Lontano dagli occhi, lontano dal cuore

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Sbatto forte, forse troppo, il portone ed esco velocemente. Presto inizio a vedere tutto ciò che mi circonda sfocato e indefinito. Lacrime amare iniziano a scorrere copiosamente sul mio viso. Scendo di corsa le scale finché, dopo essere rimasta senza fiato, mi fermo di colpo e mi rendo conto di esser scesa di appena tre piani.
Mi accosto al muro e, lentamente, mi lascio scivolare a terra.
Che cosa sto combinando?
Ultimamente non ne azzecco una giusta, tutto ciò che faccio mi si ritorce contro, e poi me ne pento amaramente.
Questa sarà una di quelle volte? No. Forse sì. Non lo so.
Nella mia vita ho dovuto affrontare molti traumi, più o meno pesanti. Ma ogni singola esperienza mi ha segnata: si è presa un pezzetto del mio cuore, un pezzo di me, e non voglio che quel poco che mi è rimasto mi venga portato via del tutto.
A volte penso di essere diversa, diversa rispetto a qualsiasi altro essere umano su questo mondo.
Non riesco a superare il dolore e la rabbia. Me li tengo dentro, senza mai farci direttamente i conti; ma io sento che ogni ora, ogni minuto e ogni secondo di tutti i giorni mi corrodono da dentro. Sento di perdere lentamente ogni parte di me, tutto ciò che mi caratterizza,
e non ne posso più. Non sono così forte, non sono affatto forte. Ed è proprio per questo che non mi ritengo pronta ed adatta per imbattermi in tutto ciò che una relazione comporta. Io sarei troppo rigida da lasciarmi andare e lui, prima o poi che sia, si stancherà di me. Tutti si stancano di me.
Me ne ha dato anche prova Alyssa oggi, altrimenti perché andarsene così senza dire niente? Evidentemente non mi ritiene così importante da rendermi partecipe della sua vita.
Questo è anche uno dei motivi per cui ho deciso di partecipare al master perché se, e dico se, dovessi riuscire ad ottenere la borsa di studio, mi allontanerei da qui.
L'ho fatto anche l'ultima volta quando ho deciso di allontanarmi da casa mia, e in parte ha funzionato.
Ma poi mi sono incasinata anche qui e quindi ho nuovamente bisogno di migrare. Com'è che si dice? Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
Spengo per un attimo il cervello e mi porto al petto le ginocchia, per poi lasciarvi cadere la testa sopra.
È stata una giornata straziante, ho solo bisogno di un letto caldo, e forse di un abbraccio.
"Tutto bene?" Mi domanda una voce a me famigliare.
Lentamente alzo lo sguardo e vedo un uomo accovacciato sulle sue gambe, per arrivare all'altezza del mio viso. Solamente in un secondo momento mi accorgo che si tratta del portinaio del palazzo.
"Sì, mi scusi. Ho solo bisogno di un attimo."
"Oh, signorina. Ma è lei!" Esclama e io accenno un leggero sorriso, spostandomi una ciocca di capelli che mi era caduta sulla fronte.
"Non si preoccupi, stia qui tutto il tempo che vuole." Mi risponde appoggiandomi una mano sulla spalla, per poi continuare a salire le scale.
Riprendo la posizione che avevo assunto poco prima, ma questa volta le palpebre si fanno sempre più pesanti, finché non mi ritrovo a dormire, lì seduta a terra nella tromba delle scale di un palazzo rosso al centro di Manhattan, dopo che per la prima volta dopo anni un ragazzo mi hadetto "ti amo".

Apro di colpo gli occhi e mi rendo subito conto di trovarmi in una stanza che non avevo mai visto prima. L'ultimo ricordo che ho è di essermi addormentata lungo le scale.
Nella tasca della mia felpa prendo il cellulare e controllo l'ora: le 4.37 di mattina. Lentamente mi alzo dal comodo letto, decisamente più del mio, e mi metto le
scarpe che si trovano poco distanti dai piedi del letto. Esco dalla stanza e mi guardo un po' intorno, riconosco subito l'ingresso della casa: è l'appartamento di Alex.
Come cavolo ci sono finita qui?
Facendo molta attenzione a non fare rumore mi avvicino alla porta e mi maledico mentalmente per essermi rimessa le scarpe. Mi gelo sul posto quando mi rendo conto che Alex sta dormendo sul divano e che aprire la porta senza svegliarlo sarà praticamente impossibile.
Mi fermo un attimo e lo scruto attentamente, ha il viso così rilassato mentre dorme.
È inutile nasconderlo: è bellissimo. È sdraiato sull'ampio divano, con una gamba che quasi tocca terra e la leggera coperta di pile che prima lo copriva, ora sta lentamente scivolando giù dalla sua gamba a penzoloni. Starà sicuramente morendo di freddo: ho i brividi solo a guardarlo. Mi avvicino con prudenza di fronte al divano e cercando di compiere meno movimenti possibili gli ritiro su la coperta. Senza guardarlo in faccia mi giro e raggiungo la porta. Quando, però, sto per abbassare la maniglia sento una voce alle mie spalle chiamarmi:"Cath, dove vai?" Domanda Alex mentre si mette seduto.
"Vado via".
"Via dove?" Mi chiede guardandomi negli occhi.
"Non lo so".
"Se vuoi puoi restare per la notte, non è un problema."
"Non credo sia una buona idea" rispondo abbassando lo sguardo a terra.
Lui mi guarda, ormai rassegnato, senza più l'intenzione di corrermi dietro o aspettarmi.
Glielo leggo negli occhi.
E come biasimarlo?
Dire che mi sono comportata male con lui è un eufemismo.
"Va bene" dico prima che il mio cervello possa realizzare ciò che le mia labbra hanno appena pronunciato.
"Cosa?" Dice lui.
"Resto" concludo la frase nell'unico modo sensato.
Lui fa un cenno del capo e si sdraia nuovamente sul divano.
"Però dormo io sul divano, mi dispiace impossessarmi della tua camera."
"No, non ti preoccupare" ribatte lui.
"Sicuro?" Domando di nuovo.
"Sì, sicuro".
"Ok, allora buonanotte" dico girandomi e ripercorrendo il corridoio che porta alla sua stanza.
"Vuoi parlare di perché piangevi lungo le scale?" Domanda poco prima che io riesca a raggiungere la camera da letto.
"Magari domani mattina."
"È già mattina." Puntualizza lui.
Sento che almeno questo glielo devo, così da domani lui potrà voltare pagina e, forse, anch'io.
Perciò con voce incerta rispondo:"O-ok...".




Ciao, spero che il capitolo vi sia piaciuto❣️.
Baci, F.💋

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