Non mi sarebbe dispiaciuto dormire con te

856 27 0
                                    

La luce che penetra dalla finestra della mia stanza mi sveglia dal sonno profondo in cui sono caduta la scorsa notte. È assurdo come non fare niente durante tutto il giorno sia più stancante di avere ogni singolo secondo impegnato...
Perché sono in camera mia?
Sono più che certa di essermi addormentata sul divano, dopo che il secondo film era appena iniziato.
Questa è proprio bella... le risposte sono due: o sono sonnambula e sono riuscita a trovare il mio letto, o... Alex!
Mi alzo di scatto dal letto e con passo leggero mi dirigo verso il soggiorno, dove Alex dorme beatamente sul mio divano tenendo un cuscino stretto al petto. Devo dire che da una parte la scena non mi dispiace affatto -cioè, insomma... è pur sempre un uomo attraente che sta dormendo nel mio soggiorno-; ma da un'altra parte è al quanto esilarante: a vederlo non sembra proprio il tipo che si addormenta abbracciato ad un cuscino e con un sorrisino sul volto.
Per quanto sono in sovrappensiero, non mi sono neanche resa conto che ha aperto gli occhi e che, dopo aver sbadigliato, si è girato a guardarmi, accennando un sorriso.
"Buongiorno" sussurro facendo un gesto di saluto con la mano.
"Ciao" ribatte lui alzandosi dal mio divano.
"Non penso che per colazione qui ci sia un granché..." informo io.
"Ti va allora di andare al bar?" Propone lui.
"Certo"
Dopo aver impiegato circa venti minuti per lavarmi, vestirmi e truccarmi -tempo che io ritengo record tra l'altro- e dopo essermi presa un sonoro sbuffo da parte di un Alex visibilmente annoiato, ci stiamo finalmente dirigendo a piedi verso lo Starbucks più vicino al mio appartamento.
"Se mi dici cosa vuoi per colazione ordino io e tu intanto puoi andare a sederti" mi dice gentilmente Alex.
"Sì, prendo un cappuccino e un cornetto vuoto, grazie".
Raggiungo il primo tavolo libero che i miei occhi intercettano e mi ci fiondo. Ho un mal di testa incredibile.
"Eccomi" esordisce Alex, cogliendomi alla sprovvista. Come è possibile che abbia già fatto se c'era una fila da rispettare alla cassa di almeno quindici persone?!
"Già fatto?" Domando visibilmente sorpresa.
"Sì, la ragazza alla cassa è... una mia vecchia amica, diciamo".
Io mi limito ad annuire e a sussurrare un debole:"Capito" e, non ne so assolutamente il perché, ma questa cosa mi da leggermente fastidio.
"Tutto bene?" Mi domanda poi.
"Sì, certo. Comunque grazie per ieri sera, immagino che mi ci abbia portato tu in camera..." rispondo tentando di cambiare argomento.
Lui annuisce:"Ho pensato che così saremmo stati entrambi più comodi" e poi continua, abbassando un po' il tono di voce, come se si vergognasse:"Anche se devo ammettere che non mi sarebbe dispiaciuto dormire con te..."
E io in questo istante, per la prima volta da quando sono uscita dalla fase dell'adolescenza, sento la temperatura del mio corpo salire di almeno altri cento gradi centigradi, causando la comparsa di chiazze rosse sparse qua e là sul mio viso.
Lui deve aver sicuramente notato il mio imbarazzo perché accenna un sorriso, ma sempre mantenendo il suo fare gentile, che non lo fa risultare mai scortese o fuori luogo.
"Ecco a voi ragazzi" ci dice la cameriera lasciando sul nostro tavolo la nostra colazione.
"Aspetta ti devo ridare i soldi, quanto hai-" non riesco a terminare la frase che lui subito obietta:"Assolutamente no. Tu ieri sera hai messo a disposizione il tuo divano e il tuo televisore, perciò..."
"Sì ma tu hai portato pizza e film" lui scrolla le spalle, per farmi capire che non intende scendere a compromessi e io sussurro:"Allora grazie".
Continuiamo a mangiare in silenzio, finché non è lui a parlare per primo:"Che fai di bello stasera?"
"Niente. Probabilmente mi deprimerò guardando serie TV" rispondo bevendo un altro sorso di cappuccino.
"E tu?" Gli domando io.
"Più tardi passo da mio padre e poi ho del lavoro da finire... che ne dici di venire con me?" "Con te? E per fare cosa, sarei solamente d'impiccio"
"Affatto, però se preferisci rimanere tutto il giorno a casa sola soletta, nel centro di Manhattan..."
"E va bene!" Rispondo senza neanche rifletterci. Ma cosa mi fa questo ragazzo! E che ha quel fare ammaliatore che riesce a persuadere chiunque. E poi sinceramente diciamocelo in tutta onestà, il lavorare è stancante ma il non fare niente è troppo noioso.
Oggi apprenderò qualcosa sul mestiere dell'avvocato. "Ma come funzionano per voi i turni in ospedale?"
"Per il momento siamo tenuti a prestare servizio solamente quando ci chiamano, ma in genere sono circa tre giorni al mese... quindi non molto." "Però dev'essere bello". "Sì, soprattutto se è ciò che desideri fare sin da bambina... mi piace moltissimo. Anche se per il momento mi limito perlopiù a stare all'accettazione, però un giorno non vedo l'ora di aiutare e salvare vite" spiego con occhi sognanti, allungando un po' troppo il brodo.
"Scusa, non voglio annoiarti"
"Tranquilla, non mi annoi mai. Anzi è bello parlare con qualcuno totalmente sincero, nel bene e nel male, che riesce ad aprirsi tranquillamente con le persone. Io non ci riesco molto purtroppo, ma penso dipenda principalmente dal fatto che quotidianamente mi circondo da persone che non mi apprezzano veramente. Ormai siamo tutti abituati a sorridere e a dire buongiorno automaticamente, senza neanche renderci mai veramente conto di chi abbiamo davanti."
"Ti capisco, sai" rispondo sorridendo:"Ma, se ti può consolare, sappi che io ti apprezzo. Molto".
Lui sorride e io, d'impulso, appoggio la mia mano delicatamente sulla sua. Quasi sussulto quando un calore improvviso attraversa la mia mano, percorrendomi poi tutto il braccio. Rimaniamo in quella posizione per almeno cinque minuti, entrambi con la testa altrove, immersi nei nostri pensieri, nei nostri casini. Non penso a niente in particolare; in un momento mi passa tutta la mia vita davanti, mentre in un altro c'è il vuoto più totale.
"Andiamo?" Domanda lui, risvegliatosi dallo stato di trance in cui era caduto.
"Certo". "Quindi che si fa oggi?" Domando allegramente cercando di alleggerire gli animi.
"Devo passare un attimo da mio padre e devo lasciare delle carte in ufficio, poi sono a tua disposizione"
"A mia disposizione?" Domando guardandolo accigliata.
"Be' sì, già che ci siamo rendiamo questo pomeriggio produttivo"
"Non vado a Central Park da una vita" rifletto io.
"Bene, allora è deciso. Tutti a Central Park!!!" Esclama urlando con troppa enfasi tant'è che alcuni passanti si girano a guardarci.
"Shh, non urlare!" Rispondo cercando di tappargli la bocca.
"Che ti importa, tanto molto probabilmente non li rivedrai mai più" ragiona lui.
"Be' in effetti...".
Saliamo presto in automobile, diretti verso casa di suo padre.




Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Grazie per la lettura❣️.
Baci, F.💋

Amare è...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora