20. Sola

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Ruzzoliamo malamente su un suolo erboso, in un groviglio di braccia e gambe, finché un albero non arresta la nostra corsa. Restiamo immobili, cercando forse di realizzare che siamo davvero salvi. Un piccolo Spirito, che evidentemente ha attraversato con noi il portale, svolazza sopra le nostre teste per poi fuggire via, rapido.

Respiro a pieni polmoni, grata di quest'aria finalmente fresca, pura e umida che spazza via almeno in parte la confusione che mi ottunde la mente e i sensi. Mi brucia tutto e il dolore si acuisce non appena provo a fare il più piccolo movimento.

Il primo di noi a riuscire a rimettersi in piedi è Gordost, che si affaccia sui nostri corpi distesi al suolo, all'ombra del grande albero. Il suo bel pelo nero in alcuni punti è sparito, sostituito da chiazze di cenere, ma pare che le sue bruciature siano solo superficiali e non abbiano intaccato la pelle.

— Gordost, bello, vieni qui — lo chiama il mezzelfo, riverso al suolo al mio fianco. Giro faticosamente la testa nella sua direzione, mentre lui cerca di mettersi a sedere con l'aiuto del lupo, un braccio intorno al collo forte dell'animale.

Rohkeus invece è in condizioni deplorevoli: le gambe, un tempo rivestite dagli abiti, sono ora esposte all'aria, ricoperte di ustioni rosse e vesciche. Le braccia sono messe un po' meglio, grazie soprattutto alla leggera armatura che le ricopriva e che lui ora si sta togliendo, scoprendo la pelle arrossata. Guardo i miei arti e, sebbene non siano un bello spettacolo, non sono nemmeno lontanamente paragonabili ai suoi. Mi chiedo con quale forza sia riuscito a prendermi in braccio.

Mi metto a sedere anch'io, cercando di non gemere quando le mie bruciature entrano in contatto con l'erbetta fresca, e mi guardo intorno. Siamo nel parco intorno al castello, che si staglia davanti a noi maestoso e silente. Huba è distesa poco più in là, ha gli occhi chiusi e non si muove.

— Rohkeus! — lo chiamo, con voce strozzata, mentre il cuore comincia a galopparmi in petto. — Rohkeus, è morta?

Lui non mi risponde, ma si mette faticosamente in piedi e si avvicina alla sua amica per poi ricadere al suo fianco, con me al seguito. Con una mano semi-invisibile le sposta una ciocca di capelli dal viso pallidissimo.

— No, è ancora viva, ma ha consumato tantissima energia per fare quell'incantesimo.

Ripenso a com'era diventata luminosa e splendente, come se non fosse nemmeno più una persona.

— Ma è diventata lei stessa un portale? Come ha fatto?

Lui sospira, prima di rispondere. — Le streghe sono fatte di pura energia ed è in ciò che consiste la loro magia. Normalmente hanno anche un corpo e una massa, come tutti, ma per loro è estremamente semplice passare da una forma all'altra, come se la loro carne fosse solamente un rivestimento che nasconde l'energia che sta al di sotto e che loro sanno controllare con grande maestria. Ogni incantesimo ne plasma una parte e, una volta concluso, essa sparisce per sempre, dispersa nell'ambiente. Ma quell'energia è anche quella che le tiene in vita, per questo dopo una magia particolarmente potente hanno bisogno di tempo per riprendersi.

— Ma quindi anche il portale che abbiamo attraversato all'andata era un tempo una strega? — chiedo, rabbrividendo.

— A volte capita che qualcuna perda il controllo sulla propria energia, smarrendo per sempre la capacità di tornare a essere umana e rimanendo invischiata in eterno nell'ultimo incantesimo.

— È una cosa orribile.

— Sì, lo è. C'è stata una volta, prima che finissi all'inferno, che anche Huba ha rischiato di smarrire la ragione nella magia. Sai, il potere è un po' come il vino, che ti obnubila la mente, più ne bevi più ne vuoi e non ti rendi conto che ciò che desideri con così tanta forza ti sta in realtà conducendo alla rovina.

Fonte limpidaWhere stories live. Discover now