa fluo e una camicetta dello stesso colore, che riprendono l'aura bizzarra emanata dagli oggetti multicolor intorno ai computer.
-"Dimmi tutto mia ricciolina combina guai" afferma lasciando il suo lavoro e voltandosi verso di me grazie alla sedia girevole.
Corruccio la fronte -"Come hai fatto a capire fossi io prima di girarti?" chiedo senza capire -"Beh hai una risata inconfondibile, rara, ma inconfondibile" mi risponde con un sorrisetto che fa sorridere anche me.
Ricordo il motivo per cui sono qui e ritorno seria -"Maga dei computer ho bisogno di te" affermo andando a sedermi accanto a lei, mi guarda attentamente aspettando io continui di parlare e percependo il mio disagio -Ricordi la vittima che siamo riusciti a salvare nell'ultimo caso?" le chiedo ricevendo un cenno in assenso -"Bene ho chiamato prima l'ospedale e sono riuscita a farmi dare sue notizie e ora avrei bisogno del tuo aiuto per scoprire una cosa" le spiego prendendo tempo.
-"Elizabeth dagli occhi smeraldo parla o dovrò farti parlare a modo mio" mi minaccia sventolando con sguardo finto minaccioso davanti ai miei occhi la sua penna fenicottero in tinta con alcune ciocche di capelli e con i vestiti.
-"Avrei bisogno che tu scopra quando e dove verrà celebrato il suo funerale, vorrei esserci" sputo tutto d'un fiato, la sua bocca si spalanca e per qualche istante è balenato per la mia mente il pensiero che le si potesse staccare la mandibola e rotolare ai nostri piedi.
Si riprende dopo qualche secondo realizzando il tutto -"È morta quindi? Oh povera ragazza!" esclama portandosi le mani a coprire la bocca spalancata di nuovo.
Annuisco abbassando lo sguardo per poi spiegarle -"Era piena di ematomi e contusioni ma il danno peggiore è stata un'emorragia interna che ha causato complicanze durante l'operazione già in difficoltà per un suo problema di coagulazione" rimane qualche secondo a guardarmi assimilando tutte le parole per poi voltarsi velocemente verso i computer e iniziare a pigiare i tasti velocemente -"Minnesota Cemetery, domani alle 10:00 di mattina" legge velocemente dal computer nemmeno 1 minuto dopo.
-"Garcia sei una grande, riesci a trovarmi i biglietti d'aereo?" affermo saltando in piedi pronta per uscire dalla stanza -"Ragazza stai parlando con Penelope Garcia, io posso tutto" si vanta guardandomi negli occhi.
Rido di gusto scuotendo la testa a destra e a sinistra -"Dimmi cosa farei senza di te?" le chiedo scherzando -"Eh lo so lo so, non faresti proprio niente" ride anche lei.
-"Ah e non una parola con gli altri ti prego" mi raccomando fermandomi con la mano sulla maniglia della porta pronta a chiudere e guardandola con sguardo supplicante.
Rido dopo aver visto la sua mano cucirsi le labbra e buttare la chiave, le mando un bacio volante e chiudo la porta dietro di me.
A passo veloce ritorno alle scrivanie per poi salire le scale e dirigermi all'ufficio di Hotch, busso alla porta e attendo battendo lievemente la punta del piede destro in cerca di sollievo al mio nervosismo.
-"Avanti" la sua voce mi da il permesso di entrare e lo trovo intento a supervisionare e firmare vari fogli che immagino siano documenti importanti e rapporti sui casi.
Chiudo la porta dietro di me ma resto davanti a essa, alza lo sguardo incontrando il mio che immagino non sia molto tranquillo -"Elizabeth hai bisogno di qualcosa?" mi chiede per comprendere il motivo della mia palpabile irrequietezza.
-"Sì in effetti mi chiedevo se fosse possibile per me prendere un giorno libero domani" chiedo sperando vivamente in una risposta affermativa.
Lo vedo scrutarmi attentamente non convinto del tutto che sia solo questa la causa del mio nervosismo ma annuisce -"Certo non ho problemi a riguardo" rilascio un sospiro di sollievo al sentire quelle parole -"Sai dove trovarmi se hai bisogno di altro" afferma guardandomi in uno strano modo, quasi a farmi intendere di non credere io abbia solo bisogno di un banale giorno di riposo.
