14. Abitudini e Inconvenienti

Start from the beginning
                                    

Levi depositò un dolce bacio sulle sue labbra morbide, accarezzandogli la schiena tentando di non concentrarsi troppo sui propri palmi che percepivano distintamente ogni singola vertebra.

«Anche se non fisicamente, sarò lì con te Eren.»

L'odore dell'Alpha si fece denso, comunicandogli l'immensa fiducia che riponeva in lui e l'infinito amore di cui era capace. Presero a strofinarsi, trasferendo ognuno il proprio profumo sull'altro come una normale coppia nonostante fossero ben lontani dall'esserlo, ma non importava; sentivano la necessità di rassicurarsi a vicenda e, benché sapessero che di lì a qualche ora quel gesto sarebbe scivolato via insieme all'acqua corrente, nulla poteva impedirgli di stringersi e marcare un territorio esclusivo già da tempo.

A fatica, spinti dal bisogno ora condiviso di dormire, riposero i fogli nelle cartelle per poi tornare a stendersi. Subito l'Alpha tese il braccio, invitando il suo compagno a prendere posto il più vicino possibile a lui e così accadde. Col petto, Eren aderì al suo fianco, un mano posata sul suo cuore. Il suo respiro gli soffiava contro il collo, pian piano sempre più lento e regolare.

Si assopirono l'uno tra le braccia dell'altro con la consapevolezza che, al mattino, il giovane Omega avrebbe calpestato il pavimento del tribunale, pronto ad affrontare quella sfida e soprattutto uscirne vincitore.

* * * * *

Sapevano che sarebbe stata dura fin dal principio.

Per settimane, Eren sembrò quasi non esistere più e diverse volte, dal proprio ufficio d'angolo, Levi vide Smith uscire dall'ascensore ed imboccare il corridoio laterale. La destinazione era ovvia, non avrebbe avuto altra motivazione che quella, per scendere al loro piano così spesso.

Eren. Il suo caso.

L'Omega glissava, quando gli chiedeva di quegli incontri, limitandosi ad un semplice: «Roba di lavoro». Ma Levi non era stupido e meglio di tutti sapeva quanto Smith potesse diventare pressante, quando qualcosa lo interessava. Le sue visite erano controlli, ma anche giudizi per Eren che sentiva il peso di quella responsabilità sempre più forte e per non far preoccupare Levi – e forse anche un po' per l'orgoglio di volersela cavare da solo, senza lamentarsi – preferiva tacere.

L'Alpha si sforzava di apparire tranquillo ed ispirare fiducia al compagno nelle sue capacità di realizzare quel progetto ambizioso, tuttavia dentro di sé fremeva: la sua indole animale, in quel momento sopita, nulla poteva contro l'istinto di protezione dell'uomo che vedeva Smith come una vera e propria minaccia; per Eren, per loro.

Levi trovava consolazione nelle piccole cose. Inconsapevolmente, o forse no, ad ogni visita Eren lasciava qualcosa di suo nell'appartamento del corvino: all'inizio solo lo spazzolino, poi la biancheria, infine oggetti e indumenti si erano accumulati in piccole quantità, tali da spingere Levi a liberare per il ragazzo una mensola nel bagno e un cassetto.

Se era vero che in ufficio le interazioni erano poche se non nulle, le notti erano tutt'altra storia. Gli piaceva quella vicinanza, l'intesa, anche se restavano a studiare il caso Miller fino a tardi senza fare altro. Stringersi nel letto, percepire quel calore intossicante, respirare il suo profumo estraneo e familiare insieme, gli bastava. Perché Eren, senza saperlo, per Levi era già tutto.

Non era che non se ne rendesse conto. Anzi, una parte di Eren non riusciva a non pensare al fatto che poco a poco la sua presenza in casa di Levi stesse diventando sempre più un'abitudine. Ormai conosceva la posizione di diversi oggetti nell'appartamento, apriva e chiudeva ante e cassetti con naturalezza e si presentava con poco o nessun preavviso. Quasi come fosse atteso. Sempre.

Lavorava alla scrivania di Levi, mangiava al suo tavolo e faceva l'amore nel suo letto, facendosi stringere e possedere durante i rari momenti in cui decideva di prendersi una pausa dal lavoro e sfogare la tensione accumulata.

A · Breathe · ΩWhere stories live. Discover now