17. Inizio e Fine

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Ma come poteva convincerlo quando era così vicino alla meta? Quando il profumo della vittoria lo annebbiava al punto da non capire che il suo stato di salute era preoccupante...?

«Sì, tranquillo, domani chiamo il medico...!»

Mesi di scuse, dove il ragazzo accantonava l'argomento per dedicarsi ad altro.

Levi si tolse le lenti da lettura, strofinandosi stancamente gli occhi. Raccolse il cellulare, aprendo i messaggi e iniziando a scriverne uno.

[20:09] Sei ancora in ufficio?

Un paio di minuti ed arrivò la risposta.

[20:12] Chiudo il laptop e arrivo. Solito posto.

L'attesa di Levi non durò a lungo. Una manciata di minuti nella penombra silenziosa del parcheggio sotterraneo e qualcuno bussò al suo finestrino. Due colpi veloci ed uno lento, il segnale che Eren insisteva a voler usare anche se Levi poteva benissimo vedere, dall'interno, chi si avvicinava.

Le sicure scattarono, permettendo al ragazzo l'ingresso prima di sigillare nuovamente l'abitacolo. Quando sollevò il volto, celato dalle ciocche castane, il cuore di Levi ebbe un tuffo che nulla aveva a che vedere con la gioia di rivederlo.

Il colorito solitamente dorato della sua pelle era di un preoccupante grigio, il viso adornato da occhiaie profonde e le iridi spente, esauste.

Eren si sporse debolmente verso il compagno, intenzionato a baciarlo in segno di saluto, ma mancò del tutto il bersaglio. L'Alpha si era abbassato verso la pedaliera, alla ricerca della borsa del fidanzato.

«Che diamine stai– Ehi! Non toccare la mia roba!»

Non gli diede ascolto, infilandovi la mano e incontrando immediatamente ciò che cercava. Ed era pesante, più di quanto avrebbe dovuto essere.

Levi tirò fuori il contenitore porta-pranzo, intoccato. La sua espressione era neutra, all'apparenza, ma il suo odore palesava scontento e preoccupazione.

«Non hai mangiato.»

Non era una domanda, piuttosto un'accusa. Si sentiva peggio di un carabiniere, nel comportarsi in quel modo, ma pareva quasi che Eren credesse di poter vivere di sola aria e nient'altro, a volte.

«Ci ho provato, d'accordo? Ci ho provato, ma dopo un morso mi è venuto da vomitare. Ho dovuto smettere, prima di rovinare il lavoro dell'ultima settimana con i succhi gastrici!» rispose, incrociando le braccia.

Il suo atteggiamento, così come il suo odore, erano sulla difensiva.

Calò uno strano silenzio, intervallato solo dai loro respiri. Si aspettava una sfuriata, il solito "discorsetto" sull'alimentazione che ormai sembrava recitasse come un mantra.

Invece, Levi tacque. Si limitò a fissarlo per un minuto buono, prima di riporre il tutto al proprio posto.

«Va bene.»

Avviò il motore, inserì la prima e lasciò il parcheggio sotterraneo. Eren, ancora imbronciato, guardava fuori dal finestrino pur di evitare ogni contatto visivo che desse qualsivoglia spunto a riprendere quella conversazione. Quando lo vide svoltare dal lato opposto a quello che avrebbe dovuto imboccare, il ragazzo si girò verso il corvino.

«Dove stiamo andando?»

Levi cambiò delicatamente marcia, apparentemente tranquillo. Con tono atono, inflessibile, rispose a quella domanda in modo conciso.

«In ospedale.»

Due parole che sembrarono galleggiare nell'aria, in attesa che Eren le assorbisse ed elaborasse.

A · Breathe · ΩWhere stories live. Discover now