9. Shopping

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9. Shopping

Mi ero svegliata molto presto, troppo presto, ma badai bene a non riaddormentarmi, non ero pronta ad affrontare nuovamente Jason. Di sicuro neanche lui aveva poi tanta voglia di rivedermi. Rimasi a letto a pensare per ore. Detestavo l'idea di aver litigato con lui, mi sentivo in colpa perché Jason aveva ragione: ero io ad avere dei dubbi, ma non sui sentimenti che provavo per lui, quelli erano chiari e oramai irrimediabili.

La questione era spinosa.

Ancora una volta mi dissi che avrei trovato una soluzione. In fondo le situazioni ordinarie non mi avevano mai entusiasmato e io non mi ero mai sentita così viva come da quando Jason era entrato nella mia vita. Mi serviva solo un po' più di tempo.

Quando scesi in cucina vi trovai mio padre che leggeva il giornale, era il suo giorno libero.

"Ehi", mi salutò con un sorriso.

"Buongiorno".

"Tua madre mi ha detto di ricordarti del vestito".

Lo fissai come un'ebete con la tazza in mano. "Certo!", esclamai dandomi una manata sulla fronte. Ovviamente me n'ero dimenticata.

Non era una cattiva idea però... Avrei passato la giornata fuori, senza stare a aspettare il ritorno del guerriero come una qualsiasi ragazzina innamorata.

Mi preparai in fretta e afferrai le chiavi dell'utilitaria.

"Non torno per pranzo, forse vado da Angie o faccio un giro, ok?".

"Sì, sì, va bene". Non aveva neanche alzato il naso dal giornale.

"Papà?".

Non rispose. "Papà!", chiamai a voce più alta.

Trasalì. "Sì, tesoro?".

"Ma mi hai sentito vero?".

"Ehm...certo...".

Sospirai. "Non torno a pranzo. Peter resta con te?".

Mi osservò stupito per un attimo, poi sorrise. "Certo, June. Non preoccuparti, esci tranquilla".

Annuii e non me lo feci ripetere, infilando svelta la porta.

Il centro era gremito di persone, molti dei quali turisti. Impiegai un'eternità a trovare un parcheggio e ancora di più a infilare la macchina nel suddetto parcheggio. I sandali con la zeppa mi infastidivano, ultimamente avevo più badato a essere pronta a un'eventuale fuga che alla moda, per cui senza le mie sneakers mi sentivo scomoda. Dovevo riabituarmi.

Prima di andare a ritirare l'abito mi concessi una lunga passeggiata in Fillmore Street dove guardai distrattamente le vetrine dei negozi. Notavo sempre più spesso le occhiate delle persone, più spesso uomini, ma anche donne. Mi controllai nel riflesso di una vetrina per verificare di non avere qualche orribile macchia sul top o il trucco sbavato. Sembravo a posto... Ma sapevo che era colpa dell'influenza di Jason, grazie a lui adesso avevo un faro puntato addosso. Mi guardai bene dal fissare a mia volta le persone negli occhi, quindi camminai a testa bassa fino a una caffetteria, dove ordinai un caffè doppio che bevvi seduta a un tavolo vicino alla vetrata.

Mi accorsi come sempre dell'arrivo di Jason e il cuore mi balzò rapido in gola. Credevo che non sarebbe venuto tanto presto, credevo che fosse furioso con me. Per fortuna non comparve nel locale, sarebbe stato un bel guaio. Osservai con attenzione la folla all'esterno. Ma dov'era? Improvvisamente mi sembrò di scorgere un lampo di capelli biondi al di sopra delle altre teste, per cui mi alzai e pagando al volo il caffè mi precipitai di fuori, lasciando a bocca aperta la cassiera.

InversoWhere stories live. Discover now