Capitolo 26 - Svegliati, Jacob

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Una volta terminato l'incubo, mi svegliai tutto sudato e frastornato.
Non riuscivo a respirare bene e provavo a chiedere aiuto. Ma niente, non ce la facevo. Non riuscivo a muovermi. Mi sentivo immobile, come se non avessi né braccia né gambe. Sembrava che mi stessi davvero polverizzando. Continuava a mancarmi l'aria e andai subito nel panico, quando, improvvisamente, caddi dal letto, sbattendo fortemente a terra.

Il botto della mia caduta fu davvero forte, così tanto che riuscì persino a svegliare Amelie, che si recò subito nella mia stanza, preoccupata per il rumore che aveva appena sentito.

Quando la vidi... mi sentivo felice, in quanto notavo che stava venendo a soccorrere il suo poverino fratellino. Però, pensai anche...

- E se fossi ancora dentro l'incubo?

Proprio quando cominciai a pensare che quel tormento fosse finito... ecco che sentii qualcosa gironzolare per la mia testa. Ma stavolta non era più una pluralità di voci che sentivo... ma una sola.

- Jacob... riprenditi.
- No... non è possibile. Ancora una di quelle voci... non dev'essere ancora finito quel fottuto incubo... - borbottai tra me e me.
- Ne sei proprio sicuro? - mi riferì quella strana voce.
- Cosa... cosa vorresti dire?
- Magari sei già nella realtà, e non sei più nell'incubo. O magari... la realtà in cui stai vivendo è l'incubo stesso.

Appena udii quello che la voce mi aveva appena detto, cominciai a rabbrividire per la paura.
Subito dopo, qualcuno aprì la porta della mia camera. Era Amelie, che era venuta lì spaventata per il forte strepito che aveva sentito.

- Jacob? Jacob! Ma che è successo?
- Niente, Amelie...
- Niente? Sei caduto a terra e hai fatto un frastuono allucinante! Devi esserti fatto male, di nuovo... fammi vedere.

Mia sorella si avvicinò a me, ma io la spinsi indietro per fermarla.

- No, Amelie, no!
- Ma che cazzo ti prende, Jacob?
- Stai lontana da me! - le urlai.
- Ma cosa... cazzo, Jacob. Sembri avere la fronte calda. Forse hai la febbre... aspettami qui, sto arrivando.

Cosa c'è?
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Amelie scese le scale per andare a prendere qualcosa che mi facesse stare meglio e io ricominciai a sentire quell'inquietante voce di prima.

- Sei ancora a terra, Jacob? - disse la voce.
- Ancora... ancora tu... - affermai ansimando.
- Jacob... perché fai così? Ti senti debole... ti sei arreso... sei triste... sei arrabbiato... hai paura... sei deluso...
- Ma che diavolo vuoi dire?!
- Ah... non capiresti. Dai, Jacob. Alzati.
- Tu... non sei nessuno per dirmi cosa devo fare e come mi sento. Mi hai capito?!
- No, Jacob. Forse hai ragione, sai? Io non sono nessuno per dire che ciò è vero o meno. Ma io ti ho semplicemente dimostrato la maniera in cui potresti apparire agli altri.
- Io non sono così... o almeno, penso di non essere così... - risposi con confusione.
- Vedi? Non sai neanche tu come sei... e chi sei.
- Vaffanculo! - urlai mettendomi le mani tra i capelli.

Mi rialzai da terra e andai a sbattere un pugno contro il muro per la mastodontica irritazione. Gridai disperatamente per il dolore che mi ero fatto alla mano e mi ricoricai subito nel mio letto.

- Porca puttana... che cazzo di dolore! Sei un coglione, Jacob, ecco cosa sei... - pensai nella mia testa, rimproverandomi da solo.

Amelie salì velocemente le scale ed entrò in camera mia con molta preoccupazione.

- Jacob, cosa cazzo è stato? Non mi dire che sei caduto di nuovo dal letto!
- Argh...! Cazzo, che male...

Cercai di risponderle, ma ero sopraffatto dal dolore.

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