«Sono appena rientrato» la porta di casa la sento chiudersi alle sue spalle con un tonfo tutt'altro che pacato. «Ceni con me?» Mi alzo dalla panchina salutando con un cenno della mano l'uomo che sta compiendo il mio stesso gesto.

«Certo, dammi solo il tempo di tornare a casa.» Liscio le pieghe dei jeans attillati che indosso; qualcosa dall'altra parte del telefono cade, producendo un tintinnio. L'imprecazione di Harry segue subito dopo.

«Qualcosa in particolare?»

«Il solito.» Chiudo la chiamata attraversando la strada.

Senza volerlo mi sono allontanata fin troppo e sono costretta a prendere la metro per avvicinarmi quanto più possibile. Non voglio dare a Harry un nuovo motivo per prendersi gioco di me; tiro un sospiro di sollievo quando i familiari alberi del viale fanno capolino alla mia sinistra. Al portone un fattorino sta per suonare il citofono che porta il cognome di Harry.

«Styles, giusto?» Riconosco il solito ragazzo e lui deve fare lo stesso perché annuisce e mi sorride. «Ci penso io, non preoccuparti.»

Spingo il portone di casa lasciando che si chiuda da solo alle mie spalle con un tonfo; l'ascensore è rotto da un paio di giorni e nessuno è ancora passato per aggiustarlo. Ho fatto così tante volte le scale che non ho nemmeno più il fiatone; alla porta di Harry busso velocemente, facendo un passo indietro. Una delle lampadine del corridoio si è fulminata, ma i passi familiari di Harry dietro la porta mi distraggono da quel pensiero.

«La cena è servita.» Gli mostro i vassoi che tengo in bilico sul palmo della mano e lo vedo inarcare un sopracciglio divertito, spostandosi per lasciarmi poi passare.

Mi porta via dalle mani i recipienti, lasciandomi chiudere la porta di casa con un giro di chiave. La mia giacca finisce appesa allo schienale del divano e mi passo una mano tra i capelli rimasti aggrovigliati nella sciarpa.

Seguo Harry in cucina, accomodandomi però dall'altro lato del tavolo, osservandolo recuperare tutto l'occorrente per la cena. Si volta nella mia direzione posando entrambi i piatti sul tavolo e risvolta le maniche della camicia, mostrando i soliti tatuaggi sparsi sulla pelle delle braccia. È un attimo che i miei occhi finiscono sulla rosa, ma trattengo sempre l'impulso di chiedergli che significato abbia; Harry svuota il contenuto di un vassoio all'interno del piatto blu, allungandolo poi verso di me.

«Ho visto Louis prima di pranzo» Harry sbadiglia appena, però sono contenta di sentirglielo dire; Louis vive fuori città e il suo lavoro non gli permette di avere molto tempo libero a disposizione. Tutte le persone alle quali Harry tiene sembrano vivere lontano da lui. «Dice che una sera di queste dobbiamo andare a cena tutti insieme.»

«Sicuro.» Replico, scartando come al solito ciò che non mango mai, ma che puntualmente dimentico di far togliere; a nessuno piacciono certi abbinamenti.

Harry, dall'altro lato del tavolo, sogghigna e allunga la forchetta verso il mio piatto, raccogliendo quello che ho appena messo da parte.

«Sempre la solita storia.»

«Io davvero non mi spiego come tu possa mangiarlo.» Harry inarca il sopracciglio, passandosi la lingua sulle labbra a togliere la salsa in eccesso.

«Come fai tu a non mangiarlo.» Ribatte, sottolineando il concetto secondo il quale quella strana sarei io; arriccio il naso, finendo l'acqua che ho nel bicchiere.

«Ti prego, è come se intingessi del formaggio nella salsa al ketchup.» Allargo le braccia alla mia stessa affermazione mentre Harry si alza per finire il contenuto del vassoio rimasto alle sue spalle.

«Non siete mica voi americani a mangiare certe cose?» Me lo chiede indicandomi con la forchetta dalla quale pende ancora una foglia di insalata.

«Tu e i tuoi stereotipi infondati.» Borbotto a bassa voce, consapevole però che Harry mi abbia sentito eccome.

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