Gli sorrido furtivamente ringraziandolo per poi uscire dalla stanza e tornare alla mia scrivania per continuare a svolgere le varie pratiche.
Sono ormai le 19 e inizio a sbadigliare dalla stanchezza ma ho ancora necessità di rimanere sveglia per finire di sbrigare delle pratiche, non essendoci domani non voglio lasciarle incompiute.
Reid e JJ se ne sono già andati ormai, così come Penelope e Rossi, lasciando me, Derek e Hotch ai nostri documenti.
Mi alzo attirando l'attenzione di Derek alla sua scrivania per avvicinarmi al caffè e versarmene un po' in un bicchiere.
-"Dovresti smetterla di bere così tanto caffè per stare sveglia e non mangiare né dormire" mi dice a tono basso ma che sento alla perfezione a causa della stanza vuota.
Alzo le spalle continuando a girare lo zucchero dentro al bicchiere, non so cosa rispondergli, dopotutto ha pienamente ragione.
Torno alla scrivania e lo ringrazio mentalmente per aver fatto cadere il discorso; finalmente dopo una decina di minuti finisco e così anche lui, recuperiamo le nostre cose dalle scrivanie e ci avviamo verso l'ascensore -"Ma Hotch è ancora in ufficio?" domando girandomi verso le scale e cercando di vedere attraverso le vetrate.
-"Immagino proprio di si, sai come è fatto: non si scollerà di lì nemmeno con le minacce" mi risponde ridendo verso la fine ed entrando nell'ascensore, lo seguo girandomi quasi subito per continuare a guardare le luci accese dell'ufficio fino alla chiusura completa delle porte.
Arriviamo al piano terra per poi uscire dall'edificio -"Prima o poi dovrai trovare una soluzione lo sai vero? O almeno accettare l'aiuto di qualcuno" dice camminando affianco a me nel parcheggio, osservo la luce lieve del sole in lontananza che all'orizzonte ancora si scorge per poi girarmi a guardarlo negli occhi -"Probabilmente hai ragione ma per ora va bene così, grazie" rispondo facendogli un sorriso per poi abbracciarlo di slancio e salutarlo dirigendomi alla macchina.
Entro nel veicolo accendendo subito la musica, non avrei sopportato rimanere sola insieme ai pensieri che mi invadono la mente, picchietto con le dita sul volante a ritmo di musica mentre imbocco la strada che mi condurrà finalmente a casa.
Canticchio insieme a una canzone che passa alla radio per poi, dopo qualche minuto, arrivare, parcheggiare e dirigermi verso la porta.
La apro con la mano destra mentre con la sinistra tengo la borsa e il telefono, sospiro dalla stanchezza accendendo la luce e lasciando le mie cose sul tavolo della cucina alla mia sinistra.
Mi dirigo in bagno per farmi una doccia, l'acqua tiepida mi scorre sul corpo portando via con se tutti i pensieri, mi rilasso così per altri 20 minuti respirando profondamente per poi insaponarmi velocemente e uscire.
Con l'asciugamano intorno al corpo mi poggio al lavandino guardandomi allo specchio, struccata completamente posso notare le mie occhiaie in netto contrasto con le lentiggini sparse per le guance e il naso, il telo intorno al corpo lascia scoperte completamente le cicatrici e i lividi che mi fanno rivivere gli attimi in cui sono stati causati ogni qualvolta mi ci soffermo con lo sguardo.
Domani mi presenterò al funerale della ragazza di Nathan, è assurdo come un'idea che prima mi sembrava la cosa giusta da fare ora non lo sia più.
Chissà lui come la prenderà, spero bene, alla fine voglio solo stargli accanto ed essere presente avendola trovata io.
Sospiro per poi tornare in camera e indossare il mio pigiama, afferro una borsa per poi metterci un vestito nero che arriva sopra le ginocchia e le scarpe con un piccolo tacco sempre nere utili per il funerale, aggiungo il distintivo e il portafoglio con dentro la patente e i documenti e controllo sul telefono che sia tutto apposto con i biglietti che Garcia mi ha procurato prima.
