10. Confidenze e Catene

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«Seconda domanda: il posto più strano in cui lo hai fatto...?»

L'altro si morse il labbro. Chiuse gli occhi, cercando di ricordare. Era difficile. Le memorie di buona parte dei calori degli ultimi anni erano offuscate.

«In un ufficio» si risolse infine. «Scelgo posti sicuri, di solito. Invece quella volta, nonostante i rischi... Beh...» motivò la risposta, appoggiando la guancia alla mano. «Certe cose accadono e basta.»

Levi non smise di sorridere. Dubitava fortemente si riferisse a un altro episodio. A un altro luogo. A un altro Alpha.

«Anch'io posso annoverare una circostanza simile: è stato imprevisto ma, col senno di poi, anche stuzzicante... Chissà che un giorno non possa ripetere l'esperienza» concluse, gli occhi ilari e vagamente eccitati ad una simile prospettiva.

«Assolutamente no!» rise, allungando le gambe sotto la scrivania per dargli un calcio. Levi cercò di bloccargliene una tra le proprie, ma Eren le ritrasse veloci com'erano arrivate, mostrandogli dispettosamente la lingua.

«Niente più esperienze d'ufficio, per noi.»

«Vedremo... A te la prossima.»

«Il tuo compleanno? Quand'è?» L'umore di Levi si fece improvvisamente più cupo, triste.

«25 Dicembre. Non mi piace festeggiarlo. Lo considero un giorno come un altro, nonostante il Natale.»

«Che cosa?! Natale, seriamente?!»

Lo stupore di Eren venne cancellato dall'espressione seria dell'uomo. Ingoiò le battute – forse un po' blasfeme – che avrebbe voluto fare per prenderlo in giro, e piegò la testa. Un lieve uggiolio gli sfuggì dalle labbra: il suo Alpha era triste.

Il corvino aveva preso a giocare distrattamente con la penna, lucida ed elegante, facendola oscillare tra le dita lunghe e pallide.

«Mia madre è morta dandomi alla luce. Era provata nel fisico e nel corpo. Il parto fu complicato e sono nato io, piccolo e smilzo... Mi ha cresciuto suo fratello, ma onestamente non si può dire sia stato il migliore degli esempi. Essermi sviluppato come Alpha è stato il mio punto di svolta. Avevo una scelta: continuare sulla discutibile strada su cui mio zio mi aveva indirizzato, oppure evolvermi in qualcosa che fosse degno del ricordo di mia madre e del suo sacrificio. Il resto è storia...»

Restarono in silenzio qualche istante. Levi manteneva lo sguardo basso, evitando gli occhi di Eren.

Non gli piaceva parlare del suo passato, sentirsi oggetto di pietà o commiserazione. Il periodo in cui si faceva pena da solo era finito da un pezzo. Temeva seriamente però che qualcosa nell'Omega cambiasse, una volta venuto a conoscenza delle sue origini. Accidenti, perché aveva parlato...?

«Come si chiamava tua madre?»

«Kuchel... Kuchel Ackerman.»

«È un nome davvero speciale... Raro» rispose, alzandosi in piedi.

Dopo una breve occhiata alla porta chiusa rigorosamente a chiave, fece il giro della scrivania per raggiungerlo e fargli passare le dita tra i suoi capelli.

Levi allontanò la sedia, il tanto sufficiente a permettergli di accomodarsi sulle proprie gambe e gli circondò i fianchi con le braccia.

«Sono sicuro che fosse bellissima. Quanto lo sei tu.»

L'uomo nascose il viso sul suo petto, ancora troppo magro nonostante i suoi – subdoli, lo sapeva – sforzi nel farlo mangiare meglio e con più costanza.

«Era bella, sì. Vorrei dirti altro di lei, ma non ne so molto... Per Kenny era un argomento tabù e presto ho smesso di chiedere.»

«Ci sono altri modi per scoprire cose di lei... Potremmo fare delle ricerche. Posso aiutarti.» Con le dita continuava ad accarezzargli la nuca, strofinando i polpastrelli contro i capelli rasati.

A · Breathe · ΩWhere stories live. Discover now