Fuga

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~Hai mai avuto quella strana sensazione di voler scappare?
Andare lontano da tutto lo schifo che ti circonda? ~

~continuamente~

14 Febbraio, 1950

Di certo questa non era la prima volta che Natalia scappava. Nonostante avessero cercato più volte di modificarle la memoria, impiantandole ricordi falsi, Natalia non demordeva. Aveva capito come distinguere ciò che era vero da ciò che era falso, perciò riusciva a ricordare abbastanza nitidamente la prima volta che era riuscita a scappare. Era il 1946 e lei aveva dieci anni quando un giorno era stata convocata nell'ufficio di Ivan e lei si era presentata con un leggero anticipo non trovando ancora nessuno al suo interno.

Una cartella, posizionata sulla scrivania, aveva attirato la sua attenzione, e a quel punto la tentazione di aprirla fu troppa.

La causa della sua prima fuga fu stata una fotografia di un uomo suicida in un bunker. Solo dopo interminabili minuti aveva associato quel volto spento e privo di vita alla figura di Adolf Hitler. Da lì in poi non le ci volle molto per capire che la guerra era terminata già da un pezzo e lei non era riuscita a farsi valere. Quei tre anni di allenamento, paura e costole rotte non erano serviti a niente, e anche le parole di Ivan ,che cercava di convincerla che ora più che mai doveva impegnarsi, perché la guerra appena conclusa non aveva fatto altro che crearne un'altra, tra la Russia e gli Stati Uniti D'America, furono vane. La notte stessa scappò.

Purtroppo la ritrovarono, dopo nemmeno qualche ora. E così successe per la seconda volta, la terza, e anche la quarta volta. Non importava quanto Natalia ci provasse, LORO riuscivano sempre a trovarla, dopotutto non potevano farsi sfuggire la cadetta migliore, l'unica che riuscisse a competere contro gli istruttori e  che sarebbe potuta sopravvivere al siero della Vedova Nera.

Questa volta l'avevano trovata in mezzo al bosco, con un principio di assideramento. Ivan era molto arrabbiato, non lo aveva mai visto esternare così le sue emozioni, e le uniche parole che le aveva detto, prima di lasciarla nelle mani esperte dei medici, avevano quasi "l'aspetto" di un avvertimento: -Il KGB è molto deluso, il Dipartimento X è molto deluso, ed io sono molto deluso. Ci saranno delle conseguenze Natalia, e non saranno piacevoli per nessuno dei due-.

4.5 pm, 15 Febbraio 1950

È notte fonda quando sfondano la porta e fanno irruzione nel dormitorio. C’è chi si sveglia di soprassalto, scatti e grida strozzate, ma nessuno osa veramente urlare. Le reclute della Red Room non urlano mai, neanche sotto tortura. I soldati non accendono la luce, il tutto si svolge al buio e in pochi attimi che si dilatano all’infinito, così come le pupille delle ragazzine che non sanno di preciso cosa sta succedendo. Per un attimo l’idea di un’evacuazione di emergenza sembra la più probabile, forse a causa di qualche attacco alla struttura o un incendio, almeno fino a che un comandante non fa la sua entrata nella camerata, fascicolo alla mano e inizia ad indicare a destra e a manca, ragazza per ragazza, che viene prelevata immediatamente da una coppia di soldati.
Allora inizia a serpeggiare il panico tra i letti. Si guardano intorno, cercano scampo, cercano di capire cosa sta succedendo, ma tutti ignorano le loro domande. Qualcuna oppone un po’ di resistenza, ma combattere nel vero e proprio senso della parola non sfiora il cervello di nessuna.

Tutto inizia ad avere un senso, almeno agli occhi delle più sveglie: loro arrivano sempre di notte, quelli della polizia segreta di Stalin, e facevano il loro lavoro sporco nascosti agli occhi di tutti. Erano uomini duri, spietati, che non guardavano in faccia nessuno. Neanche delle ragazzine.
Non possono sapere che visti gli scarsi rendimenti dell’operazione in generale e dopo le numerose fughe di Natlia, il Cremlino ha diversi dubbi verso il progetto Vedova Nera, tagliandone i principali fondi e dando l’ordine di abortire gli elementi che rappresentavano un peso morto.

Cinque ragazze in totale vengono risparmiate quella notte, cinque su ventitré e Natalia è una di loro, nascosta tra le coperte del suo letto all’angolo della stanza. Trema, in segreto, ma non muove un dito né tantomeno fiata. Sa che non c’è niente da fare. Quando le prelevano tutte, i soldati escono dalla camerata e, dicendo alle restanti di continuare a dormire, richiudendo la porta… a chiave.
Le cinque si guardano in faccia, sgomentate. Nessuno osa fiatare. Il silenzio, in quel caso, è ancora più terrificante delle urla. Poi una dopo l’altra, silenziosamente, scivolano dal letto e si arrampicano alla finestra per cercare di vedere cosa accade all’esterno, nel cortile.
La fila composta di piccoli spauracchi viene condotta fuori e ordinata di fronte ad un muro; è allora che un primo gemito strozzato scappa dalle labbra di una delle cinque alla finestra.
Sanno cosa significa, sanno esattamente cosa sta per accadere. Anche gli agnelli sacrificali di fuori capiscono cosa sta succedendo e qualcuno inizia ad agitarsi. Si sentono le prime urla, ma nel giro di pochi secondi i frastuono dei colpi di fucile copre tutto il resto.
La ragazza al fianco di Natalia si copre le orecchie.
Cadono una dopo l’altra, in un bagno di sangue, e nel frattempo nell’angolo opposto del cortile è stato acceso un fuoco. Le fiamme risplendono nella notte illuminando tutto, dando quasi l’impressione che sia giorno. È un metodo veloce per sbarazzarsi dei corpi e Natalia osserva senza un battito di ciglia mentre i corpi delle sue compagne vengono fatti a pezzi e consumati dalle fiamme.
La pira arde fino all’alba, fino a quando non è rimasto niente, solo un lontano ricordo e un sordo dolore nel cuore.






SPAZIO AUTRICE

Questo capitolo l'ho fatto un po' più corto perché volevo che finisse più o meno così, e mi è uscito anche un po' noiso. Nel prossimo riuscirò finalmente a introdurre il Soldato D'inverno, e sarà anche più divertente 🤩

La ballerina senza volto Onde histórias criam vida. Descubra agora