Sistemato tutto mangio una semplice insalata per poi andare a letto dovendo svegliarmi presto domattina.
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Esco dal mio ufficio per andare a prendere un caffè, alle proprie scrivanie trovo ovviamente tutti gli altri che lavorano portando a termine vari compiti.
-"Hey Hotch" richiama la mia attenzione Derek -"Oggi Elizabeth non è venuta, sai qualcosa?" chiede indicando la sua scrivania vuota e facendo un'espressione tra il preoccupato e il curioso.
-"Sì ieri ha semplicemente preso un giorno libero" rispondo mentre vedo arrivare Garcia da lontano.
-"E sai il motivo?" mi chiede sempre lui.
-"Il motivo di cosa bel fusto?" si intromette nel discorso la donna dagli abiti bizzarri fermandosi al mio fianco.
-"Della motivazione per cui oggi Elly ha preso un giorno libero" le spiega Derek indicano la sua scrivania vuota.
Penelope sussulta sul posto iniziando a spostare lo sguardo freneticamente nella stanza per non incontrare i nostri occhi e ticchetta con i polpastrelli sulle cartelline tra le sue braccia.
-"Garcia sai qualcosa?" le chiede Reid parlando un po' per tutti noi.
-"Mi ha chiesto di esser muta, vuole farlo da sola senza coinvolgere voi altri" spiega quasi pregandoci di non domandare altro per non rischiare di dire qualcosa che non dovrebbe.
-"Dai biscottino dicci tutto, solo per sapere dov'è e se ha bisogno di aiuto, altrimenti non faremo niente" prova a convincerla Derek.
Dovrei tornare in ufficio ma ovviamente interessa anche a me saperlo, ieri mi sembrava agitata quando è entrata in ufficio.
Lei fa scorrere gli occhi su di noi in attesa, valutando cosa fare per poi sospirare -"Si trova in viaggio per il Minnesota, vuole assistere al funerale di Jessica Stephence, la ragazza che ha trovato nell'ultimo caso" sputa tutto d'un fiato.
-"Molto probabilmente si sente coinvolta e in parte colpevole di non esser riuscita a salvarla" spiego -"Però lasciatela affrontare questa situazione da sola, se non ha voluto dire niente c'è un motivo" quasi ordino per poi voltarmi e dirigermi al mio ufficio.
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L'aereo atterra finalmente, ho passato tutto il viaggio a rimuginare sulla situazione, sto facendo una cavolata o gli farà piacere vedermi? Cosa dovrò dire?
Scuoto la testa scacciando questi pensieri e mi dirigo velocemente verso i taxi per farmi portare nell'hotel prenotato per me da Garcia, non ho intenzione di rimanere qui fino a domani in realtà, però ho bisogno di un posto dove cambiarmi e lasciare il borsone.
-"Non ci metterò più di 20 minuti, può aspettarmi per portarmi da un'altra parte?" chiedo gentilmente all'autista arrivati davanti all'hotel, dopo un viaggio di circa 10 minuti.
Lui annuisce in assenso aprendosi in un sorriso e lo ringrazio entrando dentro velocemente, sono circa le 10 e un quarto e devo essere al cimitero per le 11, giunta nella camera tolgo i jeans e la maglietta per indossare gli abiti scelti ieri, lascio i capelli sciolti e recupero la borsa che mi sono portata per poterci mettere telefono, documenti, portafoglio e distintivo.
Chiudo la camera decorata in legno e scendo le scale raggiungendo la hall, lascio le chiavi ringraziando ed esco per tornare nel taxi.
-"Può portarmi al Minnesota Cemetery?" chiedo controllando l'ora sul mio orologio al polso sinistro il quale indica le 10 e mezza.
Percepisco l'uomo alla guida guardarmi incuriosito per poi far partire la macchina e introdursi nella strada principale.
Osservo lo scorrere del paesaggio fuori dal finestrino perdendomi nel turbine dei miei pensieri e perdendo la cognizione del tempo.
Il veicolo si ferma davanti l'entrata del cimitero, l'imponente cancello verniciato in nero si innalza davanti i miei occhi facendo crescere in me uno stato di ansia e di angoscia.
