Fidati di me Pt.2

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~-Seguimi-
-Dove?-
chiesi diffidente.
-Fidati di me-.~

19 Febbraio 1954

-Natalia non sei concentrata-
un altro plié, un'altra giravolta.
-Daccapo-.
Ripetei di nuovo la sequenza.
-Daccapo-.
Il mio corpo si muoveva da solo; Madame B aveva ragione: mentre eseguivo i passi la mia mente era altrove. Più precisamente si trovava nella mia stanza, dove avevo lasciato chiusa per tre giorni la cartella con il mio nome scritto sopra. La verità era che avevo paura di aprirla, di scoprire ciò che nel profondo già sapevo, di sapere che anche io avevo avuto una casa, una famiglia.... ma che ora l'unico posto che potevo chiamare tale fosse solo la Stanza Rossa. Di scoprire che la mia famiglia era morta, probabilmente a causa mia.
-Va bene Natalia, basta così. Prima dell'allenamento con il Soldato D'inverno dobbiamo eseguire alcuni esercizi di resistenza-.
Sospirai mentalmente per ciò che mi aspettava: quelli che loro chiamavano esercizi di resistanza non erano altro che torture, e oggi sarebbero state di sicuro il doppio più dolorose; e già normalmente producevano un dolore pari da prendere in considerazione l'eventualità di morire.



Qualche ora dopo

Presi in mano la cartellina e la lanciai violentemnete contro la parete. Dopo un'intera sera a rimurginare se aprirla o meno ne aveva avuto abbastanza. Stavo veramente perdendo la pazienza per una stupida cartellina?! Per una decina di fogli che tra l'altro potevano anche essere pieni di stronzate?!
Mi calmai, sedendomi al centro del letto, portandomi le gambe al petto e appoggiando la testa sulle ginocchia.

Sentii chiaramente appena un'altra persona entrò nella stanza, e sapevo anche chi fosse.
Velocemente mi misi in posizione di difesa, aspettando che lui dicesse, o facesse, qualcosa. Il Soldato guardò attentamente la cartella ancora per terra dall'altro lato della stanza, e poi si rivolse a me.
-Di solito alcuni fantasmi è meglio che rimangono tali e restino nel passato. Ma questo non credo che sia il tuo caso-.
-Dove hai preso quella cartella?-. Chiesi senza togliere il mio sguardo da suo.
-Se te lo stessi chiedendo è affidabile. Ce l'aveva il generale Karpov nel suo ufficio-. Feci uno sguardo confuso e lui accorgendosene continuò a parlare. -Non credo si fidi completamente di te, perciò ha cercato informazioni di sua iniziativa visto che il generale Petrovich non gliene voleva dare-. Quello di certo era il discorso più lungo che gli avessi mai sentito dire. Lentamente mi rilassai, dopotutto il Soldato non dava segni di pericolo.
-Non posso dirti cosa fare. Se tu vuoi veramente conoscere cosa c'è lì dentro, sapere cosa eri prima di questo. Ma posso aiutarti a capirlo-.
Fece marcia indietro, tornando alla finestra da cui era entrato solo pochi minuti prima.
-Seguimi-
-Dove?- chiesi diffidente.
-Fidati di me-
Spalancai gli occhi. Potevo fidarmi? O meglio, volevo fidarmi? Il Soldato le faceva provare delle strane sensazioni, mai provate in vita sua.

Si, lei voleva fidarsi, voleva fidarsi perché lui era come lei, perché anche lui sapeva cosa volesse dire combattere, sopravvivere e vincere sempre e comunque; non voleva più essere sola in quel mondo pieno di sangue e bugie. Il Soldato uscì dalla finestra e io lo seguii a ruota, senza badare alle conseguenze delle mie azioni; almeno per una notte volevo essere libera.

Ci nascondemmo nelle ombre, restammo in silenzio e passammo da un tetto all'altro; in poche parole eravamo due fantasmi.

Il Soldato non disse niente, né dove stavamo andando, né perché ; finché finalmente non lo scoprii da me appena ci fermammo davanti ad un grande edificio: il Palazzo D'inverno. Perché mi aveva portata qui?
-Entraimo-. Borbottò il Soldato.

La ballerina senza volto Where stories live. Discover now