La verità

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"Alex è stato bellissimo" dico ancora con occhi sognanti appena dopo aver varcato l'uscita.
"Grazie grazie grazie" continuo poi.
"Sono felice che ti sia piaciuto"
"Che facciamo adesso?" Chiedo impaziente di scoprire il proseguo della serata.
"Andiamo a mangiare qualcosa"
"Bene perché sto morendo di fame" dico seria, ma provocando in lui una risata.
"Sì, anch'io" Inizia lui "Però dovrai aspettare ancora un po' perché il posto è un po' lontano"
In tutta risposta sorrido mostrandomi felice di ciò, ma venendo tradita dal brontolio del mio stomaco.
Lo spettacolo è stato relativamente breve, considerando di essere a teatro. Adesso sono appena le 22.
Ci immettiamo presto nella folla di gente che passeggia lungo il marciapiede. Ci stringiamo nuovamente per avvicinarci il più possibile e le nostre mani si sfiorano. Mi sembra di aver preso la scossa, perché un brivido mi scuote tutto il corpo. I nostri sguardi si incrociano per un attimo e, dopo aver respirato profondamente, mi faccio coraggio e apro la mia mano vicino al suo dorso, per poi chiuderla e stringerla.
Alex sembra incredulo e quasi sussulta, per poi lasciarsi andare ad un sorriso spontaneo, che non è riuscito a trattenere. Velocemente gira la sua mano e intreccia le sue dita nelle mie.
Camminiamo guardando dritto davanti a noi, con due sorrisoni perennemente dipinti in volto. Sono sicura che se qualcuno soffermasse l'attenzione su di noi penserebbe che siamo due ebeti.
Raggiungiamo la sua automobile e, nel momento in cui ognuno deve seguire il suo lato per salire, siamo costretti a sciogliere le nostre mani. Salendo in auto un senso di vuoto subito mi pervade, ma presto viene colmato dalla sua mano sulla mia coscia dopo aver acceso il motore ed essere usciti dal parcheggio.
Sono felice.
Dopo giorni passati a corrodermi l'anima per le mie azioni, adesso posso dire di essere finalmente felice; una di quelle gioie che si provano poche volte nella vita.
Dalle ultime battute scambiate all'uscita del teatro fino ad ora, siamo rimasti in silenzio. È una cosa che ricorre spesso nei nostri incontri. Però non è un silenzio ingombrante, imbarazzante, bensì pieno di significato e di parole; non avverto mai in sua presenza quel senso di solitudine che mi corrode l'anima. Siamo io e lui e il tempo si ghiaccia. La mia mente viaggia in universi lontani, e mi piace immaginare che sia lo stesso per lui. Siamo cullati dal sottofondo di una canzone malinconica che non conosco. In passato avrebbe rispecchiato a pieno i miei stati d'animo, ma adesso no. Adesso io sono felice e lo voglio urlare al mondo intero.
"Alex accosta un attimo, per favore"
"Ti senti bene?" Domanda allarmato. Io faccio cenno di sì con la testa e, non appena trova un posto libero, si ferma.
La mia intenzione era quella di urlare ai quattro venti i miei sentimenti, ma quella continua sensazione di insicurezza prende il sopravvento, facendo allontanare quel pensiero.
Mi giro a guardare Alex che, a sua volta, mi guarda non capendo. Leggo nei suoi occhi confusione e timore, forse perché preoccupato che io me ne vada, piantandolo lì in asso da solo, di nuovo.
Senza pensarci un secondo di più, mi avvicino e faccio unire le nostre labbra. Non se lo aspettava, lo capisco dalla rigidità iniziale del suo corpo; presto però si lascia andare, circondandomi il volto con le sue mani, che si adagiano perfettamente sulle mie guance. È un bacio pieno di passione, di bisogno. Non so dire esattamente quanto tempo rimaniamo lì, avvinghiati così. Quando le nostre labbra si staccano, Alex è il primo a parlare.
"Be'... non me l'aspettavo"