Pago il tassista ringraziandolo e scendo, osservo la struttura davanti a me per poi fare un respiro profondo ed entrare, croci e lapidi riempiono la mia visuale accompagnate da fiori colorati o appassiti, raggiungo in fondo al prato il gruppo di persone poste in semicerchio per ascoltare la funzione.
La bara è al centro, un lenzuolo delicato bianco la copre e sopra son poggiati fiori di ogni tipo, dalle margherite alle rose, una sua foto sorridente è posta su un piedistallo di legno e quasi di fronte riesco a riconoscere Nathan con la testa bassa e una semplice rosa bianca in mano, i capelli sono spettinati, sicuramente ci ha passato le mani ripetutamente, indossa dei jeans stretti, una maglietta a maniche corte e delle scarpe tutto completamente nero.
I genitori, le amiche, gli amici e i parenti vanno uno ad uno a parlare di lei, percepisco sulle spalle l'angoscia e il dolore delle persone che mi fanno rivivere perfettamente il suo funerale, quel giorno ero distrutta e posso comprendere completamente il loro dolore, ma principalmente quello del ragazzo per cui sono qui, rimasto nella stessa posizione, l'unica cosa che son riuscita a percepire perfettamente sono i sussulti delle sue spalle segno che stia piangendo.
L'istinto mi dice di correre da lui, farlo sfogare tra le mie braccia e dirgli che lo capisco, che gli sembrerà nessuno possa comprendere ma io si, io posso, io comprendo e rivivo ogni singolo giorno senza mai fermarmi.
Mi sembra inutile specificare che invece non farò niente, non abbiamo nessun rapporto, se non una semplice conoscenza, che possa permettermi di fare una cosa del genere.
Poco prima della fine mi allontano dalla massa avvicinandomi a un albero e poggiandomi a esso, vedo le persone salutarla un ultima volta, poggiare altri fiori, sussurrare le ultime parole e con le lacrime agli occhi allontanarsi definitivamente.
Uno ad uno il prato si svuota lasciando solo Nathan che dopo tanto alza finalmente il volto spostandolo verso il cielo e chiudendo gli occhi per farsi scaldare dal sole caldo, il leggero venticello sposta i suoi capelli ma non sembra preoccuparsene, dopotutto è l'ultimo dei suoi pensieri.
Da qui posso scorgere il suo profilo, la mascella pronunciata, le occhiaie profonde, le scie delle lacrime sulle guance e il naso lievemente all'insù, lo studio come non ho mai fatto con nessun altro dopo Gabriel e quasi mi spaventa questa situazione, questo sentirmi così rapita e incuriosita da lui.
Pochi minuti dopo si avvicina alla tomba lasciando la rosa bianca, l'unica rosa bianca tra tutte e la più importante.
Percepisco dal movimento delle spalle e del petto un sospiro profondo uscire dalle sue labbra per poi chinarsi e lasciare un lieve bacio sulla sua foto.
Il petto mi si stringe in una morsa al ricordo, io feci la stessa cosa quel giorno scoppiando a piangere subito dopo e costringendo Richard a portarmi via in braccio dalla stanchezza.
Percepisco gli occhi inumidirsi al ricordo, forse è ora di tornare a fargli visita, è da prima di entrare alla BAU che non ci vado, troppi ricordi uniti al terrore di ricadere in quel periodo buio.
Osservo Nathan allontanarsi dalla tomba lentamente, passa di nuovo la mano tra i capelli e sparisce dalla mia vista.
Volto la testa quasi con uno scatto verso la tomba, il venticello muove lievemente il lenzuolo bianco e candido donando un effetto quasi sovrannaturale all'immagine.
Agli occhi di un'altra persona sarei risultata una stalker psicopatica così nascosta dietro un albero, ma non avrei mai avuto il coraggio di avvicinarmi a lui e in più non in queste circostanze.
Mi avvicino a passo lento, i tacchi affondano lievemente nel prato, il vento smuove i miei capelli sciolti e i raggi del sole scaldano la mia pelle facendomi sentire il loro calore.
Ad ogni passo la sensazione di angoscia e impotenza cresce, avrei potuto salvarla se solo fossi arrivata qualche minuto prima, se solo ci fossimo sbrigati a perlustrare le stanze prima, se solo avessi capito prima.
