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L'appartamento, dopo che Chandra e Brad erano usciti, era rimasto tutto illuminato e nel salone erano rimasti  i residui della cena. Un odore particolare, non sgradevole, aleggiava nell'aria, un odore pungente di spezie e condimenti utilizzati per quei piatti indiani che a Megan non erano dispiaciuti.
Lentamente, non avendo molto altro da fare, Megan sparecchiava la tavola cercando di fare un po' di ordine in soggiorno. Era una ragazza ordinata, per questo aveva preso dal padre, non come alcuni suoi coetanei che disseminavano la casa di vestiti, scarpe e libri ed erano la dannazione dei genitori.
Non era ancora molto tardi e la casa era silenziosa, solo pochi rumori ovattati - forse la televisione - le giungevano all'orecchio dall'appartamento vicino.  Ci abitava una coppia anziana, lui un ex funzionario governativo e lei ex traduttrice. Li vedeva raramente anche se condividevano lo stesso piano, facevano una vita molto ritirata. Da quando erano andati in pensione avevano accolto in casa un piccolo cagnolino che tre o quattro volte al giorno facevano scendere per una passeggiata, un cavalier king maschio che si chiamava Arthur e che rappresentava l'unica distrazione per la coppia. In quel momento non lo sentiva camminare nell'appartamento, era probabile che fosse accucciato ai piedi dei padroni, al calduccio.
Sentiva che la casa era troppo silenziosa, non era abituata a quell'ora a stare da sola. Appena finito di sparecchiare la tavola decise di mettere un po' di musica, a volume basso per non disturbare i vicini, mentre lei finiva di sistemare. Anche se Consuelo sarebbe venuta il giorno dopo, era stata abituata dai genitori a mostrarle rispetto e quindi non le facevano mai trovare la casa troppo in disordine.
La musica non era male, in quel momento nell'aria galleggiavano le note di 1973 di James Blunt. Così si sentiva meno sola ma non aveva voglia di chiudersi in camera, quindi aveva tenuto tutte le luci accese e deciso di aspettare il ritorno del padre. Era curiosa di sapere perché avesse invitato a cena Chandra, che lei ricordasse  non era mai capitato in passato che avesse portato a casa qualcuno dei suoi studenti.
"Dovrei essere felice, nonostante tutto" pensava. "Come ha detto Chandra". Una bella casa, una vita agiata, amici, sport... Quanti l'avevano invidiata? Non le mancava proprio nulla. Magari adesso le mancava una madre, però. Camminava per casa inquieta, non aveva sonno. Chissà Jojo cosa stava facendo, accarezzò l'idea di chiamarla ma poi rinunciò. L'amica le aveva scritto più di un messaggio per sapere della serata e del misterioso ospite, ma non aveva voglia di risponderle. L'indomani, sabato, ci sarebbe stato tutto il tempo per parlare di quel buffo ragazzo, e magari di Kevin. Aveva in programma un'uscita pomeridiana con le amiche.
Dopo qualche minuto il padre rientrò in casa. Appena entrato, con sorpresa notò tutte le luci accese in casa e la musica bassa.
"Megan?", chiamò. Lei era già li, vicino all'ingresso, ancora vestita.
"Papà, ciao. Mentre eri via ho dato una sistemata in casa e non avevo voglia di mettermi a dormire. Tutto bene? Hai riaccompagnato Chandra?"
Il padre si tolse la giacca, posandola sul piccolo divanetto accanto all'entrata, e rimase in camicia.
"Si, è stato molto contento per l'invito a cena, mi ha ringraziato una ventina di volte mentre eravamo in macchina. E ha ringraziato anche te per l'accoglienza. Purtroppo credo che abbia dei problemi di inserimento, qui a New York. Niente di serio ma sente molto le differenze con Bombay, le differenze culturali intendo."
"Insomma si sente solo, e tu hai voluto tendergli una mano. Per quello lo hai invitato? Non ha amici? Qualche altro ragazzo indiano, magari?" gli chiese Megan.
"Pare di no, oltre ai tre studenti con cui divide l'appartamento. Un ragazzo giapponese e due argentini, fratelli gemelli. Studiano economia, sembra che il padre abbia una azienda agricola dalle parti di Santa Rosa, nella Pampa, e abbia mandato qui i figli per farli studiare in modo di lasciargli un domani la guida della società. "
Si guardarono per un attimo in silenzio. Megan si era appoggiata al bordo del divano, senza mettersi seduta.
"Tu che mi dici? Ti è piaciuto Chandra?"
