~6~

219 19 4
                                    

famiglia.
wow, altra parola difficile, molto difficile.
beh, in realta', concretamente, non dovrebbe essere tanto complicato da spiegare.
c'e', ovviamente, un ma.
come faccio io, cheryl blossom, con la famiglia disfunzionale per definizione, a spiegarvi il termine famiglia.
e, per disfuzionale, intendo inospitale, non accogliente, facilmente detestabile, pazza, odiosa.
saro' di parte, fidatevi, ma non e' stato esattamente piacevole crescere da blossom. da ragazza blossom.
comunque, da che mondo e' mondo (parte 748229), famiglia (quella che si puo' considerare tale) significa amore.
incondizionato.
infinito.
nonostante tutto.
e' una bella prospettiva, no?
mi e' sempre piaciuto pensare, nei miei momenti folli, disperati, che una vera famiglia possa essere come una rete di sicurezza alla vita, che ti possa salvare, nonostante tutto. un porto sicuro. una casa.
ma se tutto questo non ci fosse?
se tutto questo "grande amore incondizionato e infinito" non fosse destinato a tutti (e per tutti, lasciatemi essere egoista, egocentrica, tutto quello che volete, intendo me)?
perche' ci sono persone che meritano una famiglia, quella con la "f" maiuscola, e ci sono altre che non hanno questa fortuna?
chiunque ci sia la' sopra, non dovrebbe dare a tutti, almeno, una bella famiglia, o almeno una che sia vagamente normale?

ancora qui a leggere i miei sfoghi (si, perche', di fatto, sono solo sfoghi)?
bene, sono contenta che tu trovi interessante quello che scrivo. piacevolmente sorpresa.

comunque sulla mia meravigliosamente orrenda famiglia, potrei parlare per giorni interi.
vittimismo? forse, lo ammetto.

ma siete voi che state leggendo, no?

allora, prima di tutto, devo presentarvi, farvi un breve ma significativo ritratto delle persone che, per 18 lunghi anni, hanno vissuto con me.

partiamo dai miei cari, carissimi genitori.

la cara madre, penelope blossom, devota moglie e, allo stesso tempo, assidua traditrice, ma questo, sinceranente, non e' un mio problema.
dolce con i suoi figli. figlio, perdonate l'errore di battitura.

il buon padre, clifford blossom, splendido marito e padre, tanto che, ovviamente per sua infinita bonta', non mi ha mai degnata di una sua attenzione. una sola.
o di un briciolo di affetto.

mi lamentero' piu' tardi, sicuramente, ma, prima, e' meglio passare alla mia dolce nana rose.
buona, anziana, relativamente dolce per gli standard blossom, mezza cieca, credo anche immortale.
in teoria perfetta. in teoria, appunto.
non si puo' avere come principale figura di riferimento una anziana signora con piu' malattie che anni di vita (ed e' tutto un dire...).

e come posso dimenticarmi di jay-jay?
jason blossom, mio fratello.
dolce, generoso, buono.
si, jason era buono, buono con tutti, buono con me.
troppo buono per fare parte di questa famiglia.
forse e' anche per questo che lui, adesso, e' in cielo, in un posto migliore.

ma questo credo di avervelo detto piu' e piu' volte.
lui era la mia rete di sicurezza alla vita. ed e' morto.
e non sono state tragiche casualita'.
ma questa e' un'altra importante storia.
molto importante.

diciamo che la morte di mio fratello, seppur tragica, non ha cambiato molto gli altri blossom.
ha cambiato me. molto.
per questo ho detto "gli altri blossom".

il fatto che jason sia venuto a mancare, e' stato semplicemente il pretesto per continuare a trattarmi male, se non peggio.
loro "stavano soffrendo".
perche'? io no?

credo anche che, un sinonimo pratico di amore, sia supporto.
chi ti ama, ti supporta, no?

bene, allora, ecco perche' non mi sento amata.
il supporto non e' esattamente il forte dei blossom.

come l'ho capito?
vivendo con loro. ogni giorno.

vedere mia madre, persa a fare qualunque cosa, tranne che cercare di parlarmi, vedere mio padre evitarmi.
sentirsi un rifiuto.

e io, ero sicura, meritavo di meglio.

ma nessuno puo' scegliersi la famiglia, non e' vero?
cosi' ho passato i primi 17 anni della mia vita cercando di compiacerli.

con la scuola, per esempio.
la migliore del corso, il capitano delle cheerleader, la presidentessa d'istituto...

ovviamente invano.

ma dovevo essermene fatta una ragione, insomma, dopo aver passato tutta la vita cosi', forse non avrei dovuto dargli tutto quel peso...
forse.

e cosi', la mia delusione, di giorno in giorno, e' sempre aumentata.
io volevo accontentarli, essere perfetta ai loro occhi.
forse cosi' mi avrebbero voluto bene.

sembra cosi' stupido?
beh, non lo e' per niente.

e ho sempre cercato di assecondarli.
anche quel giorno o quei giorni, dopo quello che era successo con veronica.

essere la presidentessa d'istituto ha anche degli svantaggi: il preside, per esempio, mi ha sempre tenuta sotto controllo, riferendo ogni mia (scusatemi il termine) sgarrata a mia madre.

e il fatto che mi avessero pubblicamente umiliata, a parere della scuola, era una notizia abbastanza succulenta da poter essere tempestivamente comunicata a quell'arpia (mi sono dimentica di aggiungere "totalmente omofoba) della mia genitrice.

mi ricordo perfettamente quello che e' successo.
mia madre che e' entrata urlando in salotto, mio padre che, per una volta, ha abbassato gli occhi dal giornale e mi guarda sprezzante.
quello che restava di me, quei pochi pezzi non distrutti dai miei compagni, essere scaraventati da mia madre. e dal silenzio di mio padre.

il suo silenzio assordante che io ho sempre considerato come un implicito "mi fai schifo".

poi sempre mia madre che e' scoppiata in lacrime di coccodrillo, temendo per il suo nome, "infangato per sempre dalla rovina di una figlia lesbica".

ricordo un sonoro schiaffo.
non il primo e credevo neanche l'ultimo.
il dolore, pero', non e' stato tanto quello fisico, quanto psicologico.

e non sto a spiegarvi perche', mi sembra ovvio, l'ho detto e ridetto.

quella volta, pero', non c'era nessun jason a salvarmi, nessun fratello da cui rifugiarmi, nessuno che mi ha consolato.

e, si', credo che questo sia stato l'inizio della fine.
o di quella che credevo la fine (spoiler: sono ancora viva...).

avevo perso anche quell'ultima speranza di essere amata dalle due persone il cui amore, di solito, si da per scontato.

dopo venti minuti a sentire tutte le parole di mia madre e a beccarmi le occhiate di disprezzo di mio padre, a colei che mi ha generata e' venuta una "brillante idea".

quale modo migliore per smentire tutte le voci, dell'uscire con un ragazzo, dimostrando a tutti che si sbagliavano?
gia'... quale modo migliore...

e indovinate io che cosa ho risposto?
beh, di si.

ecco un bel dilemma, tipo ESSERE O NON ESSERE?

essere liberi o (credere di) essere amati?
non e' una scelta cosi' semplice, ve lo garantisco.

e cosi', alla, come sempre, disperata ricerca dell'amore, a cui, a quanto pare, sembravo non destinata, eccomi in versione cagnolino, burattino di mia madre, pronta ad uscire, per dimostrare non so bene cosa, con un misterioso ragazzo che scoprirete in seguito...

siete pronti?

cheryl - (im)perfectWhere stories live. Discover now