Senso di colpa, rimorso, angoscia, piomba tutto su di me facendomi sentire pesante e debole, mi inginocchio sull'erba lasciando che i capelli scivolino in avanti quasi a coprirmi il volto, poggio le mani sull'erba percependo i fili verdi solleticarmi i palmi.
Inspiro ed espiro lentamente l'aria fresca, strizzo gli occhi per evitare che le lacrime scendano, nella mia mente passano delle immagini confuse e mischiate: il mio rapimento, Gabriel, il suo funerale, la BAU, Richard, Nathan che piange, questo funerale, Jessica, me inginocchiata su questo prato.
-"Perdonami" sussurro lievemente senza alzare lo sguardo sulla sua foto -"perdonami per non essere riuscita a salvarti, perdonami per non avercela fatta" continuo tra un sospiro e un altro alzando di poco la testa e puntando i miei occhi umidi nei suoi sorridenti della foto.
-"Non hai motivo di chiedere perdono, non potevi fare niente" afferma una voce profonda dietro di me facendomi sobbalzare pesantemente e facendomi arrivare il cuore in gola.
Volto la testa verso di lui alzandola verso l'alto e perdendomi nei suoi occhi smeraldo, le occhiaie pronunciate emergono sulla sua pelle e tra le sue lentiggini, tiene le mani nelle tasche dei jeans stretti e mi scruta dall'alto a causa della mia posizione.
-"Come mai sei tornato indietro?" la mia voce è rauca e debole, troppo stremata dal peso dei ricordi.
-"Ti ho vista con la coda dell'occhio mentre andavo via, ti ho riconosciuta subito, ma la curiosità ha avuto la meglio sulla mia razionalità e quindi ho aspettato per vedere le tue azioni" risponde, anche la sua voce è rauca e debole, sicuramente per colpa delle lacrime versate.
Sollevo di poco le sopracciglia stupendomi alle sue parole -"Ti sono sembrata una stalker psicopatica nascosta così dall'albero non è vero?" sussurro sorridendo di poco e riportando lo sguardo avanti a me lasciando che il sole riscaldi il mio volto.
Lo sento ridere molto lievemente -"No per niente, forse ho apprezzato di più il tuo nasconderti che le condoglianze, le strette di mano e le pacche sulla spalla di tutte queste persone" risponde sedendosi accanto a me e allungando le sue braccia sulle ginocchia piegate.
Il sole illumina la sua pelle marchiata da tatuaggi di diverse grandezze e forme, li osservo rapita chiedendomi i vari significati, il silenzio cala tra di noi, muove le sue mani una contro l'altra, giocherella con le sue stesse dita contraendo e rilassando i muscoli delle braccia che spariscono sotto le maniche corte della maglietta nera.
Una voglia irrefrenabile di raccontargli tutto mi passa per la testa spaventandomi, non parlo mai di ciò che è successo quindi perché dovrei voler raccontare tutto a lui dopo nemmeno la terza volta che ci vediamo?
Non lo so, so solo che mi sento a mio agio e ciò non capita quasi mai in così poco tempo.
-"So cosa si prova" sussurro rompendo quel silenzio, mantengo gli occhi chiusi rivolgendo il volto verso il sole e cercando di trattenere le lacrime il più possibile, tutte le emozioni di questi giorni stanno per esplodere in me.
Lo sento sospirare -"Giuro che non è la solita frase di chi in realtà non capisce niente..." continuo respirando lentamente e cercando di trovare le parole -"due anni fa il mio ragazzo è stato ucciso davanti i miei occhi" sputo velocemente guardando l'erba verde avanti a me ed evitando il suo sguardo che noto con la coda dell'occhio ha spostato su di me in una frazione di secondo.
Sposto molto lentamente lo sguardo anch'io su di lui temendo di trovare un'espressione di compassione o pena, ma rimango stupita nel costatare che niente di tutto ciò è presente sul suo volto, anzi esso è stupito, rassicurante e comprensivo.
Mi perdo nelle sue pozze verdi, mi scruta, osserva ogni centimetro del mio volto proprio come io sto facendo con lui.