"Certo si veste in un modo così assurdo... chissà la fidanzata com'è. Me la immagino vestita tradizionale, con il sari e i capelli legati. Chissà che pensa di noi ragazze occidentali...Però è sicuramente un bravo ragazzo. Timido. Molto diverso dai miei compagni di scuola, sembra così serio. Che interessi ha?"
"Oltre alla matematica, dici? Non ne ho idea, credo poco altro. In realtà so pochissimo di lui, l'unica cosa certa è che tra qualche anno le parti saranno invertite. Sarò io che lo ascolterò parlare a qualche convegno."
"Perché lo hai invitato a cena? Non lo hai mai fatto, con altri studenti."
Prima di rispondere, Brad si incamminò verso il lato destro del soggiorno, aprì un mobile basso e tirò fuori una bottiglia di Ballantine's e un bicchiere. Si versò due dita di whisky liscio e si accomodò sul divano.
Megan si raddrizzò ma rimase in piedi, davanti alla finestra. Il traffico ormai era diminuito, le auto scorrevano velocemente, silenziose, dirette chissà dove.
"Beh, te l'ho detto, è un genio e un domani, quando avrà vinto la medaglia Fields, potrò vantarmi di averlo avuto ospite a cena... e poi oggi a lezione mi è sembrato così solo... non particolarmente triste, ma ho pensato che un po' di compagnia gli avrebbe fatto bene."
"Cos'è la medaglia Fields, papà?" chiese lei.
"La International Medal for Outstanding Discoveries in Mathematics. E' un premio riconosciuto a studiosi che non abbiano superato ancora i 40 anni e che abbiano dato un contributo straordinario in campo matematico. Viene attribuita ogni quattro anni in occasione del Congresso internazionale dei matematici della International Mathematical Union. È una specie di premio Nobel per la matematica, e nel  2018 è stata vinta proprio da un professore indiano, il professore Venkatesh dell'Università di Stanford."
Brad parlava tenendo il bicchiere in mano, e bevendo a piccoli sorsi, leggermente curvo. Guardava in terra, ma poi alzò il viso e si girò verso Megan.
In quel momento Bono stava cantando With or without you, e la sua voce riempiva gli ambienti della casa. Sembrava la canzone meno adatta per quel momento.
"Come stai, Megan? A scuola tutto bene?"
Lo chiese con un tono delicato, ma triste. Voleva cercare di nasconderla, la tristezza, ma non ci riusciva. Quella casa sembrava così vuota.
"E tu papà? Come stai tu, invece?"
Giocherellò con il bicchiere vuoto in mano, poi lo posò sul tavolino basso.
"Io sto bene, sono solo un po' stanco. Sai tutti gli impegni alla Columbia... ho lasciato parecchie cose in sospeso, durante la malattia di mamma. E ci sono i ragazzi del primo anno da formare, non tutti hanno le capacità di Chandra.. poi gli impegni accademici, le riunioni di facoltà, i colloqui. Insomma un sacco di cose. E al momento mi sento così...."
"Solo?", completò la frase Megan. "Come Chandra?"
"Ci sei tu, Megan. Siamo io e te. Non sono solo, perché ho te. Ma a volte la mamma mi manca in una maniera insopportabile. Cerco di fare il massimo e continuo ad andare avanti, insegnare mi piace così tanto che mi aiuta, e ci sei tu. Ogni volta che torno a casa, e ti rivedo, mi sento meglio e la vita torna  ad avere un senso. "
Megan credeva di capire, anche lei provava le stesse emozioni ma non sapeva come aiutare il padre.
"Forse ci vuole del tempo, papà. Per riprendere la nostra vita. E forse potresti stare un po' più in compagnia. Molte persone ti vogliono bene, ci sono i vostri amici di sempre.."
Brad si alzò e abbracciò Megan, con una mano le scompigliò i capelli. La guardò negli occhi e le sorrise.
"Magari tra un po', tesoro. Adesso non ne ho grande voglia ma arriverà il momento giusto. Lo spero. Per ora sono contento che tu abbia ripreso la tua, di vita. Ne avevi bisogno. Domani che programmi hai?"
Il giorno dopo era sabato e Megan non aveva lezioni, aveva organizzato con le amiche un pomeriggio di shopping mantenendosi la mattinata libera per studiare.
"Nel pomeriggio andiamo per negozi sulla Quinta, da Hollister e da Zara. E poi ci fermiamo da quelle parti a mangiare, ma non abbiamo ancora stabilito dove.  Dovremmo essere io, Jojo, Lizzy ed Amelia. Lizzy ha chiamato anche Dulce ma non sappiamo ancora se viene."
