2.Scontro

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2. Scontro

Nel momento esatto in cui chiusi gli occhi iniziai a sognare. In genere i miei sogni erano molto vividi, ma mai come quello che stavo appena facendo.

Il luogo mi era familiare, anzi, non avevo dubbi. Mi trovavo sul Golden Gate Bridge, però c'era qualcosa che non andava; mi guardai attorno per capire cosa mi facesse sentire così a disagio e... Compresi.

Silenzio, nessun rumore, nessun gabbiano, niente. Sentivo solo un ronzio lontano, alle mie spalle, che man mano diventava più forte, quasi un rombo.

Gettai per caso lo sguardo a terra e mi meravigliai non poco vedendo i miei piedi nudi; mi osservai per quanto potei e notai che indossavo il pigiama con cui ero andata a dormire poco prima. Che cosa bizzarra, in genere quando sognavo mi sentivo più che altro spettatrice, mica partecipante! Eppure sotto i piedi l'asfalto era caldo, troppo caldo. Fu così che realizzai che nel mio sogno era pieno giorno, la luce intensa, neanche una nuvola di passaggio. Evidentemente mentre dormivo dovevo avere molto caldo... Eppure nonostante avvertissi una certa ansia, mi sentivo bene e questo mio benessere sembrava aumentare attimo dopo attimo, quasi di pari passo all'aumento del rombo che si avvicinava, ma che inspiegabilmente non mi intimoriva. Ancora.

Fu quando il rumore divenne quasi insopportabile per le mie orecchie che mi voltai verso la sua fonte e... Oh mio Dio! Rimasi impietrita perché stavo per essere investita da... Da che cosa?! Che diavolo era? Una moto? Non avrei mai creduto che la mia immaginazione fosse capace di partorire qualcosa che non avevo mai visto!

I miei occhi, sempre nell'arco di quei cinque secondi in cui tutto si svolse, osservarono il centauro che sembrava guidare quell'aggeggio incatalogabile dalla mia memoria; il mio cuore, per la prima volta nella mia vita, perse un colpo.

Era biondo, come miele e oro, il naso dritto, gli zigomi alti e... Lo sguardo omicida verde ghiaccio... Rivolto a me.

Nel momento stesso in cui mi fissò frenò di colpo e l'aggeggio scartò di lato a circa due metri da me. Senza aspettare che si fermasse del tutto saltò giù con un'abile capriola, tese le braccia come a volermi... Afferrare? Colpire? E poi accadde l'inimmaginabile.

Nonostante ormai il mio stupore fosse diventato vero e proprio panico, non potei non notare che la sua pelle cambiava: durante il volo iniziò a ricoprirsi di una specie di muta scura a partire dai piedi fino a risalire sulle gambe, il busto, le braccia. Oramai solo il volto era scoperto, ma di sicuro era questione di poco.

Mi accorsi appena di essere crollata a terra, sulle ginocchia. Riuscivo solo a fissare quegli occhi glaciali, la mia espressione specchio della sua, o quasi. Sì, in lui c'era sorpresa, forse confusione, ma non timore... O forse sì, ma durò solo un attimo perché dai suoi occhi e dai suoi gesti le sue intenzioni sarebbero state chiare a chiunque: voleva farmi fuori.

Ritrovai la voce e gridai perché se questo era un sogno, allora dovevo assolutamente svegliarmi per salvaguardare ciò che restava della mia - oramai ne ero certa - esigua sanità mentale. Inspiegabilmente iniziai a vibrare dall'interno, come se avessi ingoiato un enorme cellulare in modalità vibrazione.

Prima che lui terminasse il suo salto mostruoso a braccia tese verso di me, inerme e ancora con la bocca aperta, riuscii a scorgere più avanti - immobili- sei figure scure, che fissavano la scena in silenzio. Se possibile erano più terrorizzanti del demone biondo che stava per uccidermi, ma dal cui sguardo non riuscivo a sottrarmi, come ipnotizzata.

Intanto vibravo ancora di più, anche se nessuno esternamente avrebbe potuto notare alcun cambiamento in me.

Nell'attimo esatto in cui la sua mano mi sfiorò la spalla, avvertii come un flash che mi accecò e mi sentii sbalzare lontano, non so dove... Ma finalmente riuscii a aprire gli occhi ed eccomi di nuovo nel mio letto, nella mia camera buia, la sola luce tenue della abat-jour sul mio comodino.

InversoWhere stories live. Discover now