Le lentiggini spruzzate sugli zigomi, le ciglia folte e lunghe che a ogni battito sfiorano la pelle delle guance, il ciuffo moro e mosso che ricade in parte sulla fronte raggiungendo gli occhi, il naso all'insù e le labbra piene e rosee. Mi soffermo su ognuno di questi punti scrutandoli e studiandoli bene, il sole illumina il suo volto mentre il venticello lieve scompiglia i suoi capelli più di quanto già lo siano.
Mi soffermo nuovamente sui suoi occhi trovandoli ad osservarmi il volto spostandosi in ogni punto.
-"Il mio primo caso nella BAU mi ha riportata a vivere tutto nuovamente, si è scoperto quindi che l'uccisione del mio ragazzo fosse solo una delle tanti morti e ciò mi ha portata a ritrovarmi faccia a faccia con l'artefice di quasi tutte le mie sofferenze" parlo nuovamente senza preoccuparmi dei suoi pensieri, di quanto io stia risultando stupida ai suoi occhi ad espormi così senza che me lo abbia nemmeno chiesto.
-"Quindi fidati che capisco davvero cosa si prova, so quanto ci si sente persi in questi casi, quanto ora sembri tutto inutile e buio" data la mia posizione le gambe iniziano a farmi male, indolenzite dal peso del mio corpo su di esse, mi sposto lievemente mettendomi seduta bene. Con le mani tengo i lembi del vestito abbassato incastrandolo poi tra le cosce in modo che il vento non lo alzi denudandomi nel bel mezzo di un cimitero, ma principalmente davanti i suoi occhi. Non che mi dispiaccia sia chiaro, ma mi troverei a dover dare spiegazioni per tutti i segni sul mio corpo ed è l'ultima cosa che vorrei in questo momento.
Alzo ancora una volta il volto verso il sole cercando il calore dei raggi sulla mia pelle e mi adagio lentamente sul prato abbandonandomi sdraiata sull'erba soffice e verde.
I miei respiri profondi a ritmo con i suoi sono l'unica cosa che rompe il silenzio rilassante e malinconico di questo luogo.
-"Accanto avevo solo una persona, non la ringrazierò mai abbastanza per tutto ciò che ha fatto per me. Dopo il funerale sono entrata in uno stadio di apatia in cui dovevo ancora realizzare l'accaduto, ho iniziato poi a perdermi piano piano, incubi, attacchi di panico, sempre più disperazione finché nella mia testa era balenato il pensiero di andarmene... di raggiungerlo..." le mie ultime parole rimangono sospese nell'aria, i suoi respiri lievi si spezzano di botto, posso notare perfettamente un sussulto grazie al movimento della sua schiena, sicuramente non si aspettava niente di tutto ciò.
Da sdraiata posso osservare la sua maglietta nera fasciargli il corpo, a ogni suo respiro o movimento i muscoli guizzano sotto il tessuto, i capelli sempre in movimento per il vento o per le sue mani che ci si perdono dentro tentando di risistemarli e la luce accecante che lo illumina da davanti, dona alla mia visione dal retro un controluce angelico e misterioso.
Non dà segni di vita, se non fosse per i suoi respiri mi sarebbe venuto anche il dubbio fosse morto.
Sospiro rumorosamente spostando il mio sguardo verso il cielo limpido per poi chiudere gli occhi pentendomi già di essermi esposta così.
Uno spostamento d'aria diverso e un profumo maschile e forte mi inebria la mente facendomi aprire gli occhi per voltarmi.
Si è voltato per sdraiarsi a pancia in sotto accanto a me poggiando la testa sulle braccia incrociate, sussulto nel trovare il suo volto e il suo corpo così vicino al mio, scruta ancora il mio volto da cima a fondo, il suo volto crea un contrasto meraviglioso accanto alle braccia marchiate di nero, le sue pietre smeraldo si perdono nelle mie altrettanto verdi in un tempo per me infinito prima che lui rompa il silenzio per la prima volta da quando ho iniziato a parlare -"Come... come si chiamava?" la sua voce è roca, lieve ma profonda, voce maschile a tutti gli effetti.
Son certa lui abbia visto i miei occhi sgranarsi impercettibilmente, mi aspettavo tutte le domande del mondo "come è successo?" "chi è stato?" "cosa hai provato?" e tante altre, ma non il suo nome.
