La sala dei sacrifici sotterranei

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5. La sala dei sacrifici sotterranei

Vorski non aveva mai avuto paura e forse, prendendo la fuga, non obbediva a un sentimento di paura reale. Ma non sapeva più quel che faceva. Nello smarrimento della sua mente, c'era un turbinio d'idee contraddittorie e incoerenti in cui dominava la convinzione di una disfatta irrimediabile e, in qualche modo, soprannaturale.

Credendo ai sortilegi e ai prodigi, aveva l'impressione che l'uomo del Destino che era Vorski si trovasse sollevato dalla propria missione e sostituito da un nuovo eletto del Destino.

C'erano, una di fronte all'altra, due forze miracolose, una che emanava da lui, Vorski, l'altra che emanava dal vecchio Druido, e la seconda assorbiva la prima. La resurrezione di Véronique, la personalità del vecchio Druido, i discorsi, gli scherzi, le piroette, gli atti, l'invulnerabilità di quel personaggio funambolesco, tutto ciò gli sembrava magico e favoloso e creava, in quelle caverne, dei tempi barbari, un'atmosfera speciale che lo sconvolgeva e lo soffocava.

Aveva fretta di risalire alla superficie della Terra. Voleva respirare e vedere. E quel che voleva vedere, anzitutto, era l'albero privo di rami su cui aveva appeso Véronique e su cui Véronique era spirata.

«Perché lei è morta davvero», strillava, strisciando nell'angusto passaggio che comunicava con la terza e la più grande delle cripte. «È morta davvero... So cos'è la morte. L'ho tenuta spesso tra le mani e non mi sbaglio. Allora, come ha fatto quel demone a resuscitarla?».

Si fermò all'improvviso presso il ceppo, dove aveva raccolto lo scettro.

«Sempre che...», disse.

Conrad, che lo seguiva, gridò:

«Si sbrighi invece di chiacchierare».

Vorski si lasciò trascinare, ma, camminando, continuava:

«Vuoi che ti dica la mia idea, Conrad? Ebbene, la donna che ci hanno mostrato e che dormiva, non era lei. Viveva davvero quella? Ah! Quel vecchio stregone è capace di tutto. Avrà modellato qualche immagine... una bambola di cera molto somigliante».

«Lei è pazzo. Cammini dunque!».

«Non sono pazzo. Quella donna non viveva. Quella che è morta sull'albero è morta davvero. E la ritroverai lassù, te lo garantisco. Miracoli, sì, ma non un tale miracolo!...».

Non avendo più la lanterna, i tre complici urtavano contro i muri e le pietre dritte. I loro passi risuonavano da una volta all'altra. Conrad continuava a grugnire.

«L'avevo avvertita... dovevamo spaccargli la testa».

Otto, invece, taceva, senza fiato per la corsa.

Arrivarono così, a tentoni, nell'atrio che precedeva la cripta d'entrata e furono piuttosto sorpresi che la prima sala fosse buia, benché il passaggio che avevano scavato nella parte superiore, sotto le radici della quercia morta, avesse dovuto diffondere un certo chiarore.

«È strano», osservò Conrad.

«Bah!», replicò Otto, «si tratta solo di trovare la scala che si aggrappa al muro. Tieni, ci sono... ecco un gradino... e poi l'altro...».

Salì i gradini, ma quasi subito si fermò.

«Non c'è modo di avanzare... sembra che ci sia stato un crollo».

«Impossibile!», obiettò Vorski. «D'altronde, aspetta... dimenticavo... ho l'accendino».

Lo accese e uno stesso grido di collera sfuggì a tutti e tre: tutta la parte superiore della scala e metà della sala erano seppellite sotto un ammasso di pietre e di sabbia, in mezzo al quale era scivolato il tronco della quercia morta. Non avevano alcuna possibilità di fuga.

L'isola delle trenta bare  (COMPLETA)Where stories live. Discover now