"Beh allora credo che ti divertirai, con le tue amiche. Però fammi la cortesia di farmi sapere i tuoi spostamenti, e dove vi fermate a mangiare. Così sono più tranquillo. E lo sai che ti rivogliamo a casa ad un'ora accettabile."
"Si che lo so papà, non ti preoccupare. Sarò a casa presto, come al solito. Come prima."
Di solito era la mamma che interpretava il ruolo del genitore apprensivo, il papà si limitava a spalleggiarla e lasciava fare a lei, era lei che aveva sotto controllo l'organizzazione familiare nonostante avesse molto meno tempo. Lo studio legale le assorbiva tutte le giornate, e a volte anche i sabati e le domeniche, ma non le sfuggiva mai nulla, e il padre le lasciava volentieri il governo della casa.
"Papà" disse con voce esile "se ci fosse qualche problema me lo diresti, vero? Sono abbastanza grande ormai, per capire come ti puoi sentire. Chandra mi ha detto che gli studenti ti vedono triste. Vuoi che rimango con te, domani? Facciamo jogging a Central Park, magari domattina? Ti va?" Fissò il padre con occhi velati dalla preoccupazione.
Brad si sentì invadere da una moltitudine di sentimenti, dalla commozione all'amore. Si rese conto che la figlia non era più una bambina. Tutto quello che era successo negli ultimi mesi l'aveva trasformata in una piccola donna, intravedeva in lei la forza d'animo di Sophia ma era ancora fragile, come un piccolo fiore delicato spuntato ancora in inverno che correva il rischio di qualche gelata.
In passato aveva preso l'abitudine di correre, con Sophia; si erano ritagliati del tempo solo per loro, di solito il sabato mattina presto. Poco più di un'ora che serviva loro per staccare da tutti i problemi che non fossero strettamente familiari. Sophia aveva dato disposizioni allo studio di non chiamarla se non per ragioni assolutamente importanti, così si godevano l'aria mattutina fresca e pulita del parco.
Di solito se ne andavano a Central Park, oppure facevano il percorso che, partendo da Times Square, scendeva a Downtown Manhattan percorrendo la costa ovest di Manhattan. Costeggiavano il fiume, ammirando lo skyline del New Jersey  e tutti i Pier lungo il fiume Hudson, fino ad arrivare a concludere il percorso nei pressi della Freedom Tower e del One World Trade Center.
"Non c'è nulla che non va, tesoro. Devo solo abituarmi e trovare un mio nuovo equilibrio. E imparare a non fare il vecchio musone. "
E a volerti un po' più di bene.. pensò Megan.
"Ti devi tagliare i capelli, non mi piacciono così lunghi, ti invecchiano" gli disse.
"Senti senti la ragazzina... vecchio a chi? Sono ancora uno dei professori più ricercati della Columbia, eh." scherzò, passandosi una mano tra i capelli. Pensò che in effetti la figlia aveva ragione, erano anni che li portava più corti. Prima c'era Sophia, a ricordarglielo. Ad avere cura di lui. Decise che il pomeriggio seguente avrebbe provveduto, doveva solo ricordarsi di avvisare il suo solito barbiere.
"Sai che facciamo? Accetto la tua sfida e domattina ci facciamo il giro di Central Park.  Andatura da pensionati e partenza alle 8.30 dall'ingresso sud ovest. Sono circa cinque miglia, che dici? Ce la fai?"
"Ce la faccio? Papà guarda che quando io avrò finito il giro, tu sarai ancora a Strawberry Fields con la lingua di fuori. Mi toccherà aspettarti per un quarto d'ora almeno."
Brad finse di essersi offeso ma in realtà scoppiò in una breve risata, subito seguito da Megan.
"Che dici, ce ne andiamo a dormire adesso? "
"Si papà."
Brad si avvicinò e le fece una carezza sulla guancia.
"Grazie" le sussurrò all'orecchio.
Era in camera, sdraiata al buio. Da fuori filtrava solo un filo di luce, il padre teneva ancora accesa la lampada della sua camera perché probabilmente non aveva sonno e leggeva. Non lo sentiva rigirarsi nel letto, come invece accadeva spesso.
Lei guardava in alto, sul soffitto, dove per qualche strano gioco di riflessi la modesta luce creava l'illusione di un cielo stellato.
"Quale sei di quelle stelle, mamma? " pensò.
Si sentiva quasi serena come non le accadeva più da tanto tempo, e si addormentò all'istante.

Tutto il futuro davanti Where stories live. Discover now