Non c'è tensione o imbarazzo tra di noi, anzi questa situazione sfocia subito in una grassa risata.
Passiamo alcuni minuti così, quando il mio accompagnatore accende il motore. Prima di ripartire, però, si avvicina al mio viso e mi lascia un tenero bacio sulle labbra.
"Andiamo altrimenti non arriviamo più"
Il tragitto trascorre con un atmosfera scherzosa, molto confidenziale. Penso che con questo bacio abbiamo sancito l'inizio di un nuovo step nella nostra conoscenza.
"Vivi con la tua amica, giusto?"
"Sì, Alyssa"
"Vi conoscete da molto?" Chiede poi.
"Praticamente da sempre. Ci siamo conosciute quando avevamo più o meno sei anni, durante un corso di danza, e da lì non ci siamo più lasciate" spiego brevemente, perché sono certa che se iniziassi a parlare della nostra amicizia non mi fermerei più.
"Facevi danza?"
"Sì, danza classica. La odiavo" Ho sempre detestato quello sport. Non sono una ragazza dotata di particolare coordinatezza e leggiadria. Mi sono sempre sentita fuori posto: ero come un elefante in una cristalleria.
"Allora perché la facevi?"
"Perché piaceva a mia madre. L'ho praticata per dieci lunghi anni, poi ho trovato il coraggio di parlarne con mio padre e lui l'ha convinta a farmi smettere"
"Non parli spesso di lui" mi rendo conto di averlo nominato solamente dopo la domanda di Alex. Solitamente non lo metto mai nei discorsi, o se lo faccio non posso che essere accompagnata da una profonda fitta al cuore.
"Già..."
"Ti va di raccontarmi qualcosa di lui?"
"Be' lui... lui è morto"
Di tutte le cose positive che avrei potuto raccontare su di lui, di tutti i momenti felici trascorsi insieme, di tutti i momenti di spensieratezza, decido di dire la cosa più angosciante. Ma la verità è che dalla sua morte io non riesco quasi più a ricordarmi nulla di tutto ciò che facevamo insieme. Il senso di vuoto e il dolore hanno preso il posto della felicità e della spensieratezza che ogni adolescente dovrebbe portare con sè.
"Scusa, non lo sapevo" dice Alex girandosi nella mia direzione.
"No, scusami tu. Sono stata troppo diretta" dico facendo poi una lunga pausa, in cui nessuno dei due si decide a parlare.
"Era una persona speciale, fantastica. La più preziosa che io avessi e che ho. Io lo so questo, ma non riesco a non incolparlo di avermi lasciata sola. E mi sento una merda per pensare ciò: lui è morto, non ne ha colpe. Però è così e non posso farci niente. Io e mia madre non siamo mai andate d'amore e d'accordo, siamo praticamente agli antipodi" mi fermo un attimo per riprendere fiato, dopo aver sputato una parola dietro l'altra "Appena ho avuto la possibilità di andarmene di casa e di trasferirmi per i fatti miei me ne sono andata. Mi sento in colpa per aver lasciato mamma e soprattutto Tommy, da soli; ma io non ce la facevo proprio a restare in quella casa. È stato il periodo più buio della mia vita: uscivo la mattina prestissimo per andare a scuola e poi passavo il pomeriggio in giro, come un gatto randagio, e rientravo a notte inoltrata. Avevo allontanato anche Alyssa, però è grazie a lei se oggi sono quella che sono" finito il mio monologo una singola lacrima mi solca il viso. Non piango mai, l'unica eccezione è stata l'altra notte da Alex. Odio piangere, specialmente davanti ad altre persone. Mi fa sentore debole, qualcuno che non sono.
"Kate, non ne avevo idea. Ma tu sei molto forte, sei riuscita a superare tutto ed essere qui adesso"
Mi giro verso di lui e, anche se sta guardando fisso la strada, gli sorrido.
"Grazie" sussurro.
La luce di un'insegna luminescente mi riporta alla realtà ed entriamo nel parcheggio di un posto che conosco fin troppo bene.




Ciao, spero che il capitolo vi sia piaciuto.❣️
Baci, F.💋

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