Epilogo.

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Un anno dopo.

"Dai Fil.. la smetti? Mi verrà un attacco d'ansia se continuerai così."
Sbuffò Einar con un sorrisetto, però, divertito sulle labbra: qualche giorno prima Filippo aveva deciso di fargli una sorpresa e il cubano ne era subito rimasto entusiasta, ma quando quella sera il rossiccio era andato a prenderlo, dopo averlo fatto salire in macchina, gli aveva coperto gli occhi con una benda, e adesso Einar stava cominciando a diventare impaziente, dopo quelle che gli sembrarono ore nel veicolo.
Sentì qualcosa appoggiarglisi sul ginocchio un istante dopo le sue lamentele, allora sospirò e rabbrividì avvertendo il caldo della sua mano: non era ancora abituato al fatto che Filippo provasse qualcosa per lui, non era ancora abituato ad averlo così vicino senza indossare la sua maschera di indifferenza, quindi si sentì avvampare le guance e, automaticamente, si zittì mordendosi l'interno di una di esse quasi a sangue.

"Bimbo, non fare così. Siamo quasi arrivati e ti prometto che tutto questo aspettare ne varrà la pena.. almeno spero."
Aggiunse abbozzando una risata, poi staccò la mano dal suo ginocchio e prese quella del cubano facendo immediatamente incrociare le loro dita e sorridendo come un bambino quando l'altro ricambiò la stretta senza esitare o replicare -fortunatamente, capì Filippo, il ragazzo non ce l'aveva con lui.
"Ci siamo."
Sussurrò pochi istanti dopo, lasciando la sua mano solo per parcheggiare la macchina; poi scese e aiutò Einar anche a camminare, per evitare che cadesse o che andasse a sbattere contro qualcosa. Mentre lo guidava, Filippo sentiva di avere l'ansia, forse anche più del cubano stesso: avevano chiarito, lui gli aveva chiesto di diventare il suo ragazzo e l'altro aveva acconsentito senza nemmeno pensarci su, eppure non sapeva esattamente come comportarsi, aveva sempre paura di fare qualcosa di sbagliato e infatti, soprattutto quella sera, esitava ad ogni passo per timore di combinare disastri, di non arrivare alle aspettative del ragazzo, di deluderlo e farlo scappare come già era effettivamente successo tempo addietro.

"Ora posso togliermi la benda?"
Domandò impaziente Einar, quando sentì il toscano fermarsi, interrompendo il suo flusso di pensieri; l'altro sorrise lievemente e non rispose, semplicemente si mise davanti a lui, gli tolse la benda facendolo un attimo riabituare alla luce notturna e poi si spostò lasciando che colui che amava, ammirasse ciò che aveva progettato.

Il ragazzo dagli occhi azzurri si portò una mano alla bocca con un'espressione abbastanza scioccata, positivamente pensò, o per meglio dire sperò, Filippo: sulla riva della spiaggia, quest'ultimo aveva messo un tavolino apparecchiato per due con, sopra di esso, un tendone bianco immacolato che sventolava lievemente per via della leggera brezza, mentre tutto intorno aveva posizionato varie candele e sparso petali di rosa rossa.
"Fil.."
Disse Einar, che finalmente aveva deciso di togliersi le mani da davanti il viso e aveva spostato i suoi pozzi, adesso lucidi, su quelli verdi di Filippo.
"Io.. io non ho parole."
Sospirò in un sussurro prima di fare un passo in avanti e nascondere il viso sul petto del suo ragazzo che, dopo un piccolo sorriso, gli lasciò un tenero bacio tra i capelli.

"Vieni, sediamoci."
Lo intimò allora l'altro, dopo averlo stretto forte a sé per qualche istante; gli prese la mano e lo fece accomodare sulla sedia, sedendosi poco dopo di fronte a lui. Senza volere, la mano gli scivolò sulla tasca dei pantaloni e, quando se ne rese conto, si costrinse a ricacciarla indietro: non era ancora il momento.
"Che ne dici, ti va di mangiare?"
Domandò allora, indicandogli il cibo che era già presente sul tavolo al quale erano seduti. "Forse si è raffreddato un po', ma non importa." Aggiunse sentendo quasi i nervi a fior di pelle.

"Fil.. è tutto perfetto. Smettila di giustificarti."
Commentò allora il cubano, interrompendo tutte le sue paranoie e i suoi complessi mentali, appoggiando la mano su quella di Filippo per stringerla dolcemente. Senza fiatare allora, abbozzò l'ennesimo sorriso e con un cenno del capo lo invitò a iniziare a mangiare, cosa che Einar fece volentieri, visto che il viaggio gli aveva messo davvero molto appetito.
Occhi verdi invece non toccò quasi nulla, si sentiva lo stomaco chiuso dalla troppa ansia e poi, vedere il suo bambino così felice, gli faceva perdere la testa: si ripromise che avrebbe fatto di tutto pur che quel sorriso rimanesse attaccato a quelle labbra e gli illuminasse il cammino.

Centomila Volte.. {Eiram.} Where stories live. Discover now