-"Gabriel" il suo nome rimane sospeso tra noi mentre sposto l'orologio al polso sinistro liberando il piccolo tatuaggio nero che risalta in contrasto con la mia pelle.
Si sposta lievemente per osservare quel nome inciso su di me come un bimbo davanti alla cosa più curiosa del mondo, percepisco i suoi occhi seguire le linee della scritta in corsivo per poi voltarsi verso di me nuovamente tornando nella posizione di prima, poggiato con la guancia destra sulle sue braccia.
-"Era per lui che l'altro giorno in libreria sei scappata così turbata per quel libro vero?" nel tono delle sue domande non c'è forzatura, lui non pretende io risponda, non si sente nemmeno la curiosità di voler sapere obbligatoriamente, lui vuole solo capirmi, comprendere i miei gesti e dare delle risposte a questi.
Annuisco impercettibilmente -"Romeo e Giulietta era il romanzo che leggevamo insieme in ogni momento, lo sfidavamo, ci prendevamo gioco di lui perché pur non avendo le famiglie d'accordo sulla nostra relazione, o almeno principalmente la mia, noi combattevamo contro tutti e tutto... ma alla fine il destino si è preso gioco di noi" una risata ironica e lieve abbandona le mie labbra alla fine -"sembra quasi una barzelletta a raccontarlo" continuo ironicamente ruotando gli occhi e osservando io stessa il mio polso tatuato.
Dopo di questo il silenzio si è fatto spazio nuovamente tra di noi, non uno di quelli imbarazzanti o scomodi, no per niente, uno dei silenzi più confortevoli e rilassanti della mia vita.
Il tempo lo abbiamo passato così, qualche volta mi soffermavo ad osservarlo, forse anche troppo, specialmente quando chiudeva gli occhi e si abbandonava sulle braccia incrociate con un sorriso sul volto; quella per me era una visione angelica.
Altre volte mi capitava di beccarlo a guardarmi più del solito facendomi arrossire come una cretina, era in questi casi che molte volte scoppiava a ridere di gusto, si scusava dicendo che assumevo un'espressione troppo buffa arricciando il naso.
Non mi offendevo per niente, pur di continuare a sentire la sua risata l'avrei fatto altre mille volte, anzi dopo ridevo anch'io di gusto come non facevo ormai da troppo tempo.
Averlo così vicino non mi ha mai messo ansia e terrore come con qualsiasi altro essere maschile, solitamente a un contatto fisico sussulto, a una presenza sconosciuta così vicina vado in panico.
Con lui no, niente di tutto ciò, solo calma, spensieratezza e nessun giudizio.
Solo io, lui, il sole a scaldarci, il venticello leggero e il cimitero, il luogo meno usuale per questo genere di cose.
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-"Dai Clara scendi, papà e Mat ci stanno aspettando in casa" la giovane donna incita la figlia a scendere dalla macchina per poter entrare in casa.
Apre il portabagagli per recuperare le buste della spesa e assicuratasi che la figlia fosse finalmente scesa la chiude riponendo poi le chiavi nella borsa.
-"Stasera cucino io" quasi urla la giovane ridendo e scappando in casa, la donna si apre in un sorriso smagliante facendo uscire dalle sue labbra una risata spontanea.
L'uomo nascosto nel cespuglio accanto, a quella vista viene scosso da un fremito di brama tanto da muovere le foglie della pianta attirando così l'attenzione su di se.
La donna volta velocemente lo sguardo verso quel punto preciso ritornando seria, ma per sua fortuna... o sfortuna... chi lo sa, non riuscendo a identificare niente rientra in casa, chiudendo infine la porta alle sue spalle.

SPAZIO AUTRICE =
Capitolo più lungo tra tutti per farmi perdonare per la lunga attesa (5992 parole... son rimasta stupita anch'io haha)
Tengo a dire che mi sono sentita molto coinvolta emotivamente nello scrivere questo capitolo, spero vivamente vi piaccia e spero di essere riuscita a farvi provare ciò che ho provato io scrivendolo e focalizzando le scene nella mia mente.
Se vi va fatemelo sapere nei commenti☺️
Vi✨

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 09, 2021 ⏰

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