3 - St. Mary

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Il coro si riuniva quattro volte a settimana nei locali della parrocchia di St. Mary, da casa di Megan erano cinque isolati e poteva prendere la metropolitana oppure andare a piedi.
Quando andava in palestra, che non era così distante dalla chiesa, di solito sceglieva in base alla stanchezza, soprattutto al ritorno; due ore in cui l'insegnante poteva massacrarle con il potenziamento fisico, e in quel caso erano dolori, dolori veri, oppure in cui si dedicavano più alle parti tecniche e in quel caso la lezione era più sopportabile. Dopo otto anni di allenamenti e gare, Megan aveva sviluppato un fisico ben strutturato con una massa muscolare non indifferente; avrebbe potuto sfidare qualche ragazzo della sua classe a braccio di ferro e sconfiggerlo agevolmente. Bruce sicuramente, e anche Jimmy, Danny e Robert, pensò. Dopo i giorni di inattività si sentiva riposata ma rigida, decise di andare a piedi per fare un po' di movimento. Temeva il giovedì in palestra, alla fine si sarebbe sentita come se fosse stata bastonata in tutto il corpo. A volte si chiedeva che glielo faceva ancora fare, ormai era grande e pesava abbastanza, più di 50 chili, e gli atterraggi mettevano a dura prova le articolazioni. Su polsi e caviglie gravavano delle sollecitazioni intense e lei le fasciava strettamente per proteggersi. Le piccoline del primo e secondo anno, che pesavano si e no 25 30 chili, erano dei fuscelli che volavano senza sforzo apparente e si piegavano come fili d'erba.
Il pomeriggio era diventato gradevole, la pioggia era un ricordo di qualche ora prima ma a quell'ora gli impiegati cominciavano a tornare a casa, quindi in strada (come a tutte le ore, d'altra parte) c'era il un bel po di confusione. La gente schizzava di qua e di la, con passo svelto e senza guardarsi intorno, ognuno chiuso nel proprio guscio pensando ai propri impegni. Le uniche persone che avevano una andatura più tranquilla erano i turisti, si riconoscevano immediatamente sia per l'abbigliamento che per la dotazione di zaini, borse e macchine fotografiche. E per l'andatura, appunto. Lei era abituata a tutta quella confusione, ai grattacieli, ai venditori di hot dog, non ci faceva più caso, ma chi veniva da fuori, magari da cittadine di provincia piu tranquille o dalla campagna doveva essere sopraffatto dagli stimoli sensoriali; odori, rumori, colori si susseguivano freneticamente ed effettivamente potevano comportare un qualche disagio a chi non fosse abituato. Schivò un paio di monopattini elettrici, l'ultima moda sulle strade, uno condotto da un ragazzo e l'altro con sopra un uomo ben vestito, elegante in giacca e cravatta, che si muoveva veloce ed esperto tra persone e mezzi.
Dopo qualche minuto di passeggiata a buon ritmo si ritrovò nei dintorni della chiesa; St Mary the Virgin era una chiesa episcopale in stile gotico vicino a Time Square con alte statue in legno, così come le panche per i fedeli. Nel primo pomeriggio ospitava le prove dell'omonimo coro, la chiesa aveva un'ottima acustica e un organo massiccio ed abbastanza antico. Megan non era particolarmente credente e la famiglia non era episcopale, ma apprezzava le attività collaterali svolte da St. Mary. Oltre al coro, tra i più famosi della città, la sera si svolgevano, a intervalli regolari, corsi di letteratura non solo religiosa e anche corsi di attività domestiche. Poteva sembrare una cosa antiquata, ma effettivamente lei e tutte le sue amiche non avevano la minima idea di come cucinare anche un semplice uovo o attaccare un bottone. Quelle erano cose riservate alle mamme (fitta di dolore allo stomaco), meglio ancora alle nonne. Nonna Barbara, la madre del papà, sapeva fare dei dolci meravigliosi e la stupiva ancora, a volte, con nuove creazioni. Il suo rotolo alle fragole era qualcosa di spettacolare.
Era leggermente in anticipo, mancavano ancora dieci minuti, ed entrando in chiesa dalla piccola porta laterale sentì le prove ancora in corso. Sul lato destro, a circa venti metri dall'entrata laterale, il coro era impegnato in qualche canto che lei non riconobbe; si sedette silenziosa nell'ultimo banco e rimase ad ascoltare. L'organista era molto bravo, lo aveva conosciuto superficialmente una volta, era un signore di una certa età ex conducente di pullman scolastici. Si dedicava con passione all'attività del coro insieme all'insegnante, che era la moglie, anch'essa ormai in pensione. La Signora Stafford, le sembrava si chiamasse, aveva lavorato nel settore assicurativo per 40 anni coltivando al contempo la passione per il canto; da più giovane aveva collaborato anche sporadicamente con qualche teatro di Broadway ma il lavoro non le aveva permesso di dedicarci tanto tempo. Da quando era in pensione insieme al marito, con i figli sistemati e volati via da casa, si dedicavano con passione al coro e alle funzioni religiose della chiesa. Il coro era composto da una dozzina di persone, alcuni adolescenti e altre persone più mature.
Mentre aspettava ed ascoltava, il forte odore di incenso le saturò le narici; la chiesa era famosa anche per l'uso smodato di incenso durante le funzioni religiose, ma l'ambiente ne era così saturo che anche durante tutta la giornata l'odore era particolarmente intenso ed aleggiava nell'aria immobile dell'interno.
Il coro toccò un punto particolarmente emozionante e poi scemò, e finalmente si fece silenzio. I coristi raccolsero gli spartiti e con un po' di rumore, gradualmente, si dispersero salutandosi a voce contenuta. Jojola raggiunse in pochi minuti, sorridente le diede un abbraccio così forte da toglierle quasi il fiato, e la baciò sul collo più volte. "Ce ne andiamo qui dietro da Starbuck?" propose Jojo. "Come vuoi tu, sennò da Zibetto?" Zibetto era una caffetteria italiana che avevano scoperto da tempo, l'ambiente era meno affollato di Starbuck e caffè e cappuccino una vera delizia. " Vada per Zibetto" sorrise Jojo prendendola affettuosamente per mano.
Il locale e ra distante solo 300 metri e a quell'ora non era molto affollato, la mattina invece era un vero delirio. Entrando trovarono posto in un tavolino vicino alla parete a vetri, così da godere della vista dell'esterno ma senza troppa confusione. Dopo aver ordinato cappuccini e brioche si sorrisero contemporaneamente; Megan si sentiva contemporaneamente triste e felice. Era una sensazione strana e lo disse a Jojo. "Forse ti capisco, la tristezza è naturale dopo quello che è successo, penso che ti accompagnerà per parecchio, forse per anni, ma allo stesso tempo è normale anche arrivare al punto di voler ricominciare. E io sono contenta che tu abbia scelto me. A diciassette anni è giusto guardare al futuro, e meno al passato."  "Già, ma mi sento colpevole verso la mamma."
" Tuo padre? Pensa lui come si sentirà... " "Già, lui sta soffrendo ancora più di me immagino. Per lui era tutto, vedi lui ha sempre avuto un po' la testa fra le nuvole, la parte pratica della vita l'aveva lasciata a mamma. Papà è - o era - preso dall'insegnamento, dalle formule, dai convegni... Adesso ha ripreso le lezioni, per il resto penso ci vorrà ancora altro tempo. E io mi ritrovo abbastanza sola, non faccio un rimprovero a papà, lui è così e mamma lo amava comunque, come gli voglio bene io. È solo una constatazione."
"Già, ti capisco. I miei sono il contrario... mamma ha i suoi impegni di lavoro, a cui ha dedicato la vita e sacrificato la famiglia. Roy è quello invece più concreto, sta facendo uno sforzo enorme per starmi vicino, vedo che è in difficoltà con gli impegni ma non molla. Vuole dedicarmi tutto il tempo che riesce a trovare. Non so se sta giusto e non so se lo voglio. Oddio povero papà, si sta sacrificando per me ma così non riesce a ricostruirsi una vita, lo vedo triste molte volte."
" Altre donne?" chiese Megan. " Oh, è molto molto presto per questo, papà non credo ci pensi minimamente, ancora non è pronto per il futuro. Il suo futuro al momento finisce ogni sera quando mi saluta per la notte, ha solo il lavoro e me." "Mi dispiace, abitualmente era una persona allegra prima che iniziassero i problemi in casa."
Jojo cambiò discorso velocemente, evidentemente erano temi ancora delicati da affrontare. "Dimmi un po' di te. Le ragazze sono tutte tristi, hanno sofferto anche loro della situazione, parlano tanto di te perché ti vogliono bene".
"Beh che dire? Oggi riprendo a vivere, giovedì torno in palestra e lunedì prossimo sarò a scuola. Proverò a pensare di meno a quello che è successo. Stasera ne parlerò con papà, dovremo stabilire un po' di cose, tipo chi fa cosa... in questi giorni abbiamo parlato pochissimo e abbiamo lasciato in sospeso le cose più pratiche."
"Quindi non sa ancora nulla, penso sarà contento della tua decisione." "Sicuramente. Povero papà, lo vedo così perso senza la mamma.. casa è ancora così, immobile, tutte le cose di mamma sono rimaste dov'erano. Bisognerà pensarci." "C'è tempo per quello, verrà dopo. Ti do un consiglio, di questo non ne parlare con tuo padre, è ancora presto. Vedrai che verrà da se, quando si sentirà pronto sarà lui a sistemare le cose ." " Dici? Non vedo papà pronto su nulla, è già un miracolo che abbia ripreso le lezioni". "Dagli tempo, adesso è necessario che sistemi le tue, di cose. Cosa vuoi che faccia? Come posso aiutarti?"
" Di alle ragazze che tornerò lunedì a scuola, ma che per favore non mi stiano troppo addosso... avranno buone intenzioni di  aiutarmi ma potrebbero peggiorare le cose."
"Va bene, certo, la metterò in questi termini. Ovviamente non hai ancora programmi per il weekend, giusto?" "No, in realtà non ho programmi nemmeno per domani!" " Va bene, magari domenica possiamo passarla insieme? Ho qualche idea su come trascorrere qualche oretta insieme a te."
" Può essere, è una buona idea... penso proprio che ti verrò a trovare."
Dopo un'altra mezz'ora passata, tra l'altro, a parlare della nuova acconciatura della professoressa di letteratura inglese (personaggio alquanto eccentrico che popolava i sogni erotici della parte maschile della classe), si decisero a lasciare Zibetto. Si stava facendo sera e Jojo aveva parecchi compiti da fare. " Mi darai una mano a recuperare il tempo perso, vero Jojo?" "Ci vediamo domani da te? Scienze e letteratura?" "Andata" rispose Megan.
Uscite dal locale fecero un tratto di strada insieme, mano nella mano; erano entrambe tranquille e, in quel momento, in pace con se stesse e il mondo. Jojo telefonò brevemente alla madre, che era in ufficio, e la informò che si era trattenuta un po' con Megan, ma che da li a un quarto d'ora sarebbe stata a casa. Megan non capì la risposta della madre di Jojo ma, dalla smorfia fatta dall'amica, pensò che probabilmente la madre non aveva prestato molto interesse alla cosa. "Domani sono con papà, dopo che ci vediamo noi." Non aggiunse altro. "Va bene, grazie per la compagnia, sono proprio contenta. Ci vediamo verso le tre. Anzi, se mi raggiungi prima pranziamo insieme. Ti cucino io!" "Mi posso fidare? Non è che mi avveleni?" Risero di gusto, e all'incrocio si separarono dirette alle rispettive abitazioni. Megan tornò a casa rinfrancata, finalmente più serena. Pensò che non aveva la minima idea di cosa cucinare per l'amica il giorno dopo.... si sarebbe dovuta far venire qualche idea e comprare anche qualcosa... poi pensò a Consuelo, si sarebbe fatta aiutare da lei ma senza delegarle tutto. Le era venuta voglia di fare qualcosa. La vita forse ricominciava a